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Auguri di Buona Pasqua anche a chi non crede

Posté par atempodiblog le 6 avril 2015

Auguri di Buona Pasqua anche a chi non crede
di padre Piero Gheddo – Il blog di padre Gheddo

Auguri di Buona Pasqua anche a chi non crede dans Fede, morale e teologia 2hogx3m

La Pasqua è  la Festa che ricorda la Risurrezione di Cristo dal sepolcro, dopo tre giorni dalla sua morte in Croce. Chi ha il dono della fede ci crede e proprio la Risurrezione di Cristo è la dimostrazione storica della sua divinità. Che Cristo sia risorto non è una pia credenza, ma un fatto storico confermato da tanti testimoni, molto più di altri fatti del passato dei quali esistono scarse testimonianze.

Per noi che abbiamo avuto da Dio il dono della Fede, La Pasqua porta alla nostra vita la serenità dello spirito, la gioia di vivere, la pace del cuore. Se noi viviamo con Cristo, cari amici, non possiamo essere tristi o pessimisti, senza speranza. Soffriamo certo per le molte croci della nostra vita, ma Gesù è la nostra forza, la nostra speranza.

Un’antica espressione popolare dice: “Sono contento come una Pasqua”. Cristo risorto è fonte di gioia e di speranza, perché ci ha liberati dal peccato e dalla morte, ci dà uno sguardo ottimistico sulla nostra vita e sul mondo in cui viviamo, cioè ci fa vedere la realtà che ci circonda con gli occhi di Dio. Non più con i nostri occhi di uomini e donne peccatori, ma con gli occhi di Dio, che è Padre buono e misericordioso, ama tutti e ciascuno più di quanto noi amiamo noi stessi!

Nella Pasqua 2013, la prima del suo pontificato, Papa Francesco ha detto : “La buona notizia” che Gesù è Risorto, per noi significa “che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore”. Gesù ha partecipato alla nostra debolezza umana, ha patito la fame e la sete, la stanchezza e la tristezza, ha conosciuto l’ingiustizia, le crudeltà spaventose della flagellazione e della crocifissione.  La Risurrezione rappresenta la liberazione da tutto questo, è l’inizio di una nuova vita vissuta in intimità con Dio. Vivere con fede la Risurrezione significa anche per noi iniziare una vita nuova, liberandoci da tutti i pesi spirituali, morali e psicologici, da tutti gli attacchi terreni che ostacolano il nostro cammino verso Dio, che è la somma felicità per l’uomo.

Nel 1930, il Servo di Dio Giorgio La Pira, a 26 anni diventa incaricato di Diritto romano all’Università di Firenze. In seguito partecipa al concorso per la cattedra universitaria, i risultati del quale, affissi nella bacheca dell’Università, lo dichiarano vincitore con i voti più alti di quelli degli altri partecipanti. Le autorità universitarie gli chiedono di prendere la tessera del PNF (il Partito Nazionale Fascista) e La Pira risponde che come cattolico non può prenderla. Così, la cattedra non è affidata a lui ma ad un altro. I suoi amici gli dicono di protestare e si dichiarano disposti a firmare con lui la lettera di protesta. La Pira risponde: “Vi ringrazio, ma è inutile. So che sono vittima di un’ingiustizia, ma cosa volete che sia questo quando so che Cristo è risorto?”. Ecco la vita vista non con occhi umani ma con gli occhi di Dio e questo esempio vale anche per tutti i milioni di martiri della fede che ancor oggi accettano di subire una morte ingiusta pur di non tradire la fede in Cristo Risorto.

Ma per i molti che non credono, anche tra i nostri parenti e amici, la Pasqua  è solo una festa più meno come le altre, si fa vacanza anche il giorno dopo, si fanno e si ricevono gli auguri di Buona Pasqua, si mangiano le uova di cioccolato e le colombe di pasta dolce, ma il perché di questa Festa che è il fondamento del cristianesimo, rimane per loro un mistero e non se ne curano. Dobbiamo anzitutto pregare per loro, fare qualche sacrificio, sopportare le nostre sofferenze, affinchè lo Spirito Santo tocchi il loro cuore.

Qualche anno fa sono stato per un anno in contatto per posta elettronica con un personaggio che abita a Roma (non ci siamo mai visti né telefonati), dichiaratamente agnostico e ferocemente contro la Chiesa cattolica. Tutto è nato da una sua lunga lettera che, prendendo spunto da un mio articolo su un importante giornale laico, accusava la Chiesa di molti dei mali di cui soffre la nostra Italia. Una lettera ben scritta e ragionata e io ho risposto. Anche lui ha risposto a me e siamo andati avanti per un anno o poco più con due-tre lettere per ciascuno al mese. Lui insisteva sulle colpe e i delitti di Papi e altri uomini di Chiesa, ad esempio all’inizio per Papa Francesco ha espresso qualche sua simpatia, durata poco. Poi ha incominciato a dire che non aveva condannato i militari al potere e rileggeva la sua vita tutta in senso negativo.

Allora ho capito che, con un uomo così informato e credo anche retto, era inutile discutere sulla religione e la Chiesa. Ho cominciato a mandargli i miei Blog (quasi tutti positivi) e altri articoli sui missionari conosciuti nei miei viaggi di visita ai vari continenti. Allora si è addolcito e quando verso Natale mi ha scritto che sua moglie era stata ricoverata in ospedale per una grave malattia, gli ho risposto che pregavo per lei e che Dio è buono e Padre di tutte le creature umane, spero che faccia la grazia della guarigione. Allora mi ha risposto in tono commosso che mi ringraziava e sperava anche lui che la mia preghiera avesse un effetto positivo. Poco dopo è finita la nostra corrispondenza, perché quel caro amico mi ha risposto dicendo che era occupato a curare la moglie e ormai era inutile continuare a scriverci.

Quali auguri di Buona Pasqua possono toccare il cuore a chi non crede? Tutti nella vita abbiamo le nostre sofferenze, le nostre croci, fisiche, psicologiche, affettive, economiche. Penso agli ammalati, agli anziani specialmente se soli, ai disoccupati, ai carcerati e anche a persone giovani che hanno avuto qualche disavventura e attraversano un momento di crisi. Il modo migliore di augurare loro Buona Pasqua è di volergli bene, interessarsi dei loro mali e dire che preghiamo per loro, Gesù Risorto li aiuti a ritrovare la serenità e la gioia di vivere.

Dobbiamo vincere in noi quello che è uno degli effetti della secolarizzazione: in pubblico non si parla di sentimenti religiosi, la fede è una cosa personale, intima e la  privacy richiede che non si manifesti la propria fede in pubblico (com’è proibito alle annunziatrici dei telegiornali mettere un crocifissino al collo!). Nel 1973 ho accompagnato con un Carmelitano che conosceva i barboni del Parco del Castello a Milano, Madre Teresa che voleva parlare con uno di loro. Un vecchietto era coricato su una panchina avvolto in una coperta. Il Carmelitano lo chiama e quello si alza. Noi gli avremmo detto: “Come sta?” o qualcosa di simile. Madre Teresa gli dice: “God loves you!”, Dio ti ama, e quel vecchietto si è commosso e ha raccontato un po’ la sua vita, spiegando che aveva tre figli e l’avevano abbandonato. Poi ha concluso dicendo: “Solo Dio mi vuole bene, mi ama!”.

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La differenza radicale del martire che non uccide né odia

Posté par atempodiblog le 6 avril 2015

Il momento di chiederci che cosa possiamo fare
La differenza radicale del martire che non uccide né odia
di Andrea Ricciardi – Corriere della Sera
Tratto da:  Andrea Ricciardi, sito ufficiale

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Questa è una Settimana Santa di passione per i cristiani. Gli studenti kenioti, uccisi perché cristiani, si affiancano ai fedeli pachistani assassinati in chiesa due settimane fa, mentre pregavano di domenica. A migliaia di chilometri, si rivela un`impressionante continuità nell`odio di chi ha l`unica colpa di portare il «nome cristiano». Sono cittadini di Paesi differenti, hanno storie diverse o partecipano a varie confessioni (cattolici, ortodossi, protestanti e neoprotestanti). Ma tutti uccisi, solo perché cristiani, da una violenza vigliacca contro gente disarmata.

Cristiani spesso uccisi barbaramente per manifestare il proprio terrificante potere, come i copti decapitati sulle rive del Mare Mediterraneo. Uccisi o rapiti, come in Nigeria da Boko Haram. È una Via Crucis impressionante di un intero popolo di donne, bambini, uomini, giovani e anziani. Richiama quella del Venerdì Santo nelle chiese cattoliche. Papa Francesco l`ha guidata ieri al Colosseo, luogo degli antichi martiri, ed ha ricordato il martirio dei cristiani di oggi. Il martirio non è archeologia, ma attualità. La Via Crucis dei martiri ha una statio drammatica in Medio Oriente. Qui fu la culla del cristianesimo nascente. Restano antiche chiese, come a Malula in Siria (dove si parla ancora aramaico, la lingua di Gesù); si prega con millenarie liturgie cantate per secoli. Sono comunità che oggi stanno scomparendo, esiliate e colpite. Almeno in Siria e in Iraq. Questa violenza crudele e senza senso interroga i cristiani in questa Pasqua 2015, in cui risalta la somiglianza tra l`ingiusta condanna a morte del Maestro e la persecuzione dei suoi discepoli di oggi: tra il crocifisso e un`umanità crocifissa. Cominciò a notarlo Giovanni Paolo II, generando stupore nel mondo occidentale che pensava il cristianesimo in modo trionfante. C`è stato, specie dopo l`11 settembre 2001, il tentativo di recuperare i martiri cristiani come bandiera contro l`islam, per ridare identità a una civiltà che, per esistere, ha bisogno di identificare i nemici. I martiri cristiani non possono essere utilizzati per fondare battaglie o magari il nostro vittimismo. Non sono una bandiera di civiltà. Sono radicalmente diversi da quelli islamici: non si tolgono la vita per uccidere altri, soprattutto non odiano. La loro morte, per questo, pone domande forti: non solo a chi appartiene alla Chiesa, ma agli europei familiari con il cristianesimo, a chi è cristiano a modo proprio, e un po` a tutti. Qual è la fede di questa gente che muore per continuare a essere credente? E poi che fare per loro? Quest`ultima è una questione da non eludere in tutte le sedi internazionali.

Recentemente ne ha discusso per la prima volta il consiglio di sicurezza dell`Onu. Ma come intervenire nella complessa situazione della Nigeria o del Kenya, se non chiedendo ai governi di garantire la sicurezza a tutti i cittadini? Questa Pasqua di persecuzione non lascia indifferenti tanti europei, nonostante la distrazione del mondo del benessere. C`è qualcosa che colpisce in profondità, facendo riscoprire un volto diverso del cristianesimo e dei cristiani rispetto a come li si raffigurava. Non è solo la reazione, per cui, quando i cristiani sono perseguitati, ci sentiamo un po` tutti «cristiani»: un`identificazione profonda verso chi subisce una grave ingiustizia. C`è soprattutto una riscoperta del volto umile del cristianesimo in questi perseguitati, che abitano paesi del Sud del mondo. Colpisce la loro forza spirituale, espressa nella perseveranza nel frequentare di Domenica le chiese, nonostante le minacce, come avviene in Nigeria o in Pakistan. Forse le immagini dei perseguitati, nel nostro orizzonte, si accompagnano anche alle parole di papa Francesco, che mostra un cristianesimo spoglio e attraente, senza mettere in prima linea divieti e contrapposizioni. Così, più che attraverso espressioni allisonanti, si sta determinando — è una mia impressione – una rinnovata considerazione, con più attenzione e rispetto, della realtà del cristianesimo, Insomma un`altra immagine della realtà cristiana che oggi parla una lingua antica e rinnovata.

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114° anniversario della nascita del beato Pier Giorgio Frassati

Posté par atempodiblog le 6 avril 2015

114° anniversario della nascita del beato Pier Giorgio Frassati dans Beato Pier Giorgio Frassati 34zd5ko

Figlio di Alfredo Frassati (ambasciatore d’Italia a Berlino e comproprietario e direttore de “La Stampa”) e Adelaide Ametis (tra di loro cugini), visse nel tipico ambiente alto borghese della Torino avanguardista di inizio secolo (1900). In particolare, fu educato, insieme alla sorella Luciana Frassati, con rigidità e rigore e sulla base di principi e doveri quasi militareschi. Nonostante la rigidità educativa, Pier Giorgio Frassati non ebbe, da giovanissimo, grosse soddisfazioni nello studio e fu bocciato più di una volta. Si iscrisse poi alla facoltà di ingegneria meccanica ma, purtroppo, non fece a tempo a laurearsi.

Fu un ragazzo moderno come tanti, gli piaceva lo sport, ridere con gli amici, aveva l’automobile e molti interessi; ma sopratutto, coltivò sempre, con indescrivibile passione e dedizioneuno, un grande spirito di Fede e Carità. Sin da giovanissimo fu un “Laico Cristiano” che si occupò degli altri, quelli più disagiati e bisognosi. Per es. si iscrisse alla facoltà di ingegnegnereia scegliendo la specializzazione in mineraria perché il suo desiderio era quello di poter aiutare a migliorare le condizioni degli operai minatori del tempo, che, per le loro condizioni lavorative quasi disumane, considerava i più disgraziati del mondo. Oppure, negli anni della prima guerra mondiale, sostenne, sia economicamente, che con progetti personali, molti di coloro che, a causa della guerra, soffrirono. O ancora, andando tra i poveri, nelle loro case, per alleviare le sofferenze dei meno fortunati, anche a costo di rimanere “senza i soldi per il tram”.

Fu questa dedizione ad una vita spesa per gli altri, alimentata dalla Fede, che lo indusse ai primi scontri con il padre, che invece, avrebbe voluto per il figlio una via consona al suo ceto sociale aristocratico; in particolare, desiderava che divenisse, come lo era lui, il direttore de “La Stampa” di Torino.

Aderì a molte associazioni cattoliche e ne fondò addirittura una, il 18 maggio 1924: “La Compagnia o Società dei Ttipi Loschi” il cui statuto era basato su vincoli di Amicizia, Fede, Solidarietà e Carità.

Fu profondamente antifascista* e condannò duramente l’omicidio ci Don Minzoni e Giacomo Matteotti; il 13 settembre 1924 riuscì a sventare una “escursione” squadrista ai danni del padre che era considerato un “nemico” del fascio (infatti, appena Mussolini andò al potere, si dimise da Ambasciatore e tornò alla direzione de “La Stampa”).

Fu probabilmente a causa delle sue visite ai poveri che contrasse una poliomielite arteriovenosa fulminante e, nel giro di una settimana, il 4 luglio 1925, alle ore 7, morì. Nessuno si accorse della gravità del suo stato di salute nei giorni antecedenti, se non il giorno prima, il 3 luglio, giorno in cui morì la nonna materna Linda Ametis e lui non fu in grado di alzarsi dal letto per partecipare ai funerali.

Il 20 maggio 1990 fu consacrato Beato da Papa Giovanni Paolo II Nel 1990 fu sepolto, dalla tomba di famiglia a Pollone, nel Biellese, ad una Cappella del Duomo di Torino (Cattedrale di S. Giovanni Battista di Torino).

Tratto da: Successe Oggi

*Il suo antifascismo è assoluto e immediato: la marcia su Roma (che lui definisce “il marcio su Roma”) viene da lui descritta come “una tragica ora per il Paese, caduto in mano ad una banda di farabutti”.

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Lettera scritta dal beato P. G. Frassati a Guardia Riva, in occasione della visita a Torino di Benito Mussolini il 24 ottobre 1923. Pier Giorgio si affrettò a togliere dal balcone del proprio circolo la bandiera esposta per onorare il duce:

“Sono veramente indignato perché hai esposto la bandiera – che tante volte, benché indegno, ho portato nei cortei religiosi – dal balcone per rendere omaggio a colui, che disfà le Opere pie, che non mette freno ai fascisti e lascia uccidere i Ministri di Dio come Don Minzoni, ecc. E lascia che si facciano altre porcherie e cerca di coprire questi misfatti col mettere il Crocifisso nelle Scuole, ecc.

Io mi sono preso tutta la responsabilità e ho tolta questa bandiera purtroppo tardi e da ora ti comunico le mie dimissioni irrevocabili. Continuerò con l’aiuto di Dio anche fuori del Circolo, benché ciò mi rechi molto dispiacere a fare quel poco che potrò per la causa cristiana e per la pace di Cristo.

Desidero che questa mia lettera scritta con fretta ma dettata dal profondo dell’animo sia letta alla prossima assemblea”.

Torino, 26 ottobre 1923

Tratto da: Un uomo, un giornale: Alfredo Frassati (volume III parte II, pag. 72-73); di Luciana Frassati, Edizioni di Storia e Letteratura.

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