Per liberarci dalle nostre schiavitù chiediamo aiuto al santo bevitore, l’irlandese Matt Talbot
Posté par atempodiblog le 4 août 2014
Il suo destino sembrava segnato sin dalla fanciullezza, nato e cresciuto in un ambiente fortemente dedito all’alcool, anche lui ne fu preda; fino ai 28 anni, in effetti fu un ostinato alcolizzato. Ma in un periodo in cui non esistevano comunità di recupero o terapeutiche, egli con la sola forza della fede ne uscì fuori, diventando da reietto della società, un luminoso esempio di operaio cristiano, di laico innamorato di Dio, di soccorritore dei più deboli.
Matthew Talbot nacque ad Aldborough, un sobborgo di Dublino in Irlanda il 2 maggio 1856, secondo dei dodici figli di Charles Talbot magazziniere di dogana ed Elizabeth Ragnal; dei fratelli tre non arrivarono all’adolescenza, per le povere condizioni della famiglia, che non poterono contrastare la grande mortalità infantile dell’epoca. L’ambiente familiare purtroppo risentiva del diffuso vizio del bere, caratteristico dell’Irlanda e della Gran Bretagna, Paesi produttori di ottimi e forti liquori e birra.
Il padre in particolare e alcuni figli maschi erano grandi lavoratori ma bevitori accaniti; la madre invece fervente cattolica, era capace di sacrificarsi per la famiglia come una martire.
Matt, come era chiamato in famiglia, crebbe libero e vagabondo fino agli 11 anni, non esistendo allora l’obbligo scolastico, ricevé un’infarinatura di studi per pochi mesi presso i Fratelli Cristiani, dove ebbe anche un’istruzione religiosa e fu preparato a ricevere i Sacramenti.
A 12 anni, fu mandato a lavorare come garzone in un locale per l’imbottigliamento della birra e ciò costituì la sua rovina, nemmeno adolescente prese a bere ad imitazione di quelli della sua famiglia; a 16 anni era già un alcolizzato cronico che non provava altro piacere che nel bere.
Cominciò pian piano a raffreddarsi nelle pratiche della vita cristiana e per lunghi sedici anni, si trovò in preda a questa dolorosa situazione, sciupando il suo denaro, facendosi dominare dai compagni, fino al punto da impegnare i suoi vestiti per procurarsi il denaro per la birra.
La mamma e la sorella Mary, non lo abbandonarono e continuarono a trattarlo con benevolenza, intensificando le loro preghiere e sacrifici per il recupero fisico e spirituale di Matteo. Il padre nel tentativo di sottrarlo al vizio, gli procurò un lavoro accanto a lui, alle dogane del porto egli si occupava anche delle importazioni di liquori, ed era consuetudine far sparire alcune bottiglie, dichiarandole infrante; così Matt cadde dalla padella nella brace, dalla birra passò agli alcolici forti.
Non era uno scansafatiche, anzi era apprezzato per il suo impegno; purtroppo però tutti suoi sforzi erano diretti a procurarsi da bere; la sera per ricevere un gallone di birra, custodiva i cavalli fuori le taverne; in chiesa andava ancora, ma più per abitudine che per vera fede.
In quel periodo in Irlanda, vari religiosi, in particolare i frati cappuccini, consci del degrado che l’alcool causava alla società, giravano per le località predicando la temperanza, avendo anche dei successi; essi invogliavano i disposti ad astenersi dal bere per tre mesi, facendo una solenne promessa nelle mani d’un prete; chi riusciva a mantenere l’impegno in quel periodo più duro, poteva rinnovarlo e diventando promotore anch’egli del recupero di altri alcolizzati, parenti e amici.
Nel 1884 Matt e i suoi fratelli Joe e Philip, rimasero disoccupati per molte settimane, e in tale indigenza un sabato sera si recarono fuori una taverna, dove solitamente i loro compagni passavano la serata, spendendo la paga settimanale bevendo allegramente; rimasero fuori in attesa di un invito a bere dei compagni, ma nessuno li invitò, anzi usarono con Matteo parole piene di ironia e pungenti, che costrinsero il giovane ad allontanarsi amareggiato e in preda allo sconforto.
Fu una svolta, aveva ormai 28 anni, e improvvisamente sentì la necessità di reagire a quella schiavitù che lo distruggeva nel fisico e nel morale; rientrato a casa disse alla madre stupita che non fosse ubriaco come al solito: “Adesso vado in chiesa a fare il voto di non bere più”.
Fu così che fece la promessa davanti a padre Keane, sacerdote del Collegio di Santa Croce, di non bere alcolici per tre mesi; si confessò e la domenica andò a Messa ricevendo dopo tanti anni, la Comunione; il lunedì successivo si recò a Messa alle 5 del mattino per poter essere al lavoro alle 6, e fu così per sempre tutti i giorni; le prime settimane furono terribili, sia per l’orario, sia per il desiderio dell’alcool, sia per l’attrattiva dei compagni che alla sera si recavano nelle osterie e birrerie; per evitare questa tentazione e di essere invitato; egli dopo il lavoro, si dirigeva in una chiesa e lì rimaneva a pregare fino alla chiusura.
Le preghiere della madre e della sorella avevano ottenuto la grazia implorata, trascorsi i tre mesi, rinnovò la promessa per un anno e poi per la vita, mantenendola ad ogni costo. In lui avvenne un totale cambiamento, non solo nel bere birra e alcool, ma soprattutto nello spirito, ritornò a Dio con l’entusiasmo di chi ha ritrovato la strada smarrita; guadagnò il suo salario con onestà e precisione, consegnava la paga alla madre, rimasta vedova e vivente con lui ed una parte la distribuiva ai poveri, trattenendo per sé lo stretto necessario.
Man mano imparò a leggere e scrivere, e quindi poté apprendere le Vite dei grandi santi, specie quelli del primo cristianesimo irlandese; con umiltà e il sorriso sulle labbra, divenne in mezzo ai colleghi di lavoro, con il suo esempio, un apostolo di vita cristiana, di pace e di concordia.
Dopo attenta riflessione e preghiera, rinunciò alla possibilità di sposarsi e scelse di consacrarsi da laico al Signore; si iscrisse al Terz’Ordine di San Francesco e si consacrò alla Madonna, secondo il metodo di S. Luigi de Montfort. La domenica ascoltava due Messe e trascorreva buona parte della giornata in chiesa, ogni giorno dopo la Messa mattutina, recitava il Rosario; portava sulle carni catenelle di penitenza, specie sotto il ginocchio, così da avvertirle di più durante la preghiera se inginocchiato; si sottoponeva a penitenze severe come il dormire su un’asse di legno e digiunare. Morta la madre, andò ad abitare in una stanza da solo, vicino alla sorella Mary, voleva essere povero come Gesù e nella stanza c’era solo un letto di ferro, un tavolo, una sedia, un Crocifisso.
Nel 1909 cambiò lavoro e passò alle dipendenze della T. & C. Martin, commercianti in legnami da costruzione, anche qui divenne l’apostolo dei suoi compagni di lavoro, dei quali condivise le gioie, le preoccupazioni, le richieste sindacali, li accompagnava a sera alle loro case come un fratello maggiore, li invitava ad una visita in chiesa per pregare insieme. Aiutava i missionari e fece studiare a sue spese alcuni aspiranti al sacerdozio; comprò le scarpe a vari operai che ne avevano bisogno, al sabato digiunava in onore della Madonna.
Nel 1923 fu ricoverato due volte in ospedale per problemi circolatori, i compagni fecero per lui una colletta; il 7 giugno 1925. domenica festa della SS. Trinità, mentre si recava ad assistere alla celebrazione della seconda Messa, un infarto lo fece accasciare nella strada privo di vita; portato all’ospedale si poté solo constatarne la morte, addosso portava il cilicio e non aveva alcun documento, soleva dire: “Dio mi riconoscerà comunque”; morì poverissimo, solo, ignoto, la salma fu riconosciuta dopo tre giorni dalla sorella che lo cercava.
L’11 giugno 1925, festa del Corpus Domini, si svolsero i funerali a cui parteciparono gli operai suoi colleghi. Già dopo qualche settimana, alla sua tomba affluivano molti fedeli e visitatori; tutta l’Irlanda conobbe la sua storia, grazie ad una biografia della quale si vendettero 120.000 copie; i Sindacati lo considerarono uno dei fondatori del Movimento dei Lavoratori Cristiani.
Nel 1931 si iniziò la causa di beatificazione e il 3 ottobre 1975, papa Paolo VI lo dichiarò venerabile. Oggi i suoi resti riposano nella Chiesa di Nostra Signora di Lourdes di Dublino. Quando sarà proclamato beato e santo, la numerosa categoria degli alcolizzati e drogati, avrà trovato un celeste patrono, a cui rivolgersi per risalire la china e convertirsi.
di Antonio Borrelli – Santi e beati
Tratto da: Il Timone
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