Giubileo, la Bolla: «Misericordia, l’amore “viscerale” di Dio»
Il documento di indizione: sarà aperta una «porta santa» in ogni diocesi. L’appello per la conversione dei criminali e dei corrotti. La confessione da riscoprire: saranno inviati preti «missionari della misericordia» con la facoltà di perdonare anche i peccati riservati alla Santa Sede
di Andrea Tornielli – Vatican Insider
La misericordia di Dio «non è un’idea astratta, ma una realtà concreta» con cui «rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”». La misericordia è «l’architrave» che sorregge la Chiesa: va riscoperta e vissuta, perché «non è l’osservanza della legge che salva, ma la fede in Gesù Cristo». Lo scrive Francesco nella bolla di indizione del Giubileo straordinario, intitolata «Misericordiae vultus», consegnata questo pomeriggio ai rappresentanti delle Chiese dei cinque continenti durante i primi vespri della Domenica della Misericordia. Il documento contiene appelli ai criminali e ai corrotti perché si convertano e annuncia la novità di un Anno Santo che avrà per motto «Misericordiosi come il Padre» e sarà diffuso in ogni Chiesa: tutte le diocesi del mondo apriranno una porta santa, una «porta della misericordia» per i pellegrini. «Ho indetto un Giubileo straordinario della Misericordia – scrive Papa Bergoglio – come tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti». Francesco ricorda che l’8 dicembre, festa dell’Immacolata, aprirà la Porta Santa, che «sarà in questa occasione una Porta della Misericordia, dove chiunque entrerà potrà sperimentare l’amore di Dio che consola, che perdona e dona speranza».
Una Porta Santa in ogni diocesi
La domenica successiva, scrive il Papa, si aprirà la Porta Santa nella basilica di San Giovanni in Laterano e quindi nelle altre Basiliche Papali. «Nella stessa domenica stabilisco che in ogni Chiesa particolare, nella cattedrale che è la Chiesa madre per tutti i fedeli, oppure nella concattedrale o in una chiesa di speciale significato, si apra per tutto l’Anno Santo una uguale Porta della Misericordia». A scelta del vescovo, «essa potrà essere aperta anche nei santuari, mete di tanti pellegrini, che in questi luoghi sacri spesso sono toccati nel cuore dalla grazia e trovano la via della conversione». Ogni Chiesa locale quindi, sarà direttamente coinvolta: «Il Giubileo, pertanto, sarà celebrato a Roma così come nelle Chiese particolari quale segno visibile della comunione di tutta la Chiesa».
Le parole sul Concilio
Francesco ricorda quindi che l’Anno Santo inizierà nel cinquantesimo anniversario della conclusione del Concilio Ecumenico Vaticano II. «La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia». I padri conciliari «avevano percepito forte» l’esigenza «di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo».
L’amore «viscerale» di Dio
Il Giubileo si chiuderà il giorno di Cristo Re, il 20 novembre 2016. «Come desidero – scrive il Papa – che gli anni a venire siano intrisi di misericordia per andare incontro a ogni persona portando la bontà e la tenerezza di Dio!». La misericordia di Dio «non è un’idea astratta, ma una realtà concreta con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio. È veramente il caso di dire che è un amore “viscerale”. Proviene dall’intimo come un sentimento profondo, naturale, fatto di tenerezza e di compassione, di indulgenza e di perdono». Francesco ricorda quindi quanto Gesù abbia compiuto gesti e segni «soprattutto nei confronti dei peccatori, delle persone povere, escluse, malate e sofferenti, sono all’insegna della misericordia». E la misericordia, secondo quanto insegnato da Gesù, «diventa il criterio per capire chi sono i suoi veri figli. Insomma, siamo chiamati a vivere di misericordia, perché a noi per primi è stata usata misericordia. Il perdono delle offese diventa l’espressione più evidente dell’amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere».
L’«architrave» (dimenticato) della Chiesa
«L’architrave che sorregge la vita della Chiesa – aggiunge Francesco – è la misericordia. Tutto della sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può essere privo di misericordia. La credibilità della Chiesa passa attraverso la strada dell’amore misericordioso e compassionevole». Forse «per tanto tempo abbiamo dimenticato di indicare e di vivere la via della misericordia. La tentazione, da una parte, di pretendere sempre e solo la giustizia ha fatto dimenticare che questa è il primo passo, necessario e indispensabile, ma la Chiesa ha bisogno di andare oltre per raggiungere una meta più alta e più significativa. Dall’altra parte, è triste dover vedere come l’esperienza del perdono nella nostra cultura si faccia sempre più diradata». È il tempo «del ritorno all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri fratelli».
Misericordia e credibilità
«È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio – spiega Papa Bergoglio – che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia. Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre». Nelle parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, «dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia».
Non giudicare e non condannare
Dopo aver ricordato che il pellegrinaggio è «un segno peculiare nell’Anno Santo, perché è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza», Francesco ricorda come Gesù insegni a «non giudicare e a non condannare. Se non si vuole incorrere nel giudizio di Dio, nessuno può diventare giudice del proprio fratello». Quanto «male fanno le parole – aggiunge – quando sono mosse da sentimenti di gelosia e invidia!». Non giudicare e non condannare significa, in positivo, «saper cogliere ciò che di buono c’è in ogni persona e non permettere che abbia a soffrire per il nostro giudizio parziale e la nostra presunzione di sapere tutto».
Aprirsi ai poveri e ai sofferenti
Il Papa chiede di «aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi». Durante il Giubileo «ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite» e a «curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta». Non bisogna cadere «nell’indifferenza che umilia», e «nel cinismo che distrugge» ma guardare «le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto».
Riscoprire le opere di misericordia
Francesco invita quindi a riscoprire le opere di misericordia corporale e spirituale, «per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo». «Riscopriamo le opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E non dimentichiamo le opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Non possiamo sfuggire alle parole del Signore: e in base a esse saremo giudicati».
La confessione al centro
Il Papa chiede che venga posto «di nuovo al centro con convinzione il sacramento della riconciliazione, perché permette di toccare con mano la grandezza della misericordia». E insiste perché «i confessori siano un vero segno della misericordia del Padre», invitandoli a non essere «padroni» del sacramento, ma fedeli servitori del perdono di Dio. «Ogni confessore dovrà accogliere i fedeli come il padre nella parabola del figlio prodigo: un padre che corre incontro al figlio sebbene avesse dissipato i suoi beni. I confessori sono chiamati a stringere a sé quel figlio pentito che ritorna a casa e a esprimere la gioia per averlo ritrovato».
Inoltre, «non porranno domande impertinenti, ma come il padre della parabola interromperanno il discorso preparato dal figlio prodigo, perché sapranno cogliere nel cuore di ogni penitente l’invocazione di aiuto e la richiesta di perdono».
I «Missionari della misericordia»
Francesco annuncia per la prossima Quaresima l’intenzione di inviare i «Missionari della Misericordia», sacerdoti «a cui darò l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato». Il Papa chiede ai vescovi «di invitare e di accogliere questi Missionari, perché siano anzitutto predicatori convincenti della misericordia. Si organizzino nelle Diocesi delle “missioni al popolo”, in modo che questi Missionari siano annunciatori della gioia del perdono».
Criminali e corrotti: «Cambiate vita!»
Nella bolla di indizione del Giubileo trovano spazio due appelli. «Il mio invito alla conversione si rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita». Francesco li invita a non cadere «nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte a esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire». Un altro appello è per le persone fautrici o complici di corruzione. «Questa piaga putrefatta della società è un grave peccato che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale». La corruzione «con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri. È un male che si annida nei gesti quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici… È un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo». Dio, aggiunge Francesco, «non si stanca di tendere la mano. È sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti. È sufficiente solo accogliere l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia».
Non cadere nel legalismo
«Misericordia e giustizia non sono due aspetti in contrasto tra di loro, ma due dimensioni di un’unica realtà», afferma Bergoglio, invitando a non cadere «nel legalismo» che oscura «il valore profondo che la giustizia possiede». «Davanti alla visione di una giustizia come mera osservanza della legge, che giudica dividendo le persone in giusti e peccatori, Gesù punta a mostrare il grande dono della misericordia che ricerca i peccatori per offrire loro il perdono e la salvezza». Ecco perché «a causa di questa sua visione così liberatrice e fonte di rinnovamento», il Nazareno è stato «rifiutato dai farisei e dai dottori della legge. Questi per essere fedeli alla legge ponevano solo pesi sulle spalle delle persone, vanificando però la misericordia del Padre». La giustizia «da sola non basta, e l’esperienza insegna che appellarsi solo a essa rischia di distruggerla. Per questo Dio va oltre la giustizia con la misericordia e il perdono». Anche se ciò non significa «svalutare la giustizia o renderla superflua, al contrario. Chi sbaglia dovrà scontare la pena. Solo che questo non è il fine, ma l’inizio della conversione, perché si sperimenta la tenerezza del perdono».
Le indulgenze
In un passaggio della Bolla, Francesco, ripropone la dottrina delle indulgenze. «Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati. Nel sacramento della riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato».
Con ebrei e musulmani
Infine, la Bolla giubilare parla della valenza della misericordia per le religioni ebraica e musulmana, che «la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio». Israele «per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità». L’Islam, da parte sua, «tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani», anch’essi «credono che nessuno può limitare la misericordia divina». L’Anno Santo, è l’augurio conclusivo di Francesco, «possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione».
Qui il testo integrale della Bolla «Misericordiae vultus»