Il Voltaire sconosciuto

Posté par atempodiblog le 11 août 2014

“Ho sempre osservato che le persone pronte a sospettare un delitto son quelle stesse che vi si dedicano”.

Donatien-Alphonse-François de Sade

Il Voltaire sconosciuto dans Antonio Socci jhae5x

Il suo pensiero (di Voltaire, ndr) è sintetizzato in uno slogan [...] “Écrasez l’Infâme!”. E significa: schiacciate l’infame. Un pensiero non precisamente improntato alla magnanima liberalità che di solito si attribuisce all’autore del Trattato sulla tolleranza. Con gentile qualifica di «infame» egli infatti intendeva coloro che avevano convinzioni opposte alle sue. Per esempio i cristiani.
Per il fatto stesso che pensavano diversamente da lui erano da Voltaire (s)qualificati come «fanatici» e quindi candidati allo «schiacciamento» (metaforico, si spera).


Altro che dare la vita per consentire ai suoi avversari di esprimersi. Li voleva trattare come scarafaggi, come mosche. Salvo poi accusare la Chiesa di fare questo. [...]

Voltaire può essere indicato – in base ai suoi scritti e ai suoi comportamenti – come il simbolo della tolleranza e del rispetto della dignità umana? Si può considerare concretamente il campione della serena indagine razionale e scientifica libera da pregiudizi?

Il mondo lo crede. Basta solo nascondere bene alcune «quisquilie», come le pagine che il vate in questione dedicò ai «negri» e quelle che dedicò agli ebrei. Pagine che molto difficilmente troverete divulgate perché contraddicono in modo troppo plateale il «mito Voltaire» (strana sorte, ancora una volta, per chi aveva accusato i cristiani di aver manipolato i testi su Gesù per mitizzarlo). Dunque dicevamo dei «Negri» (come li chiama Voltaire). Il nostro campione faceva una gerarchia fra gli esseri umani collocando «i Negri» sul gradino più basso, proclamando che i Bianchi sono «superiori a questi Negri, come i Negri alle scimmie e le scimmie alle ostriche» e, non contento di ciò, discettava delle «specie mostruose che sono potute nascere da questi abominevoli amori» ovvero gli accoppiamenti fra scimmie e «donne negre».

Sì, cari signori benpensanti: stiamo citando veramente Voltaire. Il quale, quando scrive queste cose, pretende di usare categorie scientifiche – le razze, appunto – mentre la Bibbia è da lui ritenuta oscurantista e falsa in quanto la Genesi nega l’esistenza di razze diverse, affermando che tutta l’umanità discende da un’unica coppia.

Nell’«Introduzione» al Saggio sui costumi, con sicumera e senza portare argomenti, proclama che «solo un cieco potrebbe mettere in dubbio che i Bianchi, i Negri, gli Albini, gli Ottentotti, i Lapponi, i Cinesi, gli Americani siano razze del tutto diverse». Infatti, a suo dire, le diversità morfologiche e somatiche dei «negri» e «il grado stesso della loro intelligenza, stabiliscono differenze prodigiose tra loro e le altre specie umane».

Poi aggiunge: «Che questa differenza non sia dovuta al clima» è dimostrato dal «fatto che i Negri e le Negre, trasportati nei paesi più freddi, continuano a produrvi animali della loro specie. E che i mulatti sono semplicemente una razza bastarda». Questi, per Voltaire, sono ragionamenti scientifici, perciò li scaglia in faccia alla Chiesa, da lui simbolizzata nel «prete», ovvero l’«uomo vestito d’una lunga sottana nera» che considera tutti figli dello stesso padre. Quello che ora ci interessa sottolineare è il fatto che Voltaire, con questo apologo, cerca di dimostrare la tesi poligenista a cui lui aderisce, ovvero l’idea che l’umanità non derivi affatto – come afferma la Bibbia e con essa la Chiesa – da una stessa coppia originaria, Adamo ed Eva (monogenismo), ma abbia progenitori diversi da cui discenderebbero razze diverse di uomini (poligenismo).

Il monogenismo della Chiesa portava come conseguenza che c’è un’unica famiglia umana, che non esistono razze, superiori e inferiori, e che tutti gli uomini – qualunque sia l’evoluzione della loro società – hanno uguale dignità e valore davanti a Dio Creatore. Ma tutto questo fu attaccato duramente come un’invenzione mitologica. La tesi del poligenismo «della quale, nel secolo dei Lumi, Voltaire fu il più illustre rappresentante, pretendeva alla dignità di dottrina puramente scientifica» e, nota ancora Léon Poliakov, «il poligenismo [...] gli permetteva [a Voltaire, N.d.A.] di avanzare delle giustificazioni “naturali” allo schiavismo», con tesi di questo tenore: «La natura ha subordinato a questo principio quei differenti gradi di genio e quei caratteri delle nazioni che si vedono cambiare così raramente. Per questo i negri sono gli schiavi degli altri uomini. Essi vengono acquistati come delle bestie sulle coste dell’Africa».

In effetti «la teoria poligenetica – commenta Francesca Castradori – libera del tutto l’europeo dall’affratellamento con l’africano». Certo, ammette Voltaire, «non possediamo il diritto naturale di andare a mettere in ceppi un cittadino dell’Angola» però, aggiunge, «ne possediamo il diritto di convenzione. Perché vien venduto quel negro? O perché si lascia vendere? Io l’ho comperato, esso mi appartiene; che torto gli faccio? Lavora come un cavallo, io lo nutro male, lo vesto peggio, lo faccio bastonare quando disobbedisce: che c’è da stupire tanto? Trattiamo forse meglio i nostri soldati?».
Andando avanti in questo stupefacente paragone Voltaire arriva a scrivere: «Il negro ha rispetto al soldato il vantaggio di non rischiare la vita e di trascorrerla in compagnia della sua negra e dei suoi negretti».

I ragionamenti di Voltaire sono questi: «Il negro che vende se stesso è un pazzo, e [...] il padre negro che vende il suo negretto è un barbaro; ma [...] io mi conduco in modo molto sensato comperandolo e facendolo lavorare nella mia piantagione». E va detto che l’illuminato filosofo sullo schiavismo e sulla tratta dei negri non si limitava a discettare teoricamente. Infatti, secondo quanto scrive Poliakov, «Voltaire non esitò a diventare azionista di un’impresa di Nantes per la tratta dei negri, investimento eminentemente remunerativo; egli diventa “uno dei venti personaggi più benestanti del regno”». Tutto questo dopo aver accusato i cristiani di trarre profitto dalla schiavitù. D’altra parte pure l’altro apostolo della tolleranza, simbolo dell’illuminismo inglese, John Locke, quel gran liberale che invocava il pugno di ferro contro cattolici e atei, secondo ricerche recenti guadagnò un bel capitale acquistando azioni della Royal African Company, impegnata nella tratta degli schiavi. Perché in effetti «lo spirito dei tempi era – con l’eccezione della Chiesa Cattolica – favorevole alla tratta degli schiavi». Le grandi scoperte di nuovi continenti – scrigni di immense ricchezze, abitati da popolazioni meno sviluppate dal punto di vista materiale e quindi facilmente depredabili e soggiogabili – spalancarono la strada ad appetiti politici ed economici giganteschi.

Appetiti predatori che avevano come soggetti Stati, corone, imperi, compagnie finanziarie e che trovarono sulla loro strada un ostacolo, uno solo, ma di enorme peso e importanza: la Chiesa cattolica, apostolica, romana. Già nel 1435 Papa Eugenio IV dovette intervenire con un pronunciamento durissimo, la bolla Sicut Dudum, contro gli spagnoli che conquistarono le Isole Canarie schiavizzando gli abitanti. Questa dura condanna dello schiavismo restò inascoltata.

Così – dopo la scoperta dell’America, di fronte alla rapacità europea e a coloro che cominciavano a giustificare la schiavizzazione delle popolazioni indigene perché le giudicavano subumane – Papa Paolo III (1468-1549) vergò una condanna ancora più solenne. Con tutto il peso della sua autorità planetaria il 2 giugno 1537 firmò la Sublimis Deus nella quale proclama che «indios veros homines esse» (sono cioè esseri umani a pieno titolo) e arriva a formulare una condanna gravissima su coloro che teorizzano o praticano lo schiavismo definendoli «manutengoli del demonio». Questa ferma condanna segnò l’inizio di un conflitto gravissimo della Chiesa contro il potere degli Stati, delle varie corone e dei poteri finanziari. La Riforma protestante (1517) indebolì fortemente la Chiesa. Gli Stati, i re, i poteri politici ed economici non riconoscevano più la superiorità del magistero della Chiesa sulle leggi e gli interessi. Così la condanna dello schiavismo fatta dalla Chiesa fu ignorata e lo schiavismo dilagò, diventando un pilastro dell’economia mondiale (nella parte orientale del globo il commercio di schiavi era gestito dagli arabi-musulmani).

Ma la Chiesa continuò a ribadire – seppure inascoltata – la sua durissima condanna di questo orrore (restano memorabili anche i documenti di Papa Urbano VIII del 1639, e di Benedetto XIV del 1741). Se consideriamo la storia della schiavitù, ciò che stupisce non è la sua esistenza, ma la sua sparizione in un certo arco temporale, cioè dall’avvento del cristianesimo alla fine del Medioevo. Infatti lo schiavismo è un fenomeno costante e praticato in tutte le civiltà e i tempi. È il cristianesimo a essere un fenomeno del tutto imprevisto e controcorrente. Infatti si è ricominciato a praticare lo schiavismo appena si è allentato il legame dei popoli con la religione cattolica, apostolica, romana. Come si spiega questa particolarità del cattolicesimo?

Chesterton diceva che il cattolicesimo libera gli uomini dalla schiavitù di essere figli del proprio tempo. In effetti andare contro lo schiavismo nei secoli antichi e poi di nuovo dal XV secolo era considerato oscurantista («non siete al passo con i tempi») come la posizione della Chiesa di oggi quando denuncia l’immane tragedia dell’aborto (un miliardo di esseri umani «scomparsi» per legge). Significava e significa andare totalmente contro la mentalità dominante nel mondo. In effetti è proprio questo non essere determinati dalla mentalità del tempo che permette di vedere e denunciare il male in cui i tempi sono immersi. Fra l’altro in entrambi i casi – cioè quello dello schiavismo e quello della vita nascente – si verifica lo stesso fenomeno, ovvero la legge nega lo statuto di «persona» a certe categorie di esseri umani. Rivendicando quindi di avere su di esse il potere di vita e di morte. È (tristemente) celebre la sentenza del caso Dred Scott con cui, nel 1857, la Corte Suprema americana stabilì che: «I neri, a norma delle leggi civili, non sono persone». E stiamo parlando della più grande e antica democrazia del mondo.

di Antonio Socci – La Guerra contro Gesù, Ed. Rizzoli

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