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Pakistan: Il giovane eroe sacrificatosi per salvare centinaia di cristiani

Posté par atempodiblog le 26 mars 2015

Pakistan: Il giovane eroe sacrificatosi per salvare centinaia di cristiani
Akash Bashir ha braccato un kamikaze che stava per entrare in una chiesa per compiere una strage. Per il suo coraggio si chiede il conferimento del più alto riconoscimento civile
di Federico Cenci – Zenit

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Laddove alligna l’odio verso i cristiani che sfocia in violente persecuzioni, si consumano atti d’eroismo incommensurabili. Lahore, città del Pakistan al confine con l’India, situata pochi chilometri a sud della regione del Kashmir, è uno di quei luoghi che più spesso compare nelle cronache dei giornali come scenario di atroci attentati in odium fidei. È in territori come questo che i cristiani (che in Pakistan rappresentano la minoranza, 2% della popolazione, più marginalizzata) sono sempre più facile bersaglio degli estremisti.

Il 15 marzo scorso, domenica, attacchi terroristici hanno preso di mira due chiese di Lahore gremite di fedeli in preghiera, causando 16 morti e almeno 90 feriti. Gli attentati, coordinati tra loro, sono stati rivendicati dal gruppo Jamaat-ul-Ahrar, vicino ai talebani. Il bilancio delle vittime, nella chiesa cattolica di St. John, a Youhanabad, periferia della città, sarebbe potuto essere più grave. Tuttavia, l’intervento sprezzante del pericolo di un giovane si è rivelato risolutore avendo impedito al kamikaze di introdursi nell’edificio sacro.

Il fatto è il seguente. Un giovane parrocchiano, di nome Akash Bashir, in qualità di “security guard” (guardia di sicurezza) insieme a un amico stava controllando chi entrasse all’ingresso della chiesa. Insospettitosi dall’atteggiamento irruento di un uomo con un giaccone, Akash gli si è avvicinato e lo ha fermato prima che questi varcasse la porta. L’uomo ha provato a fare resistenza, e proprio in quel momento il giovane cristiano si è accorto del carico esplosivo che nascondeva sotto il giubbotto, così lo ha abbracciato per arrestare ogni suo movimento. L’attentatore, sentendosi braccato, ha quindi deciso di muovere la leva dell’esplosivo, che ha ucciso il giovane Akash.

La morte di questo parrocchiano è valsa come un sacrificio, avendo salvato la vita a centinaia di fedeli che in quel momento affollavano la chiesa. A diffondere la notizia dell’accaduto sono stati i salesiani, attraverso la loro agenzia di notizie Ans: era un giovane ex allievo della scuola tecnica salesiana del quartiere in cui è avvenuta la tragedia. “Ha abbracciato il suo assalitore, facendo scudo col suo corpo”, raccontano i religiosi.

“È grazie a lui – prosegue l’ordine di don Bosco – se il bilancio delle vittime accertate non è stato terribile come gli attentatori si prefiguravano ». I salesiani hanno inoltre annunciato che la loro scuola rimarrà chiusa “fino a che non possa essere garantita la sicurezza; alcuni giovani attualmente non possono nemmeno fare ritorno alle loro case, per via dei continui disordini e delle violenze stradali”.

Il giorno dei funerali delle vittime del duplice attentato, il 17 marzo, manifestazioni contrapposte di cristiani e musulmani sono state contenute a fatica dalla polizia, che ha evitato che i due gruppi venissero a contatto. “Come minoranza cristiana ci sono momenti in cui la nostra sola speranza è nell’aiuto di Dio e di sua Madre, Maria”, affermano ancora i salesiani.

La stessa fiducia in Dio animava il cuore di Akash Bashir, che i suoi genitori descrivono come un ragazzo “ubbidiente, laborioso e molto regolare nella preghiera”. Nei giorni successivi al suo sacrificio, la sua casa è stata meta di un continuo pellegrinaggio di fedeli giunti lì per lodare il valore di questo giovane eroe e per esprimere condoglianze alla sua famiglia. A rendergli omaggio anche mons. Sebastian Francis Shaw, arcivescovo di Lahore.

La richiesta che giunge al primo ministro del Pakistan, Nawaz Sharif, e al Governatore della regione del Punjab, Shahbaz Sharif, è che al giovane Akash sia conferito il più alto riconoscimento civile (Son of Nation) per il coraggio dimostrato. Sarebbe, questo, un gesto concreto di pacificazione per un Paese che ne ha davvero bisogno.

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Il cristiano non è mai un solitario

Posté par atempodiblog le 26 mars 2015

Il cristiano non è mai un solitario dans Citazioni, frasi e pensieri 29lmg6a

“La vita cristiana deve essere vita di preghiera incessante, sforzandoci di stare alla presenza di Dio dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Il cristiano non è mai un solitario, perché vive in una continua intimità con Dio, che è vicino a noi e nei Cieli”.

di San Josemaría Escrivá de Balaguer

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Papa Francesco: Dio ci aiuti a non essere cristiani “sì, ma…”

Posté par atempodiblog le 26 mars 2015

Una dottrina propria

La maggior parte dei cattolici ormai oggi, in totale buona fede, pensando di continuare ad essere cattolici, dicono “mah, si la Chiesa… sono d’accordo su quasi tutto, però su questa cosa per esempio no”, sulla questione dei divorziarti-risposati no, oppure sulla questione dell’aborto no, oppure sulla questione del divorzio no, oppure sulla questione dell’eutanasia no, oppure su tutte queste cose insieme no. Quindi su tutta una serie di questioni i cattolici si fanno una morale, una teologia, una dottrina propria. E’ ovvio che chiunque dissenta in qualche cosa che riguarda la struttura fondamentale della fede, della dottrina… non è più cattolico, però questo sembra  difficile da far capire oggi. Spesso le persone più disorientate dalla ferma dottrina che sta ribadendo Benedetto XVI sono tanti cattolici, i quali non si rendono conto di come un Papa possa dire delle cose che non vanno discusse, vanno imparate. Questo verbo “imparare” piace molto poco.

Alessandro Gnocchi – Radio Maria

Papa Francesco: Dio ci aiuti a non essere cristiani “sì, ma…” dans Fede, morale e teologia 24yoc5i

“Anche noi fra i cristiani, quanti, quanti troviamo anche noi, ci troviamo noi un po’ avvelenati per questo scontento della vita. Sì, davvero, Dio è buono, ma cristiani sì, ma… Cristiani sì, ma… Che non finiscono di aprire il cuore alla salvezza di Dio, sempre chiedono condizioni. ‘Sì, ma così!’. ‘Sì, sì, sì, io voglio essere salvato, ma per questa strada’…  Così il cuore diviene avvelenato”.

[...]

“Tante volte diciamo che siamo nauseati dello stile divino. Non accettare il dono di Dio col suo stile: quello è il peccato quello è il veleno. Quello ci avvelena l’anima, ti toglie la gioia, non ti lascia andare”.

Papa Francesco

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Il senso della Grazia che pervade l’opera di Tolkien

Posté par atempodiblog le 26 mars 2015

Il senso della Grazia che pervade l’opera di Tolkien
Tratto da: Il Timone

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Michael White, autore di libri di giornalismo scientifico, ha pubblicato anche La vita di J.R.R. Tolkien (trad. it., Bompiani, Milano 2002). White è tutto tranne che un apologeta del cattolicesimo di Tolkien – che presenta costantemente sotto una luce irreale o addirittura come esempio di fanatismo – e decisamente non è un esegeta meticoloso della sua produzione narrativa. Che quindi White sia in grado, del tutto liberamente, di mettere in evidenza quanto segue, costituisce un elemento di valore non secondario. Infatti,

«[...] l’aspetto religioso più curioso del libro [Il Signore degli Anelli] non riguarda tanto gli elementi che concorrono a creare i personaggi chiave, ma una sottile tendenza nascosta implicita nel raccontare la storia, e nella scansione del tempo. Nell’Appendice B del Signore degli Anelli ci viene detto che la Compagnia lascia Granburrone per iniziare la sua missione il 25 dicembre. Il giorno in cui Frodo e Sam riescono a distruggere l’Anello, il giorno in cui viene gettato nella Voragine del Fato e la nuova Era inizia davvero, nel calcolo degli anni di Gondor, è il 25 marzo. Anche se questa data non significa nulla per la maggior parte della gente, nella vecchia tradizione inglese (materia con cui Tolkien aveva molta familiarità), il 25 marzo era la data del primo venerdì santo, la data della crocifissione di Cristo».

Inoltre, «[p]er altre due ragioni il 25 marzo è una data significativa nella tradizione cristiana. È la felix culpa, la data della cacciata di Adamo ed Eva e anche la data dell’Annunciazione e del concepimento di Cristo, esattamente nove mesi prima della sua nascita il 25 dicembre».

Secondo White, ciò significa
«[...] che gli eventi principali nella storia dei come viene distrutto l’Anello e sconfitto Sauron si svolgono nel mitico [sic] periodo fra la nascita di Cristo (il 25 dicembre) e la sua morte (il 25 marzo). Non ci sarebbe ragione di inserirlo nella storia se non come forma di sottile “messaggio nascosto”. Tolkien sta imponendo la sua fede su un mondo pagano, i suoi personaggi svolgono il loro ruolo in un vuoto non cristiano, ma il loro “subcreatore” può farli muovere in una struttura temporale che è cristiana; dopo tutto, ha lui l’ultima parola. Oltre a questo, quello che voleva dire Tolkien quando sosteneva che la sua opera era di natura cristiana, e persino cattolica, era il senso della Grazia che pervade l’opera. I suoi personaggi vivono in un mondo [...] in cui la fede da sola può far accadere le cose. Non è una semplice questione di forza di volontà o di determinazione [...]. E anche se nella narrativa di Tolkien non c’è un cristianesimo specifico, non ci sono Bibbie, crocifissi o altari, “lo spirito cristiano” è dappertutto».

Non scordiamoci questa fondamentale impostazione narrativa di Tolkien quando ne facciamo un fenomeno da baraccone buono per ogni palato. Tolkien, infatti, ci parla costantemente, in maniera immaginifica e bella, dell’unica verità che salva, la verità di Cristo.

Per approfondire ulteriormente la dimensione cattolica dell’opera tolkienana, non scordatevi il dossier pubblicato da 2e2mot5 dans Diego Manetti Il Timone.

2e2mot5 dans Diego Manetti La vita dell’uomo non è una tragedia, ma un felice ritorno a casa

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