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Il valore delle piccole virtù nelle lettere di Francesco di Sales

Posté par atempodiblog le 24 janvier 2015

Il valore delle piccole virtù nelle lettere di Francesco di Sales
Fonte: L’Osservatore Romano

“Attira più mosche una goccia di miele che un barile di aceto”.

“Preferisco sbagliare per troppa bontà che per troppo rigore”.

Il valore delle piccole virtù nelle lettere di Francesco di Sales dans Fede, morale e teologia San-Francesco-di-Sales

«A piccolo merciaio, piccolo paniere»: ecco una forma rapida e semplice per far capire il pensiero di san Francesco di Sales riguardo alle virtù. Questo tipo di frasi ricorrono frequentemente in tante sue lettere e possiamo credere che siano una delle caratteristiche personali del suo insegnamento e della sua spiritualità. In una lettera rivolta alla signora de Soulfour, Francesco di Sales sottolinea: «… pratichiamo queste virtù, adatte alla nostra piccolezza. A piccolo merciaio, piccolo paniere. Sono virtù che si praticano piuttosto scendendo che salendo, quindi, sono convenienti anche per le nostre gambe: la pazienza, la sopportazione del prossimo, l’affabilità, la cortesia, l’umiltà, la dolcezza del cuore, la tolleranza delle nostre imperfezioni e altre simili virtù».

Ci troviamo dunque davanti a consigli quotidiani per persone ordinarie che vivono ogni giorno nella responsabilità del vivere da veri cristiani. Ci sono certamente consigli sui dubbi di fede, sulla croce di ogni giorno, sui piccoli problemi che non mancano mai. Probabilmente non c’è la necessità di vivere situazioni difficili; ecco perché, diceva Francesco, dobbiamo sopportare più sovente i piccoli insetti e le zanzare che non i leoni o gli orsi.

Non è per caso che Francesco raccomanda le piccole virtù. Sa bene di che cosa si parla. Le persone di mondo hanno grande stima di certe virtù, ma non hanno nessun apprezzamento per altre più ordinarie. Anche a questo riguardo si può parlare di virtù nobili e virtù disprezzabile. «Vi sono virtù abiette e virtù onorifiche. Ordinariamente — egli osserva — la pazienza, la dolcezza, la mortificazione, fra i secolari, sono virtù abiette, mentre praticare l’elemosina ed essere cortese e prudente sono virtù onorifiche».

Qua e là troviamo nelle sue lettere consigli indovinati a persone dell’alta società, a cui Francesco propone sempre queste piccole virtù. La santità salesiana non la troveremo mai nei programmi turistici o per le autostrade, ma soltanto per i sentieri conosciuti dalle persone del luogo. In tutti questi luoghi, san Francesco di Sales ci mostra come il dominio di se stesso non comincia per grandi conversioni, ma per oscuri sentieri dei nostri cuori.

Nelle sue lettere si sono anche trovate parecchie liste di queste piccole virtù salesiane. Alle volte ci domandiamo se sia possibile fare un elenco di tutte queste. Senz’altro è possibile, ma ciò che interessa è la scoperta che ciascuno deve fare delle piccole virtù più adatte alla sua situazione personale. Quello che ha più importanza  è l’indirizzo fatto dal Salesio per ritrovare un cammino di santità nell’amore delle piccole virtù. Comunque ho voluto scegliere tre virtù che sono caratteristiche della sua spiritualità: l’umiltà, la dolcezza, la semplicità.

Per il santo vescovo di Ginevra l’umiltà è fondamentale nella vita cristiana ed è base di ogni edificazione spirituale della santità. «La dolcezza e l’umiltà — egli afferma — sono le basi della santità». L’umiltà non è soltanto una virtù morale ma cristiana, cioè, una virtù della nostra fede. Altrimenti l’umiltà sarebbe segno della nostra debolezza e, quindi, disprezzabile. Ecco perché questa virtù non è stimata dalla gente del mondo, perché non vede che l’esteriore di un atteggiamento umano veramente disprezzabile. «Animate continuamente il vostro coraggio con l’umiltà», afferma il santo che aggiunge «la vostra umiltà, cioè la vostra miseria, e il vostro desiderio di essere umili, animatelo con la fiducia in Dio, così che il vostro coraggio sia umile e la vostra umiltà sia coraggiosa». Dio è la nostra rupe e la nostra salvezza. Solo in Dio potremo trovare la forza e il coraggio per la nostra umiltà.

L’esperienza missionaria di Francesco di Sales nella regione del Chablais fu, senza dubbio, un momento qualificante per riaffermare l’importanza della dolcezza nella sua spiritualità. Non sono «le voci dei cannoni quelle che devono abbattere l’eresia», come diceva il signore de Boisy, il padre di Francesco di Sales, ma l’avvicinamento personale, l’amicizia e la dolcezza nell’esposizione della dottrina cattolica. Molti anni dopo quella missione, troviamo ancora nelle sue lettere alcune allusioni a quel periodo della sua vita: «Sì, certamente — sottolineava il santo —  l’esperienza mi aveva insegnato a non essere duro con le anime finché rimaneva qualche speranza di guadagnarle con la dolcezza». Si potrebbe dire che era la virtù più ampiamente raccomandata a tutti: «Vi raccomando in modo speciale lo spirito di dolcezza che è quello che rapisce i cuori e attira le anime», affermava Francesco.

La dolcezza, quindi, è il fiore della carità; è la forma esteriore dell’amore al prossimo e la virtù del «buon pastore» poiché «nel cuore del nostro Salvatore non c’è altra legge che la dolcezza, l’umiltà e la carità; anche noi dobbiamo sempre operare, guidati da questo soave giogo».

Non c’è dolcezza se prima, dal punto di vista della morale meramente umana, non c’è il dominio di se stesso, il controllo della collera, la pace interiore. Non è una virtù femminile o segno di debolezza.

Francesco di Sales diceva che il migliore principe non è colui che entra con i suoi soldati trionfante dopo la battaglia e viene acclamato dai suoi sudditi, ma è quello che non ha mai fatto entrata gloriosa nella sua città perché mai ha mosso guerra a qualcuno.

Nella deposizione fatta al processo di beatificazione per il sacerdote Vincenzo de’ Paoli, Francesco diceva: «Mi sembra che tutta la mansuetudine che possa darsi nell’umanità era concentrata nella sua persona: mai mi sono stancato di vederlo e ascoltarlo; era così dolce e gradevole che non faceva mai un azione o diceva una parola che non fosse ispirata alla dolcezza di nostro Signore».

Questo è ancora un esempio in cui troviamo la maniera di pensare e di fare del santo della dolcezza. L’unica cosa importante è l’amore di Dio, cercare il suo divino beneplacito. Perfino la dolcezza è un frutto di questo amore ma, anche, un mezzo per raggiungerlo: «Mia cara figlia, — scriveva ancora Francesco — quando troverete il vostro cuore “alterato”, non fate altro che prenderlo con le punte delle dita, per ricondurlo al suo posto, ma non a pugni e violentemente. Dobbiamo aiutare questo cuore nelle sue debolezze e carezzarlo di tanto in tanto e assoggettare le nostre passioni e tendenze con catene d’oro, cioè, con catene d’amore, affinché possiamo indirizzarlo secondo il beneplacito di Dio».

Tra le piccole virtù, la semplicità non ha meritato nemmeno un capitolo della Filotea. È tanto piccola che non si vede nel mazzo di fioretti raccolti ai piedi della croce. Eppure Francesco di Sales affermava chiaramente di amare la semplicità «sia nella morte che nella vita». In parecchie occasioni, parlando del serpente e le colombe, facendo riferimento al vangelo ripeteva volentieri di amare più cento colombe che un solo serpente, vale a dire, più la semplicità che la prudenza. «Sono poco prudente — afferma Francesco — perché è una virtù che non piace molto (…) preferisco di più la semplicità che mi affascina. A dire il vero, le povere e bianche colombe sono più gradevoli dei serpenti». Il santo trova grande somiglianza tra il brano evangelico delle colombe con quello incentrato sulla semplicità dei bambini. Questo vuol dire che la semplicità è chiaramente presente nel messaggio evangelico, tanto più se pensiamo al fariseismo e all’ipocrisia  condannati da Gesù.

Per Francesco, tutto fa riferimento all’amore di Dio, vero nocciolo della sua spiritualità. Tutto deve servire allo sviluppo e alla crescita di questo amore, altrimenti, non ha tanto valore nella devozione salesiana. La semplicità è un atteggiamento di fiducia in Dio, un segno di vivere nella sua presenza e di vivere per fare sempre il suo divino beneplacito. Questa piccola virtù è presente nella vita di chi vive nel Signore, senz’altre preoccupazioni.

Questa è la vera semplicità salesiana: «È una grandissima e perfetta semplicità rivolgere volontariamente il proprio spirito a Dio solo» afferma Francesco. «Certamente — continua il santo — nostro Signore  vuole che siate così e vuole che pratichiate questa semplicità. Attenetevi dunque a questo e non allontanatevi da questa linea di condotta, se non per vedere e fare quello che Egli vi comanda per il suo servizio; ma, subito dopo, ritiratevi nuovamente in Lui in questa semplicità che comprende tutto».

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Ovunque possiamo e dobbiamo aspirare alla devozione

Posté par atempodiblog le 24 janvier 2015

Ovunque possiamo e dobbiamo aspirare alla devozione dans Citazioni, frasi e pensieri San-Francesco-di-Sales

“Se la devozione è autentica non rovina proprio niente, anzi perfeziona tutto. (…) Qualunque genere di pietra preziosa, immersa nel miele diventa più splendente, ognuna secondo il proprio colore; lo stesso avviene per i cristiani: tutti diventano più cordiali e simpatici nella propria vocazione se le affiancano la devozione: la cura per la famiglia diventa serena, più sincero l’amore tra marito e moglie, più fedele il servizio del principe e tutte le occupazioni più dolci e piacevoli.
Pretendere di eliminare la vita devota dalla caserma del soldato, dalla bottega dell’artigiano, dalla corte del principe, dall’intimità degli sposi è un errore, anzi un’eresia. (…)
Poco importa dove ci troviamo: ovunque possiamo e dobbiamo aspirare alla devozione”.

San Francesco di Sales, “Filotea. Introduzione alla vita devota”; ed. Città Nuova, Roma, 2009, pp. 36-37

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