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Papa Francesco: nella Chiesa c’è una malattia, seminare divisione

Posté par atempodiblog le 4 septembre 2015

Papa Francesco: nella Chiesa c’è una malattia, seminare divisione
Nella Chiesa c’è una malattia: quella di seminare divisione e zizzania. I cristiani, invece, sono chiamati a pacificare e riconciliare, come ha fatto Gesù: è quanto ha detto il Papa nell’omelia della Messa mattutina a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

papa francesco

Semino pace o zizzania?
Nella Lettera ai Colossesi San Paolo mostra la carta d’identità di Gesù, che è il primogenito di Dio – ed è Dio stesso – e il Padre lo ha inviato per “riconciliare e pacificare”  l’umanità con Dio dopo il peccato. “La pace è opera di Gesù” – ha detto il Papa – di quel suo “abbassarsi per obbedire fino alla morte e morte di Croce”. “E quando noi parliamo di pace o di riconciliazione, piccole paci, piccole riconciliazioni, dobbiamo pensare alla grande pace e alla grande riconciliazione” che “ha fatto Gesù. Senza di Lui non è possibile la pace. Senza di Lui non è possibile la riconciliazione”.

“Il compito nostro” – ha sottolineato Papa Francesco – in mezzo alle “notizie di guerre, di odio, anche nelle famiglie” – è essere “uomini e donne di pace, uomini e donne di riconciliazione”:

“E ci farà bene domandarci: ‘Io semino pace? Per esempio, con la mia lingua, semino pace o semino zizzania?’. Quante volte abbiamo sentito dire di una persona: ‘Ma ha una lingua di serpente!’, perché sempre fa quello che ha fatto il serpente con Adamo ed Eva, ha distrutto la pace. E questo è un male, questa è una malattia nella nostra Chiesa: seminare la divisione, seminare l’odio, seminare non la pace.

Ma questa è una domanda che tutti i giorni fa bene che noi ce la facciamo: ‘Io oggi ho seminato pace o ho seminato zizzania?’

‘Ma, alle volte, si devono dire le cose perché quello e quella…’: con questo atteggiamento cosa semini tu?”.

Chi porta pace è santo, chi “chiacchiera” è come un terrorista
I cristiani, dunque, sono chiamati ad essere come Gesù, che “è venuto da noi per pacificare, per riconciliare”:

“Se una persona, durante la sua vita, non fa altra cosa che riconciliare e pacificare la si può canonizzare: quella persona è santa. Ma dobbiamo crescere in questo, dobbiamo convertirci: mai una parola che sia per dividere, mai, mai una parola che porti guerra, piccole guerre, mai le chiacchiere.

Io penso: cosa sono le chiacchiere? Eh, niente, dire una parolina contro un altro o dire una storia: ‘Questo ha fatto…’. No! Fare chiacchiere è terrorismo perché quello che chiacchiera è come un terrorista che butta la bomba e se ne va, distrugge: con la lingua distrugge, non fa la pace. Ma è furbo, eh? Non è un terrorista suicida, no, no, lui si custodisce bene”.

Mordersi la lingua
Papa Francesco ripete una piccola esortazione:

“Ogni volta che mi viene in bocca di dire una cosa che è seminare zizzania e divisione e sparlare di un altro… Mordersi la lingua! Io vi assicuro, eh? Che se voi fate questo esercizio di mordersi la lingua invece di seminare zizzania, i primi tempi si gonfierà così la lingua, ferita, perché il diavolo ci aiuta a questo perché è il suo lavoro, è il suo mestiere: dividere”.

Quindi, la preghiera finale: “Signore tu hai dato la tua vita, dammi la grazia di pacificare, di riconciliare. Tu hai versato il tuo sangue, ma che non mi importi che si gonfi un po’ la lingua se mi mordo prima di sparlare di altri”.

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Le esigenze dell’amore

Posté par atempodiblog le 4 septembre 2015

Le esigenze dell’amore

madre speranza

L’unione con il nostro prossimo deve essere come quella delle membra del corpo che si aiutano scambievolmente nell’agire, nel perfezionarsi, in tutto; essa ci chiede di allontanare da noi tutto ciò che la può ostacolare. In particolare ci chiede di combattere i vizi mediante le virtù contrarie, soprattutto con l’umiltà.

Non bisogna invidiare nessuno; l’amore deve partire dal cuore ed essere manifestato nelle opere. Dobbiamo avere molta stima degli altri e parlarne sempre bene; non riferire ad altri quanto si è udito sul conto loro, tanto più se sono cose che li possono amareggiare. Usare sempre parole buone che favoriscano la carità; guardarsi dalle parole pungenti che possono ferire; astenersi dall’ostinazione, dal contraddire, dal riprendere quando non è opportuno.

Non basta compiere opere buone, ma bisogna compierle in modo che esprimano la nostra buona volontà.

Quando si verificasse uno screzio con gli altri, non rispondere nello stesso tono, ma dissimulare con umiltà.

Ricordiamo che quando qualcuno ci procura dei dispiaceri, dobbiamo:

  • tenere ben lontano da noi anche solo il desiderio della vendetta; far sì che il nostro perdono non consista solamente nel non desiderare il male dell’altro, ma nel procurare che in noi non rimanga alcun residuo di amarezza o di fastidio;
  • non conservare avversione contro nessuno; astenerci dai giudizi temerari, tanto più gravi quanto più lo è la cosa di cui in cuor nostro accusiamo l’altro;
  • non dimentichiamo che i giudizi temerari provengono in primo luogo dalla nostra superbia.

Beata Speranza di Gesù (Maria Josefa Alhama Valera)

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