O Maria, oggi, per la prima volta, la Tua dolce luce rallegra la terra

Posté par atempodiblog le 31 mai 2015

La visitazione perpetua di Maria dans Citazioni, frasi e pensieri Maggio-con-Maria-Rosa-Mistica

Chi è questa che s’avanza bella come l’aurora al suo sorgere, terribile come un esercito schierato in battaglia? O Maria, oggi, per la prima volta, la Tua dolce luce rallegra la terra.

Tu porti in Te stessa il Sole di giustizia; e la Sua luce nascente illumina la sommità dei monti, mentre la pianura è ancora nella notte e irradia dapprima il precursore illustre di cui è detto che tra i nati di donna non c’è alcuno più grande di lui.

Ben presto l’Astro divino, salendo sempre, inonderà con i Suoi raggi le più umili valli. Ma quanta grazia in questi primi raggi uscenti dalla Nuvola sotto la quale Si nasconde ancora! Tu, o Maria, sei la Nuvola leggera, Speranza del mondo, Terrore dell’Inferno.

Contemplando da lontano i misteri di questo giorno, Elia, il padre dei profeti, e Isaia, loro principe, videro tutti e due nella celeste trasparenza della nube, il Signore.

Ti vedevano sollecitare la Tua corsa su montagne, e benedicevano Dio; perché dice lo Spirito Santo, quando l’inverno ha incatenato i fiumi, disseccato le valli, bruciato le montagne, il rimedio a tutto è nella celebrità della Nuvola.

Affrettati dunque, o Maria! Vieni a noi tutti, e non siano più solo le montagne a ricevere i benefici della Tua serena influenza!

Abbassati fino alle regioni senza gloria dove vegeta la maggior parte del genere umano, impotente ad elevarsi sulle altezze. La Tua visita faccia penetrare la Luce della salvezza sin negli abissi della perversità più vicini alla voragine infernale.

O potessimo noi, dalle prigioni del peccato, dalla pianura ove domina la volgarità, essere rapiti al Tuo seguito! Sono così belli i Tuoi passi nei nostri umili sentieri, sono così soavi di profumi di cui oggi inebri la terra!

del Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Così bello, così vicino

Posté par atempodiblog le 30 mai 2015

Così bello, così vicino dans Charles Péguy Sguardo-d-oro-eterno-del-Sole-dei-soli

E io non conoscevo lo sguardo sovrano,
lo sguardo dall’alto che scende dritto nell’anima
E penetrava in me come una strana fiamma

Lo sguardo immortale e che non è umano.
Lo sguardo eterno che mi riscaldava l’anima
E me la rischiara tutta al sole eterno.
Raggio d’oro eterno di un sole eterno,
Sguardo d’oro eterno d’una primavera eterna,
Di una primavera eterna,
Di una estate eterna,
Di un autunno eterno,
Di un anno eterno,
Sguardo d’oro eterno del sole dei soli.

Mio Dio io ero come oltre la mia morte, oltre la mia propria morte.

Ma adesso io conosco la voce degli immortali,
E ho visto lo sguardo degli occhi indimenticabili.

E conosco ormai la voce degli eterni,
E ho visto lo sguardo degli occhi che vi hanno visto.

Un silenzio.

E non sapevo che voi foste così bello,

Non sapevo che foste così vicino.

di Charles Péguy – Il mistero della vocazione di Santa Giovanna d’Arco

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La conversione di Oscar Wilde

Posté par atempodiblog le 29 mai 2015

La conversione di Oscar Wilde
Icona del movimento gay ebbe in realtà parole molto dure sulla propria vita omosessuale e una chiara conversione a Cristo
di Lucandrea Massaro – Aleteia

La conversione di Oscar Wilde dans Articoli di Giornali e News oi6p0p

In questi giorni in cui l’Irlanda cattolica si scopre “moderna” in molti articoli si parla del più famoso degli omosessuali cattolici: Oscar Wilde, artista geniale dallo spirito sopraffino che affrontò il carcere a causa delle leggi omofobe della Gran Bretagna vittoriana. E’ dunque divenuto – comprensibilmente – l’icona dell’orgoglio gay. Peccato che Wilde non ne fosse affatto orgoglioso.

Genio, sregolatezza e pentimento
La vita di Oscar Wilde fu spesso tormentata da un cinico disprezzo per gli altri, come dimostrano i suoi salaci aforismi, dall’assillante ricerca di un piacere trasgressivo fine a sé stesso attraverso ogni tipo di condotta, intrattenendo talvolta rapporti che lo stesso scrittore definirà alla fine della sua vita come umilianti. Nel 1898, all’uscita dal carcere dopo aver scontato due anni per la condanna contro la morale, scrive “De Profundis”, un romanzo epistolare dedicato proprio al suo amante e causa della sua rovina, Alfred Douglas, al quale ricorda “…solo nel fango ci incontravamo” ed aggiunge: “ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi”.

Una conversione autentica
A poche settimane dalla morte, intervistato da un giornalista del Daily Chronicle, dichiarava tra l’altro: “Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L’aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni”. Concludeva quindi in maniera risoluta: “Ho intenzione di esservi accolto al più presto”.

In un celebre aforisma dichiarava tra l’ironico e il feroce che: “La Chiesa cattolica è soltanto per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana”. Riguardo il peccato e il peccatore, merita di riportare quanto scrive, sempre nel “De Profundis”: “Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi. Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell’iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato”.

L’esperienza del carcere
Prosegue poi ricordando ciò che affermava la filosofia greca: “Neanche gli dèi possono mutare il passato” ed a questo Wilde risponde: ”Cristo dimostrò che il più comune peccatore poteva farlo, che anzi era l’unica cosa che egli sapesse fare. […] È difficile, per la maggior parte della gente, afferrare quest’idea. Oso dire che occorre andare in carcere per capirla bene. In tal caso, forse, vale la pena d’andarvi”.

Similmente su questo tema, Wilde confidava all’amico Andrè Gide: “La pietà è un sentimento meraviglioso, che prima non conoscevo […] Sapete quale nobile sentimento sia la pietà? Ringrazio Dio, sì, ogni sera ringrazio Dio in ginocchio di avermela fatta conoscere. Sono entrato in prigione con il cuore di pietra; non pensavo che al mio piacere… Ora il mio cuore si è aperto alla pietà. Ho capito che la pietà è il sentimento più profondo, più bello che esista. Ed ecco perché non serbo rancore verso chi mi ha condannato, né per nessuno dei miei detrattori: è merito loro se ho imparato cos’è la pietà”.

Sincero “papista”
Oscar Wilde ebbe anche l’occasione di incontrare due Papi nel visitare Roma. Il primo fu Pio IX, che suscitò in lui tale entusiasmo da dedicargli la poesia “Urbis Sacra Aeterna”, inserita in seguito in una raccolta di liriche dal titolo assai significativo ”Rosa Mystica”, l’altro fu il successore, Leone XIII, per il quale tra l’altro scrive: ”Quando vidi il vecchio bianco Pontefice, successore degli apostoli e padre della cristianità, portato in alto sopra la folla, passarmi vicino e benedirmi dove ero inginocchiato, io sentii la mia fragilità di corpo e di anima scivolare via da me come un abito consunto e ne provai piena consapevolezza”. Wilde fu caustico con le religioni, ma mai dissacrante…

Una comitiva complessa
Molti degli amici di Oscar Wilde che con lui condividevano l’amore per gli eccessi si convertì al cattolicesimo a cominciare proprio da Alfred Douglas, l’amante per il quale Wilde finì in carcere, ed anche suo padre, il marchese Queensberry, che essendosi dichiarato sempre ateo e materialista, in punto di morte si convertì alla Chiesa cattolica. Similmente a Robert Ross, il suo migliore amico che lo assistette fino all’ultimo, ma anche suo figlio Vivian, John Gray (che ispirò il famoso racconto di Dorian Gray), divenne addirittura sacerdote assai apprezzato in Scozia. Si convertì anche pittore Aubrey Beardsley. Hunter Blair prese l’abito benedettino e il poeta Andrè Raffalovich divenne terziario domenicano. Improbabile che tutto questo sia un caso (Rai Vaticano, 15 dicembre 2011).

Come spiega Paolo Gulisano, scrittore e saggista esperto del mondo britannico (è autore di diversi volumi su Tolkien, Lewis, Chesterton e Belloc) che ha qualche tempo fa ha pubblicato: “Il Ritratto di Oscar Wilde” (Editrice Ancora, pag 190 euro 14), in una intervista a Zenit:

Non solo un’esteta, il cantore dell’effimero, il brillante protagonista dei salotti londinesi, ma anche un uomo che dietro la maschera dell’amoralità si interrogava e invitava a porsi il problema di ciò che fosse giusto o sbagliato, vero o falso, persino nelle sue principali commedie degli equivoci.
Wilde è ancora oggi una icona gay per il celebre processo subito che segnò la fine della sua fortuna.

Può riassumere in breve la vicenda giudiziaria ed anche la correzione di prospettiva che lei introduce?
Gulisano: Wilde non può essere definito tout court “Gay”: aveva amato profondamente sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli che aveva sempre amato teneramente e ai quali, da bambini, aveva dedicato alcune tra le più belle fiabe mai scritte, quali “Il Gigante egoista” o “Il Principe Felice”. Il processo fu un guaio in cui finì per aver querelato per diffamazione il Marchese di Queensberry, padre del suo amico Bosie, che lo aveva accusato di “atteggiarsi a sodomita”. Al processo Wilde si trovò di fronte l’avvocato Carson, che odiava irlandesi e cattolici, e la sua condanna non fu soltanto il risultato dell’omofobia vittoriana.

Qual è stato il tormentato rapporto tra Wilde e la verità cattolica, rapporto che è un po’ il file rouge del suo lavoro?
Gulisano: Il cammino esistenziale di Oscar Wilde può anche essere visto come un lungo e difficile itinerario di conversione al cattolicesimo. Una conversione di cui nessuno parla, e che fu una scelta meditata a lungo, e a lungo rimandata, anche se – con uno dei paradossi che tanto amava – , Wilde affermò un giorno a chi gli chiedeva se non si stesse avvicinando troppo pericolosamente alla Chiesa Cattolica: “Io non sono un cattolico. Io sono semplicemente un acceso papista”. Dietro la battuta c’è la complessità della vita che può essere vista come una lunga e difficile marcia di avvicinamento al Mistero, a Dio (30 giugno 2012).

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Francesco: i cristiani mondani e rigoristi allontanano la gente da Gesù

Posté par atempodiblog le 28 mai 2015

Francesco: i cristiani mondani e rigoristi allontanano la gente da Gesù
Ci sono cristiani che allontanano la gente da Gesù perché pensano solo al loro rapporto con Dio oppure perché sono affaristi o mondani o rigoristi. E ci sono cristiani che ascoltano davvero il grido di quanti hanno bisogno del Signore: questo, in sintesi, quanto ha detto Papa Francesco durante la Messa del mattino, celebrata nella cappella di Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Francesco: i cristiani mondani e rigoristi allontanano la gente da Gesù dans Fede, morale e teologia 112fz86

Cristiani indifferenti e intimisti
Commentando il brano evangelico del cieco Bartimèo che grida verso Gesù per essere guarito ed è rimproverato dai discepoli perché taccia, Papa Francesco elenca tre gruppi di cristiani. Ci sono i cristiani che si occupano solo del loro rapporto con Gesù, un rapporto “chiuso, egoistico”, e non sentono il grido degli altri:

“Quel gruppo di gente, anche oggi, non sente il grido dei tanti che hanno bisogno di Gesù. Un gruppo di indifferenti: non sentono, credono che la vita sia il loro gruppetto lì; sono contenti; sono sordi al clamore di tanta gente che ha bisogno di salvezza, che ha bisogno dell’aiuto di Gesù, che ha bisogno della Chiesa. Questa gente è gente egoista, vive per se stessa. Sono incapaci di sentire la voce di Gesù”.

Cristiani affaristi, mondani e rigoristi
“Poi – ha proseguito il Papa – ci sono quelli che sentono questo grido che chiede aiuto, ma che vogliono farlo tacere”. Come quando i discepoli hanno allontanato i bambini, “perché non scomodassero il Maestro”: “il Maestro era loro, era per loro, non era per tutti. Questa gente allontana da Gesù quelli che gridano, che hanno bisogno di fede, che hanno bisogno di salvezza”. Tra questi ci sono gli “affaristi, che sono vicino a Gesù”, sono nel tempio, sembrano “religiosi”, ma “Gesù li ha cacciati via, perché facevano affari lì, nella casa di Dio”. Sono quelli “che non vogliono sentire il grido di aiuto, ma preferiscono fare i loro affari e usano il popolo di Dio, usano la Chiesa, per fare i propri affari. Questi affaristi allontanano la gente da Gesù”. In questo gruppo ci sono i cristiani “che non danno testimonianza”:

“Sono cristiani di nome, cristiani di salotto, cristiani di ricevimenti, ma la loro vita interiore non è cristiana, è mondana. Uno che si dice cristiano e vive come un mondano, allontana quelli che gridano aiuto a Gesù. Poi, ci sono i rigoristi, quelli che Gesù rimprovera, che caricano tanti pesi sulle spalle della gente. Gesù dedica loro tutto il capitolo 23.mo di San Matteo. ‘Ipocriti – dice loro – sfruttate la gente’. E invece di rispondere al grido che chiede salvezza allontanano la gente”.

Cristiani che vivono quello che credono
C’è infine un terzo gruppo di cristiani, “quelli che aiutano ad avvicinarsi a Gesù”:

“C’è il gruppo dei cristiani che hanno coerenza fra quello che credono e quello che vivono, e aiutano ad avvicinarsi a Gesù, alla gente che grida, chiedendo salvezza, chiedendo la grazia, chiedendo la salute spirituale per la loro anima”.

Esame di coscienza
“Ci farà bene fare un esame di coscienza” – conclude il Papa – per capire se siamo cristiani che allontanano la gente da Gesù o la avvicinano perché sentiamo il grido di tanti che chiedono aiuto per la propria salvezza.

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Falasca: per Bergoglio “Promessi Sposi” romanzo della speranza cristiana

Posté par atempodiblog le 28 mai 2015

Falasca: per Bergoglio “Promessi Sposi” romanzo della speranza cristiana
di Radio Vaticana, 27/05/2015

Leggete “I Promessi Sposi”, non lasciate da parte questo “capolavoro sul fidanzamento” della letteratura italiana. E’ l’originale invito che Papa Francesco ha rivolto ai giovani, e non solo, all’udienza generale in Piazza San Pietro. Una conferma di quanto il Pontefice argentino di origini italiane ami il capolavoro di Alessandro Manzoni. Su questa particolare predilezione, Alessandro Gisotti ha intervistato l’editorialista di “Avvenire” Stefania Falasca, legata a Jorge Mario Bergoglio da una lunga amicizia:

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R. – Certamente l’opera manzoniana fa parte del suo milieu culturale insieme ai Fratelli Karamazov di Dostoevskij. Anzi direi che proprio in particolare I Promessi Sposi siano un « must » delle letture di Bergoglio. Fin dai tempi in cui l’ho conosciuto, da cardinale, gli chiesi quale delle opere ricordava di più della nostra letteratura e lui senza pensarci mi disse: “I Promessi Sposi, lettura che amo frequentare e l’avrò letto 5 o 6 volte”. Perché? Perché I Promessi Sposi per lui sono il romanzo della vita cristiana per eccellenza, sono il romanzo della speranza cristiana, che si incarna nella storia di questi ragazzi che attraverso le vicende alle quali sono sottoposti anche loro malgrado, ritroviamo alla fine del romanzo che sono anche cresciuti in una consapevolezza diversa. E’ proprio la storia sofferta che poi culmina con quella saggezza di Lucia stessa che dice: “I guai quando vengono, senza colpa o con, la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per un vita migliore”.

D. – Il Papa ultimamente in un’intervista al quotidiano argentino « Voz del Pueblo » ha confidato che non vede la televisione da tanti anni che però prima di addormentarsi la sera dedica sempre un po’ di spazio alla lettura…

R. – Sì. La sua biblioteca è una biblioteca che ha nella mente e anche se poi nelle omelie mattutine di Santa Marta non fa espliciti riferimenti o citazioni, ma sono – a ben vedere – piene di riferimenti a letture che lui ha assimilato e ce ne sono molte. Certamente è un lettore molto attento.

D. – Papa Francesco è molto popolare anche tra i giovani. In qualche modo forse domani mattina i professori nei vari licei si sentiranno anche un po’ più incoraggiati nel dire ai propri ragazzi, ai propri studenti di leggere con passione I Promessi Sposi

R. – I Promessi Sposi sono da considerare come un libro attualissimo di speranza, di speranza che è sempre attualizzata a quella che è la condizione. I Promessi Sposi sono in fondo – “il sugo della storia” – un cammino: la storia di un cammino di due ragazzi che crescono. Rileggerlo alla luce degli avvenimenti, anche presenti, certamente, sta anche al professore a porgerlo in una maniera che dica qualcosa ai ragazzi di adesso.

D.  – Forse questa nota che ha toccato il Papa, il « capolavoro sul fidanzamento », una esperienza che proprio nell’adolescenza si prova ed è così forte, può essere effettivamente una chiave di lettura che può attrarre alle lettura dei Promessi Sposi

R. – Sì, sempre in questa dimensione, che abbiamo detto prima, del cammino insieme, del crescere insieme e dell’amore che è il grande protagonista del romanzo e della loro vicenda stessa. Su quello che riguarda il fidanzamento, certo, i due, Renzo e Lucia, facevano parte di un’epoca che era cristiana. Adesso ci troviamo in un’altra condizione ma possono dirci molto anche per quello che riguarda la vita di adesso.

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Rivive il miracolo di luce della Sainte-Chapelle di Parigi. E Benedetto XVI ci guida a contemplarlo

Posté par atempodiblog le 27 mai 2015

Rivive il miracolo di luce della Sainte-Chapelle di Parigi. E Benedetto XVI ci guida a contemplarlo dans Viaggi & Vacanze 25yxf14

«Una delle meraviglie del mondo medievale – scrive il britannico Guardian – la vetrata istoriata della Sainte-Chapelle di Parigi, è stata restaurata dopo sette anni di scrupoloso lavoro. Il restauro è stato completato in occasione dell’800esimo anniversario della nascita del re Luigi IX, che commissionò la Cappella alla metà del XIII secolo perché ospitasse la sua collezione di reliquie, inclusa quella che era ritenuta la corona di spine di Gesù e una parte della sua croce».

Qui è possibile vedere un’immagine ingrandita del miracolo di luce che è la Sainte-Chapelle. Di seguito un estratto dell’omelia pronunciata da Benedetto XVI nella Cattedrale di Saint Patrick a New York, il 19 aprile 2008, e che è forse la più bella introduzione al significato delle vetrate medievali:

«[…] L’Arcivescovo John Hughes che – come ci ha ricordato il Cardinale Egan – è stato il promotore della costruzione di questo venerabile edificio, volle erigerlo in puro stile gotico. Voleva che questa cattedrale ricordasse alla giovane Chiesa in America la grande tradizione spirituale di cui era erede, e che la ispirasse a portare il meglio di tale patrimonio nella edificazione del Corpo di Cristo in questo Paese. Vorrei richiamare la vostra attenzione su alcuni aspetti di questa bellissima struttura, che mi sembra possa servire come punto di partenza per una riflessione sulle nostre vocazioni particolari all’interno dell’unità del Corpo mistico.

Il primo aspetto riguarda le finestre con vetrate istoriate che inondano l’ambiente interno di una luce mistica. Viste da fuori, tali finestre appaiono scure, pesanti, addirittura tetre. Ma quando si entra nella chiesa, esse all’improvviso prendono vita; riflettendo la luce che le attraversa rivelano tutto il loro splendore. Molti scrittori – qui in America possiamo pensare a Nathaniel Hawthorne – hanno usato l’immagine dei vetri istoriati per illustrare il mistero della Chiesa stessa. È solo dal di dentro, dall’esperienza di fede e di vita ecclesiale che vediamo la Chiesa così come è veramente: inondata di grazia, splendente di bellezza, adorna dei molteplici doni dello Spirito. Ne consegue che noi, che viviamo la vita di grazia nella comunione della Chiesa, siamo chiamati ad attrarre dentro questo mistero di luce tutta la gente. […]».

da «The Guardian» (in inglese)
Fonte: Il Timone
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Divisore dans Viaggi & Vacanze

Per approfondire:

Freccia Sainte-Chapelle, un gioiello dello stile gotico fiorito

Freccia La Sainte-Chapelle di Parigi, scrigno di luce

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Ernest Hello e la croce

Posté par atempodiblog le 26 mai 2015

Ernest Hello e la croce dans Citazioni, frasi e pensieri 103wugz

“Il panteismo non ha una croce. La sua linea è la linea orizzontale…

La croce giansenista chiude le braccia, del Crocifisso e lo isola dalla natura. La croce giansenista è in piedi ma è sola… Il panteismo non ha testa, il giansenismo non ha braccia. L’uno abbraccia senza innalzarsi, l’altro si innalza senza abbracciare. Nella croce cattolica, omnia constant… tutto si ritrova. La vita solleva la morte e la trascina con sé nei cieli nella sua corsa trionfale. Tutto si abbraccia, tutto si innalza, tutto si distingue e si unisce”…

“La Croce è la forma dell’uomo: l’uomo vero è l’uomo che prega; orbene la preghiera stende le braccia dell’uomo e fa di esso il segno della croce… il segno della croce ha una bellezza particolare: mostra a Dio l’uomo tutto intero, sviluppato, disteso, ingrandito, che prega tutto intero con la vita dell’anima e con l’atteggiamento del corpo. L’uomo che stende le braccia chiama e chiede insieme.

Chiama gli uomini e chiede a Dio. Vuole abbracciare, abbracciare, prendere il volo. Guardandola Dio vede la creatura com’è, miserabile e estatica, che mette sotto gli occhi del Padre la sua impotenza e il suo ardore. Dio vede in lei la somiglianza di Colui che è il tipo, l’immagine del Figlio che, parlando dalla croce, come da un trono o da un carro di fuoco, voleva essere esaltato per trascinarsi tutti dietro”…

di Ernest Hello
Tratto da: Libertà e Persona

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Nel mondo ma non del mondo

Posté par atempodiblog le 25 mai 2015

Nel mondo ma non del mondo dans Citazioni, frasi e pensieri 166ki6p

San Josemaría Escrivá de Balaguer durante la sua permanenza in Brasile, nel 1974, commenta:

“Il Signore vuole che stiamo nel mondo e che lo amiamo senza essere mondani.

Il Signore desidera che rimaniamo in questo mondo – che adesso è così agitato e si sentono grida di lussuria, di disobbedienza, di ribellione che non approdano a nulla -, per insegnare alla gente a vivere con allegria.

La gente è triste. Fanno molto rumore, cantano, ballano, gridano, ma nel fondo del cuore, non hanno altro che lacrime: non sono felici, sono disgraziati.

E il Signore, a voi e a me, ci vuole felici”.

Tratto da: San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei

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Le eresie di Conchiglia e il libro consegnato a Benedetto XVI con pseudo-messaggi contro Papa Francesco

Posté par atempodiblog le 25 mai 2015

Le eresie di Conchiglia e il libro consegnato a Benedetto XVI con pseudo-messaggi contro Papa Francesco
È stato dato nelle mani di Ratzinger il volume con le visioni della «veggente» Conchiglia, che divinizza la Madonna, considera Papa Bergoglio «vicario dell’Anticristo», definisce il Vaticano un covo di vizi capitali e assicura che siamo governati dagli alieni. Monsignor Gänswein: «Non c’è alcun tipo di appoggio rispetto alla “veggente” e al contenuto del libro. Se Benedetto XVI avesse saputo di che cosa si trattava non avrebbe accettato l’incontro».
di Andrea Tornielli – Vatican Insider

Le eresie di Conchiglia e il libro consegnato a Benedetto XVI con pseudo-messaggi contro Papa Francesco dans Andrea Tornielli 1zwdqbn

Lo scorso 9 maggio, nel corso di un incontro durato pochi minuti, al termine del rosario nei giardini vaticani, è stato consegnato al Papa emerito Benedetto XVI un libro di notevoli dimensioni, con la copertina rosso scuro e un sigillo a forma di conchiglia: la stessa conchiglia che compare nello stemma episcopale e papale di Ratzinger. Né il Papa emerito né il suo segretario particolare, l’arcivescovo Georg Gänswein, sapevano di che cosa si trattasse. Non conoscevano i contenuti del volume né i due emissari che rappresentavano la «veggente» Franca Miscio, meglio conosciuta come «Conchiglia», fondatrice di un movimento internazionale che si richiama a Guadalupe e a Juan Diego.

I «messaggi» ricevuti della sedicente veggente sono reperibili facilmente sul web. «Conchiglia» si presenta come una profetessa del nostro tempo e riempie pagine e pagine di testi che assicura di ricevere direttamente da Dio, da Gesù e dalla Madonna. Tra le «rivelazioni» più curiose, c’è una fede incrollabile nell’esistenza degli alieni e nel fatto che «i DNA alieni» si sarebbero mescolati «a quelli terrestri», con la conseguenza che ora ci sono «esseri alieni» che governano il mondo.

Il Vaticano viene descritto nelle «profezie» come la sentina di tutti i mali: «Il Vaticano è il centro di potere mondiale che intende fare di tutte le false religioni una unica religione mondiale… È covo dei sette vizi capitali e di altre nefandezze». Conchiglia, inoltre, divinizza la figura di Maria, che viene messa alla pari delle altre persone della Trinità e inserita nel segno di croce che è diventato: «Nel nome del Padre, della Madre, del Figlio e dello Spirito Santo!».

La sedicente veggente ha scritto molto sulla rinuncia di Benedetto XVI. Sostiene che le dimissioni sono state provocate dalla massoneria internazionale, e che Ratzinger sarebbe ancora il vero e legittimo Papa, mentre Francesco, definito «l’uomo iniquo che siede sul trono di Pietro», sarebbe un «impostore», un antipapa, un rappresentante dell’Anticristo. Contenuti che si commentano da soli, ma che sembrano aver trovato sponde giornalistiche ed essere stati usati – senza diretti riferimenti alla «veggente» – come base per le pubblicazioni di chi non riesce a trattenere l’odio verso l’attuale successore di Pietro.

A mettere in guardia pubblicamente dai «messaggi» di Conchiglia sono stati in tempi recenti il vescovo di Jesi, Gerardo Rocconi, che l’ha conosciuta personalmente, e il vescovo di Senigallia, Giuseppe Orlandoni, che ha più volte definito come «oggettivamente eretiche e contro la dottrina della Chiesa» le parole trasmesse dalla «veggente».

Il movimento di Conchiglia esibisce ora con grande evidenza sul suo sito le immagini dell’incontro con il Papa emerito, presentandolo quasi come un sigillo sui messaggi contenuti nel libro. Com’è nato l’incontro nei giardini vaticani? Benedetto XVI e il suo segretario particolare sapevano con chi stavano entrando in contatto e come hanno reagito quando se ne sono resi conto? Vatican Insider ha interpellato su questo l’arcivescovo Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI.

«Come tante altre persone – riferisce Gänswein – anche un certo signor Mimmo Rocco, che si è presentato come brigadiere capo dei Carabinieri, aveva chiesto, tempo fa, di incontrare il Papa emerito Benedetto. Gli è stato concesso un breve incontro dopo il rosario. Erano in due, lui e un’altra persona. Non conoscevamo né l’uno né l’altro. Durante l’incontro hanno consegnato un libro a Benedetto XVI, come si evince dalla sequenza di foto pubblicata sul sito. Non eravamo al corrente del contenuto. L’incontro è durato pochi minuti».

«Quando sono arrivato a casa – continua monsignor Gänswein – ho guardato il libro e poi lo ha visto anche Benedetto XVI. Siamo rimasti stupiti e anche scioccati perché ci siamo subito accorti che il libro conteneva delle “rivelazioni private”. Sono bastati pochi minuti per capire che si trattava di una cosa a dir poco strana e incredibile. Il Papa emerito mi ha incaricato di mandare subito il libro alla Congregazione per la dottrina della fede, per competenza».

«Non abbiamo dato nessuna importanza all’incontro – conclude monsignor Georg -  Ci sono tanti che si dicono “veggenti” in giro… Non sapevamo che il libro contenesse quelle affermazioni. È chiaro che non c’è alcun tipo di appoggio rispetto alla “veggente” e al contenuto del libro. Se Benedetto XVI avesse saputo che gli veniva consegnata una tale raccolta di “messaggi” non avrebbe accettato l’incontro».

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Ogni confessione è una “Pentecoste”

Posté par atempodiblog le 24 mai 2015

Ogni confessione è una “Pentecoste”
Il Sacramento della penitenza costituisce una esperienza sempre nuova dello Spirito Santo in azione, sia per il sacerdote che per il penitente
Riportiamo di seguito la lettera del cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore, a tutti i confratelli confessori e a tutti i penitenti, in occasione della Pentecoste 2014.
Tratto da: Zenit

Ogni confessione è una “Pentecoste” dans Cardinale Mauro Piacenza Confessionale

Carissimi,

raccolti spiritualmente nel Cenacolo insieme con la Beata Vergine Maria, in intensa comunione ecclesiale, riviviamo il mistero della “Pasqua rossa”, la discesa dell’Eterno Spirito di Amore, che vivifica la Chiesa e incessantemente la rinnova mediante il dono di grazia con il quale il Signore ci ha consacrati al suo servizio: il sigillo battesimale e sacerdotale.

Poiché il Sacramento della misericordia costituisce come la “porta” mediante la quale, più potentemente, lo Spirito soffia nella storia e ne orienta il corso, desidero inviare a tutti i confratelli che esercitano il ministero di confessori e a tutti i penitenti un particolare pensiero per la solennità di Pentecoste ed assicurarli che ogni giorno sono nella mia preghiera.

Ben sappiamo che la nostra vita nuova affonda le radici nella missione dello Spirito Santo e così pure la stessa identità della Chiesa e la vitalità della sua missione. Nel grande “abbraccio” della Pentecoste, la persona stessa di Gesù, Risorto e Asceso al cielo, si fa presente, fino alla fine dei tempi, in tutti i suoi discepoli e, attraverso di loro, per opera del medesimo Spirito, si dilata in un eterno respiro di misericordia. Per questa opera divina la realtà della Persona e dell’Amore salvifico di Cristo non rimane “lontana”, come qualcosa da imitare, ma fondamentalmente inaccessibile, o come un “modello ideale” a cui rifarsi senza però poterlo mai raggiungere; al contrario diventa la radice stessa del nostro essere, la nuova realtà nella quale viviamo, quella potenza d’Amore dalla quale siamo ora “abitati” e che domanda, durante il pellegrinaggio terreno, di poter agire nel mondo anche attraverso di noi.

Sappiamo bene che tutto ciò, valido ed attuale per ogni fedele, in forza del Battesimo, riguarda in particolare i Sacerdoti, poiché essi, sono stati introdotti, non per loro merito ma per grazia, ad un tale “livello d’essere”, ad una tale intimità con il Signore, da divenire partecipi dell’Amore del suo Cuore, della sua stessa opera di salvezza, tanto che, attraverso di essi, accade ora realmente, per i fratelli, l’incontro con Cristo. I sacerdoti sono stati costituiti ministri della divina misericordia, quindi servi del Dio d’Amore e compassione di Gesù.

Per questa ragione il Sacerdote, oggetto di misericordia, non potrà che essere sempre, “uomo della misericordia”. Il suo nuovo essere lo testimonia e l’esercizio fedele quanto appassionato, del ministero ne diventa memoria continua.

Per essere esperti di misericordia, sarà sufficiente essere “in ascolto” dell’opera dello Spirito in noi e nei fedeli; “in ascolto” del dono della Pentecoste, che ci ha tutti consacrati nel Battesimo, e i Confessori nell’ordinazione sacerdotale, e che ci “rinnova” per mezzo di ogni celebrazione dei Sacramenti; in modo del tutto particolare, nel Sacramento della Riconciliazione.

Questo Sacramento, infatti, costituisce una esperienza sempre nuova dello Spirito Santo in azione, sia per il sacerdote che per il penitente. Per il penitente, perché il perdono sacramentale rappresenta una vera e propria “Pentecoste per l’anima”, che viene illuminata dalla sua luce divina, purificata dal sangue dell’Agnello immolato e adornata di ogni dono di grazia, a cominciare dalla rinnovata, piena comunione con Gesù.

Per il sacerdote, in quanto profondamente unito a Cristo, termine vivo di ogni accusa dell’uomo peccatore, apprende ogni volta di più, il pensiero stesso di Cristo, nel correggere, valutare, guarire e, mentre pronuncia le parole dell’assoluzione, sente ravvivarsi nel cuore, per opera dello Spirito, il sigillo sacramentale e la personale immedesimazione con il Buon Pastore! Quale Amore ci viene mostrato!

Chiediamo alla Beata Vergine Maria, Sposa dello Spirito Santo e Madre del Redentore, di insegnarci a custodire e a fare memoria di queste realtà, perché sempre più, possa ravvivarsi e splendere il fuoco della Pentecoste, che è fuoco d’Amore, fuoco di misericordia.

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Educare significa elevare

Posté par atempodiblog le 23 mai 2015

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“Educare significa elevare, cioè far risalire ogni coscienza umana fino alla sua sorgente perché possa attingervi la sua pienezza. Ogni pratica, ogni regola devono essere vivificate da questa ispirazione”.

di Jean Guitton

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Maggio 2015: un mese di gioia, preghiera, penitenza e fioretti

Posté par atempodiblog le 23 mai 2015

Maggio 2015: un mese di gioia, preghiera, penitenza e fioretti
Lettera pastorale dell’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone
di Luigi Mariano Guzzo – Zenit

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Questo mese di maggio è una nuova, grande occasione per “fare il punto” sulla propria esistenza di credenti. “Un mese di gioia, di preghiera, di penitenza sacramentale, di sacrificio consapevole, di fioretti”. È l’invito che l’arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, rivolge alla comunità ecclesiale con una lettera dal titolo “Di generazione  in generazione la sua misericordia”.

Il testo è ricco di utili riferimenti biblico-teologici e di preziose indicazioni pastorali, in preparazione anche al prossimo anno giubilare indetto da Papa Francesco sul tema della misericordia.

Sviluppata in quindici paragrafi, la lettera è introdotta da un passo del “Discorso” di Sant’Agostino d’Ippona: “La Misericordia di Dio per saziare la nostra fame, alleviare la nostra arsura, rafforzare la nostra debolezza, cancellare la nostra iniquità, accendere la nostra carità”.

Maria è  Madre della Misericordia. La ragazza di Nazareth deve “toccare il cuore” di ogni credente, al fine di abbracciare il Padre onnipotente che compie “grandi cose nei nostri cuori […], anche nei peccatori più incalliti, anche nelle persone che si sentono più lontane dalla fede e dalla Chiesa”.

“E lo fa – sottolinea l’arcivescovo – anche in coloro che, attraverso altre credenze e  religioni, cerano la verità dell’unico Dio e si sforzano di praticare la sua legge dell’amore. L’Altissimo  preferisce le strade che noi, troppo legati a distinzioni di ceti e di appartenenze sociali, economiche e religiose, neanche imboccheremmo. Egli preferisce il cuore dei poveri e degli umili, particolarmente di coloro che consideriamo reietti e inutili. Nulla è impossibile al Misericordioso. Di fronte a nulla e a nessuno si ferma sia pure non credente o agnostico”.

Come nel cuore del giovane Paul Claudel che, nella sera di Natale del 1866 rimase colpito dal canto del Magnificat nella chiesa di Notre-Dame di Parigi, così anche i credenti devono essere trascinati verso il Padre onnipotente e misericordioso.

Quindi l’arcivescovo offre quattro indicazioni pastorali specifiche che scandiscono le quattro settimane del mese di maggio: “siate misericordiosi” (prima settimana), “non giudicate” (seconda settimana), “non condannate” (terza settimana), “perdonate” (quarta settimana).

Nella prima settimana di maggio la Chiesa diocesana celebra la festa di Sant’Agazio e l’otto maggio la festa della Madonna del Rosario. Rivolgiamoci alla Madre di Dio, raccomanda Bertolone, con le medesime parole della Supplica alla Santa Vergine del Rosario di Pompei. Invocando Maria, Madre della Misericordia, “faremo in modo, a cinquant’anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, che la nostra azione pastorale sia attratta da quel riverbero particolare che è il Volto misericordioso di Cristo”.

Non giudicate è il tema della seconda  settimana. Il giudizio è riservato solo a Dio, non agli esseri umani. “Solo Dio conosce il cuore umano, solo lui può giudicare in ultima istanza […] di fronte a Dio non c’è ergastolo ostativo che tenga”. Ed è un tema questo di scottante rilevanza sociale: il carcere, rileva Bertolone, non è la fortezza dell’odio, ma il luogo dove versare lacrime di redenzione. Piuttosto che emettere condanne, l’atteggiamento del cristiano deve essere quello  di assumere, di fronte alle esperienze del male, atteggiamenti di misericordia.

La domenica 24 maggio, che apre l’ultima settimana del mese, è la Solennità di Pentecoste. Avrà inizio la Missione Giovane e proseguirà, il martedì successivo, con il pellegrinaggio alla Madonna di Porto. L’invito di Maria, in questi ultimi giorni del mese, è quello di perdonare. “Al rancore e alla rabbia bisogna preferire il perdono, che quando viene concesso gratuitamente e senza contropartita, ricompone le lacerazioni, riunisce le coppie divise, avvicina le generazioni, riaccosta i ceti sociali, trasforma i rapporti di subordinazione, cambia il modo di considerare i poveri, gli immigrati, i disagiati, gli affamati ed assetati. Lo stile del perdono ha una portata sociale che […] promuove l’umanesimo integrale in difesa della pace e nella costruzione della giustizia”.

Così facendo, maggio, il mese delle rose e del Rosario, è,  per la comunità diocesana quasi un’anteprima della Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, che dal prossimo 8 dicembre guiderà il cammino giubilare della Chiesa Cattolica. Facciamo in modo, conclude l’arcivescovo Bertolone, che ogni devozione di questo mese mariano batte all’unisono con il ritmo della Chiesa universale, per vivere l’istanza umanizzante del Concilio, sempre da riscoprire e da seguire.

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Le lobbies che Giovanni Paolo II vide in azione nella società e nella chiesa

Posté par atempodiblog le 23 mai 2015

Le lobbies che Giovanni Paolo II vide in azione nella società e nella chiesa
di Joseph Ratzinger – La Croce – Quotidiano

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Dalla Lettera sulla cura pastorale delle persone omosessuali firmata da JOSEPH RATZINGER davanti a GIOVANNI PAOLO II

L’insegnamento della Chiesa di oggi è quindi in continuità organica con la visione della S. Scrittura e con la costante Tradizione. Anche se il mondo di oggi è da molti punti di vista veramente cambiato, la comunità cristiana è consapevole del legame profondo e duraturo che la unisce alle generazioni che l’hanno preceduta «nel segno della fede».

Tuttavia oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all’interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all’interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo. Essi manifestano, anche se non in modo del tutto cosciente, un’ideologia materialistica, che nega la natura trascendente della persona umana, così come la vocazione soprannaturale di ogni individuo.

I ministri della Chiesa devono far in modo che le persone omosessuali affidate alle loro cure non siano fuorviate da queste opinioni, così profondamente opposte all’insegnamento della Chiesa. Tuttavia il rischio è grande e ci sono molti che cercano di creare confusione nei riguardi della posizione della Chiesa e di sfruttare questa confusione per i loro scopi.

Anche all’interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l’insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l’egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale.

Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione.

È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato.

La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua chiara posizione al riguardo, che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento. Essa si preoccupa sinceramente anche dei molti che non si sentono rappresentati dai movimenti pro-omosessuali, e di quelli che potrebbero essere tentati di credere alla loro ingannevole propaganda. Essa è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo.

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La farisea

Posté par atempodiblog le 22 mai 2015

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Alla sera della sua vita, Brigida Pian aveva finalmente scoperto che non bisogna assomigliare a un servitore orgoglioso, preoccupato di abbagliare il padrone pagando il suo debito fino all’ultimo obolo, e che il Padre nostro non s’aspetta che si sia i contabili minuziosi dei nostri meriti. Ella sapeva adesso che non importa meritare, bensì amare.

Lo pubblicò nel 1941 e, come accadde per altri suoi romanzi, lo scrittore cattolico francese François Mauriac fu accusato di pessimismo nei confronti della religiosità di allora. In realtà con quest’opera intitolata “La farisea” egli colpiva una malattia costante della spiritualità, quella dell’ipocrisia che fiorisce dalla superbia. La parabola lucana del fariseo e del pubblicano (18, 9-14) ne è la rappresentazione emblematica.

Efficace è, comunque, anche il ritratto che Mauriac delinea di questa donna la quale conosce solo una religione fredda e disumana che si nutre di opere e di giudizi esteriori, che ignora la comprensione e la misericordia e che presume di conoscere i segreti dei cuori.

Piena di sé, Brigida Pian passa in mezzo alle debolezze ma anche alle ricchezze interiori degli altri con altero disprezzo, convinta di essere la perfetta cartina di tornasole della vera fede, e così non s’accorge di precipitare in un baratro oscuro ove Dio è assente ed è invece pieno solo dell’io umano.

Alla fine, però, c’è anche per lei la redenzione sulla via della conversione, la realtà che riteneva del tutto inutile per la sua vita “perfetta”. E la scoperta finale è lapidariamente espressa da Mauriac in quella frase: «Non importa meritare, bensì amare».

Una lezione da meditare sempre, soprattutto quando si è troppo convinti di essere a posto con la religione.

del Card. Gianfranco Ravasi – Avvenire

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Zingaro nell’anima

Posté par atempodiblog le 21 mai 2015

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Mi accontento, così, di essere zingaro nell’anima, di praticare una xeniteia monastica segreta, esiliarmi interiormente, non farmi trovare dove stabiliscono gli altri. Mi sforzo di essere altrove rispetto alle chiacchiere, le mode, le vanità, le ideologie, lo sgomitarsi per arraffare un posto, un titolo.

Altrove rispetto alle faziosità, la meschinità, l’invidia, il conformismo contrabbandato per fedeltà, il servilismo scambiato per obbedienza, le novità vecchie come il cucco, le discussioni quale pretesto per non impegnarsi, la retorica che non riesce a mascherare l’assenza di una vera passione, la seriosità che non riesce a non essere ridicola, l’agitazione che copre maldestramente il vuoto interiore.

Lo so che non è bello, quasi impudico, dichiarare la propria felicità. Eppure ho l’impressione di sfiorarla spesso. Specialmente quando penso a tutte le strade che non ho ancora percorso. Quando mi rendo conto che Qualcuno mi attende altrove. E’ questo Qualcuno – lo dico sottovoce – che mi obbliga a partire appena prima dell’alba.

E quando verrà a sradicarmi, perché è ora di tornare a Casa, spero, anzi sono sicuro, non pretenderà che sia un “arrivato”. Sarà soddisfatto se Gli riferirò delle infinite partenze.

di don Alessandro Pronzato

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