Un fiore di Lucca: la beata Elena Guerra

Posté par atempodiblog le 11 avril 2014

Un fiore di Lucca: la beata Elena Guerra
di Maurizio Schoepflin – Radici Cristiane

Un fiore di Lucca: la beata Elena Guerra dans Stile di vita 21twya

Fondatrice delle oblate dello Spirito Santo, beatificata il 26 aprile del 1959 (la sua fu la prima beatificazione di Papa Giovanni XXXIII), Elena Guerra nacque a Lucca il 23 giugno del 1835 da una famiglia agiata della media borghesia. Fu un’autodidatta, perché a quell’epoca alle fanciulle non veniva assicurata un’istruzione, ed Elena invece era profondamente assetata di cultura e convinta che essa fosse importante anche per le donne: così imparò da sola l’italiano, il francese, la musica, la pittura, il ricamo e addirittura il latino, ascoltando di nascosto le lezioni che venivano impartite al fratello Almerico, che diventerà tra l’altro una figura eminente del clero lucchese.

Primi frutti al servizio di Dio
Nel 1856, a poco più di vent’anni, dette vita al “Giardinetto di Maria” e poi alle “Amicizie spirituali”, due aggregazioni femminili laicali finalizzate all’aiuto e al sostegno reciproco tra giovani donne. A diciannove anni Elena fu colpita da una grave malattia che la costrinse a un lungo periodo di immobilità, durante il quale accarezzò l’idea di abbracciare la vita contemplativa in un monastero. Poi però, una volta guarita, rivide questo suo proposito e si mise a studiare e a viaggiare: nel 1870 assisté in Roma a una seduta del Concilio Vaticano I. Fondò nella sua città l’Istituto di Santa Zita, una comunità femminile dedita alla vita attiva e senza professione di voti, costituita da volontarie, chiamate affettuosamente dai lucchesi “Zitine”, che si occupavano dell’istruzione e dell’educazione delle fanciulle. In quella comunità fu accolta pure colei che poi diventerà santa Gemma Galgani. I primi dieci anni di questa attività si svolsero in mezzo all’incomprensione di tutti, del popolo, del vescovo, del clero e della sua stessa famiglia.

Le Suore Oblate dello Spirito Santo
Dal 1882 la beata iniziò la vita in comunità, lasciando la propria casa, e ottenne il riconoscimento della sua congregazione, le “Suore Oblate dello Spirito Santo”. Compito specifico delle figlie di Elena Guerra era quello di essere “anime in ascolto sempre docili ad ogni soffio della Grazia” per diffondere nel mondo la devozione allo Spirito Santo. Convinta che la stampa potesse e dovesse avere una funzione primaria e indispensabile a favore della Chiesa, cominciò a pubblicare i suoi “librini”, nei quali affrontava vari temi riguardanti in particolare il mondo delle donne. Fu anche convinta assertrice della necessità di un ritorno da parte della Chiesa a una spiritualità più forte, da conseguire attraverso il recupero e l’approfondimento della devozione allo Spirito Santo. La Guerra si sentiva profondamente illuminata e sostenuta dal seguente nucleo di verita: «L’incarnazione è opera del Divino Amore, l’immolazione di Gesù sul Calvario è opera del Divino Amore, l’istituzione dell’adorabile Eucaristia (chi può dubitarne?) è opera del Divino Amore». La sorreggeva la certezza che lo Spirito Santo è una presenza ineffabile e nello stesso tempo dinamica.

Il Cenacolo permanente
L’allora vescovo di Lucca monsignor Giovanni Volpi la incoraggiò non solo a pubblicare i suoi scritti, ma anche a recarsi a Roma, dove Elena fu ricevuta in udienza dal Papa Leone XIII. Al Papa ella stessa del resto aveva scritto ripetutamente perché venissero prese delle decisioni utili a favorire un ritorno allo Spirito Santo, del quale tutti, predicatori compresi, ad avviso della beata, si erano dimenticati. Al Santo Padre la Guerra disse: «Io non sono altro che un misero portavoce di un’anima che fa bene orazione, e alla quale si può prudentemente credere che Dio talvolta manifesti i suoi voleri». Quando il pontefice emanò l’enciclica sullo Spirito Santo, Divinum illud munus, la beata fondò il “Cenacolo Permanente”, un’associazione di religiosi e laici volta alla preghiera comune, soprattutto liturgica. Tra il 1905 e il 1906 Elena visse un periodo di grande difficoltà e di immenso dolore: venne accusata di aver dilapidato tutto il patrimonio della congregazione per realizzare le sue pubblicazioni, e dunque di avere esercitato una cattiva amministrazione; in seguito a questo pesante addebito le autorità ecclesiastiche la invitarono a lasciare la carica di superiora e a smettere di pubblicare. Elena fu costretta a sottomettersi e passò il resto della vita nel silenzio e nell’inazione, sostenuta solo dalle consorelle più fedeli ma soprattutto dalla convinzione interiore che bisogna sempre saper offrire l’esempio dell’amore totale e incondizionato. Per questo non vacillò mai e seppe accettare ogni ingiustizia e umiliazione. Subito dopo la morte, la città la considerò santa e nel 1930 si aprì il processo per la sua beatificazione. Il messaggio profetico di Elena Guerra è attualissimo e imponente la ricchezza della sua eredità spirituale. Terminiamo ricordando una simpatica curiosità: l’Acadèmie Parisienne ha inserito il nome della beata lucchese fra i propri membri, perché la Guerra fu l’inventrice e la realizzatrice dell’Orologio Eucaristico, un apparecchio che permette di individuare immediatamente le zone geografiche della terra in cui viene celebrata nella stessa ora la Santa Messa.

Publié dans Stile di vita | Pas de Commentaire »

Ricchi o poveri nel cuore

Posté par atempodiblog le 9 avril 2014

Ricchi o poveri nel cuore dans Citazioni, frasi e pensieri 10p0ro7

Possedere del veleno ed essere avvelenati non è la stessa cosa: i farmacisti possiedono quasi sempre del veleno per servirsene in varie circostanze, ma non per questo sono avvelenati; non hanno il veleno nel corpo, ma nel laboratorio. Allo stesso modo puoi possedere ricchezze senza esserne avvelenata: questo se lo hai in casa o nel portafoglio, ma non nel cuore.

Essere ricco di fatto e povero nel cuore è una gran fortuna per il cristiano; in tal modo ha gli agi della ricchezza in questo mondo e il merito della povertà per l’altro!

Sai, Filotea? Nessuno al mondo vorrà mai ammettere di essere avaro! Tutti negano di essere contagiati da questo tarlo che inaridisce il cuore. Chi adduce a scusa il pesante fardello dei figli, chi la necessità di crearsi una posizione solida. Non si possiede mai abbastanza; si scopre sempre un motivo per avere di più: quelli poi che sono avari più degli altri, non ammetteranno mai di esserlo, e il bello è che, in coscienza, sono proprio convinti di non esserlo! L’avarizia è una febbre maligna, che più è forte e bruciante e più rende insensibili.

Mosè vide la fiamma che bruciava un cespuglio senza consumarlo; al contrario il fuoco dell’avarizia, consuma e divora l’avaro senza mai bruciarlo. Tra gli ardori e i calori più forti, egli si vanta di provare la più riposante freschezza di questo mondo, e ritiene la sua sete insaziabile una sete naturale e piacevole.

Se desideri lungamente, ardentemente e con ansia i beni che non possiedi, hai un bel dire che non li vuoi acquistare ingiustamente. Non sarà per questo che cesserai di essere un autentico avaro. Chi brama di bere con arsura, con insistenza e con ansia, anche se desidera bere solo acqua, dimostra chiaramente di aver la febbre.

Filotea, non so fino a che punto sia un giusto desiderio voler possedere giustamente quello che un altro giustamente già possiede; con questo desiderio noi vogliamo fare il comodo nostro incomodando gli altri. Chi già possiede giustamente un bene, non ha forse più ragioni di conservarlo giustamente, che noi di volerglielo portar via giustamente? E perché vogliamo allungare il nostro desiderio sul suo bene per portarglielo via? Ma anche volendo supporre che questo nostro desiderio sia giusto per davvero, di sicuro non è caritatevole; è certo che noi saremmo molto contrariati se qualcuno, anche giustamente volesse impadronirsi di quello che giustamente possediamo noi! Questo è il peccato di Acab, che voleva impossessarsi giustamente della vigna di Nabot, mentre Nabot giustamente voleva conservarla. La desiderò con tanto ardore, così a lungo e tormentandosi che finì con l’offendere Dio.

Tratto da: Filotea di San Francesco di Sales

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Fede, morale e teologia, Libri, Riflessioni, San Francesco di Sales, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Contrizione e confessione

Posté par atempodiblog le 9 avril 2014

Contrizione e confessione dans Fede, morale e teologia Confessare

«Ogni fedele, raggiunta l’età della discrezione, è tenuto all’obbligo di confessare fedelmente i propri peccati gravi, almeno una volta nell’anno». Colui che è consapevole di aver commesso un peccato mortale non deve ricevere la santa Comunione, anche se prova una grande contrizione, senza aver prima ricevuto l’assoluzione sacramentale. Inoltre, la chiesa raccomanda vivamente la confessione regolare dei peccati veniali, perché ci aiuta a formare la coscienza, a lottare contro le cattive inclinazioni, a lasciarci guarire da Cristo, a progredire nella vita dello Spirito.

L’appello di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un impegno continuo per tutta la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori e che, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, incessantemente si applica alla penitenza e al suo rinnovamento (cfr. Lumen Gentium 8). Questo è il dinamismo del «cuore contrito» (Sal 51,19), attirato e mosso dalla grazia (cfr. Gv 6,44; 12,32) a rispondere all’amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,10).

Il dinamismo della conversione e della penitenza è stato meravigliosamente descritto da Gesù nella parabola detta «del figlio prodigo» il cui centro è «il padre misericordioso»: il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono della casa paterna; la miseria estrema nella quale il figlio viene a trovarsi dopo aver dilapidato la sua fortuna; l’umiliazione profonda di vedersi costretto a pascolare i porci, e, peggio ancora, quella di desiderare di nutrirsi delle carrube che mangiavano i maiali; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevole davanti a suo padre; il cammino del ritorno; l’accoglienza generosa da parte del padre; la gioia del padre: ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa, piena di gioia che è la vita dell’uomo che ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa. Soltanto il cuore di Cristo, che conosce le profondità dell’amore di suo Padre, ha potuto rivelarci l’abisso della sua misericordia in una maniera così piena di semplicità e di bellezza.
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1428; 1439; 1458.

Tratto da: San Josemaría Escrivá 

Confidare nel potere di Dio
In questa giostra d’amore, le cadute non devono avvilirci, ancorché fossero gravi, purché ci rivolgiamo a Dio nel Sacramento della Penitenza con dolore sincero e proposito retto. Il cristiano non è un collezionista fanatico di certificati di servizio senza macchia. Gesù Nostro Signore, che tanto si commuove dinanzi all’innocenza e alla fedeltà di Giovanni, si intenerisce allo stesso modo, dopo la caduta di Pietro, per il suo pentimento. Gesù, che comprende la nostra fragilità, ci attrae a sé guidandoci come per un piano inclinato ove si sale a poco a poco, giorno per giorno, perché desidera che il nostro sforzo sia perseverante.

di San Josemaría Escrivá de Balaguer

Publié dans Fede, morale e teologia, Sacramento della penitenza e della riconciliazione, San Josemaria Escriva' de Balaguer | Pas de Commentaire »

“Una riparazione al Padre Tuo”

Posté par atempodiblog le 9 avril 2014

“Una riparazione al Padre Tuo” dans Citazioni, frasi e pensieri 208z443

“O Gesù, quanto profondamente rimane ferita un’anima quando essa cerca sempre di essere sincera ed invece l’accusano di ipocrisia e la trattano con diffidenza. O Gesù, anche Tu hai sofferto per questo, per dare una riparazione al Padre Tuo”.

Santa Faustina Kowalska

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Santa Faustina Kowalska | Pas de Commentaire »

Papa Francesco: la misericordia di Dio è una carezza sulle ferite dei nostri peccati

Posté par atempodiblog le 7 avril 2014

La misericordia divina è una grande luce di amore e di tenerezza, è la carezza di Dio sulle ferite dei nostri peccati: è quanto ha affermato Papa Francesco durante la Messa presieduta stamani a Santa Marta.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Papa Francesco: la misericordia di Dio è una carezza sulle ferite dei nostri peccati dans Fede, morale e teologia 21jbuw6

Il Vangelo dell’adultera perdonata ha dato lo spunto al Papa per spiegare cosa sia la misericordia di Dio. L’episodio è noto: i farisei e gli scribi portano a Gesù una donna sorpresa in adulterio e gli chiedono cosa farne, visto che la legge di Mosè prevedeva la lapidazione, in quanto peccato considerato gravissimo. “Il matrimonio – afferma il Papa – è il simbolo ed è anche una realtà umana del rapporto fedele di Dio col suo Popolo. E quando si rovina il matrimonio con un adulterio, si sporca questo rapporto di Dio con il popolo”. Ma gli scribi e i farisei pongono questa domanda per avere motivo di accusarlo: “Se Gesù avesse detto ‘Sì, sì, vai avanti con la lapidazione’, avrebbero detto alla gente: ‘Ma questo è il vostro maestro tanto buono… Guardate cosa ha fatto con questa povera donna!’. E se Gesù avesse detto: ‘No, poveretta! Perdonatela!’, avrebbero detto ‘non compie la legge!’ … A loro non importava la donna; non importavano gli adulteri, forse qualcuno di loro era adultero… Non importava! Soltanto importava fare una trappola a Gesù!”. Di qui la risposta del Signore: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei!”. Il Vangelo, con una “certa ironia”, dice che gli accusatori “se ne andarono, uno per uno, cominciando dai più anziani’. Si vede – osserva il Papa – che questi nella banca del cielo avevano un bel conto corrente contro di loro”. E Gesù resta da solo con la donna, come un confessore, dicendole: “Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? Dove sono? Siamo soli, tu ed io. Tu davanti a Dio, senza le accuse, senza le chiacchiere. Tu e Dio! Nessuno ti ha condannata?”. La donna risponde: “Nessuno, Signore!”, ma non dice: “E’ stata una falsa accusa! Io non ho fatto adulterio!”, “riconosce il suo peccato”. E Gesù afferma: “Neanche io ti condanno! Va’, va’ e d’ora in poi non peccare più, per non passare per un brutto momento come questo; per non passare tanta vergogna; per non offendere Dio, per non sporcare il bel rapporto fra Dio e il suo popolo”. « Gesù perdona! – afferma il Papa – Ma qui è qualcosa di più del perdono »:

“Gesù passa la legge e va oltre. Non le dice: ‘Non è peccato l’adulterio!’. Non lo dice! Ma non la condanna con la legge. E questo è il mistero della misericordia. Questo è il mistero della misericordia di Gesù”.

“La misericordia – osserva Papa Francesco – è qualcosa di difficile da capire”:

“’Ma, Padre, la misericordia cancella i peccati?’. ‘No! Quello che cancella i peccati è il perdono di Dio!’. La misericordia è il modo come perdona Dio. Perché Gesù poteva dire: ‘Io ti perdono. Vai!’, come ha detto a quel paralitico che gli avevano condotto dal soffitto: ‘I tuoi peccati ti sono perdonati!’. Qua dice: ‘Vai in pace!’. Gesù va oltre. Le consiglia di non peccare più. Qui si vede l’atteggiamento misericordioso di Gesù: difende il peccatore dai suoi nemici; difende il peccatore da una condanna giusta. Anche noi, quanti di noi, forse dobbiamo andare all’inferno, quanti di noi? E quella è giusta, la condanna… e Lui perdona oltre. Come? Con questa misericordia!”.

“La misericordia – afferma il Papa – va oltre e fa la vita di una persona di tal modo che il peccato sia messo da parte. E’ come il cielo”:

“Noi guardiamo il cielo, tante stelle, tante stelle; ma quando viene il sole, al mattino, con tanta luce, le stelle non si vedono. E così è la misericordia di Dio: una grande luce di amore, di tenerezza. Dio perdona non con un decreto, ma con una carezza, carezzando le nostre ferite del peccato. Perché Lui è coinvolto nel perdono, è coinvolto nella nostra salvezza. E così Gesù fa il confessore: non la umilia, non le dice ‘Cosa hai fatto, dimmi! E quando lo ha fatto? E come lo hai fatto? E con chi lo hai fatto?’. No! ‘Va’, va’ e d’ora in poi non peccare più!’. E’ grande la misericordia di Dio, è grande la misericordia di Gesù. Perdonarci, carezzandoci!”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Misericordia, Papa Francesco I, Perdono | Pas de Commentaire »

Novena a Santa Kateri Caterina Takakwitha (dall’8 al 16 aprile)

Posté par atempodiblog le 7 avril 2014

Novena a Santa Kateri Caterina Takakwitha (dall'8 al 16 aprile) dans Preghiere Santa-Caterina-Tekakwitha

“I cristiani hanno sempre subito la derisione e il disprezzo perché professano una fede che spesso è in contrasto con gran parte della società. La loro patrona è la beata Kateri Tekakwitha, maltrattata così aspramente dai parenti e dai membri della sua tribù da trovare pace solo abbandonando la sua casa nello stato di New York e trasferendosi a 120 km di distanza, in un villaggio indiano nel Quebec”.
Tratto da: Un santo per ogni occasione

Kateri, figlia prediletta, fiore degli Algonquin e giglio dei Mohawk, veniamo a chiedere la tua intercessione in questa nostra presente necessità.

(Breve pausa per  formulare in silenzio le proprie richieste)

Ammiriamo le virtù che adornarono la tua anima: amore per Dio e per il prossimo, umiltà, obbedienza, pazienza, purezza e spirito di sacrificio. Aiutaci ad imitare il tuo esempio nel nostro stato di vita. Per la bontà e misericordia di Dio, che ti ha benedetta con tante grazie che ti condussero alla vera fede e ad un alto grado di santità, prega Dio per noi e aiutaci.
Ottienici una vera devozione alla Santa Eucarestia così che possiamo amare la Santa Messa come te e ricevere la Santa Comunione tutte le volte che possiamo. Insegnaci ad essere devoti al nostro crocifisso Salvatore come lo eri tu, affinchè possiamo sopportare serenamente le nostre croci quotidiane per amore di Colui che tanto patì per amore nostro. Più di tutto ti preghiamo perchè possiamo evitare il peccato, vivere santamente e salvare le nostre anime. Amen.

In ringraziamento al Signore per le grazie concesse a Kateri:
- Padre Nostro, Ave Maria, tre Gloria al Padre
- Kateri, fiore degli Algonquin e giglio dei Mohawk – prega per noi

Publié dans Preghiere, Santa Kateri Tekakwitha, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Domandare a Dio…

Posté par atempodiblog le 7 avril 2014

Domandare a Dio... dans Citazioni, frasi e pensieri j12fl1

“[…] domandare a Dio più umiltà che umiliazioni, più pazienza che sofferenza, più volontà che opere, più amore che azioni, più abbandono che ordini, più fatti che parole, più applicazione alla santità che alla salute”.

Dal diario di Santa Bernadette Soubirous

2e2mot5 dans Diego Manetti  Novena a Santa Bernadette (dal 7 al 15 aprile)

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Lourdes, Santa Bernadette Soubirous | Pas de Commentaire »

Una virtù che nel caso specifico era da riprovare

Posté par atempodiblog le 7 avril 2014

Una virtù che nel caso specifico era da riprovare dans Citazioni, frasi e pensieri San-Francesco-di-Sales

Agli inizi, S. Bernardo era rigido e rude con coloro che si ponevano sotto la sua direzione: diceva loro, per prima cosa, che era necessario abbandonare il corpo per continuare verso di Lui solo con lo spirito. Quando ascoltava le loro confessioni, aggrediva con tale severità ogni loro difetto, per piccolo che fosse, e faceva pressioni con tanta forza su quei poveri principianti, che volendo spingerli con troppa forza verso la perfezione, finiva per farli rinunciare e tornare indietro. Sotto quelle pressioni ininterrotte si scoraggiavano e si sentivano incapaci di affrontare una salita così ripida e così lunga.

Se rifletti un po’, Filotea, giungi alla conclusione che si trattava di uno zelo molto bruciante di un’anima perfetta che consigliava a quel grande santo quel tipo di metodo. Quello zelo era senz’altro una grande virtù in sé, ma una virtù che pur essendo tale, nel caso specifico era da riprovare. Dio stesso gli apparve e lo corresse e colmò la sua anima di uno spirito dolce, soave, amabile e tenero, che lo resero totalmente un altro. Si accusò di essere troppo rigido e severo e si trasformò in un uomo tanto cordiale e arrendevole con tutti, da potergli applicare il detto: Tutto a tutti, per conquistare tutti”.

Tratto da: Filotea di San Francesco di Sales

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Libri, Misericordia, Riflessioni, Sacramento della penitenza e della riconciliazione, Sacramento dell’Ordine, San Francesco di Sales, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Discrezione e dolcezza

Posté par atempodiblog le 7 avril 2014

Discrezione e dolcezza dans Citazioni, frasi e pensieri 14vjls7

O Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, ora la tua grazia mi apre tutto ad accogliere, comprendere e praticare le divine parole: “Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore”, e voglio divenirlo sempre più, secondo il divin Cuore di Gesù. Non solo verso il mio caro prossimo, e anche verso me stesso, come mi suggerisce il santo della discrezione e della dolcezza, ma innanzi tutto e soprattutto verso te stesso, o Dio Figlio, verso Te stesso Dio Spirito Santo, voglio essere mite e umile di cuore!

Beato Giustino M. Russolillo

Publié dans Citazioni, frasi e pensieri, Don Giustino Maria Russolillo, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il Segno di Croce

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Il Segno di Croce
di Giorgio M. G. Locatelli

Il Segno di Croce dans Fede, morale e teologia Maria-Immacolata

Il Segno di Croce è di un’ importanza fondamentale per noi cattolici ma tende ad essere ormai considerato per lo più come quel gesto meccanico, di proforma, di saluto formale da compiere entrando in chiesa o prima della preghiera. In realtà non è così: sotto a questa semplice gestualità si nasconde un tesoro dimenticato, una vera e propria professione di Fede.

Il segno è una cosa visibile che ne indica un’ altra, come ad esempio il fumo è il segno del fuoco e le parole sono i segni del pensiero.

Per manifestare la fede  i cattolici hanno sempre usato dei segni come ad esempio, la genuflessione davanti al SS. Sacramento, lo scoprirsi il capo, o l’ inchinarsi davanti alle immagini di Dio, del Crocifisso, dei Santi ma il segno speciale sin dai tempi apostolici distintivo ed unico dei cristiani, fu il Segno di Croce.

Oggi lo facciamo male e senza pensarci ma come deve essere fatto e quali pensieri caritatevoli lo devono accompagnare?

Il segno della Santa Croce si fa nel modo seguente: si mette la mano destra alla fronte dicendo; «in nome del Padre» — poi al petto dicendo; e del Figliuolo» — quindi alla spalla sinistra ed  alla destra dicendo: «e dello Spirito Santo». Così sia.

In questo modo confessiamo alcune verità di Fede particolari:

 1.  che vi sono Tre divine Persone; la ragione è chiara: i nomi Padre, Figliuolo e Spirito Santo sono appunto quelli delle Tre divine persone, ossia la SS. Trinità.

 2.  che Gesù Cristo ci ha redenti con la Sua morte in croce; sulla croce Gesù Cristo è morto per redimerci, vale a dire, per liberarci dai nostri peccati, e farci eternamente salvi. Per questo il Segno della Croce è il segno della nostra redenzione.

Quando facciamo il segno della Santa Croce è come se dicessimo « Io credo che Gesù Cristo mi ha redento con la Sua morte sulla croce ». Col segno della Santa Croce il cristiano fa dunque una breve confessione di tre grandi misteri:

1. della Trinità.

2. della Passione del Salvatore.

3. della Remissione dei peccati per la quale noi siamo trasportati dalla sinistra della maledizione alla destra della benedizione. (S. FRANC. SALES. Stend. della Croce, 1. 3. c. 1).

Oltre a ciò:

—  Segnandoci la fronte noi dichiariamo di credere come vero, col nostro intelletto, tutto ciò che Dio ha rivelato, ed insieme, di consacrare a Lui tutti i nostri pensieri.

—  Segnandoci il petto dichiariamo di amare Iddio con tutto il nostro cuore e di offrire a Lui tutti i nostri desideri, tutte le nostre brame.

 — Segnandoci le spalle ci dichiariamo pronti a prendere sopra di noi il giogo della Santa Legge di Dio e di osservarla fedelmente, dichiarando di voler eseguire tutte le nostre opere, sopportando tutte le nostre fatiche per amor Suo.

Non è stupendo e caro al cuore il nostro Segno di Croce, rivisto nella sua vera ottica di professione di Fede?

Facciamolo quindi spesso e volontieri; la mattina appena svegli, la sera prima di coricarsi, prima e dopo l’orazione, prima e dopo il pasto, prima e dopo lo studio e il lavoro e prima di qualunche cosa intendiamo fare, perchè ogni bene ci deriva dalla SS. Trinità e dalla morte di Gesù Cristo.

Facciamolo soprattutto nel momento della tentazione: è cosa certa che il demonio fugga alla semplice vista della Croce sinonimo della sua imperitura sconfitta.

Teniamo presente però che per avere questa certezza il Segno di Croce deve essere eseguito a modo, cioè con rispetto, devozione e Fede,  riflettendo con attenzione sulle parole e sui significati spiegati. Fatto in questo modo e non distrattamente, il Segno di Croce vi attirerà le divine benedizioni e sarà passaporto di salvezza!

Publié dans Fede, morale e teologia, Segno della Croce | Pas de Commentaire »

Giovani fiamminghi intervistano il Papa: “Tutti siamo fratelli, credenti e non credenti”

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Ha  fatto il giro del mondo l’intervista rilasciata da Papa Francesco ad alcuni  ragazzi belgi il 31 marzo scorso presso lo studio del Palazzo Apostolico in Vaticano e trasmessa giovedì sera dalla Tv pubblica fiamminga del Belgio VRT. L’iniziativa è nata da un progetto di comunicazione della Pastorale giovanile  delle Fiandre: i ragazzi, accompagnati da mons. Lucas Van Looy, vescovo di Gent,  porgono le loro domande in inglese e il Papa risponde in italiano.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Giovani fiamminghi intervistano il Papa: “Tutti siamo fratelli, credenti e non credenti”  dans Fede, morale e teologia qpngpg

E’ stato un incontro allegro e familiare, in un clima di grande semplicità: tra i giovani c’è anche una ragazza non credente che dice di essere ispirata dalle parole di Papa Francesco. Chiedono innanzitutto perché abbia accettato questa intervista. Il Papa risponde che per lui è un servizio prezioso parlare all’inquietudine dei giovani. Poi, una domanda a bruciapelo: “Lei è felice? E perché?”:

“Assolutamente! Assolutamente [ride] sono felice! … E anche è una felicità tranquilla, perché a questa età non è la stessa felicità di un giovane, c’è una differenza. Ma una certa pace interiore, una pace grande, felicità, che viene con l’età, anche. E anche con una strada che sempre ha avuto problemi. Anche adesso ci sono i problemi, ma questa felicità non va via con i problemi, no: vede i problemi, li soffre e poi va avanti, fa qualcosa per risolverli e va avanti. Ma nel profondo del cuore c’è questa pace e questa felicità. E’ una grazia di Dio, per me, davvero. E’ una grazia. Non è merito proprio”.

I ragazzi chiedono il motivo del suo grande amore per i poveri: “Perché è il cuore del Vangelo”, risponde il Papa:

“Per me, il cuore del Vangelo è dei poveri. Ho sentito, due mesi fa, che una persona ha detto, per questo: ‘Ma, questo Papa è comunista!’. E no! Questa è una bandiera del Vangelo, non del comunismo: del Vangelo! Ma la povertà senza ideologia, la povertà … E per questo io credo che i poveri sono al centro dell’annuncio di Gesù. Basta leggerlo. Il problema è che poi questo atteggiamento verso i poveri alcune volte, nella storia, è stato ideologizzato”.

La ragazza non credente chiede al Papa quale messaggio abbia per tutti i giovani:

“Tutti siamo fratelli. Credenti, non credenti, o di questa confessione religiosa o dell’altra, ebrei, musulmani … tutti siamo fratelli! L’uomo è al centro della storia, e questo per me è molto importante: l’uomo è al centro. In questo momento della storia, l’uomo è stato buttato via dal centro, è scivolato verso la periferia, e al centro – almeno in questo momento – è il potere, il denaro e noi dobbiamo lavorare per le persone, per l’uomo e la donna, che sono l’immagine di Dio”.

Oggi, ha proseguito il Papa, “siamo entrati in una cultura dello scarto”: “sono cacciati via i bambini – non vogliamo bambini, meno, famiglie piccole: non si vogliono i bambini –, sono cacciati via gli anziani: tanti anziani muoiono per una eutanasia nascosta, perché non si ha cura di loro e muoiono. E adesso sono cacciati via i giovani”. E ha ricordato che in Italia la disoccupazione giovanile dai 25 anni in giù è quasi del 50 per cento. Ma ricordando i suoi
incontri con alcuni giovani politici argentini, ha affermato di avere fiducia in loro e nella loro voglia di concretezza:

“E sono contento perché loro, siano di sinistra, siano di destra, parlano una nuova musica, con una nuova musica, un nuovo stile di politica. E quello a me dà speranza. E io credo che la gioventù, in questo momento, deve prendere la luce e andare avanti. Che siano
coraggiosi! Questo a me dà speranza”.

Ad una domanda sulla ricerca di Dio, il Papa risponde:

“Quando l’uomo trova se stesso, cerca Dio. Forse, non riesce a trovarlo, ma va su una strada di onestà, cercando la verità, per una strada di bontà e una strada di bellezza … è su una buona strada e troverà Dio sicuro! Tardi, prima, ma lo troverà. Ma il cammino è lungo e alcune persone non lo trovano, nella vita. Non lo trovano coscientemente. Ma sono tanto veri e onesti con se stessi, tanto buoni e tanto amanti della bellezza, che alla fine hanno una personalità molto matura, capace di un incontro con Dio, che è sempre una grazia. Perché l’incontro con Dio è una grazia”.

Un giovane gli chiede cosa gli abbiano insegnato i suoi errori. Papa Francesco afferma che gli sbagli sono “grandi maestri di vita”:

“Grandi maestri: ti insegnano tanto. Anche ti umiliano, perché uno può sentirsi un superuomo, una superdonna … e tu sbagli e questo ti umilia e ti mette al tuo posto. Io non direi che io da tutti i miei sbagli ho imparato: no, credo che da alcuni non ho imparato perché sono testardo [ride] e non è facile imparare. Ma da tanti sbagli ho imparato e questo mi ha fatto bene, mi ha fatto bene. E anche riconoscere gli sbagli. Ho sbagliato qui, ho sbagliato là, sbaglio là … E anche essere attento per non tornare allo stesso sbaglio”.

Una ragazza gli chiede: “Ha un esempio concreto di come ha imparato da uno sbaglio?”:

“Per esempio, nella conduzione della vita della Chiesa: io sono stato nominato superiore molto giovane e ho fatto tanti sbagli con l’autoritarismo, per esempio. Io ero troppo autoritario: a 36 anni … E poi, ho imparato che si deve dialogare, si deve sentire cosa pensano gli altri … Ma non è stato imparato una volta per sempre! E’ lunga la strada”.

Arriva poi un’altra domanda a bruciapelo: “Di che cosa ha paura lei?”:

“Eh, di me stesso! [ride] Paura … ma guarda, nel Vangelo, Gesù ripete tanto: ‘Non abbiate paura! Non abbiate paura!’… Ma, tante volte, lo dice, no? E perché? Perché lui sa che la paura è una cosa direi ‘normale’. Noi abbiamo paura della vita, abbiamo paura davanti alle sfide, abbiamo paura davanti a Dio. Tutti abbiamo paura, tutti. Tu non devi preoccuparti di avere paura. Ma devi sentire quello, ma non avere paura e poi pensare: ‘Perché ho paura?’. E davanti a Dio e davanti a te stessa cercare di chiarire la situazione o chiedere aiuto a un altro. Ma la paura non è una buona consigliera, perché ti consiglia male”.

Quindi spiega che “c’è la paura cattiva e la paura buona. La paura buona è come la prudenza”: aiuta a non farci cadere. E c’è la paura cattiva: quella che ti annulla e non ti lascia fare qualcosa. E bisogna rifiutarla.

Infine, l’ultima domanda dei giovani al Papa è particolare: “Lei ha una domanda per noi?”:

“Non è originale, la domanda che io  voglio farvi. La prendo dal Vangelo. Dove è il tuo tesoro? Questa è la domanda. Dove riposa il tuo cuore? Su quale tesoro riposa il tuo cuore? Perché dove è il tuo tesoro sarà la tua vita … Questa è la domanda che io farò, ma dovrete risponderla a voi stessi, da soli [ride] a casa vostra …”.

Publié dans Fede, morale e teologia, Papa Francesco I, Riflessioni, Stile di vita | Pas de Commentaire »

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Santuario di San Giovanni Nepomuceno

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale dans Articoli di Giornali e News Santuario

A poco meno di un centinaio di chilometri da Praga si trova la cittadina Žďár nad Sázavou. Sopra una bella collina ricca di boschi si trova la Chiesa di San Giovanni Nepomuceno, una delle più originali chiese cristiane. In riconoscimento del suo valore unico, l’intero complesso della Chiesa del pellegrinaggio di San Giovanni Nepomuceno a Zelena Hora è stato posto sulla prestigiosa lista UNESCO del Patrimonio Mondiale nel 1994. La pianta della chiesa ha una forma insolita: è una stella a cinque punte. La realizzazione di questo capolavoro architettonico fu opera di Giovanni Biagio Santini-Aichl.

Altra peculiarità dell’edificio è data dalla sua forma gotica, e dalle finestre come pure dagli archi ogivali. Tutti questi elementi vennero utilizzati al fine di creare la tipica atmosfera delle antiche cattedrali gotiche. Giovanni Biagio Santini-Aichl fu l’unico ad impiegare questo originale elemento nelle sue opere.

All’inizio del Diciottesimo Secolo uno stile architettonico senza pari nel resto d’Europa si è sviluppato in Boemia. Conosciuto come barocco gotico in quanto ha coinvolto la trasposizione di elementi gotici in forma barocca. Questo è lo stile nel quale il Santuario di San Giovanni Nepomuceno a Zelena Hora è stato costruito tra gli anni 1719-1722. È un’opera d’arte unica e indiscutibilmente rappresenta l’edificio più originale progettato dal geniale architetto boemo di origine italiana Jan Blazej Santini-Aichl. Si tratta di un edificio che sfuggiva alle regole architettoniche convenzionali e alle panacee del tempo, e colpisce ancora oggi con le sue complesse forme di interconnessione spaziale, il dinamismo dei volumi e la sua ascensione verso l’alto, che sembra sfidare il peso della struttura.

La fondazione della chiesa è legata ai preparativi per la beatificazione e canonizzazione di Giovanni Nepomuceno dopo l’apertura della sua tomba nella cattedrale di San Vito a Praga e la constatazione della sua lingua che miracolosamente era intatta.

Tratto da: Informagiovani

Divisore dans San Francesco di Sales

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale
Tratto da: Il Sussidiario.net

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale dans Articoli di Giornali e News San-Nepomuceno

Il 20 marzo di ogni anno la Chiesa Cattolica celebra San Giovanni Nepomuceno, sacerdote e martire della Boemia. Giovanni è nato a Nepomuk, in Boemia, nel 1330 ed è morto a Praga, sempre in Boemia, nel 1383. Intraprese gli studi ecclesiastici a Praga, diventò sacerdote per opera dell’arcivescovo e si dedicò alla predicazione. Re Venceslao lo prese a corte come predicatore e dopo poco l’arcivescovo elesse Giovanni canonico della cattedrale e l’imperatore gli promise il ruolo di vescovo a Leitometitz. Il canonico, un po’ timoroso per gli onori e le responsabilità, persuase il re a revocare la sua proposta. Nel frattempo la moglie del re, Giovanna di Baviera, avendolo conosciuto, gli diede il ruolo di suo confessore. Ma il re Venceslao, che era corrotto, aveva il sospetto che sua moglie Giovanna lo tradisse e la assillava per sapere cose che invece erano solo sue fantasie. Allora si rivolse a Giovanni allo scopo di conoscere il contenuto delle confessioni di sua moglie, ma Giovanni si rifiutò con fermezza nonostante le minacce del re. In seguito a supplizi e torture, senza alcun risultato, il re lo condannò a morte gettandolo nel fiume Moldava. Infatti nel 1383 Giovanni fu gettato dal ponte cittadino tra sesto e settimo pilastro.

Il significato del nome Giovanni deriva dall’ebraico e significa dono del Signore. Il suo emblema è una palma, le cinque stelle e l’abito talare. Giovanni di Nepomuk è da sempre protettore dei fiumi e delle acque. Ma la sua storia ha i contorni sfocati tanto che all’inizio dello scorso secolo si dubitò della sua esistenza e molte statue furono abbattute oppure rimosse. Nella tradizione antica, di cui dubitavano i protestanti, si parlava dell’eroismo di “Magister Jan”, un originario della città di Nepomuk nella Boemia, che, per non rivelare il segreto di una confessione venne gettato, come detto, nella Moldava, dove morì per annegamento. Il re artefice della condanna era vizioso e corrotto ed era stato ribattezzato come “re fannullone”. La povera regina, che trovava conforto nella fede ai ripetuti tradimenti del marito, trascorreva ore in preghiera e confessandosi da padre Giovanni, un ottimo predicatore e curatore di coscienze. Ma la mente malata del re, accecato dalla gelosia, gli aveva fatto immaginare che la moglie avesse una relazione con il prete stesso e anche con un amante che il prete copriva. Quando il re pensa di esserne certo lo svergogna durante un pranzo davanti ad ospiti. Giovanni gli intima di fare il suo dovere di sovrano ma soprattutto di cristiano. Allora il Re Venceslao giura di vendicarsi e un giorno, con le minacce, ordina a Giovanni di dirgli cosa sua moglie gli dicesse in confessione, sperando di sapere qualcosa sui presunti amanti. Ma Giovanni, con una volontà ferma ed eroica, convinto assolutamente dell’inviolabilità del sacramento della confessione e rifiuta nettamente. Il re Venceslao si vendica e lo fa gettare nel fiume di notte il 20 marzo del 1393.

Ancora oggi è indicato il luogo esatto da cui venne gettato e le persone passando si tolgono il cappello, venerando il prete Giovanni come martire e invocandolo contro i danni che vengono dall’acqua. Il mattino dopo nel fiume galleggiava il suo cadavere che era circondato dalla luce. La città si indignò per il misfatto del loro re e Giovanni fu portato in processione, alla chiesa vicina di S. Croce, mentre tutti i fedeli piangendo, accorrevano a baciare i piedi e a chiedere intercessioni. Poi, durante la Controriforma, i Gesuiti, in polemica con i protestanti che rifiutano il sacramento della confessione rendono Giovanni da Nepomuk il “martire del confessionale”.

Publié dans Articoli di Giornali e News, Sacramento della penitenza e della riconciliazione, San Giovanni Nepomuceno, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Grande miracolo in Costa Rica

Posté par atempodiblog le 1 avril 2014

Grande miracolo in Costa Rica
Grande miracolo in Costa Rica dans Apparizioni mariane e santuari
i_ed_2014apr dans Apparizioni mariane e santuariLa provvidenza divina fa succedere le cose più insolite. E la benevolenza di Dio ha voluto che fosse il Costa Rica, un paese relativamente piccolo rispetto a molti altri del nostro pianeta, ad avere la benedizione di ospitare il miracolo che ora è il motivo della canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II. Nel 2011, Floribeth Mora, abitante di Tres Ríos a San José, colpita da un grave aneurisma, guarì senza che i medici potessero spiegarne il motivo: questo avvenne grazie alle preghiere rivolte dalla donna e dalla sua famiglia a Giovanni Paolo II. Nelle interviste rilasciate a Radio Maria, la donna, suo marito e il suo medico ci hanno raccontato che nel suo caso particolare non era possibile operare a causa delle caratteristiche della lesione cerebrale, e purtroppo non c’era altro da fare che attendere il momento della sua morte. Per questo i medici dell’ospedale pubblico le chiesero di lasciare la struttura e tornare a casa per morire tra le mura domestiche. Il marito ci ha raccontato che questo lo portò alla disperazione, e fu in quei momenti, seduto su una delle scale dell’ospedale, che cominciò a pregare Papa Giovanni Paolo II; tale era la sua certezza che il Papa avrebbe interceduto davanti a Dio che con molta tranquillità l’uomo riportò la moglie a casa. Il giorno della beatificazione del Papa la donna aveva davanti a sé la copertina di un giornale con la foto del Papa e lo pregò, mentre guardava in televisione la celebrazione religiosa. Proprio in quel momento avvenne il miracolo. Si alzò in piedi e camminò fino alla cucina per vedere suo marito e raccontargli cos’era successo. Il suo miglioramento fu progressivo, e ora è una grande evangelizzatrice. Si resero conto che si era trattato di un miracolo e da Roma arrivarono i “monsignori” a verificarlo nella Clinica La Católica di Costa Rica e all’ospedale Gemelli di Roma. E dopo tutti i procedimenti canonici venne dichiarato il miracolo. In un’intervista radiofonica con il medico curante ci è stato detto che quanto avvenuto non poteva essere spiegato dalla scienza e pertanto si tratta di un miracolo. Abbiamo ascoltato la grande testimonianza con tutte le persone che abbiamo intervistato a Radio Maria e questa serie di programmi sarà inviata alle diverse Radio Maria perché voi ascoltatori possiate essere testimoni diretti di questi fantastici avvenimenti.
 
Padre Emilio Garreaud (WfMagaz. aprile 2014), Direttore RM Costa Rica


“All’inizio della celebrazione, ‘fissando quell’immagine del Papa, mi rivolsi a lui e dissi con grande fede queste testuali parole: Intercedi presso Dio, perché non voglio morire, e aiutami a guarire. Sono rimasta sveglia per tutta la durata della Messa e al termine mi sono addormentata’”. E al risveglio, alle 9 del mattino successivo, quando Giovanni Paolo II è beato da circa sette ore, la donna volge lo sguardo sull’immagine del papa e si fa un segno di croce. E “’d’improvviso, con mia grande sorpresa, mentre continuavo a fissarne il volto, sentii nel cuore come la sua voce, che mi diceva: Alzati, non avere paura!. Rimasi attonita ed ebbi la sensazione che le sue mani, così come sono riportate nella fotografia della copertina, si alzassero dal basso verso l’alto, per sollecitarmi ad alzarmi. Mi alzai dal letto, così come mi aveva esortato il Santo Padre, e mi recai in cucina dove c’era mio marito, il quale mi disse meravigliato: Che cosa ci fai qui?. Io gli risposi che vivevo in quel momento una grande pace nel cuore, che mi sentivo fisicamente molto bene, ma non ebbi la forza di raccontargli quello che mi era successo qualche minuto prima perché temevo che lui mi desse della matta’”.

Tratto da: Vatican Insider

Publié dans Apparizioni mariane e santuari | Pas de Commentaire »

Pochi lo sanno, ma la Chiesa ha contribuito a rendere grande il basket americano. Ecco perché

Posté par atempodiblog le 1 avril 2014

Pochi lo sanno, ma la Chiesa ha contribuito a rendere grande il basket americano. Ecco perché 

Villanova, Dayton, St. Louis University sono centri importanti per la teologia cattolica negli Stati Uniti, mentre Gonzaga e Creighton sono due degli atenei simbolo dell’apostolato intellettuale dei gesuiti. Ma per l’americano medio queste realtà, almeno nel mese di marzo, richiamano una cosa sola: il basket. Marzo è infatti il mese in cui si tiene il seguitissimo campionato della prima divisione della NCAA, quello dei college, vivaio e preludio al basket professionistico. Su 68 squadre che ogni anno raggiungono la fase finale (su ben 351) immancabilmente un quinto o un sesto sono di college cattolici. I quali rappresentano solo una piccola porzione del mondo universitario e anche come numero di iscritti, in genere al di sotto dei 10mila, sono poco cosa rispetto ai grandi atenei statali. Il motivo di questa tradizione cestistica nelle università cattoliche, guardata con ammirazione da milioni di appassionati, l’ha spiegato Julie Byrne, una docente dell’Università di Hofstra che ha dedicato un approfondito studio al misterioso feeling tra Gesuiti, Agostiniani, Maristi e la palla a spicchi. Le moltitudini di immigrati cattolici – irlandesi, italiani, polacchi – che si riversarono nei maggiori centri urbani tra fine ‘800 e inizi ‘900 incontrarono una cultura e anche un sistema scolastico ostile. Per far fronte a quella situazione nacquero come funghi scuole cattoliche. Ma sia per la povertà degli studenti, che non potevano permettersi le attrezzature del football americano, sia per gli spazi ristretti dei quartieri cementificati di New York o Chicago, che non si prestavano a ospitare un campo da baseball, la pallacanestro divenne lo sport per eccellenza, facile da giocare anche in palestre improvvisate. Da allora, quell’amore nato per caso, o per mano della Provvidenza, non si è mai interrotto. E, si può aggiungere, se i neri hanno dato a questo sport, anche qui non va dimenticato che i primi a integrarli e a schierarli massicciamente in campo furono i cattolici.

Tratto da: Il Timone

Publié dans Sport, Stile di vita | Pas de Commentaire »

Il Papa ai Salesiani: vicini ai poveri e responsabili nella gestione dei beni, giovani siano protagonisti nella Chiesa

Posté par atempodiblog le 1 avril 2014

Il Papa ai Salesiani: vicini ai poveri e responsabili nella gestione dei beni, giovani siano protagonisti nella Chiesa

Il Papa ai Salesiani: vicini ai poveri e responsabili nella gestione dei beni, giovani siano protagonisti nella Chiesa dans Discernimento vocazionale

“Lavoro e temperanza” guidarono l’opera di San Giovanni Bosco, volta a curare le anime, specie dei giovani. Lo ha ricordato il Papa, ricevendo ieri i partecipanti al 27.mo Capitolo generale dei Salesiani dedicato al tema “Testimoni della radicalità evangelica”, nell’anno bicentanario della nascita del fondatore. “Lo Spirito Santo vi aiuti a cogliere le attese e le sfide del nostro tempo” , ha auspicato Papa Francesco rivolto al neo-eletto rettor maggiore, don Angel Fernandez Artime, e al Consiglio generale, raccomandando a tutta la famiglia salesiana “trasparenza e responsabilità nella gestione dei beni”, oltre che “una vita essenziale ad austera”.
di Roberta Gisotti – Radio Vaticana

Se il motto di don Bosco era “Da mihi animas, cetera tolle” (Dammi le anime, prenditi il resto), il suo programma era rafforzato da altri due elementi – ha osservato il Papa – il lavoro e la temperanza. Dunque “lavorare per il bene delle anime”, superando “la tentazione della mondanità spirituale”, nella “temperanza”, che è il “senso della misura”, di “accontentarsi”, di “essere semplici”, che al figlio Giovanni aveva trasmesso la mamma:

“La povertà di Don Bosco e di mamma Margherita ispiri ad ogni salesiano e ad ogni vostra comunità una vita essenziale e austera, vicinanza ai poveri, trasparenza e responsabilità nella gestione dei beni”.

L’esperienza di Don Bosco e il suo sistema ‘preventivo’ – ha proseguito Francesco – vi sostengano “per rispondere all’attuale emergenza educativa”, preparando i giovani “a lavorare nella società secondo lo spirito del Vangelo, come operatori di giustizia e di pace, e a vivere da protagonisti nella Chiesa »:

“La presenza in mezzo a loro si distingua per quella tenerezza che Don Bosco ha chiamato amorevolezza, sperimentando anche nuovi linguaggi, ma ben sapendo che quello del cuore è il linguaggio fondamentale per avvicinarsi e diventare loro amici”.

E, “fondamentale qui – ha aggiunto il Papa – è la dimensione vocazionale”, che non venga “confusa con una scelta di volontariato”, evitando “visioni parziali, per non suscitare risposte vocazionali fragili e sorrette da motivazioni deboli”. Perché le vocazioni siano frutto di una buona pastorale giovanile, Papa Francesco ha chiesto anzitutto la preghiera, il coraggio della proposta, il coinvolgimento delle famiglie:

“La geografia vocazionale è cambiata e sta cambiando, e questo significa nuove esigenze per la formazione, l’accompagnamento e il discernimento”.

Attenzione particolare ha raccomandato il Papa per i giovani esclusi dal mondo del lavoro – 75 milioni solo in Occidente – e a quelli schiavi di dipendenze “che derivano da una comune mancanza di amore vero”:

“Andare incontro ai giovani emarginati richiede coraggio, maturità umana e molta preghiera. E a questo lavoro si devono inviare i migliori! I migliori! Ci può essere il rischio di lasciarsi prendere dall’entusiasmo, inviando su tali frontiere persone di buona volontà, ma non adatte. Perciò è necessario un attento discernimento e un costante accompagnamento”.

Infine una riferimento alla vita di comunità, perché sia ispirata a “relazioni autentiche”, superando “tensioni”, il rischio dell’individualismo e della dispersione”, e sia fatta di “accoglienza, rispetto, aiuto reciproco, comprensione, cortesia, perdono e gioia”.

Publié dans Discernimento vocazionale, Fede, morale e teologia, Papa Francesco I | Pas de Commentaire »

1234