Testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della Sua Croce

Posté par atempodiblog le 29 juin 2015

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“Oggi – ha affermato – non c’è tanto bisogno di maestri, ma di testimoni coraggiosi, convinti e convincenti; testimoni che non si vergognano del Nome di Cristo e della Sua Croce né di fronte ai leoni ruggenti né davanti alle potenze di questo mondo. Sull’esempio di Pietro e di Paolo e di tanti altri testimoni lungo tutta la storia della Chiesa, testimoni che, pur appartenendo a diverse confessioni cristiane, hanno contribuito a manifestare e a far crescere l’unico Corpo di Cristo. E questo mi piace sottolinearlo alla presenza – sempre molto gradita – della Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, inviata dal caro fratello Bartolomeo I. La cosa è tanto semplice: perché la testimonianza più efficace e più autentica è quella di non contraddire, con il comportamento e con la vita, quanto si predica con la parola e quanto si insegna agli altri!

Insegnate la preghiera pregando; annunciate la fede credendo; date testimonianza vivendo!”.

Papa Francesco
Tratto da: Radio Vaticana

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Don Giussani: Il Pioppo di Rebora, simbolo del mistero

Posté par atempodiblog le 29 juin 2015

Una volta stavo riflettendo sulla SS. Trinità, sull’Essenza di Dio. Volevo assolutamente approfondire e conoscere chi è questo Dio… In un istante il mio spirito venne come rapito in un altro mondo. Vidi un bagliore inaccessibile e in esso come tre sorgenti di luce, che non riuscii a comprendere. E da quella luce uscivano parole sotto forma di fulmini, che si aggiravano attorno al cielo ed alla terra. Non comprendendo nulla di questo, mi rattristai molto.
Improvvisamente dal mare di luce inaccessibile usci il nostro amato Salvatore, di una bellezza inconcepibile, con le Piaghe sfavillanti: E da quella luce si udì questa voce: «Qual è Dio nella Sua essenza, nessuno potrà sviscerarlo, né la mente angelica, né umana». Gesù mi disse: «Procura di conoacere Dio attraverso la meditazione dei Suoi attributi». Un momento dopo Gesù tracciò con la mano il segno della croce e scomparve.

Santa Faustina Kowalska

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“Se dunque l’umana situazione porta ad intuire l’esistenza del divino, l’uomo non può però dire che cosa Egli sia in se stesso. Perciò non possiamo che usare termini negativi per Lui (Infinito, Immenso, Ineffabile, Incomprensibile, ecc.) o termini totalitari, che anch’essi in fondo, negano condizioni di essere a noi note (Onnipotente, Onnisciente, Onnipresente).  Ed anche gli attributi postivi che diamo a Lui (bontà, giustizia, bellezza, fedeltà, potenza, ecc.) non sono tanto definizioni, quanto introduzioni, dal nostro limitato e vario punto di vista, alla ricchezza di quell’Essere per noi inconcepibile”.

“Una bella poesia di Clemente Rebora intitolata Il Pioppo crea un simbolo pieno di evidenza del rapporto tra la realtà sperimentabile e la sua nascosta e ultima ragione.

‘Vibra nel vento con tutte le sue foglie / il pioppo severo; / spasima l’aria in tutte le sue doglie / nell’ansia del pensiero: / dal tronco in rami per fronde si esprime/ tutte al ciel tese con raccolte cime: / fermo rimane il tronco del mistero, / e il tronco s’inabissa ov’è più vero’.

La ‘pianta’ del mondo, il ‘tronco’ della realtà affonda le sue radici (cioè trae la sua ragione d’essere) ad un livello per noi inafferrabile, dentro un abisso a noi insondabile: è il livello del divino, del mistero”.

“Il significato della poesia confluisce nella affermazione di Gabriel Marcel: «Il mistero [...] è chiarificatore».
Il mistero non è un limite alla ragione, ma è la scoperta più grande cui può arrivare la ragione: l’esistenza di qualcosa incommensurabile con se stessa”.

Don Luigi Giussani

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Il beato Giustino M. Russolillo ed Ernest Hello

Posté par atempodiblog le 28 juin 2015

Pensieri tratti da una lettera e dagli appunti del beato Giustino M. Russolillo:

1938

Caro D. Saggiomo,
mi occorre “L’uomo” di Ernest Hello. Sta a Posillipo. Domandare p. es. a Impagliazzo. Mi serve per le nostre stampe ecc.

***

16 febbraio 1931
L’umanità ha anche il bisogno di ammirare. E si getta come in ginocchio per chiedere l’elemosina di una qualche cosa sublime. Il superiore, il sacerdote deve soddisfare con il sublime dell’eroismo questo bisogno della comunità e dell’umanità (leggendo Hello: L’uomo).

***

11 febbraio 1936 – Da una agenda tascabile del 1932 – Triduo predicato a Posillipo, Bellavista
La funzione materna di Maria per l’alimentazione della vita soprannaturale sta nel metterci in relazione con le persone divine della ss. Trinità e con lo Spirito Santo, che viene prima nell’ordine delle relazioni tra la creatura e il Signore. Nostro bisogno della consolazione!

Prima c’è la liberazione da consolazioni profane, imbarazzi interni, influenze dello spirito del male. Poi purificazione del cuore, poi infusione di consolazioni.
Nisi efficiamini sicut parvuli non intrabitis in regnum coelorum – Se non diventerete come i fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli. (Sonno, sorriso, ebbrezza, secondo Hello).

Il beato Giustino M. Russolillo ed Ernest Hello dans Citazioni, frasi e pensieri Hello-e-il-Beato-Giustino-Maria-della-Santissima-Trinit-Russoli

L’ebbrezza in Hello
Tratto da: Le siècle, les hommes et les idées, di Ernest Hello (traduzione di Giovanni Maria Bertin)

Si confondono due parole che, invece di esprimere cose due simili, esprimono cose due contrarie. Ecco queste due parole, la cui confusione distrugge la luce.
La prima è l’incomprensibile.
La seconda è l’inintelligibile.
L’incomprensibile è al di sopra dell’intelligenza; l’inintelligibile è al di sotto dell’intelligenza.
L’incomprensibile è il mistero.
L’inintelligibile è l’assurdo.
L’incomprensibile, troppo grande per noi, non può entrare tutto intero nella nostra intelligenza, a causa della sua dimensione, e soprattutto se noi parliamo dell’infinito, perché esso ha sorpassato ogni dimensione.
L’inintelligibile, al contrario, non può entrare nel nostro spirito, perché il nostro spirito è troppo grande, cioè troppo vero per lui. L’inintelligibile non può essere colto da noi, perché è senza verità, e perché il nostro spirito è fatto per cogliere la verità almeno in una certa misura.
La nostra intelligenza è una forza che si applica all’Essere.
Quando si tratta dell’Essere assoluto, immenso, infinito, la vocazione della nostra intelligenza è una abdicazione sublime, che lungi d’essere una morte, una restrizione, una diminuzione, è, al contrario, l’atto più fecondo, più attivo, più vivente, più sovrano che essa possa fare.
L’intelligenza è una forza che si esercita sopra un certo dominio. Al di sotto di questo dominio non ha niente da fare, ed ecco l’inintelligibile.
Al di sopra, essa si urta contro un dominio, è il dominio riservato, ed ecco l’incomprensibile.
L’incomprensibile è la cosa che non si abbraccia.
L’inintelligibile è la cosa nella quale non si può leggere.
L’etimologia di queste due parole stabilisce egregiamente la loro differenza.
L’incomprensibile è quello di cui nessuno fa il giro (non comprehendere).
L’ inintelligibile è ciò che non presenta all’occhio dello spirito alcun carattere (Non legere intus).
L’uomo che si ribella contro l’incomprensibile cade abitualmente nell’inintelligibile: c’è lì un castigo che non manca quasi mai.
L’intelligenza che s’inalbera davanti all’incomprensibile riceve questa punizione e questa umiliazione, di curvarsi e flettersi sotto l’inintelligibile.
Colui che rifiuta il mistero, cade nella superstizione.
Ora, la superstizione è ostile allo spirito e lo fa morire.
Il mistero è l’amico dell’intelligenza, egli la nutre e la conserva. L’esalta invece di schiacciarla. Mentre la superstizione la schiaccia invece di esaltarla. L’incomprensibile, è il mistero; è al di là dell’intelligenza. L’inintelligibile, è il non-senso; esso ne è al di qua.
Nei domini dell’inintelligibile, è l’oggetto che fa difetto all’intelligenza.
Nei domini dell’incomprensibile, è l’intelligenza che fa difetto al suo oggetto.
L’uomo non cammina sempre nella pianura, donde la sua intelligenza vede chiaro e lo conduce tranquillamente. Ora pende verso gli abissi dell’inintelligibile, ora si eleva verso le montagne dell’incomprensibile.
L’ebbrezza gli apre l’abisso in cui l’intelligenza lo perde.
L’estasi gli apre la montagna in cui l’intelligenza abdica nella gloria.
Il mistero risponde a uno dei bisogni più profondi della natura umana, il bisogno dell’adorazione.
L’uomo non adora ciò che comprende completamente ed ha ragione, perché ciò che comprende completamente non è l’infinito, e l’adorazione cerca l’infinito, come la bussola cerca il polo.
L’uomo ha sete di mistero, perché ha sete d’infinito. E questa sete d’infinito che spinge le anime superiori sulla strada che non finisce. Esse vanno alla scoperta con la sublime certezza di non scoprire mai tutto.
L’oggetto della ricerca essendo infinito, esso eccede sempre ogni scoperta. Aumenta la sete al tempo stesso che la soddisfa. “Né fame, né sazietà!”, esclama Sant’Agostino e aggiunge: “Io non so con qual nome chiamare questo stato che desidero; ma Dio può soddisfare coloro che non possono neppure più esprimersi, purché credano e sperino!”. Sant’Agostino ha ragione.
Né fame! Né sazietà! Ecco appunto il desiderio dell’uomo. S’egli comprendesse tutto, avrebbe la sazietà.
Se non comprendesse nulla avrebbe la fame. La verità, che talora solleva e talora abbassa i veli, lo protegge dalla fame, con la rivelazione, e dalla sazietà col mistero.
Elia sulla cima dell’Horel vide la tempesta, il terremoto e la folgore. Ma, quando passò il soffio leggero, Elia si velò la testa col suo manto; aveva riconosciuto l’approssimarsi del Signore: il mistero era là. I Serafini che apparvero a Isaia davanti al trono del Signore, si velavano la faccia con le loro ali.
Avevano sei ali; le loro sei ali si dividevano le funzioni di trasportarli e di velarli. Il loro volo e il loro velo avevano lo stesso agente, lo stesso strumento, delle ali, dovunque ali, sempre ali. Il volo ne impiegava due; il velo ne impiegava quattro. Le ali che li esaltavano negli abissi della Luce, li proteggevano anche. I veli che sono delle ali sono veli gloriosi come il volo che li accompagna.
Per volare e per velarsi, essi avevano bisogno di ali, e non avevano bisogno d’altro…

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34° anniversario delle apparizioni di Medjugorje: Telefonata di Padre Livio e Marija – 25 giugno 2015

Posté par atempodiblog le 27 juin 2015

34° anniversario delle apparizioni di Medjugorje
Telefonata di Padre Livio e Marija – 25 giugno 2015
Tratto da: Radio Maria Fb

34° anniversario delle apparizioni di Medjugorje: Telefonata di Padre Livio e Marija – 25 giugno 2015 dans Medjugorje jpyirb

Cari amici abbiamo in diretta Marija Pavlovic da Medjugorje che ci riferisce il messaggio della Regina della Pace di oggi, 25 giugno, 34° anniversario delle apparizioni.

Ciao Marija!

Ciao padre Livio. Saluto tutti gli ascoltatori di Radio Maria con tanta gioia nel cuore perché oggi è il 25 giugno, 34° anniversario delle apparizioni. Oggi la Madonna ci ha dato il seguente messaggio :

“Cari figli! Anche oggi l’Altissimo mi dona la grazia di potervi amare ed invitare alla conversione. Figlioli, Dio sia il vostro domani, non guerra ed inquietudine, non tristezza ma gioia e pace devono regnare nei cuori di tutti gli uomini e senza Dio non troverete mai la pace.
Perciò, figlioli, ritornate a Dio e alla preghiera perché il vostro cuore canti con gioia. Io sono con voi e vi amo con immenso amore.
Grazie per aver risposto alla mia chiamata”.

Marija come hai vissuto questa giornata a Medjugorje?
A Medjugorje la Madonna canta, canta di gioia, canta di preghiera perché come ogni anno siamo grati a Dio e alla Madonna per la sua presenza. Sapete che ulimamente i giornali parlano, i giornalisti inventano tante cose, ma la cosa più bella è che quando sei a Medjugorje non pensi al domani, pensi ad oggi, perché la Madonna è con noi.

In questi giorni, in modo speciale nei giorni della novena, la mattina prima del sorgere del sole, andavamo cantando, pregavamo durante il giorno e durante la notte si vedevano le luci che andavano su e giù dalla collina dell’apparizione. Ieri adorazione tutta la notte, stasera adorazione per tutta la notte per ringraziare la Madonna tutta la sera della sua presenza e del suo messaggio. Ci invita poi a pregare per tutte le vocazioni, per tutte le persone che sono qua, per tutte le persone che si sono convertite a Medjugorje, per tutti i doni di guarigione, i doni di conversione, i doni delle confessioni.

Quest’albero qui a Medjugorje è così ricco e così bello che, l’unica cosa che sentiamo nel cuore, è la tenerezza di Dio. E lo vorrei condividere con voi e dirvi: Dio è buono e misericordioso con noi, ci dà Sua Madre, ci dona la pace, ci dona la Regina della Pace e questa è una gioia immensa. Oggi stiamo lodando Dio e lo ringraziamo per ogni dono che ci sta dando. La Madonna ci invita alla conversione. Soprattutto la Madonna dice: “l’Altissimo mi dà la grazia di potervi amare”. La Madonna, con immenso amore, ci sta amando oggi così come i primi giorni dell’apparizione.

Senti Marija raccontaci: come è stata quel 25 giugno 1981 per te, che il giorno precedente non avevi visto la Madonna?
Il 24 giugno, io sono entrata al posto quasi di mia sorella, perché i miei genitori avevano portato mia sorella in un altro campo lontano da casa, pensando al comunismo dell’oppressione, della prigione e tante volte anche della morte.

I miei genitori si sono spaventati e hanno pensato: “che il Signore ci aiuti!”… era come abbracciare la croce invece il Signore ha proprio pensato che la nostra famiglia doveva rimanere lì. In casa mia eravamo io e il piccolo Jakov. Qualche giorno fa è venuto fuori un breve video delle apparizioni dei primi mesi dove Jakov stava guardando una macchina fotografica ed era così simpatico e così piccolo…. Rivedere questo video mi ha dato gioia perché era un bambino sorridente, biondo, con una frangetta davanti… era così curioso e guardando questo filmino ho pensato a quanto eravamo innocenti, a quando eravamo “di Dio e della Madonna”. Nella nostra casa si pregava, c’era Dio, infatti la Madonna, quando le abbiamo chiesto perché fosse venuta, ha detto “perché ho trovato ancora la fede viva e, grazie al cielo, questa fede è viva ancora oggi”.

E quindi tu eri con Jakov lì in casa…
Sì, ero con Jakov in casa perché dovevo prepara la cena… poi Vicka ha sentito il bisogno di “andare”, ha chiamato mia sorella e le abbiamo detto: “Ma dove vai?”. Vicka ha risposto: “Sento il bisogno di andare là… venite anche voi”. Siamo andati e ai piedi della collina e abbiamo visto una grande luce… noi eravamo lì e la Madonna era sulla collina… prima è arrivata la luce, poi è arrivata Lei. Eravamo scioccati! Lei con la mano ci invitava a venire, ad avvicinarci a Lei ma non avevamo il coraggio. Era lontana, più di 300 metri da noi, ma il Suo amore ci ha presi già in quel momento. Eravamo spaventati, non sapevamo cosa fare e come reagire. La Madonna era come una calamita che ci attirava, il Suo amore ci attirava! Dal quel momento abbiamo iniziato a dire “La Madonna ci chiama, dobbiamo andare!”. Abbiamo cominciato a correre e chi è arrivato vicino a noi ha detto che “volavamo”, che nessuno riusciva a raggiungerci …

In mezzo a cespugli spinosi e rocce…
Le rocce, le spine, Jakov stesso è finito in un cespuglio dove c’era un nido di vespe! Volavano intorno a lui ma non ha sentito niente perché è prevalso l’amore della Madonna. Quando tutto è finito non c’era una vespa che l’avesse punto!

…e poi come siete arrivati lassù?
Ci siamo avvicinati alla Madonna e ancora oggi non ho parole per descrivere quello che sentivo! Avevo dentro la gioia perché la presenza della Madonna era presenza di Dio che ha riempito il nostro cuore e quando hai Dio nel cuore tutto il resto non è più importante… E’ importante Lei, la Sua presenza ci ha portati a Dio, ha permesso di innamorarci di Lei e attraverso Lei ci ha portati dalla collina dell’apparizione fino alla chiesa e ha detto “mettete Dio al primo posto nella vostra vita!”. Ha cominciato a parlarci di Dio, a pregare con noi e noi abbiamo cominciato a seguirla. La Madonna dice che Lei e la Sua presenza per noi sono sempre stati un invito per avvicinarci a Dio.

Sin dai primi giorni, nonostante lei non abbia parlato, la Sua presenza era preghiera. Poi, piano piano, …il terzo giorno, il quarto, etc… la Madonna ha cominciato a pregare e a parlare. Quando noi le abbiamo chiesto “perché hai scelto noi? noi non siamo migliori”. Lei ha risposto: “Dio mi ha permesso di scegliere e io ho scelto voi” così abbiamo sentito il dovere di rispondere a questa Sua chiamata!

Senti un po’ Marija,… tu comunque fin dal giorno del 26 giugno, e poi quando la Madonna ha scelto la parrocchia, sei diventata lo strumento dei suoi messaggi più importanti… alla parrocchia e al mondo. Tu sei consapevole di questa scelta particolare? Tu una volta mi hai detto che la Madonna ha scelto te perché hai poca memoria…
(sorride)
Esattamente, perché io sono quella più (…) Mirjana è più intelligente mentre io ogni tanto vado in crisi e penso che…siamo niente, siamo polvere senza Dio. Invece Dio è la forza, la gioia di vivere, di trasmettere quello che la Madonna ha messo dentro il Suo cuore.

Noi ci siamo innamorati della Madonna, abbiamo cominciato a seguirla perché Lei è stata la nostra forza, il nostro coraggio, nonostante avessimo paura della morte perché…chi non ha paura della morte ? Ma è prevalso il desiderio di Paradiso, è prevalsa la gioia della presenza della Madonna che ci ha mostrato che la vita non finisce qua, la vita va avanti verso l’eternità.

Senti… vorrei farti una domanda molto semplice ma chiara: tu sai che fra poco e, forse prima della fine dell’anno, la Chiesa si pronuncerà per la seconda volta – la prima volta fu a Zara nel 1991 – e ora a livello più grande, cioè a livello della Chiesa universale sarà il Papa stesso che darà delle direttive, dirà delle parole, le parole della Chiesa, di orientamento per tutti noi per quanto riguarda questo grandissimo evento che tocca da vicino ormai da un terzo di secolo la vita della Chiesa del mondo. Tu e voi veggenti come attendete questo pronunciamento?
Con tanta gioia, tanta, tanta gioia perché noi sappiamo che la Chiesa è la madre, e una madre non può picchiare, non può non amare i propri figli. Noi siamo stati sempre abituati dalla Madonna a vivere nella Chiesa. Lei ci ha portato nella Chiesa dalle rocce della montagna delle apparizioni, Lei ha detto: “andate nella Chiesa, là sarete protetti!”.

Noi con tutto l’amore siamo qua a testimoniare che la Chiesa ha da dire qualcosa siamo qua se ha bisogno di correggerci, siamo pronti, non abbiamo nessuna paura perché, la gioia di essere nella Chiesa, la ricchezza di essere cristiani, noi l’abbiamo imparata con la Madonna e questo ci dà tanta gioia nonostante non sappiamo quali siano i progetti di Dio.

Adesso abbiamo il Santo Padre, la Commissione ha parlato con noi. Io devo dire che ho avuto una bellissima esperienza incontrando la Commissione e non sto aspettando con paura, non ho paura perché se tutto questo è un’opera di Dio – e io credo sia opera di Dio – nessuno potrà distruggerla. Se non è da Dio sarà distrutta subito!

Per questo io ringrazio il buon Dio per il grande dono, io riconosco che è dono di Dio perché non è opera né mia né degli altri veggenti, non è opera di frati, non è opera di pellegrini ma è un invito della Madonna – come dice la Madonna: Dio le ha permesso di essere in mezzo a noi. Lei ci guida alla santità, Lei ci guida alla conversione, Lei ci chiama per mettere Dio al primo posto nella nostra vita. Lei è arrivata con il nome di Regina della Pace, chiede, supplica tutti noi di essere strumenti della pace “In questo mondo senza Dio e senza pace” dice la Madonna.

Ed è contenta la Madonna oggi?
La Madonna è arrivata con vestiti dorati… era contenta, era tranquilla, era gioiosa e nello stesso momento porta con sé il Paradiso e questo Paradiso lo sta trasmettendo a noi. Questa è una grazia ogni giorno. La presenza della Madonna è per tutti noi una cosa che non possiamo descrivere. Io penso che solo pregando possiamo sempre più dire: Signore grazie per questo dono! Perché tu stai cercando di convertirmi da uomo vecchio, attaccato al mondo, alla terra, ci stai elevando verso la vita eterna, verso la santità, verso il Paradiso! Tutti noi abbiamo quel desiderio di Paradiso nel cuore questo lo vogliamo condividere con tutti i pellegrini che vengono qui.

Grazie Marija, mi hai fatto commuovere…
Padre Livio… ringraziamo il buon Dio perché Medjugorje… è una ricchezza per tutti, una ricchezza per quelli che sono pagani. Io ho avuto in questi giorni un’esperienza bellissima di persone che sono arrivate qua senza Dio con un paganesimo terribile…quest’ideologia…

Due ragazze che sono arrivate, che vivono insieme con questa politica come si dice…come dice la pubblicità “due donne, due uomini”… sono venute qua da pagane per curiosità… da lontano… e hanno deciso di vivere nella castità, di lasciarsi e io dopo ho pianto e ho detto “nessuno ha detto loro niente” ma loro hanno sentito i comandamenti di Dio e hanno sentito il bisogno di non vivere più nel peccato. Tante situazioni di persone che erano lontane, pagane, alcolizzate, drogate, sono passate da Medjugorje… e hanno fatto un cambiamento totale della loro vita. Hanno abbracciato Dio e i suoi comandamenti, hanno abbracciato l’amore che Dio attraverso la Madonna sta dando.

Grazie Marija, adesso diciamo una preghiera…
(recitano il Magnificat…)

Marija ti raccomando la grande famiglia di Radio Maria, specialmente i malati i sacerdoti e tutti i volontari che ci aiutano…
Con tutto il cuore in questi giorni eravamo sulle colline… ci sarà tutta notte adorazione così saremo uniti con voi perché Medjugorje non dorme ma prega e davvero sarà così perché tanti pellegrini passeranno tutta la notte nella chiesa. La chiesa, le suore mi dicevano: “adesso durante l’adorazione esterna noi puliamo in fretta l’interno della chiesa perché così sarà bella pulita e bella fresca per l’adorazione di tutta la notte”. Così pregherò, saremo uniti con Dio e con la Madonna davanti al Santissimo con tutta la grande famiglia di Radio Maria, con tutti quelli che in qualche modo sono legati a Radio Maria. Pregherò e raccomanderò alla Madonna che la Sua radio sia davvero Sua in ogni momento! Che la protegga e che la guidi come vuole Dio!

Grazie di cuore Marija
Che Dio vi benedica Padre Livio. Grazie e buona notte.

Buona notte Marija

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Prima di parlare di Dio è necessaria la preghiera

Posté par atempodiblog le 27 juin 2015

Prima di parlare di Dio è necessaria la preghiera dans Citazioni, frasi e pensieri insegnare-a-pregare

Eleviamoci con la preghiera verso la più sublime considerazione dei raggi divini e salutari. Come se fosse sospesa alla sommità del Cielo una fune lucentissima e discendesse giù fino a qui, noi afferrandola con le mani, prima con l’una e poi con l’altra, avremmo l’impressione di trarla giù, ma in realtà non la tireremmo giù in quanto quella è presente in basso e in alto, bensì saremmo noi ad avvicinarci verso gli splendori più elevati dei raggi fulgenti.

[…]

Perciò prima di parlare di Dio è necessario cominciare con la preghiera, non per attrarre a noi la forza che è presente in tutti i luoghi e nessuno, ma affinché con il ricordo e le invocazioni possiamo metterci nelle sue mani e unirci a lei.

di san Dionigi l’Areopagita

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L’umiltà non fa rumore

Posté par atempodiblog le 27 juin 2015

L’umiltà non fa rumore dans Don Bruno Ferrero Carretto-vuoto

Camminavo con mio padre, quando all’improvviso si arrestò ad una curva e dopo un breve silenzio mi domandò: “Oltre al canto dei passeri, senti qualcos’altro?”

Aguzzai le orecchie e dopo alcuni secondi gli risposi: “Il rumore di un carretto”.

“Giusto – mi disse -. È un carretto vuoto”.

Io gli domandai: “Come fai a sapere che si tratta di un carretto vuoto se non lo hai ancora visto?”.

Mi rispose: “E’ facile capire quando un carretto è vuoto, dal momento che quanto più è vuoto, tanto più fa rumore”.

Divenni adulto e anche oggi quando vedo una persona che parla troppo, interrompe la conversazione degli altri, è invadente, si vanta delle doti che pensa di avere, è prepotente e pensa di poter fare a meno degli altri, ho l’impressione di ascoltare la voce di mio padre che dice:

“Quanto più il carretto è vuoto, tanto più fa rumore”.

Elogio dell’umiltà di Bruno Ferrero

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Il meraviglioso scherzo di don Bosco a chi voleva rinchiuderlo in manicomio

Posté par atempodiblog le 27 juin 2015

Il meraviglioso scherzo di don Bosco a chi voleva rinchiuderlo in manicomio
Pochi uomini al mondo furono protagonisti sin dall’infanzia di tante peripezie come lui
Tratto da: Aleteia

Il meraviglioso scherzo di don Bosco a chi voleva rinchiuderlo in manicomio dans Libri Don-Bosco

Non solo le autorità civili molestavano il povero don Bosco e tentavano d’impedire lo sviluppo della sua Opera, ma anche i suoi colleghi sacerdoti. Anzi, costoro si erano messi in testa che don Bosco stesse dando i numeri, e che tutto questo affaccendarsi appresso ai ragazzi fosse una vera mania.

Alcuni, infatti, andarono a trovarlo e, con tutta carità, presero a dirgli:

- Caro don Bosco, tu, capiscilo, comprometti il carattere sacerdotale! Con le tue stravaganze, con l’abbassarti a prendere parte ai giochi di quei monelli, con l’accompagnarti con loro per le vie e per le piazze, perdi il tuo decoro, desti ammirazione, ti fai ridere appresso!

E siccome don Bosco, sicuro dell’Opera sua, dava segno di non essere persuaso della logica di quegli avvisi, essi andavano continuando:

- Ma tu hai perso la testa! Non ragioni più! Povero e caro don Bosco, non bisogna ostinarsi… Tu non puoi fare l’impossibile! Non vedi che anche la Provvidenza è contraria alla tua opera e che non trovi nessuno che ti voglia affittare un locale?

- Oh la Provvidenza! – esclamò a questo punto don Bosco alzando le mani al cielo -, la Provvidenza mi aiuterà! Lei mi ha inviato questi ragazzi e io non ne respingerò neppure uno, ritenetelo bene! Voi siete in errore, la Provvidenza farà tutto ciò che è necessario. E poiché non mi si vuole affittare un locale, ne fabbricherò uno io con l’aiuto di Maria Santissima. Vi saranno vasti edifizi, con scuole, laboratori, officine, di ogni specie, spaziosi cortili e porticati… una magnifica chiesa. E poi, anche chierici, catechisti, assistenti, professori, capi d’arte, e numerosi sacerdoti. Vedrete, vedrete…

All’udire tali parole, quei suoi amici si sentirono profondamente commossi. Essi vi vedevano una prova certa della pazzia del loro amato collega, e se ne andarono crollando il capo e ripetendo fra loro:

- Poveretto! Davvero gli ha dato di volta il cervello! Occorre subito provvedere.

Don Bosco attendeva gli eventi, pronto a ogni più dura lotta.

Quei tali, presi gli accordi con la Curia Vescovile, andarono a parlare col direttore del manicomio. Ottenuto un posto al creduto pazzo, due di loro, i più svelti e coraggiosi, accettarono di eseguire il pietoso disegno.

Presero a nolo una vettura chiusa, si recarono all’abitazione di don Bosco e, fatti i primi convenevoli, lo invitarono a una passeggiata dicendogli:

- Un po’ d’aria ti farà bene, caro don Bosco; vieni, abbiamo qui una carrozza che ci aspetta.

Il Santo si avvide subito del gioco che gli volevano fare, ma accolse l’invito esclamando:

- Corbezzoli!… una carrozza!… Evviva la carrozza!….Veramente non ci sono assuefatto, ma via!…andiamo.

Giunti alla vettura, lo invitarono a entrare per primo; ma egli si scusò dicendo:

– No! Sarebbe una mancanza di rispetto per parte mia. Favoriscano loro per primi.

Quelli salirono senza alcun sospetto, persuasi che don Bosco li avrebbe seguiti; ma egli, appena li vide dentro, chiuse con fragore lo sportello, gridando al cocchiere:

– Presto! …al manicomio!!! Il vetturino sferza il cavallo, e più veloce che non si dica, giunge alla mèta ove, trovato il portone spalancato e gli infermieri pronti in attesa, entra di corsa.

Il custode chiude prontamente il portone; gli infermieri circondano la carrozza, aprono gli sportelli e invece di un pazzo ne vedono due.

Quantunque entrambi protestassero energicamente, furono condotti al piano superiore, ed essendo assenti medici e direttore, perché era l’ora del mezzogiorno, dovettero adattarsi a pranzare coi ricoverati. Solo verso sera, chiarito l’equivoco, poterono essere messi in libertà.

La cosa fece in un baleno il giro della città, e da quel giorno si corressero le idee nei riguardi del Santo, e l’ammirazione verso di lui s’accrebbe assai.

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Basket: Lo scudetto va a Sassari, impresa per la storia

Posté par atempodiblog le 27 juin 2015

Basket: Lo scudetto va a Sassari, impresa per la storia
Impresa in Gara7, vince il Banco Sardegna in trasferta, risalendo dal -17. MVP Rakim Sanders
de La redazione di Tuttosport Basket

Basket: Lo scudetto va a Sassari, impresa per la storia dans Sport 153o7du

Scudetto a Sassari. La storia del basket sorride alla Sardegna. Immenso Banco di Sardegna, il tricolore è della pazza squadra di Sacchetti. Triplete con Supercoppa e Coppa Italia, un’impresa immensa, contro un’avversaria degnissima.

Gara7 è un’altra battaglia senza quartiere, degno epilogo di una serie-scudetto bellissima, che entra di diritto nell’empireo delle più belle della storia del nostro basket. Lo scudetto passa di mano più e più volte, Reggio Emilia lo assapora a lungo ma alla fine non ce la fa.

Il massimo vantaggio reggiano a fine primo quarto (21-4) con Sassari che tarda molto a entrare in partita, ma nel secondo si accende e risale fino al -3. Al riposo lungo è 36-26, Reggio sembra tenere il pallino in mano ed è aiutata da un tecnico a Sosa, che scava in piccolo break sul finire del terzo (55-48).

Sassari comunque non molla, sta in partita orgogliosamente e con Logan (13) che trova la parità a quota 59 al 33′. Proprio lì la GrissinBon trova ancora la forza per un 8-0 con cui respirare, ma il subito il Banco risponde con uno 0-10 che fa 67-69, primo vantaggio esterno del match a 3′ dalla fine. Poi è battaglia durissima.

Dyson (17) con una prodezza fa +4, Diener trova il pari a quota 73-73, ancora Dyson dalla lunetta mette i due liberi del 73-75 lasciando 10 secondi sul cronometro, ma Reggio non riesce a organizzare un tiro pulito. Sfuma il suo sogno, ma grande onore anche a una GrissinBon coraggiosa ma sfortunata, e al suo pubblico.

Premio di MVP a Rakim Sanders (18), festa grande in tutta la Sardegna.

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Gietrzwald la Lourdes polacca

Posté par atempodiblog le 26 juin 2015

Gietrzwald la Lourdes polacca
Tra il 27 giugno ed il 16 settembre 1877 la Vergine Maria apparve molte volte a due ragazze, Barbara Samulowska e Justyna Szafrańska. Chiedendo la recita quotidiana del Santo Rosario. Tra la popolazione crebbero moralità, pietà, frequenza alla S. Messa, conversioni, sacramenti e vocazioni religiose. Oltre un secolo dopo, ancora vivo è il messaggio di Nostra Signora.

di Maria Beatrice Maggi – Radici Cristiane

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Polonia semper fidelis! Innumerevoli Santuari e luoghi sacri, alcuni di essi simboli nazionali. Gietrzwald – un villaggio nel nord-est della Polonia – resta abbastanza sconosciuto a molti cattolici. Uno dei pochi posti al mondo, dove le apparizioni mariane furono ufficialmente riconosciute dall’autorità ecclesiastica…

Apparizioni
Tra il 27 giugno ed il 16 settembre 1877 la Vergine Maria apparve molte volte a due ragazze, Barbara Samulowska e Justyna Szafrańska. Per la prima volta a Justyna, mentre la giovane stava tornando a casa con sua madre, dopo aver fatto un esame prima di ricevere la Prima Santa Comunione. Il giorno successivo, mentre recitava il Rosario, anche Barbara vide la “Signora lucente” seduta sul trono con Cristo Bambino tra gli angeli, sopra l’acero davanti alla chiesa. ChiestoLe di rivelare la Sua identità, rispose: “Sono la Beata Vergine Maria dell’Immacolata Concezione!”. “Che cosa mi chiedi Madre di Dio?”. “Desidero che tu reciti il Rosario ogni giorno!” – desiderio che Nostra Signora espresse molte volte durante le apparizioni. Un giorno Barbara domandò: “Riceveranno presto le parrocchie orfane dei preti?”. La risposta fu: “Se le persone pregheranno con zelo, al tempo in cui la Chiesa non sarà perseguitata, le parrocchie orfane riceveranno i preti”. Nostra Signora benedisse anche la fonte e disse che le persone malate avrebbero potuto prendere quest’acqua per la loro guarigione. Inoltre, durante l’ultimo giorno delle apparizioni, benedisse la piccola cappella costruita su Sua richiesta, quando le apparizioni ebbero luogo.

[…]

In cammino verso la Madonna
Molti pellegrini camminano verso il Santuario. Grandi gruppi vengono per la festa di settembre, camminando già prima dell’alba attraverso i boschi ed i campi nebbiosi. Cantano Godzinki (Le Piccole Ore dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria), pregano il Santo Rosario… Quando colgono la torre della chiesa del Santuario si inginocchiano e pregano brevemente. Dopo un paio di ore, da tutte le direzioni si riversano sul posto. In seguito, l’immagine miracolosa viene portata in processione dalla chiesa. Camminano lungo la strada, passando dalla sorgente miracolosa all’altare nel prato grande abbastanza per tutti i pellegrini. Al quanto insolito è il pellegrinaggio di luglio da Varsavia al Gietrzwald, con la tradizionale Santa Messa in latino. Gietrzwald è anche sulla via che conduce a Santiago de Compostela, via che comincia in Lituania. Che vi si creda o meno, ci sono persone che s’incamminano verso la Spagna partendo da lì!
Le apparizioni di Gietrzwald rinnovano la fede e le speranze del popolo polacco: la Madonna era dalla loro parte dopo tutto (i Kulturkampf di Bismarck, le due guerre mondiali e il regime comunista)! Oltre un secolo dopo, Warmia (diocesi di Gietrzwald) è ancora una terra cattolica e il messaggio di Nostra Signora rimane universale: “Pregate il Rosario quotidianamente!”.

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Richiamo a Warmia
di Joanna Potorska – Radici Cristiane

Colline, laghi, boschi, strade tortuose adombrate dagli alberi, villaggi e città. Ma soprattutto campanili, piccole cappelle, santuari, croci. Warmia è terra cattolica. E’ rimasta nei secoli terra cattolica, benché circondata da territori protestanti. Per questo, ancora oggi, è chiamata “santa”. Per questo, ancora oggi, funge da forte richiamo per i pellegrini cattolici. E non solo.

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Seminatori di pace e di allegria

Posté par atempodiblog le 25 juin 2015

Seminatori di pace e di allegria dans Citazioni, frasi e pensieri Josemar-a-Escriv-de-Balaguer

“Seminate la pace e l’allegria ovunque, non abbiate parole offensive per nessuno; sappiate camminare a fianco di coloro che non la pensano come voi. Non vi maltrattate reciprocamente; siate fratelli di tutte le creature, seminatori di pace e di allegria”.

San Josemaría Escrivá de Balaguer

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Medjugorje. La Madonna chiama in alto

Posté par atempodiblog le 25 juin 2015

Medjugorje. La Madonna chiama in alto
Tratto da: Medjugorje. Il cielo sulla terra— Padre Livio Fanzaga, ed. PIEMME

Medjugorje. La Madonna chiama in alto dans Libri padre-Livio-Fanzaga-in-pellegrinaggio-a-Medjugorje

Il primo giorno delle apparizioni manifesta due elementi che saranno di grande importanza per lo sviluppo successivo. La Madonna non fa nulla a caso. Non solo le parole, ma anche i gesti che compie hanno un grande valore. Il primo giorno la giovane meravigliosa, apparsa sul pendio del monte, teneva un bambino in braccio, che continuamente copriva e scopriva, quasi volesse attirare l’attenzione su di lui. Nell’apparizione del giorno dopo il bambino non c’era più. La Gospa apparirà con il neonato in braccio solo nel giorno di Natale. Quale messaggio voleva dare la S. Vergine in quella prima manifestazione? Il significato appare chiaro. La Madre di Dio veniva ancora una volta come la mediatrice fra noi e suo Figlio. Il suo compito è quello di donarci Gesù e di condurci a Lui. E’ il tema fondamentale di tutti i messaggi della Regina della pace. In questa prospettiva la visione iniziale preannuncia il piano dell’Ancella del Signore, per i quale si sta spendendo da così tanto tempo. Vuole ricondurre a Gesù Cristo questa generazione che lo rifiuta e  lo combatte. L’ouverture delle apparizioni è di puro stampo cristologico. La Madonna non viene per sé, ma per suo Figlio. Lui solo è il Signore e l’unico Salvatore del genere umano. Il vangelo che Maria annuncia fin dal primo giorno è suo Figlio. Ci presenta colui che il cristianesimo stanco dell’occidente ha dimenticato, quando non lo ha tradito. Prima dell’ aut – aut drammatico del tempo dei dieci segreti, la Madre di Misericordia ha ottenuto dall’Onnipotente il dono di un ultimo accorato appello alla conversione.

Inoltre il primo giorno la Madonna invitava i veggenti ad avvicinarsi a Lei, ma loro, frenati dalla paura non ne hanno avuto il coraggio. Non sarà così il secondo giorno. La Madonna vuole che ci si avvicini a Lei, con la fiducia dei figli. Ciò riguarda non solo i veggenti, ma tutti noi. Nel momento dell’apparizione i suoi occhi si posano su ognuno. Nulla è ignoto al suo sguardo materno. Neppure i biglietti dei pellegrini, dove sono condensate le suppliche di una umanità sofferente e bisognosa di consolazione. La Madonna li guarda e li benedice, come a voler significare che nulla le sfugge. Nessuno può pensare di ingannare la Madonna. I suoi occhi vedono nel profondo dei cuori, scrutando i segreti e le intenzioni. Vede la situazione spirituale i ognuno. Cari figli, mentre con materna preoccupazione guardo nei vostri cuori, vedo in essi il dolore e la sofferenza; vedo un passato ferito e una ricerca continua; vedo i miei figli che desiderano essere felici, ma non sanno come” (2 gennaio 2012). Ai piedi di Maria ogni anima è come un libro aperto, dove il suo occhio materno scorge ogni minimo particolare. Dal secondo giorno delle apparizioni fino ad oggi la Madonna vuole che la gente sia vicina anche a costo, come avveniva nei primi tempi, di correre il rischio di farsi calpestare il velo che scende fino a terra.

La Gospa, facendo segno con la mano di avvicinarsi a Lei, invita a salire. Benché la Regina della pace sia apparsa un po’ ovunque a Medjugorje, raggiungendo ogni veggente nel luogo dove si trovava in quel momento, i luoghi sacri sono due montagne: il Podbrdo e il Krizevac. La Madonna scende dal cielo sulla terra e nel medesimo tempo invita noi ad avvicinarci al cielo. Marija e Vicka mi ha confidato che, specie nei primi tempi, nonostante il divieto dell’agosto 1981 da parte delle autorità comuniste di andare sul Podbrdo, il desiderio di salire in alto, sul monte delle prime apparizioni, era irrefrenabile, tanto che molte volte si sono recate, di notte, con altre persone. Una volta, il 31 dicembre del 1982, nel passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo, vi si sono recate scalze sul terreno ghiacciato:

Qualcosa ci attirava. Non si poteva resistere. Noi ci riunivamo nel vicinato. Si parlava, si cantava e si scherzava. A un tratto ci veniva in mente: Andiamo su? E subito si partiva. Passava da quelle parti la polizia, ma non ci hanno mai preso. Lassù pregavamo come sempre, soprattutto all’inizio. La Madonna arrivava appena incominciavamo a pregare. Poche volte mancava. Era molto contenta. Più ancora che durante il giorno. E’ una cosa che non si può descrivere” (Vicka). La salita sul Podbrdo, specie nei primi anni, fra pietre aguzze e cespugli spinosi, fra i quali si annidavano grosse serpi, era un segno del cammino spirituale che ognuno è chiamato a fare, fra le difficoltà e le croci della vita e le insidie del mondo e del demonio.

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Il Papa dai valdesi: «Perdonateci per come vi abbiamo trattato»

Posté par atempodiblog le 23 juin 2015

Il Papa dai valdesi: «Perdonateci per come vi abbiamo trattato»
Nella seconda e ultima giornata di visita torinese, l’incontro storico di Francesco – il primo Pontefice – nella chiesa evangelica metodista: «Scusateci per gli atteggiamenti non cristiani, non umani, contro di voi. Camminiamo insieme»
di Domenico Agasso Jr. – Vatican Insder

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L’appuntamento era già storico di per sé: per la prima volta un papa in un tempio valdese. Lo è diventato ancora di più dopo le parole dello stesso Francesco agli evangelici metodisti piemontesi: «Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!». Una richiesta diventata subito una tappa fondamentale nel percorso ecumenico intrapreso fortemente da Jorge Mario Bergoglio.

Questa mattina il Pontefice, nella sua seconda e ultima giornata di visita a Torino, ha lasciato l’arcivescovado e si è trasferito in auto al tempio valdese. All’ingresso è stato accolto dal moderatore della Tavola valdese, il pastore Eugenio Bernardini, dal presidente del concistoro della Chiesa evangelica valdese di Torino, Sergio Velluto, e dal titolare della Chiesa evangelica valdese di Torino, il pastore Paolo Ribet.

Dopo gli interventi iniziali di Ribet e Bernardini, il Papa ha esordito dicendo che «con grande gioia mi trovo oggi tra voi. La cordiale accoglienza che oggi mi riservate mi fa pensare agli incontri con gli amici della Chiesa Evangelica Valdese del Rio della Plata, di cui ho potuto apprezzare la spiritualità e la fede, e imparare tante cose buone». Poi, il Pontefice è entrato nel vivo del tema dell’incontro, sottolineando che «uno dei principali frutti che il movimento ecumenico ha già permesso di raccogliere in questi anni è la riscoperta della fraternità che unisce tutti coloro che credono in Gesù Cristo e sono stati battezzati nel suo nome»; e questo legame «non è basato su criteri semplicemente umani, ma sulla radicale condivisione dell’esperienza fondante della vita cristiana: l’incontro con l’amore di Dio che si rivela a noi in Gesù Cristo e l’azione trasformante dello Spirito Santo che ci assiste nel cammino della vita». Riscoprire «tale fraternità ci consente di cogliere il profondo legame che già ci unisce, malgrado le nostre differenze».

Francesco riconosce che è «una comunione ancora in cammino – l’unità si fa in cammino», ma che, con la preghiera, con la continua conversione personale e comunitaria e con l’aiuto dei teologi, noi speriamo, fiduciosi nell’azione dello Spirito Santo, possa diventare piena e visibile comunione nella verità e nella carità».

Il Pontefice argentino ha precisato: «L’unità che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità. I fratelli infatti sono accomunati da una stessa origine ma non sono identici tra di loro. Ciò è ben chiaro nel Nuovo Testamento, dove, pur essendo chiamati fratelli tutti coloro che condividevano la stessa fede in Gesù Cristo, si intuisce che non tutte le comunità cristiane, di cui essi erano parte, avevano lo stesso stile, né un’identica organizzazione interna. Addirittura – ha ricordato – all’interno della stessa piccola comunità si potevano scorgere diversi carismi e perfino nell’annuncio del Vangelo vi erano diversità e talora contrasti».

Ecco poi il passaggio sul «nervo scoperto»: «Purtroppo, è successo e continua ad accadere che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro. Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni, non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede, e chiedo al Signore che ci dia la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri. È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci. Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!».

Dopo la richiesta di perdono per il passato, uno sguardo ottimista e speranzoso sul presente e sul futuro: Francesco esprime gratitudine «al Signore nel constatare che le relazioni tra cattolici e valdesi oggi sono sempre più fondate sul mutuo rispetto e sulla carità fraterna. Non sono poche le occasioni che hanno contribuito a rendere più saldi tali rapporti. Penso, solo per citare alcuni esempi, alla collaborazione per la pubblicazione in italiano di una traduzione interconfessionale della Bibbia, alle intese pastorali per la celebrazione del matrimonio e, più recentemente, alla redazione di un appello congiunto contro la violenza alle donne»; e poi un riferimento piemontese: «Tra i molti contatti cordiali in diversi contesti locali, dove si condividono la preghiera e lo studio delle Scritture, vorrei ricordare lo scambio ecumenico di doni compiuto, in occasione della Pasqua, a Pinerolo, dalla Chiesa valdese di Pinerolo e dalla Diocesi. La Chiesa valdese ha offerto ai cattolici il vino per la celebrazione della Veglia di Pasqua e la Diocesi cattolica ha offerto ai fratelli valdesi il pane per la Santa Cena della Domenica di Pasqua. Si tratta di un gesto che va ben oltre la semplice cortesia e che fa pregustare, per certi versi, l’unità della mensa eucaristica alla quale aneliamo».

Per il Papa questi passi consistono in un incoraggiamento «a continuare a camminare insieme». Bergoglio ha proposta in particolare: «Un ambito nel quale si aprono ampie possibilità di collaborazione tra valdesi e cattolici è quello dell’evangelizzazione. Consapevoli che il Signore ci ha preceduti e sempre ci precede nell’amore, andiamo insieme incontro agli uomini e alle donne di oggi, che a volte sembrano così distratti e indifferenti, per trasmettere loro il cuore del Vangelo ossia «la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (esortazione apostolica Evangelii gaudium, 36).

E ancora: «Un altro ambito in cui possiamo lavorare sempre di più uniti è quello del servizio all’umanità che soffre, ai poveri, agli ammalati, ai migranti»; perché «dall’opera liberatrice della grazia in ciascuno di noi deriva l’esigenza di testimoniare il volto misericordioso di Dio che si prende cura di tutti e, in particolare, di chi si trova nel bisogno. La scelta dei poveri, degli ultimi, di coloro che la società esclude, ci avvicina al cuore stesso di Dio, che si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà, e, di conseguenza, ci avvicina di più gli uni agli altri».

Il Papa poi ha invocato che le differenze su «importanti questioni antropologiche ed etiche, che continuano a esistere tra cattolici e valdesi, non ci impediscano di trovare forme di collaborazione in questi e altri campi. Se camminiamo insieme, il Signore ci aiuta a vivere quella comunione che precede ogni contrasto».

Infine, un altro ringraziamento «per questo incontro, che vorrei ci confermasse in un nuovo modo di essere gli uni con gli altri: guardando prima di tutto la grandezza della nostra fede comune e della nostra vita in Cristo e nello Spirito Santo, e, soltanto dopo, le divergenze che ancora sussistono. Vi assicuro del mio ricordo nella preghiera e vi chiedo per favore di pregare per me, ne ho bisogno».

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Diranno che…

Posté par atempodiblog le 21 juin 2015

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Diranno che un milione di persone in piazza è una stima cattolica, come se quella delle presenze al gay pride la fornisse la Nasa. Diranno, con indignazione, che è stata una cosa organizzata dalla Cei coi soldini dell’8×1000, senza sapere che è tutto nato dal basso e che, almeno all’inizio, gli alti prelati scettici erano di gran lunga superiori agli entusiasti. Diranno, ancora, che è stata una manifestazione cristiana, come se dal palco non avesse parlato anche un imam e non fosse pervenuta una lettera – peraltro molto bella – dal rabbino di Roma. Diranno che è triste una piazza contro i diritti, facendo finta di non sapere che le coppie di fatto – dalla successione nel contratto di locazione a seguito della morte del convivente (C.C. sent. n. 404/1988) alla vista in carcere al partner (D.P.R 30 n. 230 del 2000), dalla risarcibilità del convivente omosessuale per fatto illecito del terzo (Cass., sez. unite Civ., sent. 2697) ai permessi retribuiti per decesso o per grave infermità del convivente (L.n. 53 2000) – tantissimi diritti li hanno già. Diranno che siamo nel 2015 e che non bisogna restare ancorati al passato, non tenendo presente che è proprio la famiglia cosiddetta tradizionale la sola che, mettendo al mondo ed educando i figli, un futuro lo può garantire. Oppure cercheranno di evitare il discorso, dicendo che è stato un appuntamento omofobo, accusa indefinita e furbetta. Diranno di tutto, insomma, ma faticheranno infinitamente a dire la verità, loro che alla manifestazione pro-family di piazza san Giovanni non hanno dedicato un solo rigo fino ad oggi, quando centinaia di migliaia di famiglie li hanno costretti ad aprire gli occhi.

di Giuliano Guzzo

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Immigrati e propaganda, quei semi cattivi

Posté par atempodiblog le 21 juin 2015

Accoglienza negata
Immigrati e propaganda, quei semi cattivi
Perché le parole sono come semi: circolano, si depositano. Poi affondano le radici.
di Maria Corradi – Avvenire

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Girano in questi giorni in Italia certe parole e umori, che appena qualche anno fa avresti giudicato indicibili. Ha cominciato giorni fa Beppe Grillo, evocando una capitale «invasa da topi e clandestini». Infelice espressione che poi Grillo ha corretto, ma si sa, certe frasi forti come schiaffi, sentite alla radio e alla tv, restano nelle orecchie, e, peggio, in testa. “Topi e clandestini”, immaginati insieme, quasi fossero categorie affini, a predare Roma, è una greve suggestione: di quelle che poi senti ripetere nei bar, come refrain di canzoni sgradevoli, ma che si incollano nella memoria. Poi, è stata la volta della lettera della Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria) dell’Atm, l’Azienda dei trasporti milanese, in cui si annunciava il rifiuto di trasferire i migranti dalla Stazione Centrale ai centri di accoglienza, per timori legati a ragioni sanitarie. Leggi, per paura della scabbia, diffusa fra chi arriva con i barconi dalle coste sud del Mediterraneo.

Ora, si immagina che un conducente di bus non abbracci i passeggeri e, inoltre, la scabbia, grazie a Dio, non è l’ebola. Il ministero della Salute ripete, anzi, che è un’infezione dermatologica banale, che si contrae solo con un prolungato e stretto contatto, e che è facilmente curabile.  L’Atm, per parte sua, ha precisato che i bus, dopo i trasporti ai centri di accoglienza, vengono igienizzati. Ma le righe di quella lettera restano e colpiscono, anche perché vengono dai lavoratori di un’azienda che è una colonna di Milano, e quasi un simbolo della sua tradizione di solidarietà e tolleranza. I sindacati confederali da quel documento hanno preso le distanze. Ma certe parole, “migranti”, “scabbia”, “bus”, annodate fra loro, rimangono almeno nel retropensiero, si riflettono nell’istintivo tirarsi indietro, sul tram, se sale un passeggero malconcio, che pare uno di “quelli della Stazione”.

A Ventimiglia, invece, al sindaco che chiedeva l’intervento della Protezione civile per i migranti accampati al confine, non è stata data risposta. Per il nuovo governatore, il forzista Giovanni Toti, quei 200 sugli scogli non sono materia di competenza della Regione. Ma che vento mesto, avaro, soffia in certe risposte negate, o nelle parole dette come per sbaglio e subito magari corrette, e però ormai immesse nei media. Vent’anni fa, una rappresentanza di lavoratori che si fosse rifiutata di trasportare profughi sarebbe stata impensabile. Così come il non mandare la Protezione civile in aiuto a uomini, comunque li si voglia qualificare, affamati e senzatetto. Ma, con l’aumento della pressione dei migranti e dei profughi, pare insorgere in più d’uno un istinto atavico, che ricorda quello dei branchi, quando difendono il loro territorio dagli intrusi. Per ora sono solo parole; ma parole come “topi”, “malattia” e “contagio”, che suscitano ripugnanza, voglia di barriere, di muri.

Gli stessi popoli perseguitati da guerre e carestie, che tutti compiangevano finché stavano a casa loro, presentandosi nel nostro “territorio” vengono vissuti come pericolosi e quasi nemici. C’è, poi, naturalmente, chi volentieri soffia su queste paure ataviche.  Ma qualcosa viene meno, si corrompe, anche nelle mezze parole, ed è l’immagine stessa di un popolo, ciò che noi pensiamo di noi stessi, ciò che lasciamo ai figli.

Nella Laudato si’, il Papa accenna al dramma dei migranti, e non solo dei rifugiati, ma anche di quelli che fuggono «la miseria aggravata dal degrado ambientale», che «non sono riconosciuti come rifugiati e portano il peso della propria vita abbandonata senza alcuna tutela». Francesco conclude: «La mancanza di reazioni di fronte a questi drammi dei nostri fratelli e sorelle è un segno della perdita di quel senso di responsabilità per i nostri simili su cui si fonda ogni società civile».  Nemmeno una società “cristiana”, ma, prima ancora, “civile”, questo dobbiamo restare, è il Papa a ricordarcelo. “Civile”, una società civile non è qualcosa in cui dovremmo volerci tutti riconoscere? Ma non bisogna lasciare circolare certe parole, certe irrazionali paure, certe inammissibili ripugnanze. E non bisogna dare dall’alto di uno scranno di governo regionale esempi di ostracismo e di rifiuto. Perché le parole sono come semi: circolano, si depositano. Poi affondano le radici.

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«Laudato si’…»: così nacque la più bella poesia del mondo

Posté par atempodiblog le 18 juin 2015

Il capolavoro che dà il titolo alla nuova enciclica del Papa
«Laudato si’…»: così nacque la più bella poesia del mondo
di Franco Cardini – Avvenire

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«Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria, l’honore et onne benedictione, ad Te solo, Altissimo, se konfàno et nullu hono ène dignu Te mentovare».

È la più bella composizione poetica di tutto il mondo e di ogni tempo. La sua è una bellezza assoluta, cosmica, totale, che penetra tutto il creato e arriva quasi a lambire l’ineffabilità di Dio. Nemmeno il Salomone del Cantico dei Cantici che pure per tanti versi gli somiglia e al quale senza dubbio Francesco si è ispirato, nemmeno il Dante della Preghiera di san Bernardo a Maria («Vergine Madre, Figlia del Tuo Figlio») sono arrivati tanto in alto e così in profondo.

Era il 1224, e Francesco giaceva ammalato su un lettuccio del suo San Damiano, la chiesetta diroccata dove una ventina di anni prima aveva ricevuto dal Cristo crocifisso il messaggio che aveva cambiato la sua vita e dove erano adesso insediate Chiara e le sue sorelle. I grandi interpreti del Povero d’Assisi hanno scritto molto su di lui, sugli ultimi anni della sua giornata terrena, sul suo rapporto con Chiara e le altre, e di quegli stessi pochi, ispirati, altissimi versi. Sappiamo tutto quello che si può sapere.

Ma lasciamo da parte tutta quella scienza. Sforziamoci d’immaginarlo, quel povero piccolo omiciattolo smagrito dopo una notte di dolore e di pena, tra i rumori dei topi sotto il pavimento che non lo hanno lasciato dormire, quando il sole nascente dell’alba ferisce i suoi occhi malati – è il tracoma preso cinque anni prima in Egitto, alla crociata – e glieli fa lacrimare. Sforziamoci di veder il mondo – le povere suppellettili di quella stanzetta, la luce incerta eppur abbagliante – attraverso quegli occhi ormai in grado di distinguere forse appena poco più che delle ombre. E scrive, o meglio detta perché di scrivere non ha la forza. Non sappiamo a chi. Scrive di getto parole che gli salgono direttamente dal cuore: amiamo credere che da allora sin a quando sul punto di lasciare questa terra detterà la quartina finale su sorella Morte dalla quale nullo homo vivente po’ skappare egli non abbia cambiato nulla di quel perfetto canto d’amore.

Si sono versati fiumi d’inchiostro e scritte biblioteche intere su quei pochi versi. Nella loro luminosa chiarezza, essi appaiono ineffabili come Colui in onore del Quale sono stati scritti. Nessuno può gloriarsi di averli sul serio decifrati sino in fondo. Lo Spirito soffia dove vuole: e quella mattina ha soffiato su quel povero frate e sui suoi occhi arrossati che hanno finalmente visto il Mistero dell’universo. Quelle parole parlano di Dio, della Sua Gloria, della Sua infinita Maestà (Onnipotente), della Sua carità infinita (Bon Signore), della Sua incommensurabile distanza rispetto agli uomini eppure della forza con la quale egli sa arrivare a loro, e soprattutto a quelli tra loro che sanno perdonare per amor Suo, attraversando tutto il creato, cioè l’universo: Messer lo Frate Sole, immagine nobilissima (significatione) di Dio, e la luna, e le stelle, e quindi i quattro elementi di cui la materia del mondo è costituita – il fuoco, l’aria, l’acqua, la terra con i suoi fiori e i suoi frutti. Quella poesia, che molti hanno giudicato ingenua – e in fondo con ragione – abbraccia il mistero del creato e della natura con una forza e una chiarezza che, dopo i pochi versetti del Genesi, nessun filosofo e nessun poeta era mai riuscito a eguagliare.

Il Cantico è un irreprensibile, cristallino trattato teologico. A torto lo si è interpretato come un testo « panteista ». Non c’è proprio nulla, qui, di panteistico: il cosmo e la natura si guardano bene dal fondersi e dal dissolversi in Dio; e Dio dal fondersi e dal dissolversi con loro. Il Cantico delle creature è appunto tale perché è scritto in lode del Creatore, e anche in loro lode, e in lode dell’uomo che tra le creature è la somma, la più amata, quella fatta «a Sua immagine e somiglianza», ma che pur sempre resta creatura, sorella pertanto di tutte le altre.

C’era stata, nella filosofia cristiana del secolo XII, una grande tentazione panteistica: era quella neoplatonica, dei Maestri della scuola di Chartres. Ma a quella tentazione Francesco, che dei Maestri presumibilmente non aveva mai letto almeno direttamente neppure una riga – il che non toglie che ne avesse sentito parlare –, neppure un attimo soggiace. Dio resta il Creatore, amorosamente vicino ma infinitamente superiore a qualunque creatura. In cambio, c’era un altro pericolo a minacciare la Chiesa del tempo: e Francesco, che nel secondo decennio del secolo aveva attraversato la Francia meridionale sconvolta dalla « crociata degli albigesi », doveva averlo ben presente.

Del resto, nella sua Assisi, aveva probabilmente sentito anche lui predicare quegli strani profeti pallidi e smagriti, che annunziavano il Regno di Dio con le parole dell’evangelista Giovanni a attaccavano la Chiesa ricca, avida e superba. Più tardi, qualcuno di loro aveva probabilmente attaccato anche lui dandogli dell’ipocrita e del falso cristiano.

Erano gli adepti della « Chiesa » catara, una vera e propria anti-chiesa che si presentava sotto le vesti della portatrice dell’autentico cristianesimo, quello « delle origini », quello povero e puro, ma che in realtà ai loro seguaci spiegavano che la Chiesa li ingannava perché era la Bibbia ad averli ingannati, che il vero Dio, il Signore della Luce, era il puro Principio Spirituale, e che le sostanze spirituali che da lui emanavano rischiavano di continuo di venire imprigionate nella materia creata da un altro Principio oscuro e malvagio, il Signore delle Tenebre. Luce contro Oscurità, Giorno contro Notte, calore del Bene contro freddo raggelante del Male. Ma se le cose stavano così, se questo era il cosmo, allora il creatore di tutte le cose era lui, il Principio malvagio, il crudele Demiurgo.

Il Creatore adorato da tutti i figli di Abramo era Satana; il creato, cioè la materia, era il Male assoluto; e quanto all’uomo, spirito eletto imprigionato in una laida gabbia di carne, solo la morte avrebbe potuto liberarlo. Il paradossale era che da alcuni decenni questa agghiacciante filosofia mortifera aveva affascinato la parte forse migliore della cristianità: i gran signori e i bei cavalieri di quella Provenza, nella quale il vivere era tanto dolce e dove i trovatori cantavano d’amore non meno dei prosperi mercanti lombardi e toscani, si erano lasciati avvincere da questa fede della Liberazione attraverso la Negazione della Vita. La Chiesa, la superba e potente Chiesa di papa Innocenzo III, aveva risposto a questo attacco inaudito con una furiosa crociata e con i tribunali dell’Inquisizione. Ma quel che né l’una né gli altri sarebbero mai forse riusciti a fare per sradicare quella malapianta travestita da fiore di virtù (corruptio optimi pessima) seppero farlo i pochi, miracolosi versi della più grande poesia mai scritta al mondo. Tutto, in fondo, sta dunque nella semplicità di quella preposizione semplice che ha tormentato filologi, linguistici e storici: quel per che torna iterante in ogni versetto del Cantico. Che cosa significa? È un complemento di causa, come la spiegazione più ovvia suggerirebbe (che Tu sia lodato, o Signore, per aver creato…)?

O un complemento d’agente, simile al par francese e al por castigliano (che Tu sia lodato, o Creatore, da parte della corte di tutte le creature che adoranti Ti circondano)? O un complemento strumentale, simile al dià greco (che Tu sia lodato, o Signore, non solo direttamente dall’uomo, bensì anche attraverso ogni cosa da Te creata, e che conferma la Tua potenza e il Tuo amore)? Fermiamoci qua, perché gli studiosi hanno aggiunto molte altre cose.

L’esegesi di questi brevi versi non finirà mai, proprio come il mistero della creazione e quello di Dio. Papa Francesco ha voluto dedicare a quella lode infinita a Dio creatore e al creato la sua nuova enciclica Laudato si’, che viene pubblicata oggi, per ricordarci che l’uomo – proprio secondo la lettera e lo spirito del Genesi – non è il padrone dell’universo (Uno solo è il Padrone) ma che ne è il guardiano, il Custode; e che alla fine dei tempi, come ciascuno di noi dovrà riconsegnare a Dio la sua anima concessagli immacolata e da lui più volte sporcata e strappata, ricucita e ripulita, l’umanità dovrà riconsegnarGli il creato.

Che è stato concesso all’uomo per goderlo in tutta la sua bellezza e nella varietà infinita delle sue luci, dei suoi profumi e dei suoi sapori; ma che non gli è stato dato come un osceno balocco da violare e da prostituire, come un’immonda merce da vendere e comprare, e su cui speculare. Il creato che appartiene a tutti gli esseri umani, e soprattutto agli Ultimi della Terra.

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