Il “filo dall’alto”: la speranza teologale

Posté par atempodiblog le 20 mai 2015

La speranza teologale è il “filo dall’alto” che sostiene dal centro tutte le speranze umane

“Il filo dall’alto” è il titolo di una parabola dello scrittore danese Johannes Jørgensen. Parla del ragno che si cala dal ramo di un albero lungo un filo che lui stesso produce. Posandosi sulla siepe, tesse la sua rete, capolavoro di simmetria e di funzionalità. Essa è tesa ai lati da altrettanti fili, ma tutto è retto al centro da quel filo da cui è sceso. Se si tronca uno dei fili laterali, il ragno interviene, lo ripara e tutto è a posto, ma se si tronca il filo dall’alto (io una volta ho voluto verificare e ho visto che è vero)  tutto si affloscia e il ragno scompare, sapendo che non c’è più nulla da fare.

È un’immagine di quello che avviene quando si tronca il filo dall’alto che è la speranza teologale. Solo essa può “ancorare” le speranze umane alla speranza “che non delude”.

di padre Raniero Cantalamessa

La terra: una parte del Cielo dans Citazioni, frasi e pensieri eknh1f

Il filo del ragno
di Jens Johannes Jørgensen

In un radioso mattino di settembre un piccolo ragno giallo decise di costruire la sua tela. Girovagò a lungo ai margini del bosco, salì su un alto albero, poi si calò giù attaccandosi al suo filo lucente e si posò su una siepe spinosa. Lì cominciò a costruire la sua tela lasciando che il filo, lungo il quale era disceso, reggesse il lembo superiore di tutto l’impianto. Era un’opera bella e grande che si slanciava verso l’alto, e quasi scompariva nell’azzurro del cielo. Passavano i giorni e il ragnetto diventava grande. Quando le mosche scarseggiavano si vedeva costretto ad ampliare la tela; e questo gli era possibile proprio grazie a quel filo che scendeva dall’alto, del quale non si riusciva a vedere la fine.

Una mattina il nostro amico, vuoi per il freddo della notte, vuoi soprattutto per la fame arretrata, si svegliò di pessimo umore e così, di punto in bianco, decise di fare un giro d’ispezione sulla tela: controllò ogni angolo, tirò ogni filo, rimise tutto in ordine, finché notò nella parte superiore della rete un filo teso verso l’alto di cui non ricordava la funzione e nemmeno l’esistenza. Di tutti gli altri fili conosceva l’importanza, i punti di snodo, i ramoscelli dove erano stati fissati; ma quel filo inesplicabile non andava da nessuna parte. Il ragno cercò di osservare da ogni angolatura, si rizzò sulle zampette, guardò con tutti i suoi occhi… ma non riuscì a capire dove andasse a finire.

«A cosa serve questo stupido filo…», disse il ragno, «via i fili inutili!». Un colpo di mandibole e… patatrac!, tutto gli rovinò addosso. Aveva  dimenticato che, un lontano mattino di settembre, lui stesso era sceso giù da quel filo, e da lì aveva iniziato a tessere la sua tela. Ora, invece, si trovava a giacere sulle foglie della siepe spinosa, imprigionato nella sua stessa rete divenuta ormai un piccolo, umido cencio. Era bastato un solo istante per distruggere una magnifica opera e soltanto perché non era riuscito a capire l’importanza di quel “filo dall’alto”.

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