Riconoscere la Sua presenza a partire dai segni disponibili
Posté par atempodiblog le 3 juillet 2014
Tommaso si spinge fino a voler toccare ciò che altri avevano già visto; non ha creduto ai testimoni oculari, suoi amici.
Non fu rimproverato a Tommaso di aver voluto verificare toccando le ferite di Gesù, ma l’iniziale chiusura screditante la testimonianza di coloro che gli dicevano di aver visto il Signore vivo. Tommaso nel Vangelo odierno dice di non conoscere la via e Gesù la via gliela farà toccare: la via è Lui stesso, compresa la via della croce, con le sue ferite.
di Ruggero Sangalli – La nuova Bussola Quotidiana
[...] Un’imprecisa traduzione dal greco può avvalorare un’interpretazione che suggerisce l’idea che la vera fede sia quella che prescinde totalmente dai segni visibili. Invece quella di Gesù non è la richiesta di una fede cieca, ma la beatitudine di coloro che in umiltà riconoscono la Sua presenza a partire dai segni disponibili, credendo a testimoni affidabili: la fede della Chiesa. Il padre Ignace de la Potterie nota (in Storia e mistero. Esegesi cristiana e teologia giovannea) che Gesù, facendosi toccare le ferite da Tommaso, gli dice: «E non diventare incredulo, ma diventa credente» (Gv 20,27). Spesso lo troviamo tradotto con il verbo “essere” invece del verbo “diventare”. Tommaso infatti, otto giorni dopo la Pasqua, non era ancora ne’ l’uno ne’ l’altro. Scrivere: «E non essere incredulo, ma credente» svia un po’ dal testo originale, che suggerisce l’idea di un divenire derivante dall’incontro con Gesù risorto.
Senza l’incontro con la realtà del Dio vivente non si può cominciare a credere. Solo dopo che ha visto Gesù vivo, Tommaso può cominciare a diventare “credente”. Eliminando questo movimento, si sottintenderebbe che la fede consista in una decisione statica, da prendersi a cura dell’uomo. I primi annunciatori sono stati invece i testimoni oculari di un fatto. Il cristianesimo è diventato “anche” una religione, perché la notizia trasmessa riguarda il Dio già noto dalle Scritture, profetizzato ed atteso.
Al dunque Tommaso vede Gesù e sulla base di questa esperienza, rompe gli indugi. Se al diventare si sostituisce l’essere sembra quasi che a Tommaso sia richiesta una fede preliminare per accostarsi alle sue piaghe; ma così sarebbe la fede a creare la realtà da credere. Al contrario è Dio a rivelarsi, ferite comprese. Tommaso alla fine per Giovanni è un grande teologo. La verifica gli varrà un lapidario: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28). Gesù non è solo il maestro ed il messia, ma è il Signore Dio.
La predicazione dei primi apostoli non è stata ricca di sapienti parole e di ardite pastorali, ma capace, pur nei limiti dell’umana fragilità, di segni portentosi, a merito di Dio e non delle loro capacità. Sono i segni a dare conferma alle loro parole (Mc 16,20). I fatti nella spiritualità e nella fede cristiana non sono un intralcio, degli intrusi o concessioni all’umana debolezza: fanno parte dell’incarnazione.
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