Il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace

Posté par atempodiblog le 11 février 2015

“Per me la predicazione più efficace del sacerdote è sempre stata la sua vita. Un buon prete non ha nulla da dirmi: io lo guardo e ciò mi basta”.

François Mauriac

Il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace dans Fede, morale e teologia Jean-Marie-Baptiste-Vianney-Curato-d-Ars

Gli omileti che hanno inciso più profondamente nella vita dei fedeli sono precisamente i testimoni di questa intima, cordiale unione con il mistero di Dio.

Si pensi – solo per fare qualche esempio – a Francesco d’Assisi. E’ stato detto che del “profumo del Vangelo” sono a tal punto ripieni i suoi scritti (come lo erano, per quanto possiamo saperne, le sue omelie), che se si togliesse il Vangelo non vi rimarrebbe più nulla. Oppure si pensi a san Carlo Borromeo, e alla celebre Omelia 45, nella quale il santo vescovo si rivolge direttamente al Crocifisso: “Perché hai voluto nascere in così bassa condizione, vivere sempre in essa e morire tra le ignominie? Perché hai sofferto tante fatiche, tante offese, tanti oltraggi, tanti dolori e tante piaghe, e alla fine una morte così crudele, versando il tuo sangue fino all’ultima goccia?…”. E san Carlo conclude la sua omelia proclamando “veramente felici coloro che hanno impresso nel cuore Cristo crocifisso, e non svanisce mai”.

Si pensi ancora al santo Curato d’Ars, che sul più bello interrompeva la sua omelia, per rivolgersi con intensità ineffabile al Tabernacolo, dicendo semplicemente: “Ma che importa tutto questo? Egli è là!…”.

Ma forse l’esempio più impressionante viene da una singolare omelia di san Luigi M. Grignion de Monfort. Salito sul pulpito all’ora stabilita, il predicatore estrae il suo crocifisso, e senza dire parola si ferma a contemplarlo lungamente, dando sfogo al pianto. Il popolo, a sua volta, non riesce a trattenere le lacrime, quando il predicatore scende e presenta a ciascuno il crocifisso per il bacio. “La predica era stata corta”, commenta il biografo, “ma non occorre meno di tutta la vita di un santo per prepararla”.

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Stando al loro magistero, il “caso serio” dell’omelia si colloca più sul versante della testimonianza di vita (ecco l’impegno penitenziale, di conversione) che non su quello della metodologia e delle tecniche (senza ovviamente sottovalutare questo secondo versante).

Può servire anche per il predicatore ciò che l’allora don Joseph Ratzinger scriveva in Introduzione al cristianesimo a proposito del teologo. Il predicatore non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte “per mestiere”. Piuttosto – per usare un’immagine cara a Origene – egli deve essere come il discepolo innamorato, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro, e da lì ricava il suo modo di pensare, di parlare e di agire.

Alla fine di tutto, il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace.

di Monsignor Enrico Dal Covolo
Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense
Fonte: Zenit

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