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Brame mascherate da premure

Posté par atempodiblog le 12 décembre 2014

Brame mascherate da premure dans Citazioni, frasi e pensieri r8eaut
“La menzogna” di Salvator Rosa

Oh! le belle e virtuose premure onde andiamo tutti coprendo le interessate nostre mire! Quanto volentieri si affetta la protezione altrui per nascondere la propria ambizione! Quanto facilmente si maschera la propria superbia con una bugiarda cura di riformare gli abusi e di perfezionare i costumi! Con quanto zelo si finge di promuovere il pubblico vantaggio per coprire la propria avarizia! Se ascoltate un ambizioso, egli sarà tutto zelo, perché gli onori e le cariche siano giustamente distribuite secondo la capacità ed il merito di ciascuno; ed ogni volta che ne verrà conferita qualcuna, avrà sempre a dire, perché non è stata conferita a tale che ha reso tanti servigi al pubblico, che ha date tante prove de’ suoi talenti, che era tutto fatto per quella carica: quare non datum est egenis! E chi potesse leggere nel fondo nel cuore di lui, vi vedrebbe quanto agognasse a conseguire quell’onore, quella carica per sé stesso.

Se ascoltate un voluttuoso, non finirà mai di declamare contro l’ineguale, ingiusta, distribuzione de’ comodi, degli agi e de’ piaceri della vita. Perché, dirà egli, que’ cocchj, che servono a portare quel giovane sano, robusto e vegeto al corso e al divertimento, non servono piuttosto a sostenere e condurre per le sue necessità quel vecchio stanco dalle fatiche, infermo e cadente! Perché di quell’ozio, onde tanto abbondano certuni, che non sanno quasi come ingannarlo, non se ne fa parte a tanti che sono sempre sotto il gioco e sotto il peso del travaglio! Perché quei piaceri, che per alcuni si succedono gli uni
agli altri senza interruzione, non si danno a gustare talvolta a quelli che vivono ognora nell’amarezza, delle afflizioni e delle tribolazioni! Quare non datum est egenis! Ma tutte queste declamazioni nascono dall’ardente desiderio onde egli vorrebbe egli avere e cocchio e ozio e piaceri.

di Mons. Francesco Maria Zoppi (vescovo)

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La favola di Natale (di Giovannino Guareschi)

Posté par atempodiblog le 12 décembre 2014

La favola di Natale (di Giovannino Guareschi)
Tratto da: Racconti, fiabe, filastrocche e… non solo

La favola di Natale (di Giovannino Guareschi) dans Giovannino Guareschi Santo-Natale

Natale è la festa della famiglia e tutti si danno da fare per trascorrerla insieme in allegria; se gli adulti hanno da fare, i bambini non sono da meno.

In molte famiglie è tradizione che i figli recitino nel giorno della festa una poesia e allora … che fatica imparare le poesie! E se poi in famiglia ci sono più poesie da imparare c’è il rischio che mezzo quartiere sia costretto a impararle.

Forse Margherita ha ragione quando dice che occorre la maniera forte coi bambini: il guaio è che, a poco a poco, usando e abusando della maniera forte, in casa mia si lavora soltanto con le note sopra il rigo.

La tonalità, anche nei più comuni scambi verbali, viene portata ad altezze vertiginose e non si parla più, si urla. Ciò è contrario allo stile del «vero Signore», ma quando Margherita mi chiede dalla cucina che ore sono, c’è la comodità che io non debbo disturbarmi a rispondere perché l’inquilino del piano di sopra si affaccia alla finestra e urla che sono le sei o le dieci.

Margherita, una sera del mese scorso, stava ripassando la tavola pitagorica ad Albertino e Albertino s’era impuntato sul sette per otto.

Sette per otto?”, – cominciò a chiedere Margherita. E, dopo sei volte che Margherita aveva chiesto quanto faceva sette per otto, sentii suonare alla porta di casa.

Andai ad aprire e mi trovai davanti il viso congestionato dell’inquilino del quinto piano  (io sto al secondo).

Cinquantasei!”, – esclamò con odio l’inquilino del quinto piano.

Rincasando, un giorno del dicembre scorso, la portinaia si sporse dall’uscio della portineria e mi disse sarcastica: “Natale, è Natale è la festa dei bambini – è un emporio generale – di trastulli e zuccherini!”.

Ecco, – dissi tra me – Margherita deve aver cominciato a insegnare la poesia di Natale ai bambini.

Arrivato davanti alla porta di casa mia, sentii appunto la voce di Margherita:

“È Natale, è Natale – è la festa dei bambini!…”.

“È la festa dei cretini!” – rispose calma la Pasionaria. Poi sentii urla miste e mi decisi a suonare il campanello.

Sei giorni dopo, il salumaio quando mi vide passare mi fermò.

“Strano”, – disse – “una bambina così sveglia che non riesce a imparare una poesia così semplice. La sanno tutti, ormai, della casa, meno che lei”.

“In fondo non ha torto se non la vuole imparare”, – osservò gravemente il lattaio sopravvenendo. “È una poesia piuttosto leggerina. È molto migliore quella del maschietto: O Angeli del Cielo – che in questa notte santa – stendete d’oro un velo – sulla natura in festa…”.

“Non è così”, – interruppe il garzone del fruttivendolo. “O Angeli del Cielo – che in questa notte santa stendete d’oro un velo – sul popolo che canta…”.

Nacque una discussione alla quale partecipò anche il carbonaio, e io mi allontanai.

Arrivato alla prima rampa di scale sentii l’urlo di Margherita: “…che nelle notti sante – stendete d’oro un velo – sul popolo festante…”.

Due giorni prima della vigilia, venne a cercarmi un signore di media età molto dignitoso.

“Abito nell’appartamento di fronte alla sua cucina”, – spiegò. “Ho un sistema nervoso molto sensibile, mi comprenda. Sono tre settimane che io sento urlare dalla mattina alla sera: È Natale, è Natale – è la festa dei bambini – è un emporio generale – di trastulli e zuccherini. Si vede che è un tipo di poesia non adatto al temperamento artistico della bambina e per questo non riesce a impararla. Ma ciò è secondario: il fatto è che io non resisto più: ho bisogno che lei mi dica anche le altre quartine. lo mi trovo nella condizione di un assetato che, da quindici giorni, per cento volte al giorno, sente appressarsi alla bocca un bicchiere colmo d’acqua. Quando sta per tuffarvi le labbra ecco che il bicchiere si allontana. Se c’è da pagare pago, ma mi aiuti”.

Trovai il foglio sulla scrivania della Pasionaria.

Il signore si gettò avidamente sul foglio: poi copiò le altre quattro quartine e se ne andò felice.

“Lei mi salva la vita” - disse sorridendo.

La sera della vigilia di Natale passai dal fornaio, e il brav’uomo sospirò.

“È un pasticcio” – disse. – “Siamo ancora all’emporio generale. La bambina non riesce a impararla, questa benedetta poesia. Non so come se la caverà stasera. Ad ogni modo è finita!” – si rallegrò.

Margherita, la sera della vigilia era triste e sconsolata.

Ci ponemmo a tavola, io trovai le regolamentari letterine sotto il piatto.

Poi venne il momento solenne.

“Credo che Albertino debba dirti qualcosa”, – mi comunicò Margherita.

Albertino non fece neanche in tempo a cominciare i convenevoli di ogni bimbo timido: la Pasionaria era già ritta in piedi sulla sua sedia e già aveva attaccato decisamente:

“O Angeli del Cielo – che in queste notti sante – stendete d’oro un velo – sul popolo festante…”. Attaccò decisa, attaccò proditoriamente, biecamente, vilmente e recitò, tutta d’un fiato, la poesia di Albertino.

“È la mia!”,  singhiozzò l’infelice correndo a nascondersi nella camera da letto.

Margherita, che era rimasta sgomenta, si riscosse, si protese sulla tavola verso la Pasionaria e la guardò negli occhi.

“Caina!”,  urlò Margherita.

Ma la Pasionaria non si scompose e sostenne quello sguardo. E aveva solo quattro anni, ma c’erano in lei Lucrezia Borgia, la madre dei Gracchi, Mata Hari, George Sand, la Dubarry, il ratto delle Sabine o le Sorelle Karamazoff.

Intanto Abele, dopo averci ripensato sopra, aveva cessato l’azione.

Rientrò Albertino, fece l’inchino e declamò tutta la poesia che avrebbe dovuto imparare la Pasionaria.

Margherita allora si mise a piangere e disse che quei due bambini erano la sua consolazione.

La mattina un sacco di gente venne a felicitarsi, e tutti assicurarono che colpi di scena così, non ne avevano mai visti neanche nei più celebri romanzi gialli.

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Lettera di Babbo Natale del 1928 – 20 Dicembre

Posté par atempodiblog le 12 décembre 2014

Lettera di Babbo Natale del 1928 20 Dicembre
di J. R. R. Tolkien – Le lettere di Babbo Natale
Tratto da: Racconti, fiabe, filastrocche e… non solo

Lettera di Babbo Natale del 1928 – 20 Dicembre dans John Ronald Reuel Tolkien Lettera-di-Babbo-Natale-del-1928-20-Dicembre

In Cima’l Mondo, Polo Nord
Giovedì 20 dicembre 1928

Miei cari ragazzi,

un altro Natale e un anno di vecchiaia in più per me… e pure per voi. Tuttavia, mi sento in piena forma – molto gentile Michele a domandarmelo – e non troppo tremolante. La ragione è che, dopo freddo e buio che abbiamo avuto nel 1927 – vi ricordate? –, finalmente abbiamo ripristinato del tutto le luci e il riscaldamento. Sono peraltro certo che vi rammenterete di chi è stata la colpa di quel trambusto. E cosa credete abbia combinato questa volta il povero, caro, vecchio orso? Niente di peggio che far saltare tutte le luci. E poi ruzzolato giù dalla cima dello scalone giovedì!

Chi ha lasciato il sapone sui gradini? Certo non io!

Stavamo cominciando a trasportare il primo carico di pacchetti dalle stanze  dove li immagazziniamo all’atrio. Orso Bianco ha insistito per impilarne una fila enorme sulla testa e per prenderne altri ancora fra le zampe. E così bang, bruuummm, cic-cic-cic, crash! Poi lamenti e ringhi da paura.

Sono corso sul pianerottolo e ho visto che orso Bianco era caduto giù in fondo alle scale; era atterrato sul naso e aveva lasciato dietro di sé – lungo tutto il percorso, una scia di palline, di fagotti, di pacchetti e di altre cose ancora… Era pure finito sopra alcuni oggetti e li aveva rotti. Spero che per sbaglio non vi capitino proprio alcuni di quelli. Vi ho disegnato l’intera scena. Orso Bianco si è stizzito molto per questo.

Certo, ovviamente.

Dice che le mie illustrazioni natalizie lo prendono sempre in giro e che un anno ve ne manderà una disegnata da lui in cui faccio io la figura dello sciocco (cosa che però naturalmente io non faccio mai; e per di più lui non sa disegnare sufficientemente bene per farlo).

Si che so disegnare bene. Ho fatto la bandiera che sta qui sotto.

Orso Bianco ha urtato il mio braccio e ha rovinato il disegnino – lo trovate giù in basso – della Luna che ride e di lui che le agita conto i pugni.

Quando è riuscito a risollevarsi da terra è corso fuori dall’uscio e si è rifiutato di metter a posto le cose solo per il fatto che io, avendo capito che il danno non era granché, mi ero seduto sui gradini ed ero scoppiato a ridere… Per questo ride anche la Luna: la parte però in cui Orso Bianco è tutto arrabbiato è stata tagliata via perché lui ha fatto sbavare l’inchiostro.

Comunque, ho pensato che in cambio vi sarebbe piaciuta una illustrazione  dell’interno della mia grande casa nuova. Il salone si trova sotto l’ampia cupola, che è il luogo dove noi stiviamo i regali già pronti per essere caricati sulle slitte che attendono alle porte. Orso Bianco e io l’abbiamo costruita quasi tutta da soli, abbiamo pure steso le piastrelle azzurre e color malva. Le balaustre e il soffitto non sono drittissime…

Non è colpa mia. E’ stato Babbo Natale a metter su le balaustre.

…ma non è che poi importi davvero molto… Gli alberi. Le stelle, i soli e le lune che vedete disegnati alle pareti li ho dipinti io. Poi ho detto ad Orso Bianco: “Lascio a te i fregi (F-R-E-G-I)”.

E lui: “Pensavo che facesse già abbastanza freddo fuori… e i tuoi colori all’interno, tutti violacei –grigiastri – verdini smunti, sono altrettanto freddi”.

Al che ho detto: “Non fare l’orso sciocco: dacci dentro, c’è a disposizione del buon vecchio colore polare”… E, così, ecco il risultato!!! Ghiaccioli in ogni angolo del salone per ottenere i freddi (F-R-E-D-D-I) – Orso Bianco non conosce molto bene l’ortografia – e un orripilante colore acceso per rendre quei freddi un po’ più caldi!!!

Ebbene, miei cari, spero che vi piacciano i regali che vi ho portato: quasi tutti quelli che avete domandato e tantissime altre cosucce che non avete chiesto e a cui ho pensato io all’ultimo momento. Spero che vi scambierete spesso gli accessori del trenino e la fattoria con gli animali, e che non penserete mai che quei giochi appartengano solamente al proprietario della calza in cui sono stati trovati. Abbiatene cura perché sono alcuni dei miei giocattoli migliori.

Tanti cari saluti a Chris, tanti cari saluti a Michael e tanti cari saluti a John, che deve essere diventato davvero grande per non scrivermi più (per i pantaloni ho infatti dovuto tirare a indovinare… Spero che vadano bene: li ha scelti Orso Bianco; dice di sapere ciò che piace a John perché a John piacciono gli orsi).

Il vostro affezionatissimo Babbo Natale
E tutto il mio affetto Orso Bianco 

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