Papa Luciani ricorda Leopoldo Mandic

Posté par atempodiblog le 12 mai 2014

«Peccatori siamo tutti» (papa Luciani)
Tratto da: La sua pazienza ci aspetta di Stefania Falasca, 30Giorni

Papa Luciani ricorda Leopoldo Mandic dans Sacramento della penitenza e della riconciliazione 2ldf1jn
La statua in bronzo a Medjugorje di San Leopoldo Bogdan Mandic, santo prottetore dei confessori, canonizzato il 16 ottobre 1983 (opera di Carmelo Puzzolo, Italiano), è stata messa nel 1998 vicino ai confessionali esterni

Salendo quassù per le vacanze, padre Cappello passava a Padova a far visita al cappuccino Leopoldo Mandic, il santo confessore che nel 1983 venne elevato agli onori degli altari. Anche padre Cappello era dunque andato ad inginocchiarsi davanti al piccolo frate di origine bosniaca, assaporando da penitente la stessa divina misericordia che a sua volta elargiva senza posa dai suoi confessionali. E come a padre Cappello, anche a Luciani era capitato di andare a confessarsi da lui. «È stato nel marzo del ’28», ricorda Edoardo, il fratello di Luciani. «L’Albino era piccolo, frequentava ancora il seminario minore a Feltre, e il padre Leopoldo era andato là in visita al seminario insieme al vescovo. Ascoltò diverse confessioni, tra cui anche quella di mio fratello. L’Albino conservò sempre una memoria vivissima di quell’incontro tanto che l’immaginetta di padre Leopoldo la portò poi sempre con sé». Anche la sorella Antonia ricorda questo episodio raccontatole dall’Albino: «Il padre Leopoldo lo confessò, gli prese poi il viso tra le mani e gli disse: “Sta’ tranquillo, e segui la tua strada”». Il 30 maggio 1976, da patriarca di Venezia, Luciani volle andare a celebrare la messa nella chiesa dei Cappuccini a Padova, proprio accanto alla celletta-confessionale del piccolo frate. Tutta l’omelia fu un ricordo commosso del padre Leopoldo e del modo con cui egli confessava. «Ecco», disse, «peccatori siamo tutti, lo sapeva benissimo il padre Leopoldo. Bisogna prendere atto di questa nostra triste realtà. Nessuno può a lungo evitare le mancanze piccole o grandi. “Però”, come diceva san Francesco di Sales, “se tu hai l’asinello, e per strada ti casca sul selciato, cosa devi fare? Mica vai là col bastone a spianargli le costole, poveretto, è già abbastanza sfortunato. Bisogna che tu lo prenda per la cavezza e dica: ‘Su, riprendiamo la strada. Adesso riprendiamo il cammino, faremo più attenzione un’altra volta’”. Questo è il sistema e padre Leopoldo questo sistema l’ha applicato in pieno. Un sacerdote, mio amico, che andava a confessarsi da lui, ha detto: “Padre, lei è troppo largo. Io mi confesso volentieri da lei, ma mi pare che sia troppo largo”. E padre Leopoldo: “Ma chi è stato largo, figlio mio? È stato il Signore ad essere largo; mica io sono morto per i peccati, è il Signore che è morto per i peccati. Più largo di così con il ladrone, con gli altri come poteva essere!”». E Luciani continuò dicendo: «Gesù da una parte si scontra col peccato, “vittima di espiazione per i peccati”, dall’altra parte non si scontra, ma s’incontra con i peccatori. Aprite le pagine del Vangelo, si scontra col peccato, dice Giovanni Battista: “Ecco l’agnello di Dio che toglie i peccati”. Leggete san Paolo: “È morto per i peccati”. Niente peccati! Il Signore non lo vuole il peccato. Dall’altra parte, però, quanta bontà! Quanta misericordia verso i peccatori!

Io mi commuovo quando penso che sì, Paolo VI ha fatto beato padre Leopoldo; però il primo canonizzato, il primo uomo proclamato davanti a tutta la gente santo, è stato un ladrone. Sulla croce Gesù ha detto: “Oggi stesso tu starai con me in Paradiso”. A un assassino, a un ladrone!… E quanta bontà! Dicevo, verso i peccatori! Quando gli han condotto l’adultera: “Donna, nessuno ti ha condannata?”. “Nessuno, Signore”. “Donna, neanch’io ti condanno. Va’ in pace e cerca di non farlo più”». E ritornando a padre Leopoldo, disse: «Lui ha copiato fedelmente questo aspetto di Gesù: anche lui, come Gesù, aveva paura del peccato, piangeva per il peccato, invece tutto il contrario con i peccatori. Uno una volta gli ha detto: “Padre, ma lei è tanti anni che confessa, ne ha sentite ormai di tutti i colori, a lei non fa più impressione il peccato”. “Cosa dice, signore? Ma io ogni momento tremo quando penso che gli uomini mettono a repentaglio la loro salute eterna per delle sciocchezze, per delle cose futili”. Tremava, piangeva per il peccato. Ma accoglieva il peccatore proprio come un fratello, un amico, per questo non pesava confessarsi da lui. È andata una volta una persona: erano vent’anni che non si confessava. Ha detto i suoi peccati. Quando ha finito, padre Leopoldo si è alzato in piedi, gli ha preso le mani e lo ha ringraziato: “Grazie, grazie che è venuto da me, ha accettato che sia io a raccogliere il suo pentimento dopo tanti anni”. Era lui, capite, che ringraziava!… Ecco cosa è stato, cos’è padre Leopoldo per noi, lo specchio della bontà del Signore». A questa stessa bontà Luciani si riferiva continuamente. A questa rimanderà sempre. Anche in quelle poche udienze generali che ha fatto alla sede di Pietro come vicario di Cristo. «Quanta bontà, quanta misericordia bisogna avere, e anche quelli che sbagliano…». Così quel 6 settembre del ’78, nella sua prima udienza generale. E quando fece quell’accenno all’umiltà, tutti percepirono che nasceva dalla coscienza di essere miseri peccatori e dall’esperienza vissuta del perdono: «Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore che ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l’umiltà che a volte permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che li hanno commessi questi peccati, dopo pentiti restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi angeli quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto cose grandi, dite: “Siamo servi inutili”.

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