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Immuni da favoritismi personali

Posté par atempodiblog le 6 septembre 2015

due pesi

Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.

San Giacomo Apostolo

Divisore dans San Francesco di Sales

Se qualcuno dei nostri dipendenti ha un modo di fare sgarbato, o ci riesce antipatico, può fare qualunque cosa, la prenderemo sempre per traverso; non cessiamo di umiliarlo e siamo pronti al rimprovero; al contrario, se qualcuno ci va a genio, può fare quello che vuole, lo scuseremo sempre. Ci sono dei figli veramente buoni e bravi, ma invisi ai loro papà e alle loro mamme solo a causa di difetti fisici e magari poi sono preferiti quelli viziosi, perché hanno delle belle qualità fisiche. In ogni campo diamo la preferenza ai ricchi sui poveri, anche se non sono di stirpe più nobile o più virtuosi; diamo la preferenza anche a quelli vestiti meglio.
[...] Filotea, sii costante e giusta nelle tue azioni: mettiti sempre al posto del prossimo e metti lui al tuo e così giudicherai rettamente; quando compri fa la venditrice e quando vendi fa la compratrice e vedrai che riuscirai a vendere e comprare secondo giustizia.

San Francesco di Sales

Divisore dans San Francesco di Sales

Lo zio di Saint-Loup non mi onorò non dico di una parola, ma nemmeno di uno sguardo. Se squadrava gli sconosciuti (e durante quella breve passeggiata lanciò due o tre volte il suo terribile e profondo sguardo a colpo di sonda su passanti trascurabili e della più modesta estrazione) in compenso non guardava mai, a giudicare da me, le persone che conosceva – come un poliziotto in missione segreta che tenga gli amici fuori della sua sorveglianza professionale.

Marcel Proust – Alla ricerca del tempo perduto

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Papa: “Per il Giubileo ogni parrocchia, monastero e santuario d’Europa accolga una famiglia di profughi”

Posté par atempodiblog le 6 septembre 2015

Papa: “Per il Giubileo ogni parrocchia, monastero e santuario d’Europa accolga una famiglia di profughi”
Il Santo Padre all’Angelus invita ogni parrocchia ad ospitare una famiglia di profughi. Inoltre ci dice che creiamo tante isole inaccessibili e inospitali: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa…
Francesco lancia l’appello informando che anche le due parrocchie in Vaticano accoglieranno rifugiati. Un invito alla pace per Colombia e Venezuela
di Salvatore Cernuzio – Zenit

papa francisco angelus

Continua a invocare Misericordia Papa Francesco, in vista del Giubileo straordinario ad essa dedicata, specie per le “decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita”. Nell’Angelus di oggi, in piazza San Pietro, questo non resta un sollecito a sé stante ma diventa un invito preciso e concreto che il Pontefice rivolge a parrocchie, comunità religiose, monasteri e santuari di tutta Europa.

Ognuno di essi, in preparazione all’Anno Santo, è chiamato ad accogliere una famiglia di immigrati, “incominciando dalla mia diocesi di Roma”, domanda il Santo Padre, informando che « anche le due parrocchie del Vaticano accoglieranno in questi giorni due famiglie di profughi”.  Questo gesto – sottolinea – esprime la “concretezza” del Vangelo di oggi, che “ci chiama ad essere ‘prossimi’ dei più piccoli e abbandonati” e « a dare loro una speranza concreta » che non sia soltanto dire: “Coraggio, pazienza!…”, ma una speranza che “è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura”.

Inoltre, “la Misericordia di Dio viene riconosciuta attraverso le nostre opere, come ci ha testimoniato la vita della beata Madre Teresa di Calcutta, di cui ieri abbiamo ricordato l’anniversario della morte”, evidenzia il Pontefice. E si rivolge in particolare ai suoi “fratelli” vescovi d’Europa, “veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me»”.

L’invito ad ‘aprirsi’ all’altro è stato il centro pure della catechesi del Santo Padre prima della preghiera mariana, orientata dal Vangelo della liturgia odierna che racconta la guarigione di un sordomuto da parte di Cristo. “Un evento prodigioso – osserva Francesco – che mostra come Gesù ristabilisca la piena comunicazione dell’uomo con Dio e con gli altri uomini”.

Il miracolo, inoltre, è ambientato nella zona della Decapoli, cioè in pieno territorio pagano; “pertanto – spiega il Papa – quel sordomuto che viene portato da Gesù diventa simbolo del non-credente che compie un cammino verso la fede. Infatti la sua sordità esprime l’incapacità di ascoltare e di comprendere non solo le parole degli uomini, ma anche la Parola di Dio. E san Paolo ci ricorda che «la fede nasce dall’ascolto della predicazione»”.

Da notare anche che Gesù porta l’uomo lontano dalla folla: Lui “non vuole dare pubblicità al gesto che sta per compiere”, evidenzia Francesco, ma nemmeno “che la sua parola sia coperta dal frastuono delle voci e delle chiacchiere dell’ambiente”. “La Parola di Dio che il Cristo ci trasmette ha bisogno di silenzio per essere accolta come Parola che risana, che riconcilia e ristabilisce la comunicazione”, dice.

Poi il Messia tocca le orecchie e la lingua del sordomuto: per “ripristinare”, cioè, la relazione con quell’uomo “bloccato nella comunicazione” cerca prima di “ristabilire il contatto”. Ma il miracolo “è un dono dall’alto”, evidenzia il Santo Padre, che Gesù implora dal Padre, per questo alza gli occhi al cielo e comanda: “Apriti!”. Allora “le orecchie del sordo si aprono, si scioglie il nodo della sua lingua e si mette a parlare correttamente”.

Tutto ciò mostra che “Dio non è chiuso in sé stesso, ma si apre e si mette in comunicazione con l’umanità”: questo è l’insegnamento che traiamo da tale episodio evangelico, secondo il Papa. “Nella sua immensa misericordia – prosegue – supera l’abisso dell’infinita differenza tra Lui e noi, e ci viene incontro. Per realizzare questa comunicazione con l’uomo, Dio si fa uomo: non gli basta parlarci mediante la legge e i profeti, ma si rende presente nella persona del suo Figlio, la Parola fatta carne. Gesù è il ‘grande costruttore di ponti’, che costruisce in sé stesso il grande ponte della comunione piena con il Padre”.

Ma questo Vangelo parla anche di noi, spesso “ripiegati e chiusi in noi stessi” da creare « tante isole inaccessibili e inospitali”. “Persino i rapporti umani più elementari a volte creano delle realtà incapaci di apertura reciproca: la coppia chiusa, la famiglia chiusa, il gruppo chiuso, la parrocchia chiusa, la patria chiusa… E quello non è di Dio, quello è nostro, è il nostro peccato », afferma il Pontefice.

Eppure, prosegue, “all’origine della nostra vita cristiana, nel Battesimo, ci sono proprio quel gesto e quella parola di Gesù: ‘Effatà! – Apriti!’. E il miracolo si è compiuto: siamo stati guariti dalla sordità dell’egoismo e dal mutismo della chiusura e del peccato, e siamo stati inseriti nella grande famiglia della Chiesa. E possiamo ascoltare Dio che ci parla e comunicare la sua Parola a quanti non l’hanno mai ascoltata, o a chi l’ha dimenticata e sepolta sotto le spine delle preoccupazioni e degli inganni del mondo”.

La preghiera è dunque per la Vergine Maria, “donna dell’ascolto e della testimonianza gioiosa”, perché possa « sostenerci nell’impegno di professare la nostra fede e di comunicare le meraviglie del Signore a quanti incontriamo sul nostro cammino ». In primo luogo, i migranti e tutti coloro che abbandonano le proprie case e famiglie per fuggire ad una morte certa, nonché cruenta.

Dopo l’Angelus, Papa Francesco pronuncia poi “una parola in spagnolo sulla situazione tra Venezuela e Colombia”: “In questi giorni – dice - i vescovi di Venezuela e Colombia si sono riuniti per esaminare insieme la dolorosa situazione che si è creata nella frontiera di entrambi i paesi. Vedo in questo incontro un chiaro segno di speranza. Invito a tutti in particolare all’amato popolo venezuelano e colombiano a pregare, perché con uno spirito di solidarietà e fraternità si possano superare le difficoltà attuali”.

Un pensiero va anche alla beatificazione avvenuta ieri a Gerona, in Spagna, delle tre religiose dell’Istituto delle Suore di San Giuseppe, Fidelia Oller, Giuseppa Monrabal e Faconda Margenat, uccise per la fedeltà a Cristo e alla Chiesa. “Malgrado le minacce e le intimidazioni, queste donne rimasero coraggiosamente al loro posto per assistere i malati, confidando in Dio – sottolinea il Papa - La loro eroica testimonianza, fino all’effusione del sangue, dia forza e speranza a quanti oggi sono perseguitati a motivo della fede cristiana. E noi sappiamo che sono tanti”.

Prima di congedarsi e augurare il consueto “Buona domenica e buon pranzo”, Bergoglio ricorda che due giorni fa sono stati inaugurati a Brazzaville, capitale della Repubblica del Congo, gli undicesimi Giochi Africani, a cui partecipano migliaia di atleti da tutto il Continente. Esprime quindi l’auspicio “che questa grande festa dello sport contribuisca alla pace, alla fraternità e allo sviluppo di tutti i paesi dell’Africa”.

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