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Nessun groviglio è senza uscita

Posté par atempodiblog le 3 septembre 2014

L’eloquente devozione di Papa Francesco per l’immagine della «Vergine che scioglie i nodi»
Nessun groviglio è senza uscita
di Stefania Falasca – Avvenire

Nessun groviglio è senza uscita dans Apparizioni mariane e santuari 2me33bl

Non si può comprendere a fondo la tenerezza e  la misericordia che caratterizzano la peculiare  fisionomia del magistero di papa Francesco  senza cogliere l’immanenza della Madre di Dio nella  sua vita. E senza tener presente il titolo particolare con  il quale egli sovente ama venerarla e invocarla:  Colei  che scioglie i nodi. È questa una speciale devozione  mariana, poco conosciuta in Europa, ma largamente estesa oggi nel Sud America, soprattutto in Argentina, grazie proprio alla promozione e alla diffusione del culto operate da Bergoglio.

La venerazione della «Vergine che scioglie i nodi» ha origine da un’immagine votiva bavarese risalente al 1700 (Maria Knotenlöserin)  ad opera del pittore tedesco Johann Melchior Schmidtner, ora conservata come pala d’altare in una cappella della chiesa romanica di San Peter in Perlach, tenuta dai gesuiti nel cuore della città di Augsburg, in Baviera.  Ed è lì che negli anni Ottanta, durante i suoi soggiorni di studio a Ingolstadt, padre Bergoglio la scoprì. Tornato in Argentina egli iniziò a divulgarne la conoscenza, incontrando grande rispondenza nel popolo. Divenuto poi vescovo ausiliare di Buenos Aires, si adoperò affinché all’effige della Vergine scioglitrice dei nodi venisse dedicato un santuario. Un’artista locale dipinse una riproduzione del quadro e l’8 dicembre 1996, nella chiesa porteña  di San José del Talar, Nuestra Señora la que Desata los Nudos  venne intronizzata alla presenza di migliaia di fedeli.

Come arcivescovo, Bergoglio ne consolidò il culto continuando a inaugurare cappelle in suo onore e a servirsi dell’effige anche come personale ‘biglietto da visita’, scrivendo a vicini e lontani.  Chi guarda per la prima volta il dipinto resta sorpreso dal motivo inconsueto. Il singolare e suggestivo dipinto, infatti, non presenta la consueta immagine della Madonna con il bambino, bensì la Vergine Immacolata nel suo stato di Assunta in cielo che schiaccia la testa del serpente mentre è intenta a sciogliere con le sue mani nodi da un nastro sorretto da due angeli. Posto al suo fianco uno dei due angeli porge alla Madonna il nastro aggrovigliato di nodi piccoli e grandi.  Dall’altro lato il nastro, in cui si rispecchiano la luce della misericordia e della salvezza divina, scivola ormai liscio nelle mani dell’angelo che lo mostra con uno sguardo eloquente al fedele la cui preghiera è stata ascoltata, il cui nodo è stato sciolto per l’intercessione, le mani di Maria.

Il dipinto, come ex voto, intendeva evocare semplicemente la grazia ricevuta dal committente per la ricomposizione del suo matrimonio (il nastro, infatti, secondo l’usanza del tempo, stava a indicare l’unione coniugale). L’immagine iconografica e il gesto di Maria sono tuttavia carichi di significati allegorici più ampi, sottolineati e suggeriti da Bergoglio, che rimanda alle parole di Ireneo di Lione nella sua opera Adversus haereses  riportate nella Costituzione dogmatica conciliare sulla Chiesa Lumen gentium:  «Volle il Padre delle misericordie che l’accettazione della predestinata Madre precedesse l’incarnazione, perché così, come una donna aveva contribuito a dare la morte, una donna contribuisse a dare la vita… ‘Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che Eva legò con la sua incredulità, la Vergine Maria sciolse con la fede’».

Maria, dunque, era ed è presente in ogni tempo come scioglitrice dei nodi della colpa e dei mali. «Tutti – ha spiegato più volte Bergoglio – abbiamo nodi nel cuore, mancanze, e attraversiamo difficoltà. Il nostro Padre buono, che distribuisce la grazia a tutti i suoi figli, vuole che noi ci fidiamo di Lei, che le affidiamo i nodi dei nostri mali, i grovigli delle nostre miserie che ci impediscono di unirci a Dio, affinché Lei li sciolga e ci avvicini a suo figlio Gesù. Questo è il significato dell’immagine».  Come è detto anche nella preghiera rivolta a «Maria che scioglie i nodi» diffusa con l’imprimatur dell’allora arcivescovo di Buenos Aires (e che riproduciamo qui sotto, ndr):  «Il maligno mai fu capace di imbrogliarti con le sue confusioni… e intercendo insieme a tuo Figlio per le nostre difficoltà, con tutta semplicità e pazienza ci desti un esempio di come dipanare la matassa delle nostre vite».

Il vescovo ausiliare di Madrid e segretario generale della Conferenza episcopale spagnola, Juan Antonio Martinez Camino, ha recentemente proposto di pregare la «Vergine che scioglie i nodi» per papa Francesco affinché lo custodisca e lo sostenga con la sua materna sollecitudine nel compito che gli è stato affidato.

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Ecco il testo della
«Preghiera a Maria che scioglie i nodi»
diffusa con l’imprimatur dell’allora arcivescovo di Buenos Aires monsignor Bergoglio 

Santa Maria, piena della Presenza di Dio, durante i giorni della tua vita accettasti con tutta umiltà la volontà del Padre, e il Maligno mai fu capace di imbrogliarti con le sue confusioni. Già insieme a tuo Figlio intercedesti per le nostre difficoltà e con tutta semplicità e pazienza ci desti un esempio di come dipanare la matassa delle nostre vite. E rimanendo per sempre come Madre Nostra poni in ordine e fai più chiari i legami che ci uniscono al Signore. 

Santa Maria, Madre di Dio e Madre nostra, tu che con cuore materno sciogli i nodi che stringono la nostra vita, ti chiediamo di ricevere nelle tue mani… e che ci liberi dai legacci e dalle confusioni con cui ci tormenta colui che è nostro nemico. 

Per tua grazia, per tua intercessione, con il tuo esempio liberaci da ogni male, Signora nostra, e sciogli i nodi che impediscono di unirci a Dio affinché, liberi da ogni confusione ed errore, possiamo incontrarlo in tutte le cose, possiamo tenere riposti in lui i nostri cuori e possiamo servirlo sempre nei nostri fratelli. Amen.

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Fondamentalismo barbarie moderna. Il nuovo nemico dell’umanità

Posté par atempodiblog le 3 septembre 2014

Fondamentalismo barbarie moderna. Il nuovo nemico dell’umanità
Editoriale dell’arcivescovo Bruno Forte, di Chieti-Vasto, pubblicato su « Il Sole 24 Ore » di domenica 31 agosto
Tratto da: Zenit

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Nel dialogo con i giornalisti sul volo da Seoul a Roma, dopo il terzo viaggio internazionale del suo pontificato, Papa Francesco ha parlato della situazione irachena e della necessità di fermare l’aggressore ingiusto con un impegno multilaterale, promosso e garantito dall’Onu. In questo contesto il Pontefice ha denunciato la “crudeltà inaudita” dei mezzi bellici non convenzionali e della tortura, impiegati dai Jihadisti, constatando dolorosamente: “Siamo nella Terza guerra mondiale, ma a pezzi”. dans Fede, morale e teologia

L’affermazione è tanto grave, quanto fondata, e mette in luce il peso che le forze fondamentaliste islamiche stanno avendo nel destabilizzare l’ordine internazionale, promuovendo un’azione vasta e capillare di lotta contro gli stessi loro fratelli musulmani, oltre che contro il cristianesimo e le altre religioni e visioni del mondo cui si contrappongono. È comunque l’Occidente a essere identificato da questi nuovi barbari come il nemico principale da abbattere. Dall’Iraq alla Siria, dalla Libia alla Somalia, la “guerra santa” sembra lanciare la sua offensiva in modo ampio e sincronizzato, con mire espansionistiche tutt’altro che velate. Minimizzare la gravità di questa situazione sarebbe da irresponsabili. Ridurre i problemi a semplici conflitti locali non ha fondamento nella realtà.

La verità è che il nuovo nemico dell’umanità è più che mai il fondamentalismo, che non va assolutamente confuso con le forme dell’Islam autentico e con le aspirazioni alla pace e alla giustizia che pervadono il cuore e l’impegno di tanti musulmani. Una presa di posizione interreligiosa di denunzia ferma e senza appello dell’integralismo fondamentalista è allora più che mai necessaria. Per favorirla e sollecitarla non è inutile riflettere sui caratteri assolutamente disumani e perversi delle ideologie fondamentaliste. Provo a farlo partendo da un’affermazione evangelica, in cui Gesù rimprovera l’ipocrisia degli scribi e dei farisei che si ferma all’esteriorità, trasgredendo “le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà” (Mt 23,23). Sono queste le tre idee chiave che il fondamentalismo snatura, fino a rovesciarle nel loro contrario, idee su cui occorre convergere per opporre alla barbarie e alla violenza cieca un impegno autentico al servizio della pace per tutti.

In primo luogo, la giustizia: se nell’accezione positiva essa consiste nel rispetto e nella promozione dei diritti di ognuno, nel riconoscere, cioè, “a ciascuno il suo” (“unicuique suum”, secondo l’assioma latino), nella deformazione ideologica giustizia diventa l’imposizione della legge del più forte, identificata come la sola norma e misura del bene e del male in nome del fine in grado di giustificare ogni mezzo. Questo fine sarebbe la distruzione del diverso per imporre l’unica visione del mondo ritenuta vera, affidando il successo dell’impresa alla forza delle armi. La “jihad”, che nell’accezione originaria è l’impegno per il bene e la lotta contro il male in se stessi e nella storia, diventa così la guerra contro l’altro, da annientare ad ogni costo.

L’identificazione fra giustizia e violenza in nome della verità e della sovranità divine ne consegue come terribile motivazione di ogni sorta di sopruso e di offesa alla dignità della persona umana, immagine di Dio. Proprio così, questa logica si rivela perversa, tale da offendere proprio Colui cui vorrebbe rendere gloria: il Dio Signore e Padre di tutti, il Creatore dell’uomo, non può certo rallegrarsi dell’offesa inferta alla Sua creatura, viene anzi a essere vilipeso da chi in qualunque modo ferisca l’essere umano, creato a Sua immagine e somiglianza. Ogni violenza in nome di Dio è bestemmia e incredulità! Nessuna fede religiosa autentica può motivare la violazione dei diritti inalienabili della persona umana, a cominciare da quello alla vita e alla tutela della propria libertà di espressione e di realizzazione.

Si comprende di qui come l’idea di misericordia risulti fondamentale per contemperare quella di giustizia: nell’accezione biblica la parola “rahamim”, che rende appunto l’idea di misericordia, richiama le viscere materne, il grembo originario della vita da cui viene ognuno di noi. Essere misericordiosi significa allora riconoscere questa comune, originaria appartenenza a una medesima origine e ad uno stesso destino. Proprio così, la misericordia rimanda a una medesima sorgente materna – paterna da cui tutti deriviamo. Il Dio misericordioso della Bibbia, il Padre di Gesù, ma anche il Dio clemente e misericordioso di cui parla il Corano, sono questo Dio dai tratti paterni e materni.

Il fondamentalista, sentendosi padrone dell’immagine della divinità, applica la misericordia a se stesso soltanto e ai propri simili, o comunque a quanti gli sono affini per interessi: da categoria universale, fondamento di pace con tutti, la misericordia diventa appropriazione gelosa, autogiustificazione e tolleranza del male fatto per la propria causa, convertendosi in offesa all’amore universale dell’unico Dio. L’accesso alla misericordia passa allora attraverso il rifiuto deciso di ogni sua falsificazione. Si sperimenta la misericordia se si sa accogliere e perdonare l’altro, anche il nemico, in nome di un amore più grande: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 27,36).

Infine, la fedeltà è valore che umanizza e salva se è impegno a mantenere il giusto patto di amore e di vita stabilito con Dio e con il prossimo, nell’esperienza della misericordia ricevuta e donata. Dove il fondamentalismo fa della fedeltà il principio di una coerenza scellerata con la giustificazione della violenza in nome del fine, dove cioè fedeltà diventa integralismo, cieca imposizione della verità di cui ci si sente padroni, lì non resta più nulla dell’accezione originaria della parola, quella per cui nella Bibbia essa è sinonimo di verità (‘emet), di stabilità nel bene e di adesione obbediente alla legge morale scritta nelle Tavole del Decalogo e nei cuori di tutti. Fedele al Dio vivo è chi mette in pratica la Sua misericordia e si lascia plasmare dal Suo amore.

Bestemmia il nome dell’Altissimo chi fa della presunta fedeltà al divino la giustificazione della violenza e del sopruso esercitati sugli altri. Giustizia, misericordia e fedeltà sono insomma le tre idee chiave su cui si costruisce l’onesta convivenza umana secondo il progetto del Creatore: ogni abuso di queste idee per asservirle agli interessi della propria causa, facendone contraffazione ideologica, è offesa alla signoria di Dio e alla dignità della creatura, fatta a immagine di Lui. Fare chiarezza su questo è compito di tutti i maestri e i testimoni delle fedi religiose autentiche: una loro corale mobilitazione risulta pertanto oggi più che mai necessaria, per isolare e svuotare alla radice ogni risorgente barbarie fondamentalista, che voglia giustificarsi in nome di un Dio ridotto a idolo, asservito ai propri aberranti deliri di onnipotenza.

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