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Il Papa ai carcerati: «Davanti a voi c’è un uomo perdonato e salvato dai suoi molti peccati»

Posté par atempodiblog le 11 juillet 2015

Il Papa ai carcerati: «Davanti a voi c’è un uomo perdonato e salvato dai suoi molti peccati»
Francesco ha visitato l’istituto di detenzione di Palmasola, il più pericoloso dell’America Latina. È autogestito e vi entrano liberamente le famiglie dei detenuti ma anche le prostitute, droga e armi
di Andrea Tornielli – Vatican Insider

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«Davanti a voi c’è un uomo perdonato dai suoi molti peccati…». Papa Francesco entra nel carcere più pericoloso dell’America Latina, nel settore PS 4, dove i detenuti convivono con le loro famiglie. In migliaia l’accolgono, con canti e palloncini bianchi e gialli. Bergoglio ascolta le testimonianze di tre carcerati. Una di loro, Anna Lia Parada, si commuove chiedendo al Papa di «intercedere per noi, per i nostri diritti», dopo aver raccontato la realtà delle centinaia di detenute, molte delle quali incinte, e molte altre malate. «Ammettiamo le nostre colpe per i delitti commessi, ma come donne subiamo l’abuso di potere, imploriamo nel tuo nome giustizia! Che tu sia il nostro intermediario perché si compia in Bolivia un indulto per le donne incinte e per le donne che devono scontare 30 anni e hanno già scontato un terzo della pena».

È considerato uno dei peggiori carceri dell’America Latina ma rappresenta anche un caso unico: qui a Palmasola i detenuti – 5500 detenuti, tra cui 2 italiani – dal 1989 si auto-gestiscono. La prigione si è trasformata in una città: i familiari possono entrare e uscire, ma entrano ed escono anche armi e droga. Francesco conclude il suo viaggio in Bolivia con quest’ultimo appuntamento pubblico, per manifestare la sua vicinanza ai carcerati.

«Non potevo lasciare la Bolivia senza venire a trovarvi, senza condividere la fede e la speranza che nascono dall’amore offerto sulla croce. Grazie per avermi accolto».

«Chi c’è davanti a voi? Potreste domandarvi. Vorrei rispondere alla domanda con una certezza della mia vita, con una certezza che mi ha segnato per sempre. Quello che sta davanti a voi è un uomo perdonato. Un uomo che è stato ed è salvato dai suoi molti peccati. Ed è così che mi presento. Non ho molto da darvi o offrirvi, ma quello che ho e quello che amo, sì, voglio darvelo, voglio condividerlo: Gesù Cristo, la misericordia del Padre».

«Egli è venuto a mostrarci, a rendere visibile l’amore che Dio ha per noi. Per voi, per me. Un amore attivo, reale. Un amore che ha preso sul serio la realtà dei suoi. Un amore che guarisce, perdona, rialza, cura. Un amore che si avvicina e restituisce dignità. Una dignità che possiamo perdere in molti modi e forme. Ma Gesù è un ostinato in questo: ha dato la vita per questo, per restituirci l’identità perduta».

Francesco ha quindi ricordato l’esperienza di Pietro e Paolo che «sono stati anche prigionieri. Sono stati anche privati della libertà. In quella circostanza, c’è stato qualcosa che li ha sostenuti, qualcosa che non li ha lasciati cadere nella disperazione, nell’oscurità che può scaturire dal non senso. È stata la preghiera. Personale e comunitaria. Loro hanno pregato e per loro pregavano. Due movimenti, due azioni che insieme formano una rete che sostiene la vita e la speranza. Ci preserva dalla disperazione e ci stimola a continuare a camminare. Una rete che sostiene la vita, la vostra e quella dei vostri familiari».

«Quando Gesù entra nella vita – ha aggiunto il Papa – uno non resta imprigionato nel suo passato, ma inizia a guardare il presente in un altro modo, con un’altra speranza. Uno inizia a guardare se stesso, la propria realtà con occhi diversi. Non resta ancorato in quello che è successo, ma è in grado di piangere e lì trovare la forza di ricominciare».

«E se in qualche momento ci sentiamo tristi, male, abbattuti, vi invito a guardare il volto di Gesù crocifisso. Nel suo sguardo tutti possiamo trovare posto. Tutti possiamo affidare a Lui le nostre ferite, i nostri dolori, anche i nostri peccati. Nelle sue piaghe, trovano posto le nostre piaghe. Per essere curate, lavate, trasformate, risuscitate. Egli è morto per voi, per me, per darci la mano e sollevarci. Parlate, con i sacerdoti che vengono, parlate… Gesù vuole risollevarci sempre».

Una certezza che «ci spinge a lavorare per la nostra dignità. La reclusione non è lo stesso di esclusione, perché la reclusione è parte di un processo di reinserimento nella società. Sono molti gli elementi che giocano contro di voi in questo posto – lo so bene -: il sovraffollamento, la lentezza della giustizia, la mancanza di terapie occupazionali e di politiche riabilitative, la violenza… E ciò rende necessaria una rapida ed efficace alleanza fra le istituzioni per trovare risposte. Tuttavia, mentre si lotta per questo, non possiamo dare tutto per perso. Ci sono cose che possiamo già fare ora».

Francesco ha detto che qui a Palmasola, nel Centro di Riabilitazione, «la convivenza dipende in parte da voi. La sofferenza e la privazione possono rendere il nostro cuore egoista e dar luogo a conflitti, ma abbiamo anche la capacità di trasformarle in occasione di autentica fraternità. Aiutatevi tra di voi. Parlate tra di voi. Non abbiate paura di aiutarvi fra di voi. Il diavolo cerca la rivalità, la divisione, le fazioni. Lottate per andare avanti».

«Mi piacerebbe chiedervi – ha detto Bergoglio – di portare i miei saluti ai vostri familiari. È tanto importante la loro presenza e il loro aiuto! I nonni, il padre, la madre, i fratelli, la moglie, i figli. Ci ricordano che vale la pena vivere e lottare per un mondo migliore».

Il Papa ha concluso con «una parola di incoraggiamento a tutti coloro che lavorano in questo Centro: ai dirigenti, agli agenti della Polizia penitenziaria, a tutto il personale. Fate un servizio pubblico fondamentale. Avete un compito importante in questo processo di reinserimento. Il compito di rialzare e non di abbassare; di dare dignità e non di umiliare; di incoraggiare e non di affliggere. Un processo che chiede di abbandonare una logica di buoni e cattivi per passare a una logica centrata sull’aiutare la persona. Creerà condizioni migliori per tutti. Poiché un processo vissuto così ci nobilita, ci incoraggia e ci rialza tutti. Per favore, vi chiedo di continuare a pregare per me, perché ho anch’io i miei errori e devo fare penitenza. Grazie».

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I cristiani che fanno dell’identità una questione di superiorità

Posté par atempodiblog le 11 juillet 2015

I cristiani che fanno dell’identità una questione di superiorità
Tratto da: Radio Vaticana

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[...] Il secondo atteggiamento davanti al grido di Bartimeo – dice il Papa – è quello di chi gli ordina di stare  zitto, di  non disturbare. Sono quelli che rimproverano sempre: “Sono i vescovi, i sacerdoti, le suore, il Papa … con il dito così”. “È l’atteggiamento di coloro che di fronte al popolo di Dio, stanno continuamente a rimproverarlo, a brontolare, a dirgli di tacere. Dategli una carezza per favore, ascoltatelo, ditegli che Gesù gli vuole bene …  ‘Ma non si può fare, signora, cos’ha questo bambino che piange mentre io predico?’. Come se il pianto di un bambino non fosse una sublime predica!”.

“È il dramma della coscienza isolata, di coloro che pensano che la vita di Gesù è solo per quelli che si credono adatti, ma in fondo hanno un profondo disprezzo per il popolo fedele di Dio”. “Sembrerebbe giusto che trovino spazio solo gli ‘autorizzati’, una ‘casta di diversi’ che lentamente si separa, differenziandosi dal suo popolo. Hanno fatto dell’identità una questione di superiorità”: “non sono più pastori, ma sono capitani” che sempre pongono “barriere al popolo di Dio”. E questo atteggiamento “li ha allontanati, non solo dal grido della loro gente, o dal loro pianto, ma soprattutto dai motivi di gioia. Ridere con chi ride, piangere con chi piange, ecco una parte del mistero del cuore sacerdotale e del cuore consacrato”. [...]

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Morto il card. Biffi. Il Papa: amò tenacemente la Chiesa

Posté par atempodiblog le 11 juillet 2015

Morto il card. Biffi. Il Papa: amò tenacemente la Chiesa
Un vescovo che “ha servito con gioia e sapienza il Vangelo e ha amato tenacemente la Chiesa”. Papa Francesco ricorda così, in un telegramma di cordoglio, la scomparsa del cardinale emerito di Bologna, Giacomo Biffi, spentosi la notte scorsa, nella clinica felsinea dove era ricoverato da tempo, all’età di 87 anni. Per circa vent’anni – dal 1984 al 2003 – fu capo dell’arcidiocesi di Bologna come “guida sollecita e saggia”, scrive Francesco, che ne ricorda “l’instancabile servizio” alla “formazione umana e cristiana di intere generazioni”, sottolineando in particolare il “linguaggio diretto e attuale” col quale il porporato si poneva “al servizio della parola di Dio”. I funerali del cardinale Biffi saranno celebrati martedì mattina a Bologna nella cattedrale di San Pietro alle 10.30, presieduti dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra.
di Luca Tentori – Radio Vaticana

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“Si può allora anche dire che tutte le religioni hanno del buono e che tra esse si può scegliere a proprio gusto come si sceglie un libro da leggere o una musica da ascoltare. Si può dire, purchè non ci si dimentichi che il cristianesimo è un’altra cosa. Il cristianesimo è un fatto e i fatti non si scelgono, i fatti sono”.

Parole decise di un insegnamento chiaro e forte. Correva l’anno 1995 quando il cardinale Giacomo Biffi le rivolse ai giovani della sua città d’adozione: Bologna. A 87 anni, l’arcivescovo emerito del capoluogo emiliano, è morto questa notte in una casa di cura. Milanese, o meglio ambrosiano, è stato una figura di spicco dell’episcopato italiano negli anni ‘80 e ‘90. Era nato il 13 giugno del 1928, un dono di Sant’Antonio di Padova alla sua famiglia, come amava ricordare. Ordinato sacerdote per le mani del cardinal Ildefonso Schuster nel 1950 fu insegnante di teologia, parroco a Milano e ausiliare della diocesi meneghina fino al 1984 quando fu nominato arcivescovo di Bologna. Dopo le reticenze iniziali per l’incarico si innamorò presto della sua nuova Chiesa e decise di rimanervi a trascorrere gli ultimi anni della sua vita anche quando terminò il suo servizio pastorale nel 2003 per raggiunti limiti di età. Il suo pensiero di teologo e pastore non passava indifferente negli ambienti ecclesiali e della società Nel 1989 e nel 2007 ha predicato gli esercizi spirituali di quaresima a San Giovanni Paolo II a Benedetto XVI:

“Tre cose noi non dobbiamo dimenticare: la prima è che non siamo degli innocenti, siamo dei salvati. La seconda cosa è che possiamo ancora cadere. Ma noi sappiamo che il Signore è fedele e che vuol darci come dono quella perseveranza che non è nelle possibilità dell’uomo che confida in se stesso. La terza cosa è che di fronte alla debolezza e alle cadute dei nostri fratelli dobbiamo avvertire una specie di corresponsabilità che ci porti a condolerci con loro e talvolta anche a soffrire al loro posto. Al tempo stesso dobbiamo sentirci investiti e assimilati dall’onda della divina pietà, in modo da diventare nei confronti di chi sbaglia raffigurazione della misericordia del Signore”.

Ironico, pungente e schietto preferiva la sintesi alle frammentazioni del sapere e del pensiero teologico. Definì la sua Bologna “sazia e disperata”, organizzò nel 1997 il Congresso eucaristico nazionale a cui partecipò Giovanni Paolo II, rilesse le avventure di Pinocchio, era innamorato di Sant’Ambrogio e in uno dei suoi ultimi libri si definì un “italiano cardinale”. Difficile raccogliere in poche battute il suo impegno e il suo pensiero. Chiara la sua fede escatologica e il suo deciso cristocentrismo.

“La notte sta calando sulle illusioni umane. Essi non sanno o hanno dimenticato che il Signore è veramente risorto ed è con noi vivo e attivo tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Fateglielo sapere voi! Se vi impegnate in questo spenderete bene la vostra unica vita”.

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Addio all’arcivescovo Giacomo Biffi. Il teologo di una «città sazia e disperata»

Posté par atempodiblog le 11 juillet 2015

Lutto in Curia
Addio all’arcivescovo Giacomo Biffi
Il teologo di una «città sazia e disperata»
Aveva 87 anni, si è spento dopo una lunga malattia
Tratto dal: Corriere di Bologna

Addio all’arcivescovo Giacomo Biffi. Il teologo di una «città sazia e disperata» dans Articoli di Giornali e News Cardinale-Biffi

BOLOGNA - È morto all’età di 87 anni l’arcivescovo emerito di Bologna, Giacomo Biffi. E’ stato cardinale dal 1984 al 2003, quando lasciò per sopraggiunti limiti di età. Da tempo ricoverato a Villa Toniolo dove aveva subito un difficile intervento chirurgico con l’asportazione di una gamba, le sue condizioni di salute erano peggiorate giovedì scorso, poi un lieve miglioramento prima del crollo. Biffi si è spento alle 2,40 della scorsa notte. Aveva compiuto 87 anni lo scorso 13 giugno e recentemente aveva ricevuto anche una lettera di Papa Francesco : «Sono stato informato delle Sue condizioni di salute e desidero esprimerLe la mia profonda vicinanza in questo momento di sofferenza», aveva scritto Bergoglio.

LA BIOGRAFIA - Biffi era nato a Milano il 13 giugno 1928, aveva compiuto gli studi scolatici nei seminari dell’Arcidiocesi Ambrosiana e fu ordinato sacerdote il 23 dicembre 1950 dall’arciverscovo cardinale Alfredo Ildefonso Schuster. Si laureò in teologia nel 1975 con una tesi su «La colpa e la libertà nell’odierna condizione umana». Prima di arrivare in via Altabella fu anche segretario della Commissione episcopale della Cei. Guidò l’arcidiocesi bolognese dall’84 fino al 2003 quando lasciò l’incarico per sopraggiunti limiti di età . Come suo successore fu nominato il cardinale Carlo Caffarra. Nel 1989 Biffi predicò gli esercizi spirituali al Santo Padre Giovanni Paolo II e nel 2007 guidò gli esercizi spirituali di Benedetto XVI e della Curia romana. Nel 1985 definì Bologna «sazia e disperata», espressione che lo rese famoso anche fuori dei confini emiliani.

NEL CONCLAVE 2005 - «A ogni votazione ricevo sempre un solo voto. Se scopro chi è quel cretino che si ostina a votarmi giuro che lo prendo a schiaffi». Parole che Biffi avrebbe pronunciato il cardinale durante una cena con altri porporati a Casa Santa Marta, a conclave in corso, il 19 aprile 2005, dopo la terza fumata nera. E un confratello, perplesso, gli rispose: «Eminenza, ormai è chiaro chi stiamo eleggendo come nuovo Papa ed è anche abbastanza evidente che questo candidato abbia scelto di votare per lei. Quindi se vorrà ancora mantenere il suo proposito sarà costretto a prendere a schiaffi il Papa». Biffi rimase senza parole: Joseph Ratzinger aveva deciso di votare per lui. È un aneddoto di retroscena raccontato negli scorsi anni dal giornalista cattolico Francesco Grana e ripreso da vari siti dedicati a Benedetto XVI. A dimostrazione della stima che il pontefice emerito nutriva per il cardinale.

LE REAZIONI - «Fine teologo, ha saputo interpretare i cambiamenti del tempo, mettendoci in guardia da una società che rischiava di disgregarsi di fronte alle mutate condizioni della nostra comunità. Le sue parole hanno lasciato un’impronta indelebile», è stata la reazione del sindaco di Bologna, Virginio Merola. Mentre il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: «La notizia della morte di sua eminenza il cardinale Giacomo Biffi – ha commentato – ci rattrista profondamente. É stata una personalità di altissimo livello, che ha rappresentato non solo per la città ma per l’intera collettività emiliano-romagnola un costante punto di riferimento».

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