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Le chiacchiere sono alla portata di tutti

Posté par atempodiblog le 27 août 2014

«Mi hanno riferito un apprezzamento sfavorevole che io avrei fatto di te e mi è dispiaciuto come di calunnia del pessimo genere. Veramente non ce n’è peggiore di quelle che seminano ombre, sospetti e divisioni d’animo tra superiori e alunni e tra confratelli».

«Ho saputo con sommo rincrescimento di peccati mortali commessi da voi contro la carità. Miei cari, dire di un compagno o chi sia: “Egli ha fatto peccati mortali” e dirlo a chi non lo sa, e fare nota una cosa segreta, è peccato grave e voi l’avete fatto!».

Don Giustino Maria Russolillo

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E le chiacchiere sono alla portata di tutti. Quanto si chiacchiera nelle parrocchie! Questo non è buono. Ad esempio quando uno viene eletto presidente di quella associazione, si chiacchiera contro di lui. E se quell’altra viene eletta presidente della catechesi, le altre chiacchierano contro di lei. Ma, questa non è la Chiesa. Questo non si deve fare, non dobbiamo farlo! Bisogna chiedere al Signore la grazia di non farlo. Questo succede quando puntiamo ai primi posti; quando mettiamo al centro noi stessi, con le nostre ambizioni personali e i nostri modi di vedere le cose, e giudichiamo gli altri; quando guardiamo ai difetti dei fratelli, invece che alle loro doti; quando diamo più peso a quello che ci divide, invece che a quello che ci accomuna…

Una volta, nell’altra Diocesi che avevo prima, ho sentito un commento interessante e bello. Si parlava di un’anziana che per tutta la vita aveva lavorato in parrocchia, e una persona che la conosceva bene, ha detto: «Questa donna non ha mai sparlato, mai ha chiacchierato, sempre era un sorriso». Una donna così può essere canonizzata domani! Questo è un bell’esempio.

Papa Francesco (Udienza generale, 27 agosto 2014)
Tratto da: La Santa Sede

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Il silenzio in chiesa e in sagrestia prima e dopo la celebrazione

Posté par atempodiblog le 27 août 2014

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Sin dalle origini della Chiesa, si incontrano testimonianze che mostrano come la Celebrazione Eucaristica esiga necessariamente una preparazione previa, non solo da parte del sacerdote celebrante, bensì di tutto il popolo fedele (cf. J.A. Jungmann, Missarum sollemnia, p. 227). A questo riguardo, afferma Guardini: «A mio avviso la vita liturgica inizia con il silenzio. Senza di esso tutto appare inutile e vano […]. Il tema del silenzio è molto serio, molto importante e purtroppo molto trascurato. Il silenzio è il primo presupposto di ogni azione sacra» (Il testamento di Gesù, p. 33).

La Institutio Generalis Missalis Romani (IGMR) nella editio typica tertia include per la prima volta al n. 45 un riferimento a ciò che precede la celebrazione: «Anche prima della stessa celebrazione è bene osservare il silenzio in chiesa, in sagrestia e nel luogo dove si assumono i paramenti e nei locali annessi, perché tutti possano prepararsi devotamente e nei giusti modi alla sacra celebrazione».

Pertanto, conviene che tutti osservino il silenzio: sia il celebrante, che in questo momento preparatorio deve ricordarsi di nuovo che si mette a disposizione di Colui che «è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro» (2Cor 5,15); sia i fedeli che, prima che inizi la celebrazione, devono prepararsi per l’incontro con il loro Signore. Cristo non li convoca solo per parlare loro della sua futura Passione, morte e risurrezione; bensì il suo mistero pasquale si fa realmente presente nella Santa Messa, perché possano partecipare di Lui.

In questa linea, annota il Catechismo della Chiesa Cattolica: «L’assemblea deve prepararsi ad incontrare il suo Signore, essere un popolo ben disposto. Questa preparazione dei cuori è opera comune dello Spirito Santo e dell’assemblea, in particolare dei suoi ministri. La grazia dello Spirito Santo cerca di risvegliare la fede, la conversione del cuore e l’adesione alla volontà del Padre. Queste disposizioni sono il presupposto per l’accoglienza delle altre grazie offerte nella celebrazione stessa e per i frutti di vita nuova che essa è destinata a produrre in seguito» (n. 1098).

In questo contesto di preparazione alla celebrazione, i ministri hanno un ruolo imprescindibile ed il silenzio occupa un luogo preminente. Silenzio che non è una semplice pausa, nella quale ci assalgono mille pensieri e desideri, bensì quel raccoglimento che ci dà pace interiore, che ci permette di riprendere respiro e che svela ciò che è vero. Ma perché il silenzio è parte della celebrazione? In primo luogo perché esso favorisce il clima di preghiera che deve caratterizzare qualunque azione liturgica. La celebrazione è preghiera, dialogo con Dio, e il silenzio è il luogo privilegiato della rivelazione di Dio. La permanenza nel deserto, ed il silenzio che spontaneamente viene evocato da questa immagine, segnano tutta la relazione tra Israele e il suo Signore. La sagrestia e la navata della chiesa, nei momenti che precedono la celebrazione, dovrebbero essere quel luogo deserto nel quale Gesù si ritira prima degli avvenimenti più importanti. Il deserto è il luogo di silenzio, della solitudine; esso suppone un allontanarsi, l’abbandonare per un momento le occupazioni quotidiane, il rumore, la superficialità.

Come ricordava il cardinale Ratzinger, predicando gli esercizi spirituali a Giovanni Paolo II, «tutte le cose grandi iniziano nel deserto, nel silenzio, nella povertà. Non si può partecipare alla missione di Gesù, alla missione del Vangelo, senza partecipazione all’esperienza del deserto, della sua povertà, della sua fame […]. Chiediamo al Signore che ci conduca, che ci faccia trovare quel silenzio profondo in cui abita la sua parola»(Il cammino pasquale, p. 10).

In secondo luogo, la presenza del silenzio nell’azione liturgica si deve al fatto che l’incontro con Dio si rende possibile e anche richiede uno spirito di conversione continua, che deve caratterizzare la vita di ogni fedele. Il silenzio è perciò l’ambiente adeguato affinché tale processo di trasformazione abbia luogo. Di fatto, «non ci si può aspettare una partecipazione attiva alla Liturgia Eucaristica, se ci si accosta ad essa superficialmente, senza prima interrogarsi sulla propria vita. Favoriscono tale disposizione interiore, ad esempio, il raccoglimento ed il silenzio, almeno qualche istante prima dell’inizio della liturgia, il digiuno e, quando necessario, la confessione sacramentale. Un cuore riconciliato con Dio abilita alla vera partecipazione» (Benedetto XVI, Sacramentum Caritatis, n. 55).

Come sempre, dobbiamo “specchiarci” in Gesù: Egli cerca il silenzio per entrare in dialogo con il Padre suo: «Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava» (Mc 1,35). Per questo, «dobbiamo confessare che abbiamo tutti bisogno di questo silenzio carico di presenza adorata» (Giovanni Paolo II, Orientale Lumen, n. 16). Ne ha bisogno ogni individuo, sacerdote o fedele laico, che spesso non riesce a fare silenzio per paura di incontrare se stesso, di scoprirsi, di sentire il vuoto che si trasforma in domanda di senso. Ne ha bisogno anche la comunità riunita, per saper lasciare spazio alla presenza di Dio, evitando così di celebrare se stessa. In una società che vive in modo sempre più frenetico, spesso stordita dai rumori e dispersa nell’effimero, è di vitale importanza riscoprire il valore del silenzio.

Il sacro silenzio dovrebbe essere osservato anche al termine della celebrazione. Come ricorda la IGMR ancora al n. 45, il silenzio dopo la comunione favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica. E appare logico che lo stesso silenzio che precede e prepara la Messa conduca al silenzio che ringrazia e prolunga nelle opere ciò che si è vissuto in essa. Si comprende allora perché san Josemaría Escrivá de Balaguer ci ricordi: «L’amore per Cristo, che si offre per noi, ci fa trovare, al termine della Messa, alcuni minuti per un ringraziamento personale, intimo, che prolunghi nel silenzio del cuore l’azione di grazie dell’Eucaristia. [...] Se si vive bene la Messa, come è possibile poi, per tutto il resto del giorno, non avere il pensiero in Dio, non aver la voglia di restare alla sua presenza per lavorare come Egli lavorava e amare come Egli amava?» (È Gesù che passa, nn. 92 e 154).

dell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice

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La cattedrale di Santo Stefano (Stephansdom)

Posté par atempodiblog le 27 août 2014

Il Duomo di Santo Stefano di Vienna: storia, architettura e curiosità
di Tonya – Qui Vienna

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La cattedrale di Vienna – in tedesco “Stephansdom” – è uno dei simboli della città austriaca e del potere degli Asburgo. Ecco alcuni cenni storici, curiosità e informazioni utili per chi desidera visitarla.

Le torri del Duomo di Santo Stefano, la cattedrale gotica di Vienna, sono un punto di riferimento per chi si ritrova per la prima volta nelle viuzze della città antica. In qualsiasi momento, infatti, se hai qualche dubbio su dove andare, seguile con lo sguardo e ti “guideranno” verso il centro storico.

La posizione centrale del Duomo all’interno della cittadina non è casuale, è stata stabilita strategicamente affinché Vienna rappresentasse il centro nevralgico dell’Impero Asburgico.

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“Stephansdom”, un po’ di storia

La cattedrale di Vienna vanta la visita di circa 3 milioni di persone all’anno, ed è un gioiello gotico fra i più belli non solo dell’Austria, ma dell’intera Europa Centrale. La sua costruzione ebbe inizio nel XII secolo, con l’obiettivo di sostituire la vecchia basilica romanica con un edificio più grande e imponente.Le uniche superstiti della precedente struttura sono le Torri dei Pagani e la Porta dei Giganti.

Lo stile del Duomo è abbastanza vario, e se l’impronta gotica primeggia ci sono diversi dettagli che la rendono una chiesa davvero unica, come la cupola rinascimentale costruita sulla cima della Torre nord e gli altari barocchi.

L’attuale “Pummerin”, storica campana della cattedrale, è invece il risultato della fusione di quella precedente, che cadde dal campanile spaccandosi in due a seguito dei bombardamenti del ’45. La sentirai suonare solo se ti trovi a Vienna durante un’occasione speciale, ad esempio il Capodanno.

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Duomo di Santo Stefano, facciata e interno

Di fronte al Duomo, con lo sguardo all’insù, potrai ammirare le Torri dei Pagani, e la Porta dei Giganti. Quest’ultima si chiama così per via di un osso di mammut ritrovato durante gli scavi del XV secolo, considerato dai viennesi quello di un gigante annegato durante il diluvio universale. Della facciata esterna ricordiamo infine il tetto, rivestito da 250.000 maioliche che formano lo stemma degli Asburgo.

All’interno del Duomo, lungo ben 62 metri, potrai ammirare il Pulpito Gotico – firmato dall’architetto e scultore Anton Pilgram – la Madonna dei Servitori, la Madonna delle Lacrime e la Cappella di Santa Barbara (quest’ultima custodisce un’urna contenente le ceneri di alcuni caduti ad Auschwitz). Dalla cattedrale si ha accesso alle catacombe, situate sotto la piazza del Duomo.

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Come raggiungere la cattedrale di Vienna

Situata nella “Stephansplatz”, la cattedrale è raggiungibile a piedi o in metropolitana, con le linee U1 e U3 (scendi alla fermata Stephansplatz).

Orari e giorni di ingresso.

  • lunedì – sabato dalle 6 alle 22
  • domenica e festivi dalle 7 alle 22

Quanto costa il biglietto d’ingresso?

L’ingresso è gratuito, ma durante le funzioni religiose non è possibile andare oltre la parte iniziale del Duomo.

Ci sono diverse possibilità di visite guidate, le tariffe variano in base alla scelta, all’età e al numero di partecipanti.

Per avere informazioni corrette e aggiornate vi rimandiamo al sito ufficiale www.stephanskirche.at

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