Vita da single cattolico
Posté par atempodiblog le 15 février 2015
Vita da single cattolico
Abbiano ricevuto questa mail di un lettore che preferisce rimanere anonimo che pone una questione interessante.
dal blog di Costanza Miriano
Ok, ora si dirà che ci sono cose peggiori, che in realtà c’è gente che soffre (davvero). Va bene, sono d’accordo. C’è gente che nel mondo muore di fame, di malattia, per la guerra ecc. Non lo nego, nella maniera più assoluta. Ma al mondo c’è sempre chi sta peggio di te, e quindi alla fine nessuno dovrebbe lamentarsi di nulla.
Però, se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi mesi, è che ogni sofferenza risuona in modo diverso in ognuno di noi, e quindi va ascoltata.
Certo la sofferenza di cui voglio parlare non è paragonabile a chi vive nelle più grandi difficoltà. Ma è una sofferenza che esiste, e ogni tanto andrebbe rispolverata: sto parlando della sofferenza di chi è affettivamente solo.
Che quella del single, oggi, è una condizione sempre più diffusa, e sempre più oggetto di malintesi. C’è chi del single a vita ne fa un modello da seguire. Riconosco le notevoli comodità di una vita che non dipende dagli altri, che si può gestire in massima libertà. Ma non è quella la libertà che io cerco. Ok, da solo a volte si sta pure bene: posso decidere quando alzarmi e quando andare a letto, decidere dove andare, cosa fare, cosa mangiare, come vestirmi, quando e come fare la lavatrice e stirare.
Eppure sarei falso se negassi che la vita di un single è profondamente sola. C’è qualcosa, sicuramente, qualcosa di enorme che ci spinge quotidianamente a cercare l’altro. A volte, spesso anzi, lo si trova. Non sempre, però, dall’incontro con l’altro nasce il dono del sè. Ma questo è un altro problema. Il problema di chi vive la relazione in egoismo, chiusura e possesso, invece di amore, dono e apertura. Nel caso specifico, stiamo parlando di chi la persona non riesce nemmeno a trovarla.
E qui immagino le battute di molti, forse anche i giudizi al vetriolo, qualche frecciata: come se la condizione di single fosse una colpa, come se il single fosse un incapace sociale non in grado di iniziare nuove relazioni. Che se poi arriva ai 30 o ai 40 o… è solo colpa sua. Se poi il single è anche cattolico, doppia maledizione: vallo a proporre un modello di vita come quello cattolico (vade retro!).
Diciamo la verità, la società è cambiata, e il single cristiano è il più discriminato. A volte, lo dico con una punta di risentimento, anche all’interno della stessa Chiesa. Perché non è infrequente sentire battute sulla propria condizione vocazionale. “Allora quando ti sposi?”, “Eh, ma allora devi decidere, o ti sposi o…” o cosa? Ma io non mi faccio certo prete perchè non sono sposato, nè rimodulo la mia scelta perchè attualmente non riesco a conoscere la persona giusta. E poi stiamo attenti all’abuso del termine “vocazione”: perchè si rischia di confondere le idee delle persone, oppure di caricarle di macigni troppo grossi da essere trasportati. La vocazione primaria del cristiano è quella di amare, di vivere il Vangelo. Chissà, forse anche nella condizione di single.
Forse all’interno della stessa Chiesa bisognerebbe riconsiderare questa condizione, che a volte è dolorosa, perchè non ricercata. Accogliere meglio i single, e non vederli come bug del sistema. Perchè le motivazioni che spingono una persona a cercare l’”anima gemella” (che poi non ci credo all’anima gemella) sono davvero valide. Però a volte c’è la tentazione di sentirsi sbagliati, di non aver compreso qualcosa della propria vita. O di perdere la fiducia nelle persone, negli altri, nel mondo.
Ma poi chissà, la vita è davvero strana. E non rimane che guardare là in alto e sperare, pregare, attendere, con fiducia: affidarsi a Dio. Che poi è l’unica cosa sensata da fare.
Anonimo
Laisser un commentaire
Vous devez être connecté pour rédiger un commentaire.