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Pensieri di santa Bernadette

Posté par atempodiblog le 11 février 2015

L’alfabeto di una santa
Fonte: “Pensieri spirituali tratti dal Diario intimo e dalle Lettere di Santa Bernadette”
a cura di Mirella Mostarda – Diocesi Terni, Narni e Amelia

Pensieri di santa Bernadette dans Fede, morale e teologia 2vwdxqf

Amore: Avrò sempre abbastanza salute, ma mai abbastanza amore per Nostro Signore”.
“Non vivrò nessun istante se non amando. Colui che ama, fa tutto senza sacrificio, o meglio, il suo sacrificio, lo ama”.

Croce: “La croce è il patrimonio degli amici che il Signore ama di più; quaggiù la sofferenza, in cielo la vera felicità. La Santa Vergine non mi ha ingannata. Mi ha detto che non sarei stata felice in questo mondo, ma nell’altro. La prima parte l’ho già avuta”.

Debolezza: “Io sono molto debole; ho gran bisogno dell’aiuto delle preghiere di anime buone, per non abusare del favore che ho ricevuto dal Cielo, malgrado ne fossi indegna”.

Delizia: “Quando Nostro Signore sarà nel vostro cuore, abbandonatevi a Lui e gustate in pace le delizie della sua presenza. Amate, adorate, ascoltate, lodate e direi anche gustate… Soltanto l’eternità ci riserva gioie più grandi…”.

Difetti: “Io vorrei che si raccontassero anche i difetti dei santi e quanto hanno fatto per correggersi. Questo sarebbe molto più utile dei loro miracoli e delle loro estasi”.

Grotta: “È stato il mio cielo, non la rivedrò più. Vorrei tornare una volta sola alla mia grotta, quando nessuno mi vede, perché io sono attaccata a quella roccia con tutta me stessa!”.

Lacrime: “Soffro: e verso di Voi elevo i miei gemiti, o mio Consolatore. Riverso le mie lacrime sul vostro Cuore adorabile. A Lui confido i miei sospiri, le mie angosce, le mie pene. Che aumenti il mio amore, che renda meno pesante il mio dolore”.

Pane: “Preghiera a Gesù di una povera mendicante: O Gesù, dammi, ti prego, il pane dell’umiltà, il pane dell’obbedienza, il pane della carità, il pane della forza per spezzare la mia volontà, per unirla alla Tua, il pane della mortificazione interiore, il pane del distacco da ogni cosa e creatura, il pane della pazienza per sopportare le pene che il mio cuore soffre. O Gesù, Voi mi volete crocifissa: ‘Fiat’. Il pane della forza per ben soffrire, il pane di vedere sempre solo Voi e null’altro”.

Paura: Mia cara sorella, ho paura…Ho ricevuto tante grazie e ne ho fatto tanto poco profitto!”.

Sì: Sì, mio Dio, sì. In tutto e per tutto, sì”.

Umiltà: Il Rosario è la mia preghiera prediletta: d’altronde sono troppo ignorante per poterne comporre una”.

Verità: “A forza di voler infiorare le cose, si finisce per snaturarle”.

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La leggenda di Maimuna

Posté par atempodiblog le 11 février 2015

La leggenda di Maimuna dans Cardinale Robert Sarah La-leggenda-di-Maimuna

C’era un uomo che voleva sapere chi sarebbe stato il suo vicino in cielo. Avere, infatti, un vicino cattivo sulla terra, anche se per 50 anni, è già difficile ma averlo per l’eternità è ancora più difficile. Allora gli viene risposto: “Il tuo vicino si chiama Maimuna”. E lui: “Ma chi è Maimuna?”. “Maimuna è una ragazza che vive in un villaggio”.

Allora, lui va in questo villaggio e chiede chi sia Maimuna. Gli viene risposto che Maimuna è una pazza, che custodisce le pecore vicino al cimitero. Allora, si reca al cimitero e trova Maimuna che prega. Mentre Maimuna pregava le pecore erano mescolate assieme ai lupi, ma i lupi non mangiavano le pecore e le pecore non avevano paura dei lupi.

E allora, al termine della preghiera, l’uomo chiede a Maimuma: “Come hai fatto a fare in modo che i lupi stiano assieme alle pecore senza pericolo?”. E lei rispose: “Ho migliorato i miei rapporti con Dio e Dio ha migliorato i rapporti fra i lupi e le pecore”.

del Cardinale Robert Sarah
prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
Fonte: Radio Vaticana

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Il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace

Posté par atempodiblog le 11 février 2015

“Per me la predicazione più efficace del sacerdote è sempre stata la sua vita. Un buon prete non ha nulla da dirmi: io lo guardo e ciò mi basta”.

François Mauriac

Il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace dans Fede, morale e teologia Jean-Marie-Baptiste-Vianney-Curato-d-Ars

Gli omileti che hanno inciso più profondamente nella vita dei fedeli sono precisamente i testimoni di questa intima, cordiale unione con il mistero di Dio.

Si pensi – solo per fare qualche esempio – a Francesco d’Assisi. E’ stato detto che del “profumo del Vangelo” sono a tal punto ripieni i suoi scritti (come lo erano, per quanto possiamo saperne, le sue omelie), che se si togliesse il Vangelo non vi rimarrebbe più nulla. Oppure si pensi a san Carlo Borromeo, e alla celebre Omelia 45, nella quale il santo vescovo si rivolge direttamente al Crocifisso: “Perché hai voluto nascere in così bassa condizione, vivere sempre in essa e morire tra le ignominie? Perché hai sofferto tante fatiche, tante offese, tanti oltraggi, tanti dolori e tante piaghe, e alla fine una morte così crudele, versando il tuo sangue fino all’ultima goccia?…”. E san Carlo conclude la sua omelia proclamando “veramente felici coloro che hanno impresso nel cuore Cristo crocifisso, e non svanisce mai”.

Si pensi ancora al santo Curato d’Ars, che sul più bello interrompeva la sua omelia, per rivolgersi con intensità ineffabile al Tabernacolo, dicendo semplicemente: “Ma che importa tutto questo? Egli è là!…”.

Ma forse l’esempio più impressionante viene da una singolare omelia di san Luigi M. Grignion de Monfort. Salito sul pulpito all’ora stabilita, il predicatore estrae il suo crocifisso, e senza dire parola si ferma a contemplarlo lungamente, dando sfogo al pianto. Il popolo, a sua volta, non riesce a trattenere le lacrime, quando il predicatore scende e presenta a ciascuno il crocifisso per il bacio. “La predica era stata corta”, commenta il biografo, “ma non occorre meno di tutta la vita di un santo per prepararla”.

[...]

Stando al loro magistero, il “caso serio” dell’omelia si colloca più sul versante della testimonianza di vita (ecco l’impegno penitenziale, di conversione) che non su quello della metodologia e delle tecniche (senza ovviamente sottovalutare questo secondo versante).

Può servire anche per il predicatore ciò che l’allora don Joseph Ratzinger scriveva in Introduzione al cristianesimo a proposito del teologo. Il predicatore non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte “per mestiere”. Piuttosto – per usare un’immagine cara a Origene – egli deve essere come il discepolo innamorato, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro, e da lì ricava il suo modo di pensare, di parlare e di agire.

Alla fine di tutto, il discepolo innamorato è colui che annuncia il Vangelo nel modo più credibile ed efficace.

di Monsignor Enrico Dal Covolo
Magnifico Rettore della Pontificia Università Lateranense
Fonte: Zenit

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