• Accueil
  • > Archives pour le Dimanche 15 février 2015

San Francesco nella Questua vedeva un momento per salvare le anime

Posté par atempodiblog le 15 février 2015

San Francesco nella Questua vedeva un momento per salvare le anime dans Fede, morale e teologia 1e2q2h
Particolare dell’Allegoria della Pietà con le sue opere di F. De Mura (Palazzo Zevallos Stigliano)

San Francesco nella Questua vedeva un momento per salvare le anime:

Come già detto nelle Fonti Francescane troviamo scritto:

Nella questua cercava più il vantaggio delle anime di chi donava, che un aiuto materiale alla carne e voleva essere di esempio agli altri sia nel dare che nel ricevere”.

Tratto da: Santuario Maria SS. della Delibera

Publié dans Fede, morale e teologia | Pas de Commentaire »

Il Papa ai neo-cardinali: cercare i lontani senza pregiudizi, non isolarsi in una casta

Posté par atempodiblog le 15 février 2015

Il Papa ai neo-cardinali: cercare i lontani senza pregiudizi, non isolarsi in una casta
La “strada della Chiesa” è andare a “cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani”. E’ uno dei passaggi più forti dell’appassionata omelia di Francesco nella Messa, nella Basilica di San Pietro, con i 20 nuovi cardinali all’indomani del Concistoro. Il Papa ha esortato i porporati a seguire Gesù, che ha scosso la mentalità “chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”, impegnandosi nel servire gli emarginati del nostro tempo. Ancora, il Papa ha messo in guardia i neo-cardinali dalla tentazione di isolarsi in una casta, che, ha ammonito, non ha nulla di ecclesiale.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa ai neo-cardinali: cercare i lontani senza pregiudizi, non isolarsi in una casta dans Fede, morale e teologia 24y7gjl

Gesù ha compassione di un lebbroso che supplica di purificarlo e lo guarisce. Francesco ha svolto la sua omelia muovendo dal passo del Vangelo domenicale che mostra una delle immagini più potenti della misericordia divina. Il lebbroso, ha infatti rammentato il Papa rivolgendosi innanzitutto ai 20 nuovi cardinali, era “abbandonato dai propri familiari, evitato dalle altre persone, emarginato dalla società”. Era considerato impuro e, dunque, la finalità del suo isolamento era “salvare i sani, proteggere i giusti” dal rischio del contagio.

Gesù vince i pregiudizi e reintegra il lebbroso emarginato
Gesù però, ha soggiunto, “si lascia coinvolgere nel dolore e nel bisogno della gente”, non si “vergogna di avere ‘compassione’”, “patire-con” il sofferente e per questo agisce in concreto per “reintegrare l’emarginato”. Così facendo, quindi, “rivoluziona e scuote con forza quella mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi”:

“Gesù, nuovo Mosè, ha voluto guarire il lebbroso, l’ha voluto toccare, l’ha voluto reintegrare nella comunità, senza ‘autolimitarsi’ nei pregiudizi; senza adeguarsi alla mentalità dominante della gente; senza preoccuparsi affatto del contagio. Gesù risponde alla supplica del lebbroso senza indugio e senza i soliti rimandi per studiare la situazione e tutte le eventuali conseguenze! Per Gesù ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno!”

Gesù, ha proseguito Francesco in una Basilica petrina gremita di fedeli, “non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali”. Non pensa a quanti si scandalizzano difronte “a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica. Egli ha voluto integrare gli emarginati, salvare coloro che sono fuori dall’accampamento”.

Effondere la misericordia di Dio a chi la chiede con cuore sincero
Francesco ha così constatato che ci “sono due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti”:

“Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio”.

Queste due logiche, ha ribadito, “percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare”. E tuttavia, ha sottolineato, dal Concilio di Gerusalemme, la “strada della Chiesa” è “sempre quella di Gesù, della misericordia e dell’integrazione”: non “fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito”:

“La strada della Chiesa è quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle “periferie” essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio; di seguire il Maestro che disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Lc 5,31-32)”.

La strada della Chiesa è cercare i lontani senza paura e pregiudizi
Guarendo il lebbroso, ha annotato il Papa, “Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello; non disprezza la Legge ma apprezza l’uomo, per il quale Dio ha ispirato la Legge”. Ed ha evidenziato che la carità “non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale”. La carità, piuttosto, “è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili”. “Il contatto – ha detto – è il vero linguaggio comunicativo, lo stesso linguaggio affettivo che ha trasmesso al lebbroso la guarigione”.

“Cari nuovi Cardinali, questa è la logica di Gesù, questa è la strada della Chiesa: non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto. «Chi dice di rimanere in [Cristo], deve anch’egli comportarsi come lui si è comportato» (1 Gv 2,6). La totale disponibilità nel servire gli altri è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!”.

Servire chi soffre senza isolarsi in una casta
E sempre rivolgendosi ai nuovi porporati, nel giorno in cui hanno ricevuto il titolo cardinalizio, il Papa li ha esortati “a non avere paura di accogliere con tenerezza gli emarginati; a non avere paura della tenerezza” e “della compassione”. Maria, ha soggiunto, “ci rivesta di pazienza nell’accompagnarli nel loro cammino, senza cercare i risultati di un successo mondano”:

“Cari fratelli, guardando a Gesù e alla nostra Madre, vi esorto a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani – edificati dalla nostra testimonianza – non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale. Vi esorto a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda”.

Sul Vangelo degli emarginati si rivela la nostra credibilità
Il Signore, ha ripreso il Papa, è “presente anche in coloro che hanno perso la fede” o “che si dichiarano atei”. “Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato”, ha poi ammonito ricordando “l’immagine di San Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione”. In realtà, ha concluso Francesco, proprio “sul Vangelo degli emarginati, si gioca, si scopre e si rivela la nostra credibilità!”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Sacramento dell’Ordine | Pas de Commentaire »

Vita da single cattolico

Posté par atempodiblog le 15 février 2015

Vita da single cattolico
Abbiano ricevuto questa mail di un lettore che preferisce rimanere anonimo che pone una questione interessante.
dal blog di Costanza Miriano
Vita da single cattolico dans Riflessioni 2cymhjp
Ok, ora si dirà che ci sono cose peggiori, che in realtà c’è gente che soffre (davvero). Va bene, sono d’accordo. C’è gente che nel mondo muore di fame, di malattia, per la guerra ecc. Non lo nego, nella maniera più assoluta. Ma al mondo c’è sempre chi sta peggio di te, e quindi alla fine nessuno dovrebbe lamentarsi di nulla.
Però, se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi mesi, è che ogni sofferenza risuona in modo diverso in ognuno di noi, e quindi va ascoltata.
Certo la sofferenza di cui voglio parlare non è paragonabile a chi vive nelle più grandi difficoltà. Ma è una sofferenza che esiste, e ogni tanto andrebbe rispolverata: sto parlando della sofferenza di chi è affettivamente solo.

Che quella del single, oggi, è una condizione sempre più diffusa, e sempre più oggetto di malintesi. C’è chi del single a vita ne fa un modello da seguire. Riconosco le notevoli comodità di una vita che non dipende dagli altri, che si può gestire in massima libertà. Ma non è quella la libertà che io cerco. Ok, da solo a volte si sta pure bene: posso decidere quando alzarmi e quando andare a letto, decidere dove andare, cosa fare, cosa mangiare, come vestirmi, quando e come fare la lavatrice e stirare.
Eppure sarei falso se negassi che la vita di un single è profondamente sola. C’è qualcosa, sicuramente, qualcosa di enorme che ci spinge quotidianamente a cercare l’altro. A volte, spesso anzi, lo si trova. Non sempre, però, dall’incontro con l’altro nasce il dono del sè. Ma questo è un altro problema. Il problema di chi vive la relazione in egoismo, chiusura e possesso, invece di amore, dono e apertura. Nel caso specifico, stiamo parlando di chi la persona non riesce nemmeno a trovarla.
E qui immagino le battute di molti, forse anche i giudizi al vetriolo, qualche frecciata: come se la condizione di single fosse una colpa, come se il single fosse un incapace sociale non in grado di iniziare nuove relazioni. Che se poi arriva ai 30 o ai 40 o… è solo colpa sua. Se poi il single è anche cattolico, doppia maledizione: vallo a proporre un modello di vita come quello cattolico (vade retro!).
Diciamo la verità, la società è cambiata, e il single cristiano è il più discriminato. A volte, lo dico con una punta di risentimento, anche all’interno della stessa Chiesa. Perché non è infrequente sentire battute sulla propria condizione vocazionale. “Allora quando ti sposi?”, “Eh, ma allora devi decidere, o ti sposi o…” o cosa? Ma io non mi faccio certo prete perchè non sono sposato, nè rimodulo la mia scelta perchè attualmente non riesco a conoscere la persona giusta. E poi stiamo attenti all’abuso del termine “vocazione”: perchè si rischia di confondere le idee delle persone, oppure di caricarle di macigni troppo grossi da essere trasportati. La vocazione primaria del cristiano è quella di amare, di vivere il Vangelo. Chissà, forse anche nella condizione di single.
Forse all’interno della stessa Chiesa bisognerebbe riconsiderare questa condizione, che a volte è dolorosa, perchè non ricercata. Accogliere meglio i single, e non vederli come bug del sistema. Perchè le motivazioni che spingono una persona a cercare l’”anima gemella” (che poi non ci credo all’anima gemella) sono davvero valide. Però a volte c’è la tentazione di sentirsi sbagliati, di non aver compreso qualcosa della propria vita. O di perdere la fiducia nelle persone, negli altri, nel mondo.
Ma poi chissà, la vita è davvero strana. E non rimane che guardare là in alto e sperare, pregare, attendere, con fiducia: affidarsi a Dio. Che poi è l’unica cosa sensata da fare.
Anonimo

Publié dans Riflessioni | Pas de Commentaire »