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A volte sono i figli a “dare vita” ai genitori

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

 A volte sono i figli a “dare vita” ai genitori dans Andrea Monda e9i4n8

Al termine del libro “Generare è narrare”, padre J.P. Sonnet osserva come a volte sono i figli a “dare vita” ai genitori, ad agire in contropiede, mettendo in crisi padri e madri, come ad esempio Gesù dodicenne nel tempio.

“I figli e le figlie che lasciano gli adulti interdetti non mancano nella Bibbia [...]

Crescendo, il figlio si scopre paradossalmente custode della paternità di suo padre – quest’ultima infatti passa ovviamente attraverso crisi. [...] In molti modi, i figli e le figlie di oggi prolungano questa tradizione biblica, sconcertando genitori spiritualmente assenti e risvegliandoli con la radicalità delle loro domande. [...]

In Gesù si prolunga la rivoluzione iniziata in Obed, che fa del più giovane il redentore dei più grandi. La rivoluzione ci rincorre: i più giovani possiedono l’arte di ‘far tornare alla vita’ i loro genitori assenti, dimentichi della vita di Dio. Ancora e sempre, Dio visita il suo popolo attraverso la generazione che viene”.

In quest’epoca di genitori assenti, questa pagina mi ha toccato il cuore, dandogli la trafittura della fiducia.

Riflessione di Andrea Monda

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“Ho protetto e proteggerò Napoli”

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

“Ho protetto e proteggerò Napoli” dans Apparizioni mariane e santuari fkms1h

Ho letto in varie pubblicazione sulla Basilica del Gesù Vecchio che don Placido – dopo il Giubileo 1825, esteso solo per Napoli al 1826 – aveva sempre vagheggiato che la nostra città diventasse come le bibliche città di rifugio [...] per la protezione dell’Immacolata. [...]

L’ha promesso a don Placido morente allorché gli sussurrò: “Ho protetto e proteggerò Napoli”.

di Nanà Corsicato

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Il 3 gennaio: “sabato privilegiato” alla Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato” dans Apparizioni mariane e santuari Ges_Vecchio_Napoli

Ogni anno, il primo sabato successivo al 30 dicembre (giorno dell’incoronazione della statua), si celebra il “sabato privilegiato”, in memoria della promessa fatta dall’Immacolata a don Placido: “Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e i fedeli che vi faranno la Santa Comunione il primo sabato dopo la mia Incoronazione”.

di Luigi Vinciguerra – Radici Cristiane

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Per approfondire 2e2mot5 dans Diego Manetti La Chiesa del Gesù Vecchio di Napoli e la devozione del “sabato privilegiato”

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In esposizione il Crocifisso Miracoloso presso il Santuario del Carmine di Napoli

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

In esposizione il Crocifisso Miracoloso presso il Santuario del Carmine di Napoli dans Apparizioni mariane e santuari 8w06cx

Come ogni anno, dal 26 dicembre al 2 gennaio, viene esposto alla venerazione dei fedeli, durante gli orari di apertura della Basilica, il Crocifisso Miracoloso che, nel 1439, per scansare un colpo di cannone, chinò miracolosamente il capo.

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Per approfondire 2e2mot5 dans Diego Manetti Basilica Santuario del Carmine Maggiore di Napoli

 

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ARTE/ Natività, quei “miracoli” di legno del Rinascimento lombardo

Posté par atempodiblog le 28 décembre 2014

ARTE/ Natività, quei “miracoli” di legno del Rinascimento lombardo
di Francesco Baccanelli – Il Sussidiario.net

ARTE/ Natività, quei “miracoli” di legno del Rinascimento lombardo dans Santo Natale 2yv1ohe

Alle prese con la raffigurazione della nascita di Gesù, gli scultori in legno del Rinascimento lombardo hanno raggiunto risultati davvero sorprendenti. C’è chi ha declinato la vicenda in chiave intimistica, chi ha puntato su una dimensione teatrale, chi si è concesso qualche piccola variazione sul tema; tutti, però, hanno dimostrato di saper affrontare con una certa abilità questo soggetto iconografico, che, pur essendo assai frequente nell’arte cristiana, è senza dubbio uno dei più complessi a livello compositivo.

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Per approfondire 2e2mot5 dans Diego Manetti Natività, quei “miracoli” di legno del Rinascimento lombardo

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Come nella sacra Famiglia, uniamoci a Maria

Posté par atempodiblog le 27 décembre 2014

Sarà santo Giustino Russolillo, il fondatore dei Vocazionisti dans Articoli di Giornali e News IMG-4668

“Come nella sacra Famiglia accanto alla persona e relazione del Figlio di Dio, e alla persona e relazione della Madre di Dio, noi troviamo in s. Giuseppe la persona e la relazione dell’anima sposa di Dio, così ogni altra anima che aspira all’unione divina deve unirsi a Maria”.

“Con questa Divina Unione con Maria intendiamo conoscere, amare possedere Dio, insieme con la Madonna; e conoscere, amare e possedere la Madonna, insieme con Dio, andando perpetuamente dall’uno all’altro, sempre più intimamente uniti l’uno per l’altro, e viceversa”.

“La nostra devozione speciale alla santa Madonna è chiamata divina unione con Maria, perché è a imitazione e onore dell’unione di Gesù e delle singole persone divine con la ss. Vergine Maria”.

Beato Giustino Maria Russolillo

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La santa umiltà

Posté par atempodiblog le 27 décembre 2014

La santa umiltà dans Citazioni, frasi e pensieri sewrc7

O mio Dio e mio tutto, mio Padre, Figlio e Spirito Santo, credo, adoro, abbraccio la legge e lo stato d’umiltà che nel Vangelo tu mi indichi: “Se non vi convertite e non diventate come fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli”.

Quando entrerò, mio Dio, nel tuo regno? Il tuo regno è la pace dell’anima che io voglio, è la perfezione integrale a cui tendo, è la felicità eterna a cui sospiro, è il possedere te ed essere posseduto da te, nella pienezza della grazia e della gloria.

Mentre tu mi dai l’idea di essere tra i principi del tuo regno, mi sento, per la mia mancanza di umiltà, incapace anche di solo entrarvi, e mi vedo rigettato fuori del tuo regno, nelle ombre esteriori, per l’egoismo e l’orgoglio che mi domina.

Concedimi la perfezione della santa umiltà! Solo in essa, lo comprendo ora per grazia tua, si può trovare la purità d’intenzione che ci dirige, e la confidenza in te, che ci anima, in tutti i gradi del progresso spirituale.

Solo la santa umiltà, lo comprendo ora per tua grazia, può sbarazzarmi dal turbamento nelle contraddizioni, può liberarmi dallo scoraggiamento nelle prove, preservarmi da ogni deviazione e rallentamento nella vita.

Solo la santa umiltà, lo comprendo ora per tua grazia, può premunirmi dal pericolo della vana compiacenza e dal desiderio della lode; sale divino preservante dalla corruzione; luce divina dissipante ogni illusione!

O mio Dio, o mio Dio! io credo che la santa umiltà è l’unico principio della grandezza morale nel tempo e nell’eternità, poiché hai rivelato che chi vuol essere il primo si faccia piccolo come bambino; si metta all’ultimo posto come servo di tutti.

Io credo che la santa umiltà è il principio della consolazione del tuo sguardo, delle tue carezze, dei tuoi abbracci, dei tuoi baci, che tu non concedi se non al bambino, e non ricevi se non nelle forme di bambino.

Io credo che la santa umiltà è il principio più favorevole di ogni iniziativa, poiché tu ti servi solo dei più umili strumenti; è il principio più sicuro di ogni successo, poiché solo l’umile ti rende tutta la gloria che tu vuoi.

del Beato Giustino M. Russolillo

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Holy Family (di Danielle Rose)

Posté par atempodiblog le 27 décembre 2014

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Il Papa all’Angelus: libertà religiosa, diritto inalienabile

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2014

FESTA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE

PAPA FRANCESCO
Il Papa all’Angelus: libertà religiosa, diritto inalienabile dans Commenti al Vangelo Santo-Padre-Francesco
ANGELUS
Piazza San Pietro
Venerdì, 26 dicembre 2014

[Video]


 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi la liturgia ricorda la testimonianza di santo Stefano. Scelto dagli Apostoli, insieme ad altri sei, per la diaconia della carità, cioè per assistere i poveri, gli orfani, le vedove nella comunità di Gerusalemme, egli diviene il primo martire della Chiesa. Con il suo martirio, Stefano onora la venuta nel mondo del Re dei re, dà testimonianza di Lui e offre in dono la sua stessa vita, come faceva nel servizio ai più bisognosi. E così ci mostra come vivere in pienezza il mistero del Natale.

Il Vangelo di questa festa riporta una parte del discorso di Gesù ai suoi discepoli nel momento in cui li invia in missione. Dice tra l’altro: «Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato» (Mt 10,22). Queste parole del Signore non turbano la celebrazione del Natale, ma la spogliano di quel falso rivestimento dolciastro che non le appartiene. Ci fanno comprendere che nelle prove accettate a causa della fede, la violenza è sconfitta dall’amore, la morte dalla vita. E per accogliere veramente Gesù nella nostra esistenza e prolungare la gioia della Notte Santa, la strada è proprio quella indicata da questo Vangelo, cioè dare testimonianza a Gesù nell’umiltà, nel servizio silenzioso, senza paura di andare controcorrente e di pagare di persona. E se non tutti sono chiamati, come santo Stefano, a versare il proprio sangue, ad ogni cristiano però è chiesto di essere coerente in ogni circostanza con la fede che professa. E la coerenza cristiana è una grazia che dobbiamo chiedere al Signore. Essere coerenti, vivere come cristiani e non dire: “sono cristiano”, e vivere come pagano. La coerenza è una grazia da chiedere oggi.

Seguire il Vangelo è di certo un cammino esigente, ma bello, bellissimo, e chi lo percorre con fedeltà e coraggio riceve il dono promesso dal Signore agli uomini e alle donne di buona volontà. Come cantavano gli angeli il giorno di Natale: “Pace! Pace!”. Questa pace donata da Dio è in grado di rasserenare la coscienza di coloro che, attraverso le prove della vita, sanno accogliere la Parola di Dio e si impegnano ad osservarla con perseveranza sino alla fine (cfr Mt 10,22).

Oggi, fratelli e sorelle, preghiamo in modo particolare per quanti sono discriminati, perseguitati e uccisi per la testimonianza resa a Cristo. Vorrei dire a ciascuno di loro: se portate questa croce con amore, siete entrati nel mistero del Natale, siete nel cuore di Cristo e della Chiesa.

Preghiamo inoltre perché, grazie anche al sacrificio di questi martiri di oggi – sono tanti, tantissimi! -, si rafforzi in ogni parte del mondo l’impegno per riconoscere e assicurare concretamente la libertà religiosa, che è un diritto inalienabile di ogni persona umana.

Cari fratelli e sorelle, vi auguro di trascorrere serenamente le Feste natalizie. Santo Stefano, diacono e primo martire, ci sostenga nel nostro cammino quotidiano, che speriamo di coronare, alla fine, nella festosa assemblea dei santi in Paradiso.


Dopo l’Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

vi saluto nella gioia del Natale e rinnovo a tutti voi l’augurio di pace: pace nelle famiglie, pace nelle comunità parrocchiali e religiose, pace nei movimenti e nelle associazioni. Saluto tutte le persone che si chiamano Stefano o Stefania: tanti auguri!

In queste settimane ho ricevuto tanti messaggi augurali da Roma, e da altre parti. Non essendomi possibile rispondere a ciascuno, esprimo oggi a tutti il mio sentito ringraziamento, specialmente per il dono della preghiera. Grazie di cuore! Il Signore vi ricompensi con la sua generosità!

E non dimenticate: coerenza cristiana, cioè pensare, sentire e vivere come cristiano, e non pensare come cristiano e vivere come pagano: questo no! Oggi chiediamo a Stefano la grazia della coerenza cristiana. E per favore continuate a pregare per me, non lo dimenticate.

Buona festa e buon pranzo! Arrivederci.

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Il rispetto totale di don Giussani per la libertà della persona

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2014

Il rispetto totale di don Giussani per la libertà della persona dans Discernimento vocazionale 2s67wyc

“Il rispetto totale di don Giussani per la libertà della persona. Era un aspetto che forse si poteva misconoscere a causa della decisione dei suoi modi; ma risaltava splendidamente nel rapporto spirituale, nel colloquio personale per il discernimento della vocazione”.

A tale proposito la badessa di Valserena (madre Monica della Volpe) ricorda: “non era persuaso della mia prima scelta (vita religiosa attiva), ma esitava a palesarmelo. Mi faceva altre proposte, ma, quando io aderivo prontamente in spirito di obbedienza, era poi così preoccupato di aver in questo modo forzato la mia libertà che non aveva più pace, e continuava a interrogarmi per verificare. Quando infine ho deciso per ciò che lui non aveva mai pensato, vedendomi ferma e sostenuta dalla grazia, il suo consenso è stato immediato e senza ritorni. Colpiva, assieme al rispetto totale per la libertà, il suo coinvolgimento affettivo profondo, quasi più profondo del nostro, come di uno che ti ama più di quanto tu ami te stessa”.

Tratto da: Vita di don Giussani, di Alberto Savorana. Ed. Rizzoli

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2e2mot5 dans Diego Manetti Vocazione: delicatezza e rispetto della libertà personale (di Giovanni Paolo II)

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Lo sport più gradito per molti: puntare il dito contro gli altri…

Posté par atempodiblog le 26 décembre 2014

“Se siete nati in un Paese o in un’epoca in cui non solo nessuno viene a uccidervi la moglie o i figli, ma nessuno viene nemmeno a chiedervi di uccidere la moglie e i figli degli altri, ringraziate Dio e andate in pace. Ma tenete sempre a mente questo: forse avete avuto più fortuna di me, ma non siete migliori. Perché se avete l’arroganza di pensarlo, qui comincia il pericolo”.

di Jonathan Littell

Lo sport più gradito per molti: puntare il dito contro gli altri… dans Articoli di Giornali e News inqsrd

Lo sport più gradito per molti: puntare il dito contro gli altri…
di Anna Vercors

Un caro amico mi diceva “Eh.. nessuno può dire: io di questa minestra non ne mangerò mai”, mentre Terenzio, poeta latino, affermava “Nihil humani a me alienum puto” (niente di ciò che l’uomo può fare o fa può essermi estraneo… nel senso che anch’io ne sarei capace).

È duro – almeno per me lo è stato -, è duro riconoscere che, se non combiniamo certe atrocità, non vuol dire che ne siamo incapaci. Talvolta credo ci sia una buona dose di fortuna.

E invece la cultura odierna è tutta infarcita di moralismo e fariseismo insopportabile, pronto a puntare il dito contro gli altri senza vedere la trave che è nei nostri occhi.

Queste le riflessioni dopo la lettura di questo articolo:

Non esistono persone buone e persone cattive
di Mauro Leonardi – L’Huffington Post

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Le streghe non hanno le verruche sul naso e i cattivi non sono vestiti di nero. Succede che Deborah Dirani scriva sulla morte di Andrea Loris dicendo che non esistono “mamme buone e mamme cattive”, e che venga massacrata da moltissimi commenti indignati (oltre a 64.000 like).

È l’articolo di una giornalista che apriva un piccolo spiraglio. Voleva far passare un po’ di luce e d’aria in ciò che succede a una donna madre. Non voleva giustificare nulla, voleva dire: guardiamoci e non solo guardiamole. “Le mamme sono persone e le persone commettono errori incomprensibili ai quali si cerca di dare una spiegazione per mettersi al riparo dalla paura di commetterne uno analogo”. Io leggo e ingoio un grido interiore: uguale a lei, no! Ma poi mi dico che Deborah ha ragione, anzi di più.

Lei voleva parlare di noi, delle persone. E allora, accanto alle mamme, aggiungo: non esistono papà buoni e papà cattivi, preti buoni e preti cattivi, maestri buoni e cattivi, figlie e sorelle buone o cattive (ricordate Erika De Nardo nella tragedia di Novi Ligure?). Ho guardato le foto degli indagati, accusati, dei delitti più efferati degli ultimi anni. Cogne, Annamaria Franzoni. Delitto di Garlasco: vittima Chiara Poggi, imputato Alberto Stasi. Omicidio di Yara Gambirasio, imputato Massimo Bossetti. Andrea Loris Stiva: imputata la mamma Veronica Panarello.

È una carrellata di dolore e di sangue, certo, ma è anche una carrellata di volti da ascensore. Di quei volti “Buongiorno Don”, “Buonaserata dottore”. Di quei volti che al massimo li vedi arrabbiati alla riunione di condominio. E invece hanno ucciso, hanno occultato. E l’hanno fatto dopo l’ennesimo “Buongiorno Signora”. Non voglio entrare nello specifico di nessuno dei casi di cronaca: fosse uno basterebbe. Ce la vogliamo dire la verità? Non sempre c’è la spiegazione medica o sociologica. Ma davvero dopo Caino ed Abele, ancora non riusciamo a dirci che possiamo essere entrambi? Che il buco dentro Caino ce l’aveva pure Abele? E lo chiamo buco apposta perché il problema del male è che lì, in quel posto del cuore dove doveva esserci del bene, in quell’angolo dove diciamo che c’è il male, il bene non c’è. Non è che c’è un bene “altro” che chissà come va difeso. C’è un buco di bene. E questo buco – e più di uno – ce l’abbiamo tutti.

Lo so che fa l’effetto di camminare su un ghiacciaio senza sapere se sotto c’è il crepaccio ma è la vita, signori. Si chiama: realtà. E, sì, a volte atterrisce. E per questo elaboriamo dei bei costrutti mentali che non servono a nulla, se non a illuderci di stare tranquilli. Una ragazza subisce violenza e, chiaro, è terrorizzata all’idea che possa accadere di nuovo. Allora dice a sé stessa (e magari glielo diciamo noi): è colpa mia perché avevo la minigonna; è successo perché sono rientrata tardi; dovevo stare più attenta e non parcheggiare la macchina così distante dal portone. Non lo farò più: basta minigonne. Non lo farò più: basta tornare tardi. Non lo farò più: basta parcheggi al buio. E la sua memoria, della ragazza intendo, ha compassione di lei, e le nasconde che solo due giorni prima una ragazza come lei era stata abusata in pieno centro. A mezzogiorno. E che nessuno si era fermato. Perché come si fa a vivere sapendo che ti può succedere una cosa terribile e che non esiste un meccanismo che possa esimere l’uomo dalla sua libertà, dall’essere buono o cattivo? Come si fa a vivere sapendo che potrei essere io Caino, e che si saprà solo alla fine? E che ha ragione Meryl Streep quando ne Il diavolo veste Prada replica a Anne Hathaway che le dice “io non potrei mai essere come te”: “oh ma tu l’hai già fatto: tu hai scelto…”.

I mostri non sono come le streghe delle favole che hanno gobbe, la verruca sul naso e i denti brutti. Quelli sono i trucchi ridicoli che diciamo a noi stessi così da permetterci di continuare a ballare sereni sull’orlo del precipizio. I mostri hanno il viso del ragazzo di buona famiglia, della giovane mamma, della moglie che gestisce casa e bambini e marito, del vicino di casa, della tata fidata, del marito della porta accanto.  Hanno il nostro viso.

Metti uno schema, metti i paletti, metti i valori non negoziabili, metti la legge, metti il nero e il bianco, i buoni e i cattivi sulla lavagna, e avrai messo una cintura di sicurezza alle tue paure. Ma dalla tua libertà non puoi scampare. Quella ce l’avrai dall’inizio alla fine.

Uno dei commenti diceva che era un articolo infarcito di ovvietà e banalità. È verissimo. È ovvio. Ma qual è il problema più difficile da risolvere? Quello che non riconosco come problema. Se non mi guardo in faccia, forse non riuscirò mai a comprendere, che noi uomini non siamo degli indicativi, ma dei congiuntivi, dei condizionali. Quando diciamo: io non lo farò mai, io non sono così, stiamo semplicemente mentendo. E invece se mi guardo alla specchio forse riuscirò ad usare il condizionale. Io vorrei amare. Io non vorrei uccidere. Io vorrei capire. Io vorrei non giudicare.

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L’Arcivescovo predica nella Cattedrale la mattina di Natale del 1179

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2014

L’Arcivescovo predica nella Cattedrale la mattina di Natale del 1179
di Thomas Stearns Eliot -
Assassinio nella cattedrale

 L’Arcivescovo predica nella Cattedrale la mattina di Natale del 1179 dans Fede, morale e teologia nwiqyx

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Quattordicesimo versetto del secondo capitolo del Vangelo di San Luca. In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

Diletti figli di Dio, la mia predica di questa mattina di Natale sarà molto breve. Vorrei soltanto che voi in cuor vostro meditaste il profondo significato e mistero delle nostre Messe di Natale. Perché ogni volta che una Messa vien detta, noi facciamo rivivere la Passione e la Morte di Nostro Signore; e in questo giorno di Natale noi la diciamo per celebrare la sua Nascita.

Così nello stesso momento noi ci rallegriamo della Sua venuta per la salvezza degli uomini e di nuovo offriamo a Dio il Suo Corpo e il Suo Sangue in sacrificio, per riparazione e risarcimento dei peccati del mondo intero. Fu in questa notte appena passata che una schiera dell’esercito celeste apparve davanti ai pastori di Betlemme, cantando “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”; così questo momento è l’unico in tutto l’anno in cui noi celebriamo insieme la Nascita di Nostro Signore e la Sua Passione e Morte sulla Croce.

Diletti figli, per il Mondo, dal suo punto di vista, questo è uno strano comportamento. Perché chi nel Mondo si rattrista e si rallegra nello stesso tempo e per la stessa ragione? Infatti, o la gioia è superata dal dolore o il dolore sarà cacciato via dalla gioia; così è solo in questi nostri cristiani misteri che noi possiamo rallegrarci e rattristarci insieme, e per la stessa ragione. Ora pensate per un momento al significato della parola “pace”. Non vi pare strano che gli angeli abbiano annunciato la pace, quando invece il mondo è incessantemente sconvolto dalla guerra e dalla paura della guerra? Non pare a voi che quelle angeliche voci si siano sbagliate e che quella promessa si sia risolta in delusione e in inganno?

Riflettete ora su come parlò della Pace il Nostro Signore. Lui disse ai suoi discepoli: “Pace io vi lascio e la mia pace io do a voi”. Voleva Egli dire pace come noi la intendiamo? Il Regno d’Inghilterra in pace con i suoi vicini, i baroni in pace con il Re, e il capofamiglia che conta i suoi pacifici guadagni, il focolare ben tenuto, il miglior vino sulla tavola per l’amico, la moglie che canta ai bambini? Quegli uomini che erano Suoi discepoli nulla sapevano di queste cose: essi partirono per viaggi lontani, per soffrire sulla terra e sul mare, per conoscere la tortura, la prigionia, la disillusione, per soffrire la morte con il martirio. Che cosa intendeva dunque Egli dire? Se volete saperlo, ricordatevi che Egli disse anche: “Non come quella che dà il Mondo è la mia pace; ed è la mia pace che io do a voi”. Perciò Egli diede la pace ai Suoi discepoli, ma non la pace come la dà il Mondo.

Considerate ancora una cosa alla quale forse non avete mai pensato. Non soltanto noi nella festa di Natale celebriamo insieme la nascita di Nostro Signore e la sua morte: ma nel giorno che segue noi celebriamo il martirio del suo primo martire, il beato Stefano. È per caso, voi credete, che il giorno del primo martire segue immediatamente quello della nascita di Cristo? Assolutamente no. Proprio come noi ci rallegriamo e rattristiamo insieme, per la nascita e la passione di Nostro Signore, così anche – fatte le debite proporzioni – noi ci rallegriamo e rattristiamo insieme per la morte dei martiri.

Noi ci rattristiamo per i peccati del mondo che li ha martirizzati; ci rallegriamo perché un’altra anima si annovera tra i santi in Paradiso, a gloria di Dio e per la salvezza degli uomini. Diletti figli, noi non consideriamo un martire semplicemente un buon cristiano che è stato ucciso perché è cristiano: questo ci farebbe soltanto rattristare. Né lo consideriamo semplicemente un buon cristiano che fu eletto tra le schiere dei santi: perché questo ci farebbe soltanto rallegrare: e mai il nostro rattristarci e il nostro rallegrarci sono come quelli del mondo.

Un martirio cristiano non avviene mai per caso, perché non si diventa santi per caso. Un martirio è sempre un disegno di Dio, per il suo amore per gli uomini, per avvertirli e guidarli, per riportarli sulla sua strada. Non è mai un disegno dell’uomo; perché il vero martire è colui che è diventato lo strumento di Dio, che ha perduto la sua volontà nella volontà di Dio, e che non desidera più niente per se stesso, neppure la gloria di essere un martire.

Sicché, come sulla terra la Chiesa si rattrista e si rallegra insieme, in un  modo che il mondo non può capire, così in paradiso i santi stanno molto in alto proprio perché qui, su questa terra, sono stati molto in basso; e si contemplano non come noi li vediamo, ma nella luce della divinità dalla quale essi traggono il proprio essere.

Io vi ho parlato oggi, diletti figli di Dio, dei martiri del passato, e vi chiedo di ricordare soprattutto il nostro martire di Canterbury, il beato arcivescovo Elpigio; perché è giusto, nel giorno della Nascita di Cristo, ricordare che cosa è quella Pace che Lui ci ha portato; perché, diletti figli, non credo che io predicherò più davanti a voi; e perché è possibile che tra breve voi abbiate ancora un nuovo martire, che forse non sarà neppure l’ultimo. Io vorrei che voi custodiste nei vostri cuori le parole che vi dico, perché possiate ricordarle in un altro momento. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

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Omelia del Papa per la Messa della Notte di Natale

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2014

Omelia del Papa per la Messa della Notte di Natale. (Testo integrale)
di Radio Vaticana

Omelia del Papa per la Messa della Notte di Natale dans Fede, morale e teologia Messa-di-Natale

«Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). «Un angelo del Signore si presentò [ai pastori] e la gloria del Signore li avvolse di luce» (Lc 2,9). Così la liturgia di questa santa notte di Natale ci presenta la nascita del Salvatore: come luce che penetra e dissolve la più densa oscurità. La presenza del Signore in mezzo al suo popolo cancella il peso della sconfitta e la tristezza della schiavitù, e instaura la gioia e la letizia.

Anche noi, in questa notte benedetta, siamo venuti alla casa di Dio attraversando le tenebre che avvolgono la terra, ma guidati dalla fiamma della fede che illumina i nostri passi e  animati dalla speranza di trovare la “grande luce”. Aprendo il nostro cuore, abbiamo anche noi la possibilità di contemplare il miracolo di quel bambino-sole che rischiara l’orizzonte sorgendo dall’alto.

L’origine delle tenebre che avvolgono il mondo si perde nella notte dei tempi. Ripensiamo all’oscuro momento in cui fu commesso il primo crimine dell’umanità, quando la mano di Caino, accecato dall’invidia, colpì a morte il fratello Abele (cfr Gen 4,8). Così, il corso dei secoli è stato segnato da violenze, guerre, odio, sopraffazione. Ma Dio, che aveva riposto le proprie attese nell’uomo fatto a sua immagine e somiglianza, aspettava. Dio aspettava. Egli ha atteso talmente a lungo che forse ad un certo punto avrebbe dovuto rinunciare. Invece non poteva rinunciare, non poteva rinnegare sé stesso (cfr 2 Tm 2,13). Perciò ha continuato ad aspettare con pazienza di fronte alla corruzione di uomini e popoli. La pazienza di Dio. Quanto è difficile capire questo: la pazienza di Dio verso di noi!

Lungo il cammino della storia, la luce che squarcia il buio ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione. In questo consiste l’annuncio della notte di Natale. Dio non conosce lo scatto d’ira e l’impazienza; è sempre lì, come il padre della parabola del figlio prodigo, in attesa di intravedere da lontano il ritorno del figlio perduto; e tutti i giorni, con pazienza. La pazienza di Dio.

La profezia di Isaia annuncia il sorgere di una immensa luce che squarcia il buio. Essa nasce a Betlemme e viene accolta dalle mani amorevoli di Maria, dall’affetto di Giuseppe, dallo stupore dei pastori. Quando gli angeli annunciarono ai pastori la nascita del Redentore, lo fecero con queste parole: «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12). Il “segno” è proprio l’umiltà di Dio, l’umiltà di Dio portata all’estremo; è l’amore con cui, quella notte, Egli ha assunto la nostra fragilità, la nostra sofferenza, le nostre angosce, i nostri desideri e i nostri limiti. Il messaggio che tutti aspettavano, quello che tutti cercavano nel profondo della propria anima, non era altro che la tenerezza di Dio: Dio che ci guarda con occhi colmi di affetto, che accetta la nostra miseria, Dio innamorato della nostra piccolezza.

In questa santa notte, mentre contempliamo il Bambino Gesù appena nato e deposto in una mangiatoia, siamo invitati a riflettere. Come accogliamo la tenerezza di Dio? Mi lascio raggiungere da Lui, mi lascio abbracciare, oppure gli impedisco di avvicinarsi? “Ma io cerco il Signore” – potremmo ribattere. Tuttavia, la cosa più importante non è cercarlo, bensì lasciare che sia Lui a cercarmi, a trovarmi e ad accarezzarmi con amorevolezza. Questa è la domanda che il Bambino ci pone con la sua sola presenza: permetto a Dio di volermi bene?

E ancora: abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! Pazienza di Dio, vicinanza di Dio, tenerezza di Dio.

La risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla nostra piccolezza. La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine. Quando ci rendiamo conto che Dio è innamorato della nostra piccolezza, che Egli stesso si fa piccolo per incontrarci meglio, non possiamo non aprirgli il nostro cuore, e supplicarlo: “Signore, aiutami ad essere come te, donami la grazia della tenerezza nelle circostanze più dure della vita, donami la grazia della prossimità di fronte ad ogni necessità, della mitezza in qualsiasi conflitto”.

Cari fratelli e sorelle, in questa notte santa contempliamo il presepe: lì «il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce» (Is 9,1). La vide la gente semplice, la gente disposta ad accogliere il dono di Dio. Al contrario, non la videro gli arroganti, i superbi, coloro che stabiliscono le leggi secondo i propri criteri personali, quelli che assumono atteggiamenti di chiusura. Guardiamo il presepe e preghiamo, chiedendo alla Vergine Madre: “O Maria, mostraci Gesù!”.

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Natale: il mistero della tenerezza di Dio

Posté par atempodiblog le 25 décembre 2014

Natale: il mistero della tenerezza di Dio
di don Luigi Giussani
Fonte: Tracce.it

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[...] il Natale è il mistero della tenerezza, della tenerezza di Dio a me. Tenerezza che non è compiacimento nel sentimento che proviamo di Dio o di Cristo, perché il compiacimento nel sentimento che provo è ancora quello che ho detto in principio, vale a dire il compiacimento di quello che facciamo noi. Tenerezza non è compiacimento nel sentimento che proviamo, ma l’abbandonarsi, il sentirsi presi dall’amore che ci ha presi, da Colui che ci ha presi, il sentirsi presi da questa Presenza, il sentirsi presi da ciò che ci è accaduto, la presenza di ciò che è accaduto.

È come quando il bambino sgrana gli occhi ed è tutto pieno di ciò che vede e non ha spazio da dare al sentimento che prova, o alla coscienza di un sentimento che prova; di fronte a ciò che vede, è tutto pieno di ciò che vede. «Se diligit homo tantum propter Deum»11, l’uomo ama se stesso solo per questo che ha davanti, in Cristo, in questo che ha davanti, in questo avvenimento.

Ma ciò su cui voglio che fermiate l’attenzione è proprio la parola “tenerezza”, perché questa immedesimazione, questo immedesimarsi di Dio, del Verbo, del Mistero con la nostra carne, questo immedesimarsi di questo Verbo incarnato, di questa carne divina, di questo Uomo con noi, con me, è tenerezza un milione di volte più grande, più acuta, più penetrante dell’abbraccio di un uomo alla sua donna, di un fratello al fratello.

Queste cose non si comprendono ragionando, ma guardando le parole che indicano sinteticamente l’esperienza cui si vuole accennare; ed è necessario, allora, dire più di una parola. Bisogna guardare questa parola – tenerezza – all’interno della coscienza di questa identità tra me e Te, di Te con me, meglio, all’interno della coscienza di questo avvenimento che si è insediato in me, di questo «Tu che sei me».

Anche qui, l’istinto religioso, aizzato dai termini cristiani in cui era nato, fa sentire a Dostoevskij molte cose giuste. Ne I fratelli Karamazov fa parlare così il giovane monaco: «Nella sua ardente preghiera Alësa non chiedeva a Dio di chiarirgli il suo turbamento [perché era in un momento di tentazione], ma bramava unicamente la gioiosa tenerezza, la tenerezza di sempre che non mancava di visitargli l’anima dopo la lode e l’esaltazione di Dio, nelle quali consisteva di solito tutta la sua preghiera alla vigilia di dormire. Questa gioia, che soleva così visitarlo, si conduceva dietro perfino un sonno lieve e tranquillo».

[...]

Ci sono due corollari di questa conseguenza della certezza che è la tenerezza. “Tenerezza”: l’essere voluto, l’essere stato guardato e scelto, il sentirsi dire come Zaccheo: «Vengo a casa tua»,14 il sentirsi dire come il buon ladrone: «Sarai sempre con me»15, «e poi te ha guardato…».

Il primo corollario è l’inclusività di questa tenerezza. Questa tenerezza, cioè, ha il suo vertice, il suo ideale di purità, non nell’escludere persone e cose, ma nell’includere persone e cose. Nel suo La teologia mistica di San Bernardo, commentata da Hayen, Gilson sintetizza così il pensiero di san Bernardo a questo proposito: «Non la aridità [cioè il tagliar via] e il languore purifica l’amore, ma l’ardore» e Hayen commenta: «… ma questa purezza è essenzialmente inclusiva (…); l’amore di Dio non è perfetto se non includendo tutto ciò che lo stesso amore creatore del Padre onnipotente include»16. Quello che purifica la tenerezza, quello che purifica l’amore a Cristo non è l’aridità o il languore, ma è l’ardore che include, che tende ad includere tutto ciò che il Padre ha creato e secondo come il Padre l’ha creato.

[...]

Il secondo corollario della tenerezza è che il peccato, il nostro peccato non diventa più determinante, non ci tiene più schiavi.

Vi voglio leggere altri due brani di Dostoevskij. Tenete presente l’osservazione circa il debordamento, come il latte che bolle e che va fuori. Sono brani preziosissimi, se sono letti dentro l’occhio netto e chiaro e sicuro dell’esperienza cristiana, dell’esperienza cattolica, della nostra esperienza. Però, come è grande Iddio che ci fa capire noi stessi proprio dalla scoperta degli altri! «Amatevi gli uni gli altri [è il discorso che sta facendo ai monaci lo starets Zosima], padri, amate le creature di Dio. Noi non siamo più santi dei secolari per il fatto di essere venuti qui a rinchiuderci tra queste mura, ma, anzi, ognuno che è venuto qui, per il fatto stesso che ci è venuto, ha riconosciuto di essere peggiore di tutti i secolari e di chicchessia sulla terra, e quanto più a lungo poi vivrà il religioso fra le sue mura, tanto più caldamente dovrà riconoscere questo, giacché, in caso contrario, non ci sarebbe neppure ragione che egli fosse venuto qui. Quando invece riconoscerà non solo di essere peggiore di tutti i secolari, ma di essere di fronte a tutti gli uomini colpevole per tutti e per ciascuno di tutti i peccati umani collettivi e individuali, allora soltanto lo scopo di questa nostra vita sarà raggiunto [Cristo in croce: “Egli che non aveva commesso peccato, il Padre lo ha fatto peccato”18, dice san Paolo]. Sappiate infatti, o diletti, che ogni cenobita come noi risponde senza meno delle colpe di tutti e di ciascuno sulla terra, non solo della generica colpa del secolo, ma ognuno personalmente per tutti gli uomini e per ciascun uomo vivente sulla terra. Questa consapevolezza è la corona della vita religiosa, come del resto di qualunque uomo sulla terra perché i religiosi non sono già uomini diversi dagli altri, ma tali semplicemente quali tutti gli uomini della terra dovrebbero essere. Soltanto allora il nostro cuore saprà dilatarsi di un amore infinito, universale e insaziabile. Allora ciascuno di noi avrà la forza di conquistare il mondo intero con l’amore e mediante le proprie lagrime lavare i peccati del mondo»19. Questo è perfetto da qualunque punto di vista (ricordate Emmanuel Mounier che parla di sua figlia ammalata). E non è finzione quando dice che «siamo venuti qui perché ci siamo riconosciuti i peggiori tra gli uomini»!

Secondo brano. «Perché si dovrebbe aver pietà di me? dici tu. Perché? È vero, non ce n’è motivo di avere pietà di me, bisogna crocifiggermi, non già compiangermi. Ebbene, mettimi in croce, giudicami, ma nel mettermi in croce abbi pietà di me. E allora io andrò incontro al mio supplizio volontieri, perché io non ho sete di gioia, ma di dolore e di pianto… Ma colui che ebbe pietà di me, ma colui che ebbe pietà di tutti gli uomini, colui che comprese tutto avrà certamente pietà di noi. È l’unico giudice che esista. Egli verrà nell’ultimo giorno e domanderà: “Dov’è la figliola che si è sacrificata per una matrigna astiosa e tisica e per dei bambini che non sono i suoi fratelli? Dov’è la figliola che ebbe pietà del suo padre terrestre e non respinse con orrore quell’ignobile beone?”. Ed Egli dirà: “Vieni, ti ho già perdonato una volta, e ancora ti perdono tutti i tuoi peccati, perché hai molto amato”. Così Egli perdonerà alla sua Sonia, le perdonerà, io lo so, poc’anzi l’ho sentito qui nel cuore, mentre ero da lei. Tutti saranno giudicati da Lui ed Egli perdonerà a tutti, ai buoni e ai malvagi, ai savi e ai miti. E quando avrà finito di perdonare agli altri perdonerà anche a noi. “Avvicinatevi voi pure”, ci dirà, “Venite, ubriaconi; venite, viziosi; venite, lussuriosi” e noi ci avvicineremo a Lui, tutti, senza timore, e ci dirà ancora: “Siete porci; siete uguali alle bestie, ma venite lo stesso”. E i saggi, gli intelligenti, diranno: “Signore, perché accogli costoro?”. Ed Egli risponderà: “Li accolgo, o savi, io li accolgo, o intelligenti, perché nessuno di loro si credette degno di questo favore”, e ci tenderà le braccia e noi ci precipiteremo sul suo seno e piangeremo dirottamente e capiremo tutto. Allora tutto sarà compreso da tutti e anche Katerina Ivanovna comprenderà, anche lei. O Signore, venga il tuo regno”». [...]

wr111l dans Papa Francesco I

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Buon Natale a tutti!!!

Posté par atempodiblog le 24 décembre 2014

Natale è la festa dell'infanzia dans Citazioni, frasi e pensieri albero-bimbi-2

“Il Natale di solito è una festa rumorosa: ci farebbe bene un po’ di silenzio per ascoltare la voce dell’Amore.

Natale sei tu, quando decidi di nascere di nuovo ogni giorno e lasciare entrare Dio nella tua anima.

L’albero di Natale sei tu quando resisti vigoroso ai venti e alle difficoltà della vita.

Gli addobbi di Natale sei tu quando le tue virtù sono i colori che adornano la tua vita.

La campana di Natale sei tu quando chiami, congreghi e cerchi di unire.

Sei anche luce di Natale quando illumini con la tua vita il cammino degli altri con la bontà la pazienza l allegria e la generosità.

Gli angeli di Natale sei tu quando canti al mondo un messaggio di pace di giustizia e di amore.

La stella di Natale sei tu quando conduci qualcuno all incontro con il Signore.

Sei anche i re magi quando dai il meglio che hai senza tenere conto a chi lo dai.

La musica di Natale sei tu quando conquisti l armonia dentro di te.

Il regalo di Natale sei tu quando sei un vero amico e fratello di tutti gli esseri umani.

Gli auguri di Natale sei tu quando perdoni e ristabilisci la pace anche quando soffri.

Il cenone di Natale sei tu quando sazi di pane e di speranza il povero che ti sta di fianco.

Tu sei la notte di Natale quando umile e cosciente ricevi nel silenzio della notte il Salvatore del mondo senza rumori ne grandi celebrazioni;

tu sei sorriso di confidenza e tenerezza nella pace interiore di un Natale perenne che stabilisce il regno dentro di te.

Un buon Natale a tutti coloro che assomigliano al Natale”.

Papa Francesco

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