Anche Bergoglio fu vittima di mobbing
Posté par atempodiblog le 3 octobre 2014
Anche Bergoglio fu vittima di mobbing
Una biografia pubblicata in Argentina svela: esiliato dai suoi superiori gesuiti
Andrea Tornielli – Vatican Insider
Dal 1990 al 1992, per due anni, prima di essere scelto come vescovo ausiliare di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio venne «esiliato» dai suoi superiori gesuiti a Cordoba: risiedeva in una stanza di dodici metri quadrati e la sua unica attività era quella di confessore. Una biografia, pubblicata in questi giorni in Argentina, raccoglie nuove testimonianze anche su questo episodio della vita del futuro Papa e parla di una «campagna di discredito» nei suoi confronti. Gli autori, drammatizzando un po’, l’hanno definita «la notte oscura» di Bergoglio.
Per scrivere «Aquel Francisco» («Quel Francesco», Editorial Raíz de Dos), i giornalisti Javier Cámara e Sebastián Pfaffen hanno potuto dialogare con il Papa. Gli hanno inviato domande, hanno ricevuto risposte. Quando hanno paragonato l’esilio di Cordoba con «la notte oscura», prendendo a prestito l’espressione della grande mistica spagnola usata per definire i momenti di buio spirituale, Francesco ha minimizzato: «“Notte oscura” non la userei per me, non esageriamo. La notte oscura è per i santi. Io sono uno qualsiasi. Quello a Cordoba è stato un tempo di purificazione interiore».
Bergoglio, il 31 luglio 1973, a soli 36 anni, era stato eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. «Il mio governo come gesuita all’inizio aveva molti difetti – ha detto il Papa un anno fa nell’intervista con il direttore della Civiltà Cattolica – Il mio modo autoritario e rapido di prendere decisioni mi ha portato a essere accusato di essere ultraconservatore». Quell’esilio a Cordoba arriva alcuni anni dopo che Bergoglio aveva lasciato l’incarico ai vertici della provincia. Padre Jorge lascia l’insegnamento e la sua unica missione diventa quella di confessore e direttore spirituale per i fedeli che frequentano la chiesa dei gesuiti nella città a 700 chilometri da Buenos Aires.
Nel libro si afferma che il futuro Papa viene inviato lì «come “punizione”» da parte dei nuovi vertici della Compagnia. Il provinciale dell’epoca, padre Víctor Zorzín, era stato il numero due, cioè il viceprovinciale, durante gli anni in cui Bergoglio governava i gesuiti argentini. E, affermano gli autori, «non era d’accordo con diverse decisioni prese dal padre Jorge, sia in questioni pastorali sia in questioni di governo». Secondo le testimonianze raccolte dai due giornalisti, durante gli anni del provinciale Zorzín (1986-1991) e all’inizio del mandato del suo successore Ignacio García-Mata, sarebbe stata costruita una «campagna di discredito che superava anche i confini della provincia Argentina».
Padre Angel Rossi, figlio spirituale di Bergoglio, ha raccontato un esempio di questa campagna di discredito: voci nate «da fonti gesuitiche», secondo le quali quell’uomo, che era stato «provinciale della Compagnia così giovane, così brillante, era finito a Cordoba perché malato, pazzo. Durante i funerali di mia mamma, un laico molto vicino a noi venne da me indicando Bergoglio che stava pregando accanto alla bara: “Peccato che quest’uomo sia pazzo!”. Allora l’ho guardato e gli ho detto: “Se quest’uomo è pazzo, allora che ne sarà di me?”».
All’origine di quel biennio a Cordoba non c’era tanto la nomea di «ultraconservatore» che circolava negli ambienti più radicalizzati della Compagnia ma anche il fatto che diversi novizi e giovani gesuiti erano rimasti legati a Bergoglio e continuavano a fare riferimento a lui.
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