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La parabola dei lavoratori a giornata: l’invidia spirituale

Posté par atempodiblog le 25 septembre 2014

La parabola dei lavoratori a giornata: l’invidia spirituale
Tratto da: Le vie del cuore. Vangelo per la vita quotidiana, di Padre Livio Fanzaga. Ed. PIEMME

«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi». (Mt. 20,1-16)

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Nella vigna di Dio tutti abbiamo un compito

Questa parabola illustra mirabilmente il peccato di invidia spirituale, che il catechismo di san Pio X classifica fra i peccati contro lo Spirito Santo. L’invidia della grazia altrui è uno dei peccati più gravi e sotto il suo impulso sono state originate le più grandi catastrofi. Non è forse per invidia che Satana tentò Adamo ed Eva? E non è forse per invidia che i capi religiosi consegnarono Gesù a Pilato? Fra i vizi capitali l’invidia è uno dei più insidiosi, benché nascosto e silenzioso come il serpente infernale che la inocula. Se non viene estirpata per tempo l’invidia diviene omicida.

La prima considerazione che devi fare, per evitare che questa mala pianta metta radici nel tuo cuore, è di prendere coscienza che nel governo divino del mondo tutti siamo importanti e tutti abbiamo un compito insostituibile. Ogni uomo non solo è unico e irripetibile nella sua persona, ma lo è anche nella missione che riceve da Dio. Nel piano divino della salvezza delle anime, ci sono certamente diversità di carismi e di compiti, ma tutti siamo necessari.

Guarda ai fiori. Sono molti diversi gli uni dagli altri. Alcuni si mostrano vistosi e sgargianti di colori, altri invece sono minuscoli e spesso nascosti. Oseresti dire che l’umile violetta è meno bella e importante della rosa e del giglio? San Paolo porta il paragone delle membra. Ogni membro svolge una funzione insostituibile, che un altro non potrebbe compiere. Che ti giova avere un grande cervello se poi non hai la lingua per parlare o la mano per scrivere?

Così è nel campo spirituale. Ognuno uomo ha una sua identità, che riflette una divina perfezione, e riceve da Dio un compito che è un frammento insostituibile nel meraviglioso mosaico della creazione e della redenzione.

Gioisci di essere piccolo e sconosciuto

Colui che ci ha creato ci conosce assai meglio di quanto noi non conosciamo noi stessi. Egli sa quali sono i compiti più adatti alle nostre possibilità. Non dobbiamo perciò commettere l’errore di essere noi a cercare il nostro ruolo nella vita e nella Chiesa. Rischieremo di prendere delle strade che non saremmo neppure in grado di percorrere.

Lasciamo che sia la mano dell’Altissimo a condurci. Egli prepara a lungo e silenziosamente le persone a quelle missioni per le quali le ha create. Sappi attendere nell’umiltà e nella pazienza. Il chicco di grano prima di germogliare rimane nascosto sotto terra.

Non aspirare a cose grandi, come consiglia san Paolo. I compiti vistosi sono anche i più pericolosi. La caduta di chi è posto sul candelabro assume spesso dimensioni catastrofiche. Ama invece il nascondimento e la piccolezza. La vita della Vergine Maria ci insegna che questa è la situazione migliore per operare meraviglie nell’opera della redenzione.

Rallegrati delle grazie che Dio sparge nel mondo

Attendi alla tua missione con impegno e umiltà, ma nel medesimo tempo godi delle opere della grazia nel cuore del prossimo. Ti sia di esempio l’atteggiamento di Giovanni Battista che molti volevano proclamare il Messia. Egli però si ritirò ben volentieri nell’ombra per lasciare che il mondo fosse illuminato dalla luce di Cristo.

Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo imparare a gioire nelle meraviglie che Dio opera attraverso i fratelli. Rallegrandoti per l’espandersi del bene, ti è concesso di entrare in quella comunione spirituale di tutti i santi, in virtù della quale ogni grazia è condivisa e la gioia come meriti dei singoli diventano la ricchezza di tutti.

Se, dilatando il cuore, entri in questa prospettiva, invece di invidiare e di tormentarti imparerai a rallegrarti e ringraziare per la sinfonia meravigliosa della grazia che si diffonde.

Divisore dans Fede, morale e teologia

Per approfondire:

Freccia dans Padre Livio Fanzaga La storia dei lavoratori a giornata (di don Fabio Rosini)

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La cortesia

Posté par atempodiblog le 25 septembre 2014

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“La cortesia è una delle proprietà di Dio, il quale dà il suo sole e la sua pioggia ai giusti e agli ingiusti per cortesia; e la cortesia è sorella della carità, la quale spegne l’odio e conserva l’amore”.

Tratto da: I fioretti di san Francesco

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Il Papa: no a cristiani vanitosi, sono come una bolla di sapone

Posté par atempodiblog le 25 septembre 2014

“Quando il pavone fa la ruota per  farsi notare, drizzando le sue belle piume, scopre tutto il resto e fa vedere da tutte le parti ciò che ha di meno bello”.

San Francesco di Sales

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Il Papa: no a cristiani vanitosi, sono come una bolla di sapone
Guardiamoci dalla vanità che ci allontana dalla verità e ci fa sembrare una bolla di sapone. E’ quanto affermato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice, prendendo spunto dal passo del Libro di Qoelet nella Prima Lettura, ha sottolineato che, anche quando fanno del bene, i cristiani devono rifuggire la tentazione di apparire, di “farsi vedere”.
di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Se tu “non hai qualcosa di consistente, anche tu passerai come tutte le cose”. Papa Francesco ha preso spunto dal Libro del Qoelet per soffermarsi sulla vanità. Una tentazione, ha osservato, che non c’è solo per i pagani ma anche per i cristiani, per le “persone di fede”. Gesù, ha rammentato, “rimproverava tanto” quelli che si vantavano. Ai dottori della legge, ha soggiunto, diceva che non dovevano “passeggiare nelle piazze” con “vestiti lussuosi” come “principi”. Quando tu preghi, ammoniva il Signore, “per favore non farti vedere, non pregare perché ti vedano”, “prega di nascosto, va nella tua stanza”. Lo stesso, ha ribadito il Papa, va fatto quando si aiutano i poveri: “Non far suonare la tromba, fallo di nascosto. Il Padre lo vede, è sufficiente”:

“Ma il vanitoso: ‘Ma guarda, io do questo assegno per le opere della Chiesa’ e fa vedere l’assegno; poi truffa dall’altra parte la Chiesa. Ma fa questo il vanitoso: vive per apparire. ‘Quando tu digiuni – dice il Signore a questi – per favore non fare il malinconico lì, il triste, perché tutti se ne accorgano, che tu stai digiunando; no, digiuna con gioia; fa’ penitenza con gioia, che nessuno si accorga’. E la vanità è così: è vivere per apparire, vivere per farsi vedere”.

“I cristiani che vivono così – ha proseguito – per apparire, per la vanità, sembrano pavoni, si pavoneggiano”.

C’è chi dice, “io sono cristiano, io sono parente di quel prete, di quella suora, di tal vescovo, la mia famiglia è una famiglia cristiana”. Si vantano. “Ma – chiede il Papa – la tua vita col Signore? Come preghi? La tua vita nelle opere di misericordia, come va? Tu fai le visite agli ammalati? La realtà”. E per questo Gesù, ha aggiunto, “ci dice che dobbiamo costruire la nostra casa, cioè la nostra vita cristiana, sulla roccia, sulla verità”.

Invece, è stato il suo monito, “i vanitosi costruiscono la casa sulla sabbia e quella casa cade, quella vita cristiana cade, scivola, perché non è capace di resistere alle tentazioni”:

“Quanti cristiani vivono per apparire. La vita loro sembra una bolla di sapone. E’ bella la bolla di sapone! Tutti i colori ha! Ma dura un secondo e poi che? Anche quando guardiamo alcuni monumenti funebri, pensiamo che è vanità, perché la verità è tornare alla terra nuda, come diceva il Servo di Dio Paolo VI. Ci aspetta la terra nuda, questa è la nostra verità finale. Nel frattempo, mi vanto o faccio qualcosa? Faccio del bene? Cerco Dio? Prego? Le cose consistenti. E la vanità è bugiarda, è fantasiosa, inganna se stessa, inganna il vanitoso, perché prima fa finta di essere, ma alla fine crede di essere quello, crede. Ci crede. Poveretto!”.

E’ questo, ha sottolineato, è quello che succedeva al Tetrarca Erode che, come narra il Vangelo odierno, si interrogava con insistenza sull’identità di Gesù.

“La vanità – ha detto il Papa – semina inquietudine cattiva, toglie la pace. E’ come quelle persone che si truccano troppo e poi hanno paura che le prenda la pioggia e tutto quel trucco venga giù”. “Non ci dà pace la vanità – ha ripreso – soltanto la verità ci dà la pace”.

Francesco ha dunque ribadito che l’unica roccia su cui possiamo edificare la nostra vita è Gesù. “E pensiamo – ha affermato – a questa proposta del diavolo, del demonio, anche ha tentato Gesù di vanità nel deserto” dicendogli: “Vieni con me, andiamo su al tempio, facciamo lo spettacolo; tu ti butti giù e tutti crederanno in te”. Il demonio aveva presentato a Gesù “la vanità in un vassoio”. La vanità, ha ribadito il Papa, “è una malattia spirituale molto grave”:

“I Padri egiziani del deserto dicevano che la vanità è una tentazione contro la quale dobbiamo lottare tutta la vita, perché sempre ritorna per toglierci la verità. E per far capire questo dicevano: è come la cipolla, tu la prendi e cominci a sfogliare – la cipolla – e sfogli la vanità oggi, un po’ di vanità domani e tutta la vita sfogliando la vanità per vincerla. E alla fine stai contento: ho tolto la vanità, ho sfogliato la cipolla, ma ti rimane l’odore in mano. Chiediamo al Signore la grazia di non essere vanitosi, di essere veri, con la verità della realtà e del Vangelo”.

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