Kandy, il profugo che si «sdebita» aiutando gli altri

Posté par atempodiblog le 24 juillet 2015

Kandy, il profugo che si «sdebita» aiutando gli altri
Due giorni la settimana distribuisce frutta e verdura a famiglie in difficoltà; al suo paese, il Mali, il giovane ha perso padre e zio uccisi dai fondamentalisti
di Lino Cattabianchi – L’Arena

Kandy, il profugo che si «sdebita» aiutando gli altri dans Articoli di Giornali e News 2yjsc2s

Questo è il frutto del racconto dell’arrivo di Doucara Kandy, del Mali, rifugiato richiedente asilo, seguito dalla cooperativa «Spazio aperto» e in attesa di verifiche per il riconoscimento di stato. Lui parla il suo dialetto, ma anche un po’ di francese e ora sta imparando l’ italiano. La storia del suo arrivo è stata possibile raccontarla grazie al fatto che lui l’ha trascritta in inglese, con l’aiuto di amici, e poi è stata tradotta.

Doucara il giovedì e il sabato mattina, dalle 9 alle 11.30, aiuta i volontari di «Vivere con dignità», l’onlus che al centro sociale e parrocchiale di via don Calabria distribuisce frutta e verdura alle famiglie in difficoltà, italiane e straniere, circa 40 al giorno. Kandy ha 21 anni ed ha deciso di unirsi ai volontari per aiutare famiglie di Bussolengo.

«Kandy», spiega Anna Salomoni, fondatrice di Vivere con dignità, «vive la stessa condizione di bisogno economico e di dignità, con una grande voglia di solidarietà. Lo abbiamo accolto volentieri ed il suo è un contributo importante». Una storia alle spalle, quella di Kandy, che si incrocia col terrorismo e questo è il motivo per cui ha lasciare il suo paese per cercare un’altra possibilità.

«Io sono Doucara Kandy», racconta il giovane rifugiato, «vengo dal Mali e sono nato a Gao. Facevo l’allevatore. Un giorno, il gruppo terroristico MNLA (Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad) attaccò il nostro allevamento, uccise mio padre e scappò via con tutti gli animali. Decisi quindi di rimanere con mio zio che faceva l’autista tra Gao e Bamako. Lo stesso gruppo di ribelli lo attaccarono mentre stava lavorando: gli chiesero come mai c’erano donne e uomini sullo stesso autobus e gli dissero che ciò non andava bene, secondo i principi musulmani. Lui rispose che era cristiano: i ribelli uccisero anche lui. Mia madre morì quando ero piccolo: non mi rimaneva più nessuno in Mali».

Cominciano per Kandy le peregrinazioni attraverso l’Africa. Prima in Algeria e poi, come tanti suoi coetanei, in Libia, a Tripoli, per cercare lavoro. «Qui», riprende, «fui arrestato dalla polizia, senza motivo. Mi misero in cella per sei mesi: dopo, la polizia ci permise di chiamare le nostre famiglie. Ma io non avevo più nessuno e fui lasciato in carcere altri sei mesi».

Al termine di questo anno, la scelta, drammatica di lasciare la Libia per l’Italia. Un viaggio sui barconi anche per Kandy, come i tanti che hanno tentato di attraversare il canale di Sicilia. «La barca era molto piccola. Rimanemmo al largo per un po’ e in questo tempo realizzammo che non c’era bussola e che ci eravamo persi. Il quinto giorno finalmente avvistammo il gruppo di salvataggio italiano. Fummo salvati e ci diedero cibo e acqua. E’ veramente incredibile quello che fanno i soccorritori italiani. Se torno in Mali rischio di morire».

Poi, l’arrivo a Bussolengo e la vita in attesa delle procedure previste dalla legge per chiedere asilo. E la decisione di mettersi a disposizione per dare una mano ai volontari di «Vivere con dignità». «L’ho chiesto io», conclude Doucara, «è un modo per dire grazie al paese che mi ospita e condividere la mia situazione con quella di altri che sono in difficoltà». Una goccia nel mare, certo. Ma il mare della solidarietà è fatto di tante gocce.

Laisser un commentaire