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La terra: una parte del Cielo

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2014

La terra: una parte del Cielo dans Citazioni, frasi e pensieri eknh1f

“Ma che cos’è, mi chiederete, la terra? Io ritengo che la terra non vada considerata come un luogo a parte. Reputo che la terra, qualora venga presa al posto del Cielo, rivelerebbe d’essere una regione dell’Inferno, mentre se viene accettata in conformità al Cielo, costituisca fin dal principio una parte del Cielo stesso”.

Clive Staples Lewis

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Davanti alla morte

Posté par atempodiblog le 31 octobre 2014

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“Io davanti alla morte non cercherò certo di fare l’eroe, né lo stoico. E se avrò paura dirò: ho paura. Ma a Gesù Cristo”.

Georges Bernanos

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Papa Francesco all’udienza generale: la Chiesa siamo tutti noi, nessuno dia scandalo.

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2014

La Chiesa realtà visibile e spirituale

Cari fratelli e sorelle, buongiorno,
nelle catechesi precedenti abbiamo avuto modo di evidenziare come la Chiesa abbia una natura spirituale: è il corpo di Cristo, edificato nello Spirito Santo. Quando ci riferiamo alla Chiesa, però, immediatamente il pensiero va alle nostre comunità, alle nostre parrocchie, alle nostre diocesi, alle strutture nelle quali siamo soliti riunirci e, ovviamente, anche alla componente e alle figure più istituzionali che la reggono, che la governano. È questa la realtà visibile della Chiesa. Dobbiamo chiederci, allora: si tratta di due cose diverse o dell’unica Chiesa? E, se è sempre l’unica Chiesa, come possiamo intendere il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale?
Papa Francesco all'udienza generale: la Chiesa siamo tutti noi, nessuno dia scandalo. dans Fede, morale e teologia iqkkfc
1. Innanzitutto, quando parliamo della realtà visibile della Chiesa, non dobbiamo pensare solamente al Papa, ai Vescovi, ai preti, alle suore e a tutte le persone consacrate. La realtà visibile della Chiesa è costituita dai tanti fratelli e sorelle battezzati che nel mondo credono, sperano e amano. Ma tante volte sentiamo dire: “Ma, la Chiesa non fa questo, la Chiesa non fa qualcos’altro…” – “Ma, dimmi, chi è la Chiesa?” – “Sono i preti, i vescovi, il Papa…” – La Chiesa siamo tutti, noi! Tutti i battezzati siamo la Chiesa, la Chiesa di Gesù. Da tutti coloro che seguono il Signore Gesù e che, nel suo nome, si fanno vicini agli ultimi e ai sofferenti, cercando di offrire un po’ di sollievo, di conforto e di pace. Tutti coloro che fanno ciò che il Signore ci ha comandato sono la Chiesa. Comprendiamo, allora, che anche la realtà visibile della Chiesa non è misurabile, non è conoscibile in tutta la sua pienezza: come si fa a conoscere tutto il bene che viene fatto? Tante opere di amore, tante fedeltà nelle famiglie, tanto lavoro per educare i figli, per trasmettere la fede, tanta sofferenza nei malati che offrono le loro sofferenze al Signore… Ma questo non si può misurare ed è tanto grande! Come si fa a conoscere tutte le meraviglie che, attraverso di noi, Cristo riesce ad operare nel cuore e nella vita di ogni persona? Vedete: anche la realtà visibile della Chiesa va oltre il nostro controllo, va oltre le nostre forze, ed è una realtà misteriosa, perché viene da Dio.  

2. Per comprendere il rapporto, nella Chiesa, il rapporto tra la sua realtà visibile e quella spirituale, non c’è altra via che guardare a Cristo, del quale la Chiesa costituisce il corpo e dal quale essa viene generata, in un atto di infinito amore. Anche in Cristo infatti, in forza del mistero dell’Incarnazione, riconosciamo una natura umana e una natura divina, unite nella stessa persona in modo mirabile e indissolubile. Ciò vale in modo analogo anche per la Chiesa. E come in Cristo la natura umana asseconda pienamente quella divina e si pone al suo servizio, in funzione del compimento della salvezza, così avviene, nella Chiesa, per la sua realtà visibile, nei confronti di quella spirituale. Anche la Chiesa, quindi, è un mistero, nel quale ciò che non si vede è più importante di ciò che si vede, e può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede (cfr Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 8).

3. Nel caso della Chiesa, però, dobbiamo chiederci: come la realtà visibile può porsi a servizio di quella spirituale? Ancora una volta, possiamo comprenderlo guardando a Cristo. Cristo è il modello della Chiesa, perché la Chiesa è il suo corpo. E’ il modello di tutti i cristiani, di tutti noi. Quando si guarda Cristo non si sbaglia. Nel Vangelo di Luca si racconta come Gesù, tornato a Nazaret , dove era cresciuto, entrò nella sinagoga e lesse, riferendolo a se stesso, il passo del profeta Isaia dove sta scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore» (4,18-19). Ecco: come Cristo si è servito della sua umanità – perché era anche uomo – per annunciare e realizzare il disegno divino di redenzione e di salvezza – perché era Dio -, così deve essere anche per la Chiesa. Attraverso la sua realtà visibile, di tutto quello che si vede, i sacramenti e la testimonianza di tutti noi cristiani,  la Chiesa è chiamata ogni giorno a farsi vicina ad ogni uomo, a cominciare da chi è povero, da chi soffre e da chi è emarginato, in modo da continuare a far sentire su tutti lo sguardo compassionevole e misericordioso di Gesù.

Cari fratelli e sorelle,
spesso come Chiesa facciamo esperienza della nostra fragilità e dei nostri limiti. Tutti ne abbiamo. Tutti siamo peccatori. Nessuno di tutti noi può dire: “Io non sono peccatore”. Ma se qualcuno di noi si sente che non è peccatore, alzi la mano. Tutti lo siamo. E questa fragilità, questi limiti, questi nostri peccati, è giusto che procurino in noi un profondo dispiacere, soprattutto quando diamo cattivo esempio e ci accorgiamo di diventare motivo di scandalo.

Quante volte abbiamo sentito, nel quartiere: “Ma, quella persona di là, va sempre in Chiesa ma sparla di tutti…”. Questo non è cristiano, è un cattivo esempio: è un peccato. La nostra testimonianza è quella di far capire cosa significa essere cristiano. Chiediamo di non essere motivo di scandalo. Chiediamo il dono della fede, perché possiamo comprendere come, nonostante la nostra pochezza e la nostra povertà, il Signore ci ha reso davvero strumento di grazia e segno visibile del suo amore per tutta l’umanità. Possiamo diventare motivo di scandalo, sì. Ma possiamo anche diventare motivo di testimonianza, dicendo con la nostra vita quello che Gesù vuole da noi.

Papa Francesco
Fonte: La Santa Sede

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Il Papa: le parole rivelano chi siamo

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2014

Il Papa: le parole rivelano chi siamo dans Fede, morale e teologia 2mwrqxi

Ci sono quattro parole per capire se siamo figli delle tenebre:

“E’ parola ipocrita? Un po’ di qua, un po’ di là, per stare bene con tutti?

E’ una parola vacua, senza sostanza, piena di vacuità?

E’ una parola volgare, triviale, cioè mondana?

Una parola sporca, oscena?

Queste quattro parole non sono dei figli della luce, non vengono dallo Spirito Santo, non vengono da Gesù, non sono parole evangeliche … questo modo di parlare, sempre parlare di cose sporche o di mondanità o di vacuità o parlare ipocritamente”.

Qual è, dunque, la parola dei Santi, cioè dei figli della luce?

“Lo dice Paolo: ‘Fatevi imitatori di Dio: camminate nella carità; camminate nella bontà; camminate nella mitezza’. Chi cammina così … ‘Siate misericordiosi – dice Paolo – perdonandovi a vicenda, come Dio ha perdonato voi in Cristo. Fatevi, dunque, imitatori di Dio e camminate nella carità’, cioè camminate nella misericordia, nel perdono, nella carità. E questa è la parola di un figlio della luce”.

“Ci sono cristiani luminosi, pieni di luce – osserva il Papa – che cercano di servire il Signore con questa luce” e “ci sono cristiani tenebrosi” che conducono “una vita di peccato, una vita lontana dal Signore” e usano quelle quattro parole che “sono del maligno”. “Ma c’è un terzo gruppo di cristiani”, che non sono “né luminosi né bui”:

“Sono i cristiani del grigio. E questi cristiani del grigio una volta stanno da questa parte, un’altra da quella. La gente di questi dice: ‘Ma questa persona sta bene con Dio o col diavolo?’ Eh? Sempre nel grigio. Sono i tiepidi. Non sono né luminosi né oscuri. E questi Dio non li ama. Nell’Apocalisse, il Signore, a questi cristiani del grigio, dice: ‘Ma no, tu non sei né caldo né freddo. Magari fossi caldo o freddo. Ma perché sei tiepido – così del grigio – sto per vomitarti dalla mia bocca’. Il Signore è forte con i cristiani del grigio. ‘Ma io sono cristiano, ma senza esagerare!’ dicono, e fanno tanto male, perché la loro testimonianza cristiana è una testimonianza che alla fine semina confusione, semina una testimonianza negativa”.

Non lasciamoci ingannare dalle parole vuote – è l’esortazione del Papa – “ne sentiamo tante, alcune belle, ben dette, ma vuote, senza niente dentro”. Comportiamoci invece come figli della luce. “Ci farà bene oggi pensare al nostro linguaggio” – conclude Papa Francesco –  e domandiamoci: “Sono cristiano della luce? Sono cristiano del buio? Sono cristiano del grigio? E così possiamo fare un passo avanti per incontrare il Signore”.

di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

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Litanie della dolcezza

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2014

Litanie della dolcezza dans Correzione fraterna 10si44o

Gesù mite ed umile di cuore, Esauditemi!
Dallo spirito dell’ira, liberatemi Gesù!
Dallo spirito della collera, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di sdegno, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di impazienza, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di insofferenza, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di intolleranza, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di contesa, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di superbia, liberatemi Gesù!
Dalla voglia di alzare la voce, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di eccessivo rigore, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di asprezza, liberatemi Gesù!
Dallo zelo disordinato, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di inquietudine, liberatemi Gesù!
Dallo spirito di turbamento, liberatemi Gesù!
Dall’ansia e dalla fretta, liberatemi Gesù!
Un cuore buono, donatemi Gesù!
Un cuore misericordioso, donatemi Gesù!
Un cuore paziente, donatemi Gesù!
Un cuore amabile, donatemi Gesù!
Un cuore affabile, donatemi Gesù!
Un cuore mansueto, donatemi Gesù!
Un cuore mite, donatemi Gesù!
Un cuore clemente, donatemi Gesù!
Un cuore tollerante, donatemi Gesù!
Un volto ilare e sorridente donatemi Gesù!
Un tratto accogliente e sereno, donatemi Gesù!
Uno sguardo solare, donatemi Gesù!
Un cuore comprensivo, donatemi Gesù!
Un cuore pieno di amore, donatemi Gesù!
Il dominio di me e delle mie passioni, concedetemi o Gesù!
La capacita di conquistare i cuori, concedetemi o Gesù!
Lo zelo per la salvezza delle anime, concedetemi o Gesù!
Di piangere per la perdita delle anime, concedetemi o Gesù!
Il dono di convertire i peccatori ostinati, concedetemi o Gesù!
Il dono di ricondurre le pecore perdute, concedetemi o Gesù!
Il dono di ritrovare le pecore smarrite, concedetemi o Gesù!
La capacità di condurre le anime forti alla perfezione, concedetemi o Gesù!
La pazienza e la capacità di attendere le anime tiepide, concedetemi o Gesù!
La pazienza e la longanimità con le anime ribelli, concedetemi o Gesù!
La perseveranza e la pazienza con le anime mediocri e irresolute, concedetemi o Gesù!
La perizia e l’arte di curare le anime malate, concedetemi o Gesù!
Un grande spirito di discernimento, concedetemi o Gesù!

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E poiché il bene già comincia ad affermarsi in lui (nel fedele) e affluisce in lui sempre più abbondante, già egli comincia a sentire come forti stimoli di zelo, per cui vorrebbe a tutti comunicare il suo bene; ma al principio, questo zelo si esercita piuttosto nelle forme amare e pericolose agli altri, e molto più a lui stesso, della critica degli uguali, mormorazioni dei superiori, sdegno sugli inferiori, pericolose, perché lesive della carità e giustizia, mentre apparentemente sono sante.

Don Giustino M. Russolillo

315fyfr dans Fede, morale e teologia

Agli inizi, S. Bernardo era rigido e rude con coloro che si ponevano sotto la sua direzione: diceva loro, per prima cosa, che era necessario abbandonare il corpo per continuare verso di Lui solo con lo spirito. Quando ascoltava le loro confessioni, aggrediva con tale severità ogni loro difetto, per piccolo che fosse, e faceva pressioni con tanta forza su quei poveri principianti, che volendo spingerli con troppa forza verso la perfezione, finiva per farli rinunciare e tornare indietro. Sotto quelle pressioni ininterrotte si scoraggiavano e si sentivano incapaci di affrontare una salita così ripida e così lunga.

Se rifletti un po’, Filotea, giungi alla conclusione che si trattava di uno zelo molto bruciante di un’anima perfetta che consigliava a quel grande santo quel tipo di metodo. Quello zelo era senz’altro una grande virtù in sé, ma una virtù che pur essendo tale, nel caso specifico era da riprovare. Dio stesso gli apparve e lo corresse e colmò la sua anima di uno spirito dolce, soave, amabile e tenero, che lo resero totalmente un altro. Si accusò di essere troppo rigido e severo e si trasformò in un uomo tanto cordiale e arrendevole con tutti, da potergli applicare il detto: Tutto a tutti, per conquistare tutti”.

Tratto da: Filotea di San Francesco di Sales

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Una zucca, anche se di moda, rimane sempre una zucca

Posté par atempodiblog le 28 octobre 2014

Una zucca, anche se di moda, rimane sempre una zucca
Il cardinale Mauro Piacenza spiega il significato liturgico e religioso della Festa di tutti i Santi e della Commemorazione dei defunti

È vero che nella commemorazione dei defunti è possibile ottenere l’indulgenza Plenaria? Le indulgenze valgono per sé, per l’anima del defunto o anche per amici e parenti? E come si fa a contenere gli effetti negativi della festa di Halloween?
Queste e altre domande
ZENIT le ha rivolte al cardinale Mauro Piacenza, Penitenziere Maggiore del Tribunale della Penitenzieria Apostolica.

Una zucca, anche se di moda, rimane sempre una zucca dans Cardinale Mauro Piacenza Halloween

Eminenza, nei prossimi giorni si celebrerà la Festa di tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti. Il Popolo di Dio sente molto questi giorni, che sono anche occasione di riflessione e di preghiera. è ancora valida la pratica delle indulgenze per i defunti?
Certamente sì! Nel giorno del 2 novembre, visitando un cimitero ed avendo assolto alle consuete condizioni (essere confessati, comunicati, recitare il Credo e pregare secondo le intenzioni del Santo Padre), è possibile ottenere l’indulgenza plenaria, applicabile ad un fedele defunto.

Solo in quel giorno è possibile farlo?
No, in quel giorno è possibile farlo in modo particolare e visitando un campo santo, ma ogni altro giorno dell’anno, è possibile lucrare l’indulgenza plenaria, ottemperando alle varie opere di pietà, contenute nell’Enchiridion Indulgentiarium (la raccolta delle modalità con cui è possibile ottenere la cancellazione delle pene dovute per i peccati), e scegliere di applicarla a se stessi, oppure ad un fedele defunto. L’unica “limitazione” a questa pia pratica è che essa può essere compiuta una sola volta al giorno; si può lucrare, quindi, una sola indulgenza al giorno, applicabile a se stessi, o ad un fedele defunto.

Talvolta, in alcune immaginette, ci sono delle preghiere con sotto la dicitura: 100 giorni di indulgenza, 300 giorni di indulgenza. Come si devono interpretare tali iscrizioni?
Fino alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, era possibile incontrare indicazioni di questo tipo. Il corretto approfondimento teologico ci porta a ritenere che, essendo l’eternità fuori dal tempo e non un “tempo prolungato”, non sia propriamente opportuna l’indicazione specifica della pena temporale e della relativa indulgenza. Pertanto, oggi si parla unicamente di due tipi di indulgenza: plenaria, quando tutte le pene dovute per i peccati vengono cancellate, o parziale, quando solo in parte vengono condonate.

Ma non basta l’assoluzione sacramentale? Non basta confessarsi?
Certamente la prima grande Riconciliazione, è l’evento della Morte e Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo! In Cristo, tutte le promesse del Padre sono diventate un “sì” (2Cor 1,20). Egli è la fonte della misericordia, il fine della misericordia e la misericordia stessa. Papa Francesco non cessa di ricordare alla Chiesa come questa realtà della misericordia,sia determinante per l’annuncio e per la sequela cristiana. A ben vedere, il monito “Non abbiate paura” di San Giovanni Paolo II è sulla stessa linea della misericordia. Anche perché come potrebbe l’uomo non avere paura, se non ci fosse la possibilità della misericordia? E come potrebbe la misericordia essere reale esperienza vissuta, e non soltanto parola proclamata, se non determinasse, nella concreta esistenza di ciascuno, la effettiva possibilità di vincere ogni paura grazie alla certezza della verità, alla serenità del bene e, ultimamente, alla vittoria di Cristo su tutte le brutture della storia umana? Come ogni atto umano, anche i peccati hanno delle conseguenze. Il sacramento della Riconciliazione assolve i peccati, ma non ne elimina tutte le relative conseguenze. Attraverso le indulgenze, la Chiesa madre attinge generosamente al tesoro della divina misericordia, offrendo ai fedeli la possibilità della remissione non solo delle colpe, ma anche delle pene ad esse relative. Per esempio, se un uomo percuote un altro uomo, i due si possono riconciliare, ma nulla potrà cancellare il dolore e il segno dello schiaffo sulla guancia. Le indulgenze cancellano anche quel segno.  Si comprende bene come il tesoro dal quale la Chiesa attinge costituisca la sua più vera e preziosa ricchezza.  Quella è la banca più sicura e consolante che esista e i suoi azionisti sono veramente fortunati!

Lei ha detto, Eminenza, che le indulgenze possono essere applicate a se stessi, o a un fedele defunto. Perché non ad un altro fedele, per il quale si prega? Al proprio marito, alla propria moglie, ai propri figli?
Questo non è possibile per il grande mistero della libertà, che ci fa immagine e somiglianza di Dio e che Dio stesso rispetta profondamente. Ciascuno, finché è in vita, cioè finché è nel tempo, può cambiare le proprie scelte esistenziali, può decidere personalmente di convertirsi e in questo senso nessuno può sostituirsi alla libertà dell’altro. Pertanto ciascuno può lucrare le indulgenze e applicarle a se stesso. Certamente si può pregare per la conversione dei fratelli, per la conversione dei peccatori, ma l’indulgenza, per sua natura, è già un pio esercizio, per compiere il quale sono necessari veri atti di conversione, primo tra i quali la Riconciliazione sacramentale. Per quanto riguarda i defunti, essi con la morte sono usciti dal tempo ed è cessato per loro il dono della libertà. Per questa ragione, è sempre importante che la nostra libertà sia orientata al bene e non è affatto prudente permanere a lungo in stato di peccato mortale. Non potendo le anime dei defunti fare più nulla per la propria purificazione, in forza della comunione dei santi, cioè dell’unità profonda di tutti i battezzati in Cristo, noi, che siamo ancora in cammino, possiamo compiere la straordinaria opera di misericordia spirituale in suffragio delle anime, e ciò a beneficio loro e, nel contempo, anche a beneficio nostro.

È questa la ragione per cui la solennità di Ognissanti e la commemorazione di tutti i fedeli defunti sono così ravvicinate? Il primo e il due novembre?
Certamente la Chiesa, fin dalle origini, ha pregato per i fedeli defunti appartenenti alle prime comunità cristiane. Che essi fossero martiri, o comuni fedeli morti di morte naturale, la comunità ha inteso da subito il suffragio per i defunti come una dimensione strutturale della propria vita, della propria preghiera e, soprattutto, della celebrazione Eucaristica. Come a significare che l’unità profonda con Cristo e in Cristo, creatasi con il Battesimo, e la condivisione della medesima Eucaristia, vissuta nella comunità cristiana, non potessero essere spezzati nemmeno dalla morte. Del resto, a ben pensarci, se la morte è stata sconfitta da Cristo, chi è rinato in Cristo non può più essere separato da nulla, nemmeno da quella morte che Cristo ha già sconfitto! La Solennità di tutti i Santi mette in luce proprio la verità della communio sanctorum, dell’unione di tutti i battezzati. Come ci ha ricordato più volte Papa Francesco: “il tempo prevale sullo spazio”. Pertanto l’unione nel tempo di tutti i battezzati, dai primissimi cristiani, fino a coloro che domani mattina riceveranno il Battesimo e fino alla fine della storia, è un unione che nulla potrà mai scalfire e che determina quel camminare della Chiesa nel tempo che è reale anticipazione, qui sulla terra, del Regno dei Cieli. Noi apparteniamo all’unico Corpo ecclesiale che, ininterrottamente, da Gesù Cristo, dalla Beata Vergine Maria e dagli Apostoli, giunge fino a noi, ed è per questa ragione che la Chiesa celeste è molto più numerosa, molto più interessante, molto più dotta e molto più “influente” della Chiesa terrestre.

Nella notte che procede la Solennità dei Santi, da un decennio circa, si è diffusa anche in Europa la moda di Halloween. A che cosa è dovuto questo fenomeno? Che cosa ne pensa?
Come Lei ha ben detto, si tratta di una moda, che certamente ha dei risvolti comunque seri e non solo di ordine consumistico. Mi pare di poter dedurre che la stragrande maggioranza dei ragazzi, che organizzano feste in maschera in quella occasione, sono vittime inconsapevoli sia della moda, sia di chi, a tutti i costi, deve vendere dei prodotti commerciali, manipolando realtà spirituali. Trovo il fenomeno talmente irrazionale da diventare la reale cifra della società contemporanea: chi non crede nella verità finisce per credere a qualunque cosa, comprese le zucche! Non mi sfugge, peraltro, che in taluni casi questo tipo di manifestazioni abbiano origine spiritistica e perfino satanica e, pertanto, alimentarle e non correggerle può trasformarci in inconsapevoli alimentatori di quel “fumo di satana”, che già troppo intossica il mondo. Dobbiamo stare tutti attenti a non respirare fumi tossici; talvolta ciò accade quasi inavvertitamente. Ricordiamoci che una zucca, anche se benedetta, rimane sempre una zucca. Quelle di Halloween non sono nemmeno benedette!

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Signore, donaci la pace

Posté par atempodiblog le 26 octobre 2014

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Signore Dio, poiché tutto ci hai fornito, donaci la pace, la pace del riposo, la pace del sabato, la pace senza tramonto. Tutta questa stupenda armonia di cose assai buone, una volta colmata la sua misura, è destinata a passare. Esse ebbero un mattino, e una sera. Ma il settimo giorno è senza tramonto. L’hai santificato per farlo durare eternamente Il riposo che prendesti al settimo giorno, dopo compiute le tue opere buone assai pur rimanendo in riposo, è una predizione che ci fa l’oracolo del tuo Libro: noi pure, dopo compiute le nostre opere, buone assai per tua generosità, nel sabato della vita eterna riposeremo in te. Anche allora sarai tu a riposare in noi, come ora sei tu a operare in noi. Sarà, quello, un riposo tuo per mezzo nostro, come sono, queste, opere tue per mezzo nostro. Tu però, Signore, operi sempre e riposi sempre. Non vedi nel tempo, non ti muovi nel tempo, non riposi nel tempo, e tuttavia compi le nostre visioni temporali, il tempo stesso e il riposo dopo il tempo. Noi vediamo dunque la tua creazione perché esiste; ma essa esiste perché tu la vedi. Noi vediamo all’esterno che è, all’interno che è buona; ma tu la vedesti fatta quando e dove vedesti che doveva essere fatta. Noi ora siamo spinti a fare il bene, dopo che il nostro cuore ne ebbe il concetto dal tuo spirito, mentre prima eravamo spinti a fare il male abbandonandoti; ma tu, Dio unico buono, mai cessasti di fare il bene. Possono alcune opere nostre essere buone, certamente per tuo dono, ma non eterne; eppure dopo di esse speriamo di riposare nella tua grandiosa santità. Tu però, Bene mancante di nessun bene, riposi eternamente, poiché tu stesso sei il tuo riposo. La comprensione di questa verità quale uomo potrà darla a un uomo? quale angelo a un angelo? quale angelo a un uomo? Chiediamo a te, cerchiamo in te, bussiamo da te. Così, così otterremo, così troveremo, così ci sarà aperto (13, 35, 50 e 13, 38, 53).

Sant’Agostino

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L’inizio di una bella rinascita

Posté par atempodiblog le 26 octobre 2014

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“La morte è la grazia delle grazie e il coronamento della vita cristiana. Essa non è una fine, come troppi ancora pensano, ma l’inizio di una bella rinascita”.

Marthe Robin

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Papa Francesco: abolire pena di morte, no a carcere disumano

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2014

Cristiani e uomini di buona volontà “sono chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte”, in “tutte le sue forme”, ma per il miglioramento delle “condizioni carcerarie”. È uno dei passaggi centrali del discorso tenuto da Papa Francesco in Vaticano a un gruppo di giuristi dell’Associazione penale internazionale. La voce del Papa si è levata anche contro il fenomeno della tratta delle persone e della corruzione. Ogni applicazione della pena, ha affermato, deve essere fatta con gradualità, sempre ispirata dal rispetto della dignità umana.
di Alessandro De Carolis – Radio Vaticana

Papa Francesco: abolire pena di morte, no a carcere disumano dans Articoli di Giornali e News 16adzsh

L’ergastolo è una “pena di morte coperta”, per questo l’ho fatta cancellare dal Codice Penale Vaticano. L’affermazione a braccio di Papa Francesco si incastona in una intensa, particolareggiata disamina di come gli Stati tendano oggi a far rispettare la giustizia e a comminare le pene. Il Papa parla con la consueta schiettezza e non risparmia critiche a tempi come i nostri in cui, afferma, politica e media incitano spesso “alla violenza e alla vendetta pubblica e privata”, sempre alla ricerca di un capro espiatorio. Il passaggio sulla pena di morte è molto sentito. Papa Francesco ricorda che “San Giovanni Paolo II ha condannato la pena di morte”, come pure il Catechismo, non solo punta il dito contro il ricorso alla pena capitale, ma smaschera in un certo senso anche quello alle “cosiddette esecuzioni extragiudiziali o extralegali”, che lui chiama “omicidi deliberati”, commessi da pubblici ufficiali dietro il paravento dello Stato:

“Tutti i cristiani e gli uomini di buona volontà sono dunque chiamati oggi o a lottare non solo per l’abolizione della pena di morte, legale o illegale che sia, e in tutte le sue forme, ma anche al fine di migliorare le condizioni carcerarie, nel rispetto della dignità umana delle persone private della libertà. E questo, anche, io lo collego con l’ergastolo. In Vaticano, poco tempo fa, nel Codice penale del Vaticano, non c’è più, l’ergastolo. L’ergastolo è una pena di morte coperta”.

Lo sguardo e la pietà di Papa Francesco sono evidenti in tutta la sua esplorazione sia delle forme di criminalità che attentano alla dignità umana, sia del sistema punitivo legale che talvolta – dice senza giri di parole – nella sua applicazione legale non è, perché quella dignità non rispetta. “Negli ultimi decenni – rileva all’inizio il Papa – si è diffusa la convinzione che attraverso la pena pubblica si possano risolvere i più disparati problemi sociali, come se per le più diverse malattie ci venisse raccomandata la medesima medicina”. Questo ha fatto sì che il sistema penale abbia varcato i suoi confini – quelli sanzionatori – per estendersi sul “terreno delle libertà e dei diritti delle persone”, ma senza un’efficacia realmente riscontrabile:

“C’è il rischio di non conservare neppure la proporzionalità delle pene, che storicamente riflette la scala di valori tutelati dallo Stato. Si è affievolita la concezione del diritto penale come ultima ratio, come ultimo ricorso alla sanzione, limitato ai fatti più gravi contro gli interessi individuali e collettivi più degni di protezione. Si è anche affievolito il dibattito sulla sostituzione del carcere con altre sanzioni penali alternative”.

Papa Francesco definisce ad esempio il ricorso alla carcerazione preventiva una “forma contemporanea di pena illecita occulta”, celata dietro “una patina di legalità”, nel momento in cui procura a un detenuto non condannato un’“anticipo di pena” in forma abusiva. Da ciò – osserva – deriva sia il rischio di moltiplicare la quantità dei “reclusi senza giudizio”, cioè “condannati senza che si rispettino le regole del processo” – e in alcuni Paesi sono il 50% del totale – sia, a cascata, il dramma della vivibilità delle carceri:

“Le deplorevoli condizioni detentive che si verificano in diverse parti del pianeta, costituiscono spesso un autentico tratto inumano e degradante, molte volte prodotto delle deficienze del sistema penale, altre volte della carenza di infrastrutture e di pianificazione, mentre in non pochi casi non sono altro che il risultato dell’esercizio arbitrario e spietato del potere sulle persone private della libertà”.

Ma Papa Francesco va oltre quando, parlando di “misure e pene crudeli, inumane e degradanti”, paragona a una “forma di tortura” la detenzione praticata nelle carceri di massima sicurezza. L’isolamento di questi luoghi, ricorda, causa sofferenze  “psichiche e fisiche” che finiscono per incrementare “sensibilmente la tendenza al suicidio”. Ormai, è la desolante constatazione del Papa, le torture non sono somministrate solamente come mezzo per ottenere “la confessione o la delazione”…

“…ma costituiscono un autentico plus di dolore che si aggiunge ai mali propri della detenzione. In questo modo, si tortura non solo in centri clandestini di detenzione o in moderni campi di concentramento, ma anche in carceri, istituti per minori, ospedali psichiatrici, commissariati e altri centri e istituzioni di detenzione e pena”.

E dalla durezza del carcere, insiste il Papa, devono essere risparmiati anzitutto i bambini, ma anche – se non del tutto almeno in modo limitato –anziani, ammalati, donne incinte, disabili, compresi “madri e padri che – sottolinea – siano gli unici responsabili di minori o di disabili”. Papa Francesco si sofferma con alcune considerazioni su un fenomeno da lui sempre combattuto. La tratta delle persone, sostiene, è figlia di quella “povertà assoluta” che intrappola “un miliardo di persone” e ne vede almeno 45 milioni costrette alla fuga a causa dei conflitti in corso. Quindi, osserva con durezza:

“Dal momento che non è possibile commettere un delitto tanto complesso come la tratta delle persone senza la complicità, con azione od omissione, degli Stati, è evidente che, quando gli sforzi per prevenire e combattere questo fenomeno non sono sufficienti, siamo di nuovo davanti ad un crimine contro l’umanità. Più ancora, se accade che chi è preposto a proteggere le persone e garantire la loro libertà, invece si rende complice di coloro che praticano il commercio di esseri umani, allora, in tali casi, gli Stati sono responsabili davanti ai loro cittadini e di fronte alla comunità internazionale”.

Il capitolo sulla corruzione è ampio e analizzato con grande scrupolo. Il corrotto, secondo Papa Francesco, è una persona che attraverso le “scorciatoie dell’opportunismo”, arriva a credersi “un vincitore” che insulta e se può perseguita chi lo contraddice con totale “sfacciataggine”. “La corruzione – afferma il Papa – è un male più grande del peccato” che “più che perdonato”, “deve essere curato”:

« La sanzione penale è selettiva. È come una rete che cattura solo i pesci piccoli, mentre lascia i grandi liberi nel mare. Le forme di corruzione che bisogna perseguire con [la] maggior severità sono quelle che causano gravi danni sociali, sia in materia economica e sociale – come per esempio gravi frodi contro la pubblica amministrazione o l’esercizio sleale dell’amministrazione – come in qualsiasi sorta di ostacolo frapposto al funzionamento della giustizia con l’intenzione di procurare l’impunità per le proprie malefatte o [per] quelle di terzi”.

Al tirare delle somme, Papa Francesco esorta i penalisti ad usare il criterio della “cautela” nell’applicazione della pena”. Questo, asserisce, “dev’essere il principio che regge i sistemi penali”:

“Il rispetto della dignità umana non solo deve operare come limite all’arbitrarietà e agli eccessi degli agenti dello Stato, ma come criterio di orientamento per il perseguimento e la repressione di quelle condotte che rappresentano i più gravi attacchi alla dignità e integrità della persona umana”.

315fyfr dans Fede, morale e teologia

2e2mot5 dans Diego Manetti Discorso del Santo Padre Francesco alla delegazione dell’Associazione Internazionale di Diritto Penale

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Novena per le anime del Purgatorio

Posté par atempodiblog le 23 octobre 2014

Novena per le anime del Purgatorio  (da recitarsi dal 24 ottobre al primo novembre)
del beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

Novena per le anime del Purgatorio dans Don Giustino Maria Russolillo Beato-Giustino-M-della-Santissima-Trinit-Russolillo

O Signore Dio onnipotente, io ti prego per il sangue prezioso che il tuo divin Figlio ha sparso nell’orto; libera le anime del Purgatorio e specialmente la più abbandonata e conducila alla tua gloria dove ella ti lodi e benedica in eterno.

O Signore Dio onnipotente, io ti prego per il sangue prezioso che il tuo divin Figlio Gesù ha sparso nella sua dura flagellazione, libera le anime del Purgatorio e fra tutte quella più vicina all’ingresso della tua gloria, perché ella subito incominci a lodarti e benedirti in eterno.

O Signore Dio onnipotente, io ti prego per il sangue prezioso che il tuo divin Figlio ha sparso nella sua acerba coronazione di spine, libera le anime del Purgatorio e in particolare quella che si trovasse maggiormente bisognosa di suffragi, affinché ella non tardi tanto a lodarti nella tua gloria e benedirti per sempre.

O Signore Dio onnipotente, io ti prego per il sangue prezioso, che il tuo divin Figlio Gesù ha sparso per le strade di Gerusalemme nel portare sulle sante spalle la croce, libera le anime del Purgatorio e, in particolare, quella che è più ricca di meriti dinanzi a te, affinché, nel sublime posto di gloria che aspetta, essa ti lodi altamente e ti benedica in eterno.

O Signore Dio onnipotente, io ti supplico per il prezioso corpo e sangue del tuo divin Figlio Gesù, che nella vigilia della sua passione diede già in cibo e bevanda ai suoi cari apostoli e lasciò a tutta la sua Chiesa per sacrificio perpetuo e vivifico alimento dei suoi fedeli, libera le anime del Purgatorio, particolarmente la più devota di questo mistero di infinito amore, affinché per esso ti lodi con il tuo divin Figlio e con lo Spirito Santo nella tua gloria in eterno.

O Signore Dio onnipotente, io ti supplico per il sangue prezioso che il tuo divin Figlio Gesù ha sparso sulla croce, soprattutto dalle sue mani e dai suoi piedi, libera le anime del Purgatorio e specialmente quella per la quale io devo maggiormente pregarti, affinché non sia per colpa mia che tu non la conduca presto a lodarti nella tua gloria e benedirti per sempre.

O Signore Dio onnipotente, io ti supplico per il prezioso sangue che scaturì dal costato del tuo divin Figlio Gesù, alla presenza e con estremo dolore della sua santissima Madre, libera le anime del Purgatorio e particolarmente quella che è stata la più devota della Vergine Maria, affinché presto venga nella tua gloria a lodarti in lei e lei in te per tutti i secoli. Amen.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Offertorio del Prez.mo Sangue di N. S. per le anime purganti

Freccia dans Viaggi & Vacanze Novena alle Sante Anime del Purgatorio

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Preghiera a san Giuda Taddeo

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2014

Preghiera a san Giuda Taddeo dans Don Giustino Maria Russolillo San-Giuda-Taddeo

O apostolo e martire di Gesù Cristo san Giuda Taddeo, con te glorifichiamo il Padre per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo, per la tua divina vocazione, formazione e missione all’apostolato, e ringraziamo il Signore che ti ha ispirato di premunirci con i tuoi celesti avvisi, contro i falsi dottori e le loro false dottrine.

O apostolo e martire di Gesù Cristo san Giuda Taddeo, per la tua gloria di essere fratello di san Giacomo e con lui detto fratello del Signore, ottienimi tale perfetto adempimento della volontà del Padre dei cieli da meritare, per l’unione con lui, di essere tra le anime più care a Gesù e da lui considerati fratelli, sorelle, e persino madri.

O glorioso apostolo e martire di Gesù Cristo san Giuda, noi ti supplichiamo soprattutto di ottenerci dal Padre tale perseveranza nella divina legge e precetti, consigli e ispirazioni, da meritare una sempre nuova e maggiore venuta e dimora, in abitazione e manifestazione delle divine Persone nell’anima nostra, con la perpetua epifania personale del divino Amore!

del beato Giustino M. Russolillo

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Novena a San Giuda Taddeo (da recitarsi dal 19 al 27 ottobre).

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Il Paradiso

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2014

Il Paradiso dans Citazioni, frasi e pensieri muu97s

Gesù è il Paradiso
Facendosi uomo, Gesù ha portato il Paradiso sulla terra; se è vero, come affermano i Padri della Chiesa, che Gesù stesso è il Regno di Dio venuto in mezzoa noi, allora è possibile anche affermare che Egli è quel Paradiso che ci promette e che è venuto a riconquistare. Non si insisterà mai abbastanza sull’intimo rapporto fra Gesù e il Paradiso. E’ conoscendo Gesù che si conosce il Paradiso ed è vivendo in Gesù che lo si sperimenta.

[…]

Maria è “il Paradiso di Dio”
Sappi che nulla incarna il Paradiso meglio della Vergine Maria. Lei, come scrive san Luigi Maria Grignion da Montfort, è “il Paradiso di Dio”. Ed è anche il nostro Paradiso: la Madre di Dio, infatti, nella sua intima comunione con la Trinità Santissima, nello splendore della sua anima immacolata, nella bellezza divina di tutta la sua persona, partecipa della gloria di Cristo risorto e realizza in se stessa quella pienezza di Paradiso alla quale chiama ognuno dei suoi figli.

di padre Livio Fanzaga – Il Paradiso

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Helsinki, la “città bianca”

Posté par atempodiblog le 19 octobre 2014

Helsinki, la “città bianca” dans Apparizioni mariane e santuari 2m6o0nb

Tutto ebbe inizio nel 1550, quando il Re di Svezia, Gustavo Vasa, fondò Helsinki sulla foce del fiume Vantaanjoki. Ecco perché le lingue ufficiali della città sono due: il finlandese e lo svedese. L’estensione geografica della capitale della Finlandia, proclamata tale nel 1812, comprende anche un arcipelago di 315 piccole isole sparse nel Mar Baltico.

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Altare con un’immagine della Madonna all’interno della cosiddetta “chiesa di ghiaccio” a Helsinki.

È soprannominata la “città bianca”, per il colore della sua cattedrale e di molti altri edifici cittadini, e ha saputo mantenere una dimensione a misura d’uomo pur diventando, nel corso dei secoli, una metropoli dinamica, moderna e di grande fascino. Helsinki è sempre stata una città multiculturale. Non a caso nel 2000 è stata dichiarata Città Europea della Cultura in occasione del 450esimo anniversario dalla sua fondazione.

Helsinki è perfettamente inserita in un contesto naturale fatto di verdi parchi (sono circa 240), canali navigabili e un panoramico lungomare di quasi 100 chilometri dal quale arriva una brezza che soffia costantemente e lungo il quale si può passeggiare anche d’estate e fermarsi a bere qualcosa in uno dei tanti caffè che vi si affacciano. Il suo fulcro è, come per qualsiasi cittadina di pescatori, la vivace piazza del mercato, sempre piena di suoni e di colori.

Molto ricca anche la vita culturale di questa capitale, che conserva lo spirito finnico ma mostra evidenti segni dell’influenza Russa. Natura, vita mondana, feste e discipline sportive si armonizzano perfettamente in questa città tascabile che può essere tranquillamente girata a piedi, fra musei, splendidi edifici e locali con un’atmosfera allegra e frizzante.

[...]

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L’antica icona di Nostra Signora di Konevitza (XIV secolo), nel monastero ortodosso di Nuova Valaamo.

La  Cattedrale. Il Duomo fu progettato da Engel nel 1830. Al suo interno si svolgono importanti eventi statali e universitari (Unioninkatu 29).

La Chiesa Temppeliaukio. Scavata nella roccia naturale, è stata progettata dagli architetti Timo e Tuomo Suomalainen. Fornisce un’ottima acustica e, infatti, vi si svolgono importanti concerti. Il suo nome significa letteralmente “Chiesa nella roccia” e, progettata nel 1969, ha destato molto scalpore all’inizio ma ora è fonte di orgoglio nazionale per tutti i finlandesi. Impressionante il tetto della chiesa rivestito in lastre di rame.

La messa viene celebrata in inglese e la chiesa viene frequentata sia da devoti che da laici (Lutherinkatu 3).

Cattedrale Ortodossa di Uspenski. È la più grande chiesa ortodossa dell’Europa occidentale e si trova nel quartiere Katajanokka (Kanavakatu 1).

Articolo tratto da: DOVE. Corriere della Sera
Immagini  tratte da: Madre di Dio, ed. San Paolo

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La beatificazione di Paolo VI “grande timoniere” della chiesa

Posté par atempodiblog le 18 octobre 2014

La beatificazione di Paolo VI “grande timoniere” della chiesa
Domani la celebrazione del “Papa dei lavoratori”, che ha traghettato il cattolicesimo nella modernità. Soffrendo per le leggi su aborto e divorzio
di Sabrina Cottone – Il Giornale

La beatificazione di Paolo VI “grande timoniere” della chiesa dans Articoli di Giornali e News 10ghel5

«Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l’onorevole Aldo Moro». Una lettera, quando la politica aveva rinunciato e l’ultimatum delle Br era scattato.

Implorante: «Vi prego in ginocchio, liberate l’onorevole Aldo Moro, semplicemente, senza condizioni». Incisa a mano e limata quattro volte fino all’alba, quando ormai sfinito, dettò la minuta al suo inseparabile segretario, Pasquale Macchi, che lo pregava inutilmente di riposare. Era l’impossibile ricerca di un equilibrio tra l’obbligo del capo di Stato di non ingerire con la linea della fermezza e la sua coscienza appassionata. «Il Papa ha fatto pochino, forse ne avrà scrupolo» scrisse Moro dalla sua prigionìa. Paolo VI morì pochi mesi dopo, il 6 agosto 1978.

Era stato eletto Papa nel 1963. Uomo di tensioni tragiche, entrato nella storia alla fine dell’Ottocento. Nato a Concesio, Brescia, nel 1897, fu protagonista del Concilio Vaticano II: lo aveva ereditato da Giovanni XXIII e dopo di lui aveva guidato la Chiesa nella modernità. «Il grande timoniere» lo ha definito Benedetto XVI. Amato da Papa Francesco, che l’ha voluto beato alla fine del Sinodo della famiglia, in sintonia con l’ Evangelii Nuntiandi e il suo impeto missionario. E poi il triregno, il prezioso copricapo dei Papi, venduto per donare il ricavato ai poveri. Il diavolo, presente nei discorsi di Francesco e in quelli di Montini. «Attraverso qualche fessura il fumo di Satana è entrato nella Chiesa» denunciò nel 1972 quell’intellettuale amico degli intellettuali. Soprattutto la passione di aprirsi alla società, prima in segreteria di Stato, dove lavorò con Pio XI e con Pio XII (1937- 1954), poi vescovo di Milano (1954- 1963) e Pontefice. Lo definirono «il Papa dei lavoratori». Inseguiva gli scrittori e gli artisti, che avevano smesso di scrivere e dipingere Sacre Famiglie, chiedeva loro di tornare a misurarsi con Dio. Viaggiava per il mondo, arrivava pellegrino in Terra Santa.

Fuori regnante, dentro in croce. Incedeva sotto gli occhi della folla sulla sedia gestatoria, vestito secondo tradizione come un imperatore, e nel segreto, sulla carne indossava uno strumento di penitenza. «Portava il grande cilicio, in ferro, soprattutto durante le manifestazioni imponenti e, secondo la spiritualità del tempo, offriva le sofferenze per la Chiesa, di cui era follemente innamorato. Le suore che lo curavano spesso si vedevano restituire magliette che lui aveva lavato, cercando di togliere, senza riuscire del tutto, gli aloni di sangue» racconta monsignor Ennio Apeciti, postulatore milanese della causa di beatificazione. All’apertura della Porta Santa, nel 1975, vennero giù calcinacci e una smorfia di dolore gli contrasse il volto, perché il cilicio era penetrato più a fondo a causa del movimento brusco e imprevisto.

Vedeva il mondo correre lontano da Cristo e dal Vangelo, già in anni in cui la Chiesa si sentiva ancora trionfante e pochi si rendevano conto della virata che arrivava da lontano e stava per travolgerla: il secolarismo, il divorzio, l’aborto, le chiese vuote, i sacerdoti in fuga dai seminari. A Milano, da arcivescovo – a raccontare è sempre Apeciti – si alzò dalla scrivania e si buttò in ginocchio piangendo, quando uno dei suoi preti gli disse che voleva lasciare la tonaca. «Pensi alla Chiesa» lo implorò. Il sacerdote racconta che sentì qualcosa dentro, cadde anche lui in ginocchio e rimase sacerdote. Era misericordioso con gli spretati, come li chiamavano con espressione di vago disprezzo. Ogni Natale e ogni Pasqua, nel pomeriggio usciva e andava a trovare gli ex preti, quelli che avevano lasciato. Non era, non lo è ancora, un gesto scontato.

«Paolo Mesto» presero a chiamarlo quando non riuscì più a contenere la piena e rimase sommerso dalle critiche per la fortezza nell’andare controcorrente. Come con l’ Humanae Vitae , l’enciclica in cui nel pieno della rivoluzione sessuale, era il 1968, scrisse che l’apertura alla vita era parte fondamentale dell’amore tra gli sposi e no, gli anticoncezionali non rispondevano al progetto di Dio sull’uomo e sulla donna. Oggi, a farlo beato, è il miracolo di un bimbo inspiegabilmente guarito nella pancia della mamma che aveva rifiutato di abortire.

Cercò di timonare la cristianità anche attraverso la politica. «Una delle più alte forme di carità» la definì, con espressione diventata storica. Moro era uno dei suoi «fucini», ma allevò tanti altri cattolici e all’eremo di Camaldoli contribuì a stendere il manifesto da cui sarebbe nata la Democrazia cristiana. Crebbe con loro, che si chiamavano Alcide De Gasperi (già amico del padre), Guido Gonella, Giuseppe Spataro, Amintore Fanfani, Giulio Andreotti. Quarant’anni di lettere e biglietti testimoniano il rapporto familiare tra Paolo VI e Andreotti, che però dimostrò la sua autonomia con uno strappo: firmando, senza dimettersi, la legge sull’aborto che, con il divorzio, tanto fecero soffrire il Papa.

Non di sola Italia visse Montini. La sua fiducia nel Patto atlantico e i rapporti con gli Stati Uniti furono stretti. Ma sapeva mettersi di traverso, pur con quei suoi modi da diplomatico fine che aveva lungamente maturato in Segreteria di Stato. «Aveva una visione altissima della politica – racconta Apeciti – Lo testimonia il suo impegno contro la guerra del Vietnam. E poi con Franco: tentò di telefonargli due volte supplicandolo di non uccidere i terroristi condannati a morte. Lui non gli rispose neanche al telefono. Il giorno dopo Montini disse: “Ho chiesto la grazia, me l’hanno rifiutata”».

Battista aveva respirato la passione civile da bambino, dal papà giornalista e politico, Giorgio, che fu tra i fondatori del Partito popolare e antifascista fino all’Aventino. La mamma Giuditta gli aveva fatto bere la fede di popolo della Lombardia cattolica. Fu Paolo VI a introdurre la Via Crucis pubblica che è la processione di ogni Venerdì santo al Colosseo. Amava lo scapolare della Madonna del Carmine e invitava i fedeli a portare quel segno di pietà mariana. Devoto e coltissimo. Uomo della politica e delle penitenze. Lavoratore instancabile e di spiritualità profonda. Tragico e beato.

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I peccati miei e degli altri

Posté par atempodiblog le 17 octobre 2014

I peccati miei e degli altri dans Citazioni, frasi e pensieri i44yg1

Se il mio peccato mi sembra in qualche modo inferiore a quello degli altri, meno ri­provevole, non riconosco affatto il mio esser peccatore. Il mio pecca­to deve per forza essere il più grande, il più grave, il più riprovevole di tutti.

Per i peccati degli altri ci pensa l’amore fraterno a trovare sempre qualche scusante, mentre per il mio non ce ne sono. Per questo è il più grave. A questo livello di umiltà deve giungere chi voglia servire i fratelli nella comunione.

Come potrei infatti non es­sere ipocrita nel servire umilmente anche colui che in tutta serietà mi risulta peccatore più di me? Non è inevitabile che mi metta al di sopra di lui? Mi è consentito avere ancora speranza per lui? Sa­rebbe un servizio ipocrita.

«Non credere di aver fatto progressi nella tua santificazione, se non hai un profondo sentimento della tua infe­riorità rispetto agli altri».

di Dietrich Bonhoeffer - Vita comune

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