Il cuore non si guadagna se non colla dolcezza e coll’amore
Posté par atempodiblog le 21 décembre 2014
Non è dunque né il rimprovero né il rigore né la forza né l’acre invettiva non è l’umiliante correzione o lo zelo impetuoso che opera la conversione del peccatore. Qui si tratta di guadagnare il cuore, e il cuore non si guadagna se non colla dolcezza e coll’amore. Quanto più di ogni argomento valgono sul cuore dell’uomo le attrattive di una dolce ed ingegnosa insinuazione!
Dite di slancio ad un empio, che si converta a Dio: vi renderete ridicolo. Persuadete un libertino, un dissoluto alla vita del ritiro, della mortificazione, dell’orazione, come alla vita più tranquilla e felice: voi gli muovete la bile. Esortate un peccatore ostinato ad abbandonare sull’atto le ree pratiche, ed a cangiare in un subito tenor di vita: voi ne riportate il rifiuto, le beffe, e fors’anche le bestemmie. Imperciocché come volete che, preso così di fronte ed all’aperta il peccatore, schiavo de’ suoi peccati, non si opponga, non vi resista? Come volete, che, urtando così voi direttamente colle passioni di lui, si pieghino queste, e cedano tosto alle aspre e furiose vostre maniere? Non è anzi questo il mezzo di inasprirle sempre più, di accenderne della altre, di risvegliare il puntiglio e la superbia e di sollevare tutte contro il vostro intento?
[...]
Questa è la maniera, o miei dilettissimi, di farci strada al cuore de’ nostri fratelli che vogliamo convertire: non disprezzare il loro giudizio, ma rispettarlo, anzi rimetterci a quello, e fare che essi rientrino liberamente in sé stessi. Il voler pretendere che subito si arrendano alle nostre persuasioni, alla nostra esperienza, al nostro giudizio, egli è per lo più un rendere sospetto le nostre esortazioni; egli è un metterli talvolta in sospetto, che noi parliamo piuttosto per prevenzione o per pregiudizio, per imporre o per dominare sopra di loro.
Tutti ci crediamo pur troppo capaci di esaminare e di giudicare da noi stessi, e tutti siamo pur troppo attaccati alle nostre opinioni, e gelosi de’ nostri giudizj; ma molto più i peccatori ostinati, i quali, quanto più sono accecati dalle passioni ne’ loro giudizj, tanto più sono impegnati dalle medesime a sostenerli. Guai dunque se loro contraddiciamo apertamente! Guai se vogliamo subito dichiararli in errore! Guai se pretendiamo di sottometterli al nostro giudizio! Per illuminarli, per piegarli non bisogna farla da giudici e dir loro, “Voi la fallate! Siete fuori di strada!”; ma bisogna farla da amorosi consiglieri, e pregarli ad esaminare di buona fede la loro vita, a consultare le persone illuminate ed accreditate, e dietro il loro esame e gli altrui lumi darne eglino stessi il loro giudizio.
di Mons. Francesco Maria Zoppi (vescovo)
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