Festa dell’Annunciazione: “Si”

Posté par atempodiblog le 24 mars 2015

Festa dell’Annunciazione: “Si”
Tratto da: Filia Ecclesiae

Festa dell’Annunciazione: “Si” dans Fede, morale e teologia 2mo8q35

La risposta essenziale di Maria all’Annunciazione: il suo semplice «sì».

[Maria] si dichiara serva del Signore. «Avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38).

Bernardo di Chiaravalle, in una sua omelia di Avvento, ha illustrato in modo drammatico l’aspetto emozionante di questo momento. Dopo il fallimento dei progenitori, tutto il mondo è oscurato, sotto il dominio della morte. Ora Dio cerca un nuovo ingresso nel mondo. Bussa alla porta di Maria. Ha bisogno della libertà umana. Non può redimere l’uomo, creato libero, senza un libero «sì» alla sua volontà. Creando la libertà, Dio, in un certo modo, si è reso dipendente dall’uomo. Il suo potere è legato al «sì» non forzato di una persona umana.

Così Bernardo mostra come, nel momento della domanda a Maria, il cielo e la terra, per così dire, trattengono il respiro. Dirà «sì»? Lei indugia… Forse la sua umiltà le sarà d’ostacolo? Per questa sola volta – le dice Bernardo – non essere umile, bensì magnanima! Dacci il tuo «sì»! È questo il momento decisivo, in cui dalle sue labbra, dal suo cuore esce la risposta: «Avvenga per me secondo la tua parola».

È il momento dell’obbedienza libera, umile e insieme magnanima, nella quale si realizza la decisione più elevata della libertà umana. Maria diventa madre mediante il suo «sì». I Padri della Chiesa a volte hanno espresso tutto ciò dicendo che Maria avrebbe concepito mediante l’orecchio – e cioè: mediante il suo ascolto. Attraverso la sua obbedienza, la Parola è entrata in lei e in lei è diventata feconda. In questo contesto, i Padri hanno sviluppato l’idea della nascita di Dio in noi attraverso la fede e il Battesimo, mediante i quali sempre di nuovo il Logos viene a noi, rendendoci figli di Dio. Pensiamo, per esempio, alle parole di sant’Ireneo: «Come l’uomo passerà in Dio, se Dio non è passato nell’uomo  Come abbandoneranno la nascita per la morte, se non saranno rigenerati mediante la fede in una nuova nascita, donata in modo meraviglioso ed inaspettato da Dio, nella nascita dalla Vergine, quale segno della salvezza?»

Tratto dal libro L’infanzia di Gesù di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI  (capitolo 2. – pp. 46 – 47)

Publié dans Fede, morale e teologia, Libri | Pas de Commentaire »

Il Papa: dove non c’è misericordia non c’è giustizia

Posté par atempodiblog le 23 mars 2015

Il Papa: dove non c’è misericordia non c’è giustizia
Dove non c’è misericordia non c’è giustizia e tante volte oggi il popolo di Dio soffre un giudizio senza misericordia: così, in sintesi, Papa Francesco durante la Messa del mattino a Casa Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Il Papa: dove non c'è misericordia non c'è giustizia dans Commenti al Vangelo 2eahqj7

I rigidi hanno una doppia vita
Commentando le letture del giorno e riferendosi anche ad un altro passo evangelico, Papa Francesco parla di tre donne e tre giudici: una donna innocente, Susanna, una peccatrice, l’adultera, e una povera vedova bisognosa: “Tutte e tre – spiega – secondo alcuni padri della Chiesa, sono figure allegoriche della Chiesa: la Chiesa Santa, la Chiesa peccatrice e la Chiesa bisognosa”. “I tre giudici sono cattivi” e “corrotti”, osserva il Papa: c’è innanzitutto il giudizio degli scribi e dei farisei che portano l’adultera a Gesù. “Avevano dentro il cuore la corruzione della rigidità”. Si sentivano puri perché osservavano “la lettera della legge”. “La legge dice questo e si deve fare questo”:

“Ma non erano santi questi, erano corrotti, corrotti perché una rigidità del genere soltanto può andare avanti in una doppia vita e questi che condannavano queste donne poi andavano a cercarle da dietro, di nascosto, per divertirsi un po’. I rigidi sono – uso l’aggettivo che dava Gesù loro – ipocriti: hanno doppia vita. Quelli che giudicano, pensiamo nella Chiesa – tutte e tre le donne sono figure allegoriche della Chiesa – quelli che giudicano con rigidità la Chiesa hanno doppia vita. Con la rigidità neppure si può respirare”.

Il popolo di Dio tante volte non trova misericordia
Poi ci sono i due giudici anziani che ricattano una donna, Susanna, perché si conceda, ma lei resiste: “Erano giudici viziosi – sottolinea il Papa – avevano la corruzione del vizio, in questo caso la lussuria. E si dice che quando c’è questo vizio della lussuria con gli anni diventa più feroce, più cattivo”. Infine, c’è il giudice interpellato dalla povera vedova. Questo giudice “non temeva Dio e non si curava di nessuno: non gli importava niente, soltanto gli importava di se stesso”: Era “un affarista, un giudice che col suo mestiere di giudicare faceva gli affari”. Era “un corrotto di denaro, di prestigio”. Questi giudici – rileva il Papa – l’affarista, i viziosi e i rigidi, “non conoscevano una parola, non conoscevano cosa fosse misericordia”:

“La corruzione li portava lontano dal capire la misericordia, l’essere misericordiosi. E la Bibbia ci dice che nella misericordia è proprio il giusto giudizio. E le tre donne – la santa, la peccatrice e la bisognosa, figure allegoriche della Chiesa – soffrono di questa mancanza di misericordia. Anche oggi, il popolo di Dio, quando trova questi giudici, soffre un giudizio senza misericordia, sia nel civile, sia sull’ecclesiastico. E dove non c’è misericordia non c’è giustizia. Quando il popolo di Dio si avvicina volontariamente per chiedere perdono, per essere giudicato, quante volte, quante volte, trova qualcuno di questi”.

Una delle parole più belle del Vangelo: “Neanche io ti condanno”
Trova i viziosi che “sono capaci di tentare di sfruttarli”, e questo “è uno dei peccati più gravi”; trova “gli affaristi” che “non danno ossigeno a quell’anima, non danno speranza”; e trova “i rigidi che puniscono nei penitenti quello che nascondono nella loro anima”. “Questo – dice il Papa – si chiama mancanza di misericordia”. Quindi, conclude:

“Vorrei soltanto dire una delle parole più belle del Vangelo che a me commuove tanto: ‘Nessuno ti ha condannata?’ – ‘No, nessuno, Signore’ – ‘Neanch’io ti condanno’. Neanche io ti condanno: una delle parole più belle perché è piena di misericordia”.

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni | Pas de Commentaire »

Dostoevskij, il mondo salvato dal «sottosuolo»

Posté par atempodiblog le 23 mars 2015

Dostoevskij, il mondo salvato dal «sottosuolo»
di Alessandro D’Avenia – Avvenire
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Dostoevskij, il mondo salvato dal «sottosuolo» dans Articoli di Giornali e News 2nvfb6t

Il primo Dostoevskij è come il primo Van Gogh: ci racconta l’uomo in modo romantico, quasi melodrammatico, il mondo dei poveri. Lo guarda con la compassione di colui che è già salvo, infatti lo fa dall’esterno. In Siberia è stato a contatto con i poveri, è stato lui stesso spogliato di tutto. E dopo esser tornato alla vita, scrive le Memorie del sottosuolo, in cui quello che fa è proprio quello che hanno fatto Dante con la Divina Commedia e Agostino con le Confessioni.

Ha scoperto il principio trasformante della vita, a partire da sé, la prima compassione l’ha sperimentata su di sé. Leggendo il Vangelo, ha scoperto che Cristo ha passato trent’anni della sua vita a essere uno qualunque, a lavorare, a fare il falegname. Scopre che ogni storia umana può diventare quella narrazione divina, perché Dio si è fatto carne e ha assunto, come Dio, tutta la condizione umana: pianto, sudore, incomprensione, dolore, fatica, sorriso, gioia, festa.

Tutto. Tutto il ventaglio, tutta la polifonia dell’umano, da quando Dio si è fatto uomo, è dentro Dio. Si è soprattutto fatto carico di una cosa che l’uomo non vede o non vuole vedere, e da cui si ripara con le sue narrazioni auto-fondanti: il peccato. Questo è fondamentale per capire il Dostoevskij del Sottosuolo.

Dalle Memorie del sottosuolo in poi, Dostoevskij scrive solo romanzi potentissimi, che hanno come centro propulsore e chiave di volta una scena del Vangelo, o nella frase in esergo (il brano dei porci nei Demoni) o mescolata alla narrazione, chiave di lettura di tutto il romanzo (le nozze di Cana nei Karamazov, Lazzaro in Delitto e Castigo…).

Le Memorie del sottosuolo sono lo snodo, la Damasco narrativa di Dostoevskij: il protagonista è sprofondato nel sottosuolo e cerca di fondare la sua identità senza Dio, e titanicamente cerca di costruire quest’io, che si deve puntellare da qualche parte, e lo auto-fonda. E lo auto-fonda a tal punto che ne consegue l’agire: amore per la distruzione, annichilimento, annullamento. Dante e Agostino la chiamano dannazione infernale.

Lui: sottosuolo. Il tipo di lettura del reale è analogo a quello di Dante e Agostino: c’è senso e sovrasenso, lettera e spirito, storia umana e storia della salvezza coincidono, a saperne leggere l’intreccio. I personaggi dei romanzi successivi escono tutti dal sottosuolo, per la loro dannazione definitiva o per la loro salvezza. Prendiamo Raskol’nikov.

Chi è? Un ragazzo che decide (riduzione) di essere al di là del Bene e del Male: ucciderà senza pentirsene, perché è convinto di poter decidere il Bene e il Male, proprio mangiando il frutto della conoscenza del bene e del male, per farsi dio a sé stesso. Decide di farsi creatore di se stesso e diventa dio: e chiunque diventa dio deve gestire un’esistenza da dio (rifiutare l’incarnazione produce il movimento contrario): questa è la sua vera condanna. La polifonia di voci che lo abitano, tra loro in conflitto, come l’uomo nudo di Dio dopo il peccato, esplode. Ragione, volontà e corpo divorziano e lo spirito è titanicamente sostituito dal fiato corto dell’uomo. Dostoevskij racconta il peccato originale con altri mezzi, e sa che solo la redenzione porta il divorzio a unità, nella narrativa come nella vita.

Dostoevskij nel ghiaccio e nella carne ha scoperto che il Vangelo non è un testo che riguarda il passato, ma è la Storia di ogni storia, e la narrazione che provoca ogni narrazione. Ogni storia umana è solo proseguimento del Vangelo e il Vangelo è la chiave di lettura di ogni storia. Dostoevskij scrive i suoi romanzi come prosecuzione del Vangelo.

Raskol’nikov alla fine si è reso conto che il male e il bene non può “deciderli” l’uomo da solo: ma lo scopre proprio grazie al suo delitto (felix culpa): l’uomo, per quanto razionalmente e volontaristicamente (quindi con ogni tipo di narrazione riduzionistica rispetto alla sua creaturalità aperta al Creatore) cerchi di fondare la propria identità a partire da sé stesso, fallisce. Finisce in prigione, vuole espiare il suo delitto, grazie alla grazia dell’amore: ha trovato una donna capace di amarlo com’è, questa donna è tra gli ultimi, è una prostituta. Anche lei a contatto con Raskol’nikov si “converte”.

Quando il personaggio si trasforma, in Dostoevskij, c’è sempre un momento cosmico, il mondo partecipa in ogni dettaglio come in una liturgia del creato, che non è mai neutro, ma sempre in tensione verso Dio («Amando una mela si può amare l’uomo», scrive nel suo taccuino. «Se amerete ogni cosa, in ogni cosa scorgerete il mistero di Dio», dice uno dei suoi personaggi principali). In questo caso il ragazzo si affaccia dalla sua prigione (reale e spirituale), vede la steppa immensa e ricorda Abramo [...].

Poi in quella prigione dialoga con Sonja e ricorda il momento in cui hanno letto insieme, quando lei ha aperto «a caso» (il Logos parla sempre) il Vangelo (la sua àncora nella vita da prostituta), la pagina della risurrezione di Lazzaro. Chi è Raskol’nikov? È la ri-scrittura di Lazzaro, è la prosecuzione nella storia nostra della storia di Lazzaro.

Il Lazzaro risorto è Raskol’nikov: storia e sovra-storia coincidono, e l’una trova compimento nell’altra; quello che accade nella storia di ogni giorno non è altro che la prosecuzione di una storia che è già stata detta e che si può rinnovare, in modalità nuove rispetto a come è stato raccontato, perché nuovo è ogni giorno l’incontro della grazia con la storia («Ecco, io faccio nuove tutte le cose», si legge nell’Apocalisse). Ecco la bellezza di cui parla Dostoevskij! Non è la bellezza estetica come compiacimento della seduzione delle forme e dell’armonia, la bellezza consumabile.

Quando dice in L’idiota: «Il mondo lo salverà la bellezza», parla di qualcos’Altro. Quando nei Karamazov, parlando di bellezza, contrappone l’ideale della Madonna a quello di Sodoma, svela questo: la bellezza trasformante si accoglie, quella distruttiva si consuma.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Fedor Michajlovic Dostoevskij, Libri, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco “svela” l’Oro di Napoli

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa Francesco “svela” l’Oro di Napoli
di Mauro Leonardi – Il Sussidiario

Papa Francesco “svela” l'Oro di Napoli dans Articoli di Giornali e News 21eys68

Papa Francesco non è la star dei suoi viaggi, non ha voluto esserlo neanche a Napoli. A Roma si racconta la storiella di un sacerdote che aveva partecipato più di una volta alle Messe di Santa Marta. Fino a quando il Papa non gli ha detto: “Ma non ci saranno a Roma chiese dove lei possa celebrare per i fedeli?”. L’anno scorso, in un’intervista, aveva spiegato che “non mi piace una certa mitologia di Papa Francesco. Sigmund Freud diceva, se non sbaglio, che in ogni idealizzazione c’è un’aggressione. Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale”.

Per questo quando, per la prima volta nella storia, il sangue di san Gennaro si scioglie “a metà” tra le sue mani, commenta: “Il vescovo ha detto che il sangue è metà sciolto: si vede che il santo ci vuole bene a metà, dobbiamo convertirci un po’ tutti perché ci voglia più bene”. Nessun trionfalismo. Il Papa non viene a portare ma a prendere. Napoli durante la sua storia è stata derubata di tanto, di troppo, ma ha un tesoro. L’oro di Napoli, parafrasando il titolo di un famoso film, è Dio e Papa Francesco non è venuto solo a testimoniarlo ma a svelarlo.

«Oggi sono venuto a Napoli per proclamare insieme a voi: Gesù è il Signore! Ma non voglio dirlo solo io: voglio sentirlo da voi, da tutti, adesso, tutti insieme “Gesù è il Signore!”, un’altra volta “Gesù è il Signore!”. Nessuno parla come Lui! Lui solo ha parole di misericordia che possono guarire le ferite del nostro cuore. Lui solo ha parole di vita eterna».

Se c’è un popolo ferito, è quello napoletano. Ferito dalla crisi odierna e da una storia di sopraffazione e povertà. Non si tratta di fare liste di buoni o cattivi o di dare un nome, una faccia, alle colpe. Ci sono altre sedi e altri momenti. Papa Francesco è venuto a fare un coro, a sentire un’eco: “Gesù è il Signore”. Papa Francesco non ha accolto l’invito del cardinal Sepe per gettare un seme: è andato ad essere seme nella terra di Napoli. Dice di essere venuto a sentire qualcosa, un grido. Quando le voci sussurrano per la paura e per la sopraffazione di poteri forti e malavitosi c’è bisogno di un urlo. Un urlo non di battaglia armata ma di battaglia disarmata. Gioca con la parola “pulizia” e “puzza” ma poi proclama: pace amore perdono misericordia. Senza virgole. Secondo me va scritto così: senza virgole. Una sola parola, un solo gesto, un solo atto. Non funzionerà nient’altro, nessun’altra bonifica, retata, iniziativa pastorale, servirà a nulla senza questa “parola”  di quattro parole senza virgole.

Lo dice chiaramente in una Piazza del Plebiscito gremita: non c’è altra potenza della debolezza e dell’umiltà di questo Re. “La parola di Cristo è potente: non ha la potenza del mondo, ma quella di Dio, che è forte nell’umiltà, anche nella debolezza. La sua potenza è quella dell’amore: questa è la potenza della parola di Dio! Un amore che non conosce confini, un amore che ci fa amare gli altri prima di noi stessi. La parola di Gesù, il santo Vangelo, insegna che i veri beati sono i poveri in spirito, i non violenti, i miti, gli operatori di pace e di giustizia. Questa è la forza che cambia il mondo!”.

Il Papa ha visitato solo uno dei santuari di Napoli, quello di Pompei. Ma in effetti lui dice forte e chiaro che i santuari a Napoli sono tantissimi: “ogni parrocchia e ogni realtà ecclesiale”. Da lì rinascerà Napoli e la sua gente: dalla misericordia verso i suoi figli più fragili e più deboli.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Pompei, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco sul lungomare Caracciolo

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa Francesco sul lungomare Caracciolo dans Fede, morale e teologia vo9b9s

“Il nostro Dio è il Dio delle parole, il Dio dei gesti, il Dio dei silenzi”. A spiegarlo, rispondendo alla domanda di un giovane, è stato il Papa, nell’incontro alla rotonda Diaz sul lungomare Caracciolo. “Pensate ai grandi silenzi della Bibbia”, le parole di Francesco: “Per esempio il silenzio nel cuore di Abramo, quando non osava dire qualcosa al figlio, che non era uno sciocco, capiva che qualcosa c’era”. “Ma il grande silenzio di Dio è stata la Croce”, ha proseguito il Papa, “dove Gesù ha sentito il silenzio del Padre, fino a chiamarlo abbandono. Il nostro è anche un Dio dei silenzi, e non si possono spiegare se non guardando il Crocifisso”. “Il dolore dei bambini, ad esempio: perché soffrono i bambini? È uno dei grandi silenzi di Dio. Dio ci ha creato per essere felici, ma tante volte tace”.

[...]

“Non è una novità: i giovani non vogliono sposarsi, preferiscono convivere. Non è una cosa di moda sposarsi oggi”. Lo ha detto il Papa, rispondendo all’ultima domanda che una famiglia gli ha posto alla rotonda Diaz sul lungomare Caracciolo. Francesco ha denunciato ancora una volta la “colonizzazione ideologica sulla famiglia” e ha definito la teoria del gender “uno sbaglio della mente umana, che fa tanta confusione, e così la famiglia è sotto attacco”.

Quanto alla preparazione al matrimonio, “non è la cosa di un corso, come un corso di lingue, diventare sposi in otto lezioni”. “Devi cominciare da casa – la proposta del Papa – dagli amici, dalla gioventù, dal fidanzamento, che ha perso il senso sacro del rispetto. Fidanzamento e convivenza sono quasi la stessa cosa. Come prepararsi, allora, a un sacramento? È come un frutto, che matura”. Nel matrimonio, poi, “l’io non è molto valido, è il noi. La gioia in due è tre volte gioia, il dolore in due è metà dolore”.

Fonte: Agenzia SIR

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa Francesco ha incontrato i malati nella basilica del Gesù Nuovo

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa Francesco ha incontrato i malati nella basilica del Gesù Nuovo dans Fede, morale e teologia 2cmtbnq

“Quanto è necessaria l’umanizzazione della medicina, e quanti benefici può portare, là dove si riesce a viverla, a tutti i malati e ai loro familiari!”. Lo ha detto Papa Francesco ai malati, che ha incontrato nella basilica del Gesù Nuovo.

“Quanto è importante per i medici, lo sapete bene voi che siete qui presenti, avere questa sensibilità testimoniata da san Giuseppe Moscati nel trattare con gli ammalati e i sofferenti!”, ha continuato ricordando il medico canonizzato le cui reliquie sono custodite proprio nella chiesa del Gesù Nuovo.

“Conosco l’impegno della Chiesa qui a Napoli – ha aggiunto – che, come il santo dottore Moscati, scende per strada, tra i vicoli, tra la gente sofferente per far conoscere che Gesù è vicino, si china sulle sue piaghe, le cura, le medica come buon Samaritano, e la risolleva. Vi incoraggio ad andare avanti in questo lavoro che è un’opera di misericordia”.

Fonte: Avvenire

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Papa al clero: chi chiacchiera è terrorista che butta bombe

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa al clero: chi chiacchiera è terrorista che butta bombe
Mettiamo Gesù “al centro della vita”, superando le chiacchiere che “distruggono”. Lo ha detto il Papa al Duomo di Santa Maria Assunta di Napoli, dove ha incontrato il clero e i religiosi locali, alla presenza anche delle claustrali della diocesi. Francesco ha quindi venerato le reliquie di San Gennaro e si è verificato l’evento della liquefazione del sangue del patrono della città. Arrivando alla cattedrale, il Pontefice aveva pure acceso un cero votivo alla Madonna del Principio.
di Giada Aquilino- Radio Vaticana

Papa al clero: chi chiacchiera è terrorista che butta bombe dans Fede, morale e teologia rvh9cm

Cardinale Sepe: “Segno che San Gennaro vuol bene al Papa, che è ‘napoletano’ come noi, il sangue è metà sciolto già”!

Papa Francesco: “Il vescovo ha detto che il sangue è metà sciolto: si vede che il Santo ci vuole a metà. Dobbiamo convertirci un po’ più tutti perché ci voglia più bene”.Papa Francesco, di fronte all’evento della liquefazione del sangue di San Gennaro, invita a compiere un cammino di conversione. Nel Duomo di Napoli, il suo intervento a braccio – perché, dice, i discorsi preparati “sono noiosi” – è stato una riflessione suscitata dalle domande di don Aldo Giosuè e padre Salvatore, sulla bellezza dell’essere preti e sui segni di speranza nella vita consacrata.

Gesù al centro
Da Francesco, l’esortazione a mettere Gesù al “centro della vita”:

“Il cammino nella vita consacrata è andare nella sequela di Gesù; anche la vita consacrata in genere, anche per i sacerdoti: andare dietro a Gesù e con voglia di lavorare per il Signore”.

Le chiacchiere distruggono
La strada, afferma il Papa, è quella di andare oltre le chiacchiere, che “distruggono”:

“Quello che chiacchiera è un terrorista che butta una bomba, distrugge e lui è fuori”.

Il diavolo, aggiunge, “ci tenta sempre con gelosie, invidie, lotte interne, antipatie”, cose che – spiega – “non ci aiutano a fare una vera fratellanza”, dando invece “testimonianza di divisione”. Se la vocazione significa lasciare o non avere una famiglia, i figli, l’amore coniugale, per finire a litigare col vescovo, con i fratelli sacerdoti, con i fedeli, “questa non è testimonianza”.

Fratellanza
La via, ricorda il Pontefice al clero partenopeo, è quella della fraternità diocesana, sacerdotale e delle comunità religiose. Ai seminaristi dice:

“Se voi non avete Gesù al centro, ritardate l’ordinazione. Se non siete sicuri che Gesù è il centro della vostra vita, aspettate un po’ più di tempo, per essere sicuri. Perché al contrario, incomincerete un cammino che non sapete come finirà”.

La preghiera alla Madonna
In Duomo ci sono anche le claustrali di 7 conventi della diocesi, che non contengono la loro gioia nell’abbracciare il Santo Padre. Francesco sollecita tutti i presenti a pregare la Madonna, perché – afferma – a chi non prega Maria, “la Madonna non gli darà il Figlio”:

“Dare testimonianza di Gesù e, per andare dietro a Gesù, un bell’aiuto è la Madre: è Lei che ci dà Gesù. Questa è una delle testimonianze”.

L’affarismo non entri nella Chiesa
Il Papa menziona poi lo spirito di povertà, “che non è – spiega – lo spirito di miseria”:

“Quando nella Chiesa entra l’affarismo, sia nei sacerdoti che nei religiosi, è brutto, brutto”…

Una vita mondana non aiuta
Quindi l’invito alle opere di misericordia e l’attenzione al pericolo “della mondanità”, al “vivere con lo spirito del mondo che Gesù non voleva”. Parla dell’eccesso di comodità e racconta di un collegio di suore “nella diocesi – dice – che avevo prima”, dove in ogni stanza era stato collocato un televisore: all’ora della telenovela “non trovavi una suora in collegio”, aggiunge. A proposito del problema del calo delle vocazioni, la testimonianza è una delle caratteristiche che attira, mentre “una vita comoda, una vita mondana non ci aiuta”.

Nella gioia, il Signore è sempre fedele
Altra testimonianza indicata dal Papa, la gioia che significa “vedere che il Signore è sempre fedele”:

“I consacrati o i sacerdoti noiosi, con amarezza di cuore, tristi hanno qualcosa che non va e devono andare da un buon consigliere spirituale, un amico, dire: ‘Ma, non so cosa succede nella mia vita’”.

Anche nel discorso preparato per l’incontro al Duomo e consegnato al cardinale Sepe, il Pontefice ispirandosi alla Lettera ai consacrati, scritta dal Papa stesso nel novembre scorso, aveva sollecitato a chiedersi se nelle comunità oggi ci sia gratitudine e “gioia di Dio che colma il nostro cuore” e non “volti tristi, persone scontente e insoddisfatte”. Nel testo il Santo Padre aveva invitato inoltre a “testimoniare, con umiltà e semplicità, che la vita consacrata è un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo”, un dono “da condividere, portando Cristo in ogni angolo di questa città”.

Uscire, per andare fuori a predicare Cristo
Congedandosi da Santa Maria Assunta, Francesco raccomanda l’adorazione del Signore, l’amore per la “sposa” di Gesù – cioè la Chiesa che, ricorda, “non è una ong” – e lo zelo apostolico, la missionarietà: uscire da se stessi “per andare fuori” a predicare la rivelazione di Cristo.

Publié dans Fede, morale e teologia, Mormorazione, Papa Francesco I, Riflessioni, Sacramento dell’Ordine | Pas de Commentaire »

Papa Francesco a Poggioreale: nessuno può dire “io non merito di essere carcerato”

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Papa Francesco a Poggioreale: nessuno può dire “io non merito di essere carcerato” dans Fede, morale e teologia mcs0b5

Momento toccante della visita del Papa a Napoli, l’incontro con i detenuti nel carcere di Poggioreale e le parole improvvisate al termine del pranzo che ha consumato con loro. Parole di speranza alle domande di due detenuti: come fare per continuare ad alimentare la fede in Dio che ho ritrovato in carcere, una volta libero? E ancora: troveremo accoglienza fuori da queste mura?
di Roberto Piermarini – Radio Vaticana

Mantenere la fede una volta usciti dal carcere con le tentazioni che li aspettano e senza gli aiuti spirituali ricevuti “non è facile – ha detto il Papa – ma non impossibile”. Ma bisogna andare avanti e non scoraggiarsi. Francesco ha poi ripreso una frase del card. Sepe secondo cui il nocciolo della morale cristiana non sta nel non cadere, ma nel rialzarsi subito. “Tutti nella vita abbiamo fatto sbagli – ha osservato il Papa – E perché a me è accaduto questo ed a te, che hai fatto più sbagli di me, no?”.

“Sono le cose della vita. Ma nessuno può dire io non merito, io non merito”. Nessuno può dire “io non merito di essere carcerato”. Nessuno. Tutti abbiamo sbagliato. Tutti, io per primo. Tutti. E perché voi e non altri? Sono cose inspiegabili della vita e la vita dobbiamo prenderla come viene. E alzarsi sempre e andare avanti”.

La mancata accoglienza dei detenuti – in risposta alla seconda domanda – Papa Francesco l’ha definita una delle crudeltà più grandi della società di oggi.

Per l’accoglienza è necessario un lavoro di educazione della gente che ha sempre un giudizio morale sui detenuti.

Francesco ha poi ricordato che il primo santo canonizzato nella Chiesa è stato un condannato a morte: il buon ladrone a cui Gesù ha detto sulla croce “Oggi sarai con me in Paradiso”. “Nel momento in cui sei condannato a morte, solo perché hai guardato Cristo, il Signore ti rinnova la vita. E questo è quello che la società deve imparare. Quando Lui perdona dimentica – ha proseguito il Papa – Nessuno ha il diritto di non dimenticare ad una persona che ha pagato, che ha chiesto perdono alla società. Ma la società non lo impara. E per questo tanti si scandalizzano di Gesù che andava con i pubblicani, con i ladri e le prostitute

“Questi, i pubblicani e le prostitute, entreranno prima di voi nel Regno dei cieli”. Ma questo, la società non l’ha imparato. E per questo la nostra società ancora non è  cristiana. Si dice cristiana, vuole essere cristiana, ci sono tanti santi e tanti cristiani, si. Ma la società come tale è più pagana che cristiana, perché non ha capito questo di Gesù”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Perdono, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Omelia del Santo Padre a Piazza del Plebiscito (Napoli)

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Omelia del Santo Padre a Piazza del Plebiscito (Napoli) dans Commenti al Vangelo 25i87xu

Il passo del Vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta una scena ambientata nel tempio di Gerusalemme, al culmine della festa ebraica delle capanne, dopo che Gesù ha proclamato una grande profezia rivelandosi come sorgente dell’“acqua viva”, cioè lo Spirito Santo (cfr Gv 7,37-39). Allora la gente, molto impressionata, si mette a discutere su di Lui. Anche oggi la gente discute su di Lui. Alcuni sono entusiasti e dicono che «è davvero il profeta» (v. 40). Qualcuno addirittura afferma: «Costui è il Cristo!» (v. 41). Ma altri si oppongono perché – dicono – il Messia non viene dalla Galilea, ma dalla stirpe di Davide, da Betlemme; e così, senza saperlo, confermano proprio l’identità di Gesù.

I capi dei sacerdoti avevano mandato delle guardie per arrestarlo, come si fa nelle dittature, ma queste ritornano a mani vuote e dicono: «Mai un uomo ha parlato così!» (v. 45). Ecco la voce della verità, che risuona in quegli uomini semplici.

La parola del Signore, ieri come oggi, provoca sempre una divisione: la parola di Dio divide, sempre! Provoca una divisione tra chi la accoglie e chi la rifiuta. A volte un contrasto interiore si accende anche nel nostro cuore; questo accade quando avvertiamo il fascino, la bellezza e la verità delle parole di Gesù, ma nello stesso tempo le respingiamo perché ci mettono in discussione, ci mettono in difficoltà e ci costa troppo osservarle.

Oggi sono venuto a Napoli per proclamare insieme a voi: Gesù è il Signore! Ma non voglio dirlo solo io: voglio sentirlo da voi, da tutti, adesso, tutti insieme “Gesù è il Signore!”, un’altra volta “Gesù è il Signore!” Nessuno parla come Lui! Lui solo ha parole di misericordia che possono guarire le ferite del nostro cuore. Lui solo ha parole di vita eterna (cfr Gv 6,68).

La parola di Cristo è potente: non ha la potenza del mondo, ma quella di Dio, che è forte nell’umiltà, anche nella debolezza. La sua potenza è quella dell’amore: questa è la potenza della parola di Dio! Un amore che non conosce confini, un amore che ci fa amare gli altri prima di noi stessi. La parola di Gesù, il santo Vangelo, insegna che i veri beati sono i poveri in spirito, i non violenti, i miti, gli operatori di pace e di giustizia. Questa è la forza che cambia il mondo! Questa è la parola che dà forza ed è capace di cambiare il mondo. Non c’è un’altra strada per cambiare il mondo.

La parola di Cristo vuole raggiungere tutti, in particolare quanti vivono nelle periferie dell’esistenza, perché trovino in Lui il centro della loro vita e la sorgente della speranza. E noi, che abbiamo avuto la grazia di ricevere questa Parola di Vita – è una grazia ricevere la parola di Dio! – siamo chiamati ad andare, a uscire dai nostri recinti e, con ardore di cuore, portare a tutti la misericordia, la tenerezza, l’amicizia di Dio: questo è un lavoro che tocca a tutti, ma in modo speciale a voi sacerdoti. Portare misericordia, portare perdono, portare pace, portare gioia nei Sacramenti e nell’ascolto. Che il popolo di Dio possa trovare in voi uomini misericordiosi come Gesù. Nello stesso tempo ogni parrocchia e ogni realtà ecclesiale diventi santuario per chi cerca Dio e casa accogliente per i poveri, gli anziani e quanti si trovano nel bisogno. Andare e accogliere: così pulsa il cuore della madre Chiesa, e di tutti i suoi figli. Vai, accogli! Vai, cerca! Vai, porta amore, misericordia, tenerezza.

Quando i cuori si aprono al Vangelo, il mondo comincia a cambiare e l’umanità risorge! Se accogliamo e viviamo ogni giorno la Parola di Gesù, risorgiamo con Lui.

La Quaresima che stiamo vivendo fa risuonare nella Chiesa questo messaggio, mentre camminiamo verso la Pasqua: in tutto il popolo di Dio si riaccende la speranza di risorgere con Cristo, nostro Salvatore. Che non giunga invano la grazia di questa Pasqua, per il popolo di Dio di questa città! Che la grazia della Risurrezione sia accolta da ognuno di voi, perché Napoli sia piena della speranza di Cristo Signore! La speranza: “Largo alla speranza”, dice il motto di questa mia Visita. Lo dico a tutti, in modo particolare ai giovani: apritevi alla potenza di Gesù Risorto, e porterete frutti di vita nuova in questa città: frutti di condivisione, di riconciliazione, di servizio, di fraternità. Lasciatevi avvolgere, abbracciare dalla sua misericordia, dalla misericordia di Gesù, di quella misericordia che soltanto Gesù ci porta.

Cari napoletani, largo alla speranza e non lasciatevi rubare la speranza! Non cedete alle lusinghe di facili guadagni o di redditi disonesti: questo è pane per oggi e fame per domani. Non ti può portare niente! Reagite con fermezza alle organizzazioni che sfruttano e corrompono i giovani, i poveri e i deboli, con il cinico commercio della droga e altri crimini. Non lasciatevi rubare la speranza! Non lasciate che la vostra gioventù sia sfruttata da questa gente! La corruzione e la delinquenza non sfigurino il volto di questa bella città! E di più: non sfigurino la gioia del vostro cuore napoletano! Ai criminali e a tutti i loro complici oggi io umilmente, come fratello, ripeto: convertitevi all’amore e alla giustizia! Lasciatevi trovare dalla misericordia di Dio! Siate consapevoli che Gesù vi sta cercando per abbracciarvi, per baciarvi, per amarvi di più. Con la grazia di Dio, che perdona tutto e perdona sempre, è possibile ritornare a una vita onesta. Ve lo chiedono anche le lacrime delle madri di Napoli, mescolate con quelle di Maria, la Madre celeste invocata a Piedigrotta e in tante chiese di Napoli. Queste lacrime sciolgano la durezza dei cuori e riconducano tutti sulla via del bene.

Oggi incomincia la primavera e la primavera porta speranza: tempo di speranza. E l’oggi di Napoli è tempo di riscatto per Napoli: questo è il mio augurio e la mia preghiera per una città che ha in sé tante potenzialità spirituali, culturali e umane, e soprattutto tanta capacità di amare. Le autorità, le istituzioni, le varie realtà sociali e i cittadini, tutti insieme e concordi, possono costruire un futuro migliore. E il futuro di Napoli non è ripiegarsi rassegnata su sé stessa: questo non è il vostro futuro! Ma il futuro di Napoli è aprirsi con fiducia al mondo, dare largo alla speranza. Questa città può trovare nella misericordia di Gesù, che fa nuove tutte le cose, la forza per andare avanti con speranza, la forza per tante esistenze, tante famiglie e comunità. Sperare è già resistere al male. Sperare è guardare il mondo con lo sguardo e con il cuore di Dio. Sperare è scommettere sulla misericordia di Dio che è Padre e perdona sempre e perdona tutto.

Dio, fonte della nostra gioia e ragione della nostra speranza, vive nelle nostre città. Dio vive a Napoli! La sua grazia e la sua benedizione sostengano il vostro cammino nella fede, nella carità e nella speranza, i vostri propositi di bene e i vostri progetti di riscatto morale e sociale. Abbiamo tutti insieme proclamato Gesù come il Signore: diciamolo ancora alla fine: “Gesù è il Signore!”, tutti tre volte: “Gesù è il Signore!”. E ca ‘a Maronna v’accumpagne!

Tratto da: La Santa Sede

Publié dans Commenti al Vangelo, Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Quaresima, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Incontro di Papa Francesco con la popolazione di Scampia e con diverse categorie sociali

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

Incontro di Papa Francesco con la popolazione di Scampia e con diverse categorie sociali dans Fede, morale e teologia 34hwfpv

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Ho voluto incominciare da qui, da questa periferia, la mia visita a Napoli. Saluto tutti voi e vi ringrazio per la vostra calorosa accoglienza! Davvero si vede che i napoletani non sono freddi! Ringrazio il vostro Arcivescovo per avermi invitato – anche minacciato se non fossi venuto a Napoli – per le sue parole di benvenuto; e grazie a coloro che hanno dato voce alle realtà dei migranti, dei lavoratori e dei magistrati.

Voi appartenete a un popolo dalla lunga storia, attraversata da vicende complesse e drammatiche. La vita a Napoli non è mai stata facile, però non è mai stata triste! È questa la vostra grande risorsa: la gioia, l’allegria. Il cammino quotidiano in questa città, con le sue difficoltà e i suoi disagi e talvolta le sue dure prove, produce una cultura di vita che aiuta sempre a rialzarsi dopo ogni caduta, e a fare in modo che il male non abbia mai l’ultima parola. Questa è una sfida bella: non lasciare mai che il male abbia l’ultima parola. È la speranza, lo sapete bene, questo grande patrimonio, questa “leva dell’anima”, tanto preziosa, ma anche esposta ad assalti e ruberie.

Lo sappiamo, chi prende volontariamente la via del male ruba un pezzo di speranza, guadagna qualcosina ma ruba speranza a sé stesso, agli altri, alla società. La via del male è una via che ruba sempre speranza, la ruba anche alla gente onesta e laboriosa, e anche alla buona fama della città, alla sua economia.

Vorrei rispondere alla sorella che ha parlato a nome degli immigrati e dei senza fissa dimora. Lei ha chiesto una parola che assicuri che i migranti sono figli di Dio e che sono cittadini. Ma è necessario arrivare a questo? I migranti sono esseri umani di seconda classe? Dobbiamo far sentire ai nostri fratelli e sorelle migranti che sono cittadini, che sono come noi, figli di Dio, che sono migranti come noi, perché tutti noi siamo migranti verso un’altra patria, e magari arriveremo tutti. E nessuno si perda per il cammino! Tutti siamo migranti, figli di Dio che ci ha messo tutti in cammino. Non si può dire: “Ma i migranti sono così…Noi siamo…”. No! Tutti siamo migranti, tutti siamo in cammino. E questa parola che tutti siamo migranti non è scritta su un libro, è scritta nella nostra carne, nel nostro cammino di vita, che ci assicura che in Gesù tutti siamo figli di Dio, figli amati, figli voluti, figli salvati. Pensiamo a questo: tutti siamo migranti nel cammino della vita, nessuno di noi ha dimora fissa in questa terra, tutti ce ne dobbiamo andare. E tutti dobbiamo andare a trovare Dio: uno prima, l’altro dopo, o come diceva quell’anziano, quel vecchietto furbo: “Sì, sì, tutti! Andate voi, io vado per ultimo!”. Tutti dobbiamo andarci.

Poi c’è stato l’intervento del lavoratore. E ringrazio anche lui, perché naturalmente volevo toccare questo punto, che è un segno negativo del nostro tempo. In modo speciale lo è la mancanza di lavoro per i giovani. Ma voi pensate: più del 40 per cento dei giovani dai 25 anni in giù non ha lavoro! Questo è grave! Cosa fa un giovane senza lavoro? Che futuro ha? Che strada di vita sceglie? Questa è una responsabilità non solo della città, non solo del Paese, ma del mondo! Perché? Perché c’è un sistema economico che scarta la gente e adesso è il turno dei giovani a essere scartati, cioè senza lavoro. Questo è grave! “Ma ci sono le opere di carità, ci sono i volontariati, c’è la Caritas, c’è quel centro, c’è quel club che dà da mangiare…”. Ma il problema non è mangiare, il problema più grave è non avere la possibilità di portare il pane a casa, di guadagnarlo! E quando non si guadagna il pane, si perde la dignità! Questa mancanza di lavoro ci ruba la dignità. Dobbiamo lottare per questo, dobbiamo difendere la nostra dignità di cittadini, di uomini, di donne, di giovani. Questo è il dramma del nostro tempo. Non dobbiamo rimanere zitti.

Penso anche al lavoro a metà. Cosa voglio dire con questo? Lo sfruttamento delle persone nel lavoro. Alcune settimane fa, una ragazza che aveva bisogno di lavoro, ne ha trovato uno in una ditta turistica e le condizioni erano queste: 11 ore di lavoro, 600 euro al mese senza nessun contributo per la pensione. “Ma è poco per 11 ore!”. “Se non ti piace, guarda la coda di gente che sta aspettando il lavoro!”. Questo si chiama schiavitù, questo si chiama sfruttamento, questo non è umano, questo non è cristiano. E se quello che fa così si dice cristiano è un bugiardo, non dice il vero, non è cristiano. Anche lo sfruttamento del lavoro in nero – tu lavori senza contratto e ti pago quello che voglio – è sfruttamento delle persone. “Senza i contributi per la pensione e per la salute?”. “A me non interessa”.

Io ti capisco bene, fratello, e ti ringrazio per quello che hai detto. Dobbiamo riprendere la lotta per la nostra dignità che è la lotta per cercare, per trovare, per ritrovare la possibilità di portare il pane a casa! Questa è la nostra lotta!

E qui penso all’intervento del Presidente della Corte di Appello. Lui ha usato una bella espressione “percorso di speranza” e ricordava un motto di san Giovanni Bosco: “buoni cristiani e onesti cittadini”, rivolto ai bambini e ai ragazzi. Il percorso di speranza per i bambini – questi che sono qui e per tutti – è prima di tutto e l’educazione, ma una vera educazione, il percorso di educare per un futuro: questo previene e aiuta ad andare avanti. Il giudice ha detto una parola che io vorrei riprendere, una parola che si usa molto oggi, il giudice ha detto “corruzione”. Ma, ditemi, se noi chiudiamo la porta ai migranti, se noi togliamo il lavoro e la dignità alla gente, come si chiama questo? Si chiama corruzione e tutti noi abbiamo la possibilità di essere corrotti, nessuno di noi può dire: “io non sarò mai corrotto”. No! E’ una tentazione, è uno scivolare verso gli affari facili, verso la delinquenza, verso i reati, verso lo sfruttamento delle persone. Quanta corruzione c’è nel mondo! E’ una parola brutta, se ci pensiamo un po’. Perché una cosa corrotta è una cosa sporca! Se noi troviamo un animale morto che si sta corrompendo, che è “corrotto”, è brutto e puzza anche. La corruzione puzza! La società corrotta puzza! Un cristiano che lascia entrare dentro di sé la corruzione non è cristiano, puzza!

Cari amici, la mia presenza vuole essere un impulso a un cammino di speranza, di rinascita e di risanamento già in corso. Conosco l’impegno, generoso e fattivo, della Chiesa, presente con le sue comunità e i suoi servizi nel vivo della realtà di Scampia; come pure la continua mobilitazione di gruppi di volontari, che non fanno mancare il loro aiuto.

Incoraggio anche la presenza e l’attivo impegno delle Istituzioni cittadine, perché una comunità non può progredire senza il loro sostegno, tanto più in momenti di crisi e in presenza di situazioni sociali difficili e talvolta estreme. La “buona politica” è un servizio alle persone, che si esercita in primo luogo a livello locale, dove il peso delle inadempienze, dei ritardi, delle vere e proprie omissioni è più diretto e fa più male. La buona politica è una delle espressioni più alte della carità, del servizio e dell’amore. Fate una buona politica, ma fra di voi: la politica si fa tutti insieme! Fra tutti si fa una buona politica!

Napoli è sempre pronta a risorgere, facendo leva su una speranza forgiata da mille prove, e perciò risorsa autentica e concreta sulla quale contare in ogni momento. La sua radice risiede nell’animo stesso dei Napoletani, soprattutto nella loro gioia, nella loro religiosità, nella loro pietà! Vi auguro che abbiate il coraggio di andare avanti con questa gioia, con questa radice, il coraggio di portare avanti la speranza, di non rubare mai la speranza a nessuno, di andare avanti per la strada del bene, non per la strada del male, di andare avanti nell’accoglienza di tutti quelli che vengono a Napoli da qualunque Paese: siano tutti napoletani, imparino il napoletano che è tanto dolce e tanto bello! Vi auguro di andare avanti nel cercare fonti di lavoro, perché tutti abbiano la dignità di portare il pane a casa, e di andare avanti nella pulizia della propria anima, nella pulizia della città, nella pulizia della società perché non ci sia quella puzza della corruzione!

Vi auguro il meglio, andate avanti e San Gennaro, vostro Patrono, vi assista e interceda per voi.

Benedico di cuore tutti voi, benedico le vostre famiglie e questo vostro quartiere, benedico i bambini che sono qui attorno a noi. E voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. ‘A Maronna v’accumpagne!

Tratto da: La Santa Sede

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

La supplica a Pompei. «Maria, ti consegniamo le nostre miserie e i nostri peccati»

Posté par atempodiblog le 22 mars 2015

La supplica a Pompei
«Maria, ti consegniamo le nostre miserie e i nostri peccati»
di Avvenire

La supplica a Pompei. «Maria, ti consegniamo le nostre miserie e i nostri peccati» dans Apparizioni mariane e santuari 2qut7ol

Ecco il testo della Piccola Supplica alla Madonna di Pompei, recitata da Papa Francesco.

Vergine del Santo Rosario, Madre del Redentore,
donna della nostra terra innalzata al di sopra dei cieli,
umile serva del Signore,
proclamata Regina del mondo,
dal profondo delle nostre miserie noi ricorriamo a te.

Con fiducia di figli guardiamo il tuo viso dolcissimo.

Coronata di dodici stele, tu ci porti al mistero del Padre, tu risplendi di Spirito Santo, tu ci doni il tuo Bimbo divino, Gesù, nostra speranza, unica salvezza del mondo.

Porgendoci il tuo Rosario, tu ci inviti a fissare il suo volto,
Tu ci apri il suo cuore, abisso di gioia e di dolore, di luce e
di gloria, mistero del figlio di Dio, fatto uomo per noi.

Ai tuoi piedi sulle orme dei santi ci sentiamo famiglia di Dio.
Madre e modello della Chiesa, tu sei guida e sostegno sicuro.

Rendici un cuor solo e un’anima sola, popolo forte in cammino
verso la patria del cielo.

Ti consegniamo le nostre miserie, le tante strade dell’odio e del sangue, le mille antiche e nuove povertà e soprattutto il nostro peccato.

A te ci affidiamo, Madre di misericordia: ottienici il perdono di Dio, aiutaci a costruire un mondo secondo il tuo cuore.

O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci annoda a Dio, catena d’amore che ci fa fratelli, noi non ti lasceremo mai più.

Nelle nostre mani sarai arma di pace e di perdono, stella del nostro cammino.

E il bacio a te con l’ultimo respiro ci immergerà in un’onda di luce, nella visione della Madre amata e del Figlio divino, anelito e gioia  del nostro cuore con il Padre e lo Spirito Santo.

Amen.

Publié dans Apparizioni mariane e santuari, Papa Francesco I, Pompei, Preghiere | Pas de Commentaire »

Napoli abbraccia Papa Francesco, il “dolce Cristo in terra”

Posté par atempodiblog le 21 mars 2015

Napoli abbraccia Papa Francesco, il “dolce Cristo in terra”  dans Amicizia scsy1u

2n06k5t dans Papa Francesco I

66emnk

29vxb2v

10fnk47

Publié dans Amicizia, Papa Francesco I | Pas de Commentaire »

La testimonianza dei coniugi Martin: la santità della tenerezza

Posté par atempodiblog le 19 mars 2015

La testimonianza dei coniugi Martin
Zelia e Luigi presto santi: la santità della tenerezza
di Matteo Liut - Avvenire

La testimonianza dei coniugi Martin: la santità della tenerezza dans Coniugi Martin Coniugi-Martin

Quando si conobbero ad Alençon Luigi Martin (1823-1894) e Zelia Guerin (1931-1877) capirono che il loro progetto di vita andava vissuto assieme, ma non s’immaginavano che avrebbero dovuto quasi “convertirsi” per capire a pieno il senso del matrimonio. Dopo essersi sposati il 13 luglio 1858, infatti, vivevano quasi come due consacrati, proprio perché entrambi, prima di incontrarsi, pensavano alla vita da religiosi. Poi grazie a una guida spirituale capirono il grande valore della chiamata alla generazione della vita e, sempre insieme, si aprirono a questo dono: ebbero nove figli, anche se solo cinque femmine arrivarono all’età adulta. Quattro di queste entrarono nel Carmelo, la quinta scelse un’altra congregazione religiosa. La più piccola, nata nel 1873, morì giovanissima, ma la sua incredibile esperienza spirituale la portò a essere riconosciuta come santa e dottore della Chiesa: si tratta di santa Teresa di Lisieux.

Luigi era un orologiaio e Zelia realizzava merletti, quindi la loro situazione economica era buona, ma in casa Martin lo stile era all’insegna dell’essenzialità, della semplicità, ma anche della dolcezza, della delicatezza e della tenerezza. Virtù che santa Teresina raccontò di riconoscere molto bene nel padre. La partecipazione alla vita della parrocchia, ai sacramenti e l’impegno verso gli ultimi erano la “corona” di una quotidianità vissuta nella condivisione di gioie e dolori ma anche nell’entusiasmo di veder crescere il nucleo domestico. Per Zelia non vi era impegno più affascinante ed entusiasmante dello stare accanto ai propri figli e la morte di alcuni di loro era stata accolta con serenità pur nella sofferenza. Zelia morì a 45 anni di tumore, Luigi 17 anni dopo, consumato dalla sclerosi ma sempre fedele al progetto che aveva condiviso fin dall’inizio con la moglie.

Il loro messaggio è chiaro: anche fare i genitori è una vocazione che va coltivata, fatta crescere, custodita e sostenuta spiritualmente. Ora, sempre insieme, la Chiesa li riconoscerà santi.

Publié dans Coniugi Martin, Discernimento vocazionale, Riflessioni, Santa Teresa di Lisieux, Stile di vita | Pas de Commentaire »

I “cristiani nascosti” del Giappone, una storia protetta dal manto di Maria

Posté par atempodiblog le 17 mars 2015

I “cristiani nascosti” del Giappone, una storia protetta dal manto di Maria dans Articoli di Giornali e News 15i215z

Tokyo (AsiaNews) – Si concludono oggi i quattro giorni di solenni celebrazioni che la Chiesa giapponese ha indetto per ricordare i 150 anni dalla riemersione dei “cristiani nascosti” di Nagasaki. La portata storica e cattolica di quell’evento, tante volte citato da papa Francesco, è una “grande grazia” per la comunità del Sol Levante: tutto il 2015 dei cattolici giapponesi sarà dedicato alla memoria di questi antenati nella fede. Di seguito pubblichiamo una riflessione sul tema di p. Mario Bianchin, Superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime).

La portata storica di quanto avvenne il 17 marzo 1865 nell’appena costruita chiesa di Oura, su una collina sovrastante il porto, certamente passò inosservata alla popolazione di Nagasaki, anche se forse non alle autorità, a motivo delle quali non tarderanno ad arrivare anche i guai. Perché in Giappone erano ancora vigenti le leggi che proibivano la religione cristiana. Esse saranno tolte a fatica solo nel 1873, non prima di un nuovo infierire della persecuzione che causò nuovi martiri a noi ancora poco noti, come i martiri di Tsuwano.

Ma la rilevanza dell’avvenimento è tale che la Chiesa in Giappone lo ricorda nel suo calendario liturgico,  e quest’anno lo celebra come Festa, sotto il titolo di “Nippon no Shinto Hakken no Seibo” (Santa Madre della scoperta dei Cristiani del Giappone).

L’avvenimento, si racconta, causò tanta gioia da commuovere fino alle lacrime il beato Papa Pio IX. Ma sappiamo come la sua portata ecclesiale non passò inosservata a Papa Francesco, che ce lo additava come esempio eloquente dell’importanza capitale del Battesimo, come del sacramento che ci radica e ci rende capaci di testimoniare e trasmettere autenticamente la Fede santa.

I fatti di quel giorno sono narrati negli annali (o cronache) della Società delle Missioni Estere di Parigi (cfr. Bulletin de la Societe des Missions-Etrangeres), che il Seminario Lombardo per le Missioni Estere (ora Pime) appena fondato, incominciò subito a tradurre e pubblicare in italiano con il titolo “Le Missioni Cattoliche” e che ora si chiama “Mondo e Missione”. Essi si trovano nel “Journal” di p. A.Renaut Mep, del 13 settembre 1875. Qui li ricorderò come sono citati nel libro di p.Joseph Leonard Van Hecken Cicm “The Catholic Church in Japan, since 1859” .

Il p. B.Petitjean , che arrivava a Nagasaki nell’agosto 1864, aveva appena completato la costruzione della chiesa di Oura, iniziata dal suo predecessore p. L.Furet arrivato l’anno prima, e “di proposito si muoveva in città e fuori città vestendo la sua sottana, intendendo in questo modo informare la popolazione che erano tornati i sacerdoti cattolici”. I “cristiani nascosti”, che a centinaia vivevano nei villaggi attorno a Nagasaki, ben presto notarono la presenza di questi stranieri diversi dagli altri anche nell’apparenza, e cominciarono a chiedersi se non fossero ritornati i “Bateren” (i Padri) che avevano insegnato la religione di Gesù ai loro antenati.

Certo, la croce sopra la bella chiesa di Oura era il segno della redenzione di Cristo! E cominciarono a discutere tra di loro sul significato che avrebbero dovuto dare all’arrivo di questi stranieri. Essi sarebbero stati pronti a riconoscerli come gli autentici successori degli antichi “Bateren” – conclusero – se costoro erano uniti al Pontefice di Roma, se onoravano l’immagine della Vergine Maria e se vivevano nel celibato perpetuo.

Fu così che, a cercare il primo contatto, si mossero in piccolo gruppo da Urakami la mattina del 17 marzo 1865 e arrivarono a Oura verso mezzogiorno. P. Petitjean li accolse e li portò in chiesa, con l’intenzione di parlare loro della Fede. “E mentre faceva un breve atto di adorazione davanti all’altare, si sentì toccare la spalla: si girò. Era una donna, che gli dice: ‘Il nostro cuore è come il vostro’ ! E notando il volto sorpreso del padre, insiste chiedendo dove sia Santa Mariasama. Il padre la guida all’altare della Madonna, e vedendo il Bambino in braccio alla Vergine Madre Maria, la donna dice: ‘E’ Jesussama – dice la donna – dove abitiamo noi, ci sono ancora 1300 che hanno il nostro stesso cuore. Alcuni giorni fa siamo entrati nella stagione di Quaresima. Iesususama è nato nell’undicesimo mese (il mese di dicembre)’. Il nome della donna era Elisabetta Tsuru, una ostetrica proveniente da Hamaguchi” (op.cit. pg.15).

Questi i fatti noti, che ci riempiono tutt’oggi di gratitudine, di stupore e di gioia. Forse meno noti sono invece i fatti che fanno da sfondo a questo avvenimento, e che può essere utile brevemente ricordare. Si tratta infatti di un desiderio profondo e reciproco di ricerca: da parte cioè sia dei nuovi missionari che da parte dei fedeli cristiani, che per i 240 anni di persecuzione e di chiusura del Paese avevano conservato e trasmesso la Fede dei loro padri, arrivata in Giappone con la prima predicazione di S. Francesco Saverio nel 1549 .

Ma che cosa aveva reso possibile l’incontro che realizzava il desiderio profondo comune? In breve, ecco la successione degli avvenimenti.

Ciò che aveva scosso il Giappone dal suo isolamento era stata la visita del Commodoro Perry nel 1853, che si era presentato nel porto di Tokyo con una piccola flotta e aveva consegnato a rappresentanti dello Shogunato (il governo del Giappone di allora) una lettera da parte del Presidente degli Stati Uniti. La visita maturò in un Trattato di Amicizia (Treaty of Kanagawa) firmato il 31 marzo 1854 , che concedeva agli Stati Uniti l’accesso ai porti di Shimoda e di Hakodate.

Fu invece opera del primo Console americano Townsend Harris, residente a Shimoda fin dal 1856, preparare la strada per la conclusione del primo Trattato Commerciale e di Amicizia con le Potenze Occidentali noto come “Ansei Treaty” , che sarà firmato per gli Stati Uniti il 20 luglio 1858. Simili Trattati saranno firmati nei giorni successivi dall’Inghilterra e dalla Francia .

Sarà poi il trattato con la Francia a mettere in moto gli eventi che portano al ritorno dei missionari in Giappone e in definitiva alla scoperta dei cristiani nascosti . Basterà qui avervi appena accennato, ma la storia di quest’epoca missionaria è così intensa di avvenimenti significativi per la Missione che varrà la pena ritornarvi.

Una digressione conclusiva mi porta a rilevare un’interessante coincidenza tra questi avvenimenti e le apparizioni della Madonna a Lourdes, che avvengono in questo stesso anno 1858. Soprattutto se si tiene conto del fatto che il Vescovo Theodore Forcade (Mep), primo Vicario Apostolico del Giappone, ma impossibilitato a mettervi piede a motivo dei decreti di persecuzione ancora vigenti, sarà vescovo di Nevers, e si adopererà non solo per l’accoglienza di santa Bernardetta al Convento di Nevers, ma anche per difendere l’autenticità di quegli avvenimenti. La riproduzione della grotta di Lourdes presso le chiese e nei conventi è una scena familiare in Giappone fino ad oggi.

Non saranno segni della protezione particolare di Maria per questa Chiesa del Giappone, la Madre tanto venerata nel periodo di proibizione dai fedeli nascosti sotto le sembianze di “Maria-Kannon”, la cui immagine veniva collocata davanti alla Chiesa di Oura con il titolo “Nostra Signora del Giappone”, nel secondo anniversario di questo giorno memorabile? 

di Mario Bianchin (Superiore regionale del Pime in Giappone)
Fonte: AsiaNews

Publié dans Articoli di Giornali e News, San Francesco Saverio, Stile di vita | Pas de Commentaire »

ISIS IN ITALIA/ Gli studenti di terza media: “Se arriva ci convertiamo subito”

Posté par atempodiblog le 17 mars 2015

ISIS IN ITALIA/ Gli studenti di terza media: “Se arriva ci convertiamo subito”
di Gianfranco Lauretano – Il Sussidiario

ISIS IN ITALIA/ Gli studenti di terza media: “Se arriva ci convertiamo subito” dans Articoli di Giornali e News n525c

Il fatto che qui si racconta è veramente accaduto. In una terza media di una normale scuola statale di una città italiana di provincia, che non serve nominare perché simile a mille altre, la professoressa di italiano intavola una conversazione coi ragazzi a seguito di una domanda di delucidazione di una di essi sull’Isis, il califfato islamico, e i fatti terribili di cui inevitabilmente sono giunti a conoscenza lei e i compagni.
Ad un certo punto la prof, nel vivo della chiacchierata, butta lì questa domanda: “Ma se davvero gli estremisti islamici riuscissero ad arrivare in Italia, ad occuparla fino alla nostra città, voi cosa fareste?”. La risposta giunge senza apparente esitazione: ci convertiremmo all’islam per salvarci, dicono i ragazzi. Su venticinque, tutti d’accordo eccetto due.

L’episodio, che potrà sembrare irrilevante, è invece indicatore della situazione umana e culturale in cui si trovano gli italiani e molti occidentali e può anche dare qualche indicazione sullo strano appeal che su tanti giovani mediorientali (e anche occidentali) esercitano il califfato, la sua guerra santa, le atrocità che vi si commettono. Pare ormai chiaro, infatti, che le migliaia di combattenti che vi si recano in massa anche dai paesi europei non siano tutti poveri, diseredati, emarginati di una qualche banlieue o sobborgo londinese: ci sono anche borghesi, persone inserite e facoltose, laureati, arabi di seconda o terza generazione, persone insomma che avevano trovato in occidente una vita confortevole. Eppure vanno, spesso scappando perfino dai genitori, come racconta il caso recente di tre studentesse giunte da Londra in Siria.

Il fatto è che lo strano appeal del califfato cresce in presenza di un vuoto, forse di due. Il primo vuoto è il nostro: un vuoto di ideale, di senso della vita. Il cuore dell’uomo, e quello tumultuoso dei giovani, ha segretamente bisogno di vivere per qualcosa che lo trascenda: qualcosa di più grande, di forte, di eterno; non c’è niente da fare. A questa sete cosa offriamo noi? Un certo benessere, molto spettacolo, un po’ di tecnologia e un’idea di libertà tanto assoluta da diventare semplicemente arbitraria e scriteriata. Libertà di far che, alla fine? Certo, milioni dei nostri giovani si accontentano, purché sia permesso loro di innaffiare questo vuoto con un po’ di alcol, di stupefacenti, di sballo; e qualche dovere a cui rispondere — studiare, ad esempio — ma con sempre meno convinzione. Ma quanti genitori, e quali, sanno oggi dare ai figli un senso all’altezza della loro domanda?

Il secondo vuoto è tutto interno al mondo islamico. L’estremismo spinto fino al terrorismo che prende ispirazione dal Corano è infatti un problema anche per gli islamici cosiddetti moderati. Com’è possibile che un’aberrazione oscurantista come l’Isis possa trovare la sua giustificazione nel libro santo dell’islam?

A questo, che è un fatto, possono rispondere solo i teologi e le guide religiose del mondo islamico, ma non si deve sottovalutare l’evidenza che l’islam moderato sta perdendo migliaia e migliaia dei suoi giovani; quella fede che tanti personaggi, ad esempio Obama (il quale non risulta però essere un esperto di islamistica, come tanti altri che ne parlano forse senza ragion veduta), considerano una “religione di pace” sta radicalizzandosi verso forme estreme, violente, razziste: chi non è come noi va sterminato, affermano con nonchalance poco tempo fa impensabile. Una religione dunque che, nell’impatto con la modernità, sembra sbriciolarsi in mille rivoli: è ancora la cronaca a dirci delle profonde e violente divisioni perfino tribali che sussistono tra musulmani, i quali non esitano a scannarsi neppure fra loro.

PS: i due ragazzi della classe succitata che resisterebbero ad ogni intimidazione e obbligo alla conversione hanno una famiglia in cui la fede cristiana è vissuta in modo semplice e quotidiano, ai quali i genitori hanno testimoniato la presenza reale e buona di un grande Amico, che loro hanno liberamente accettato e al quale non rinuncerebbero perfino “di fronte alla morte”.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

12345