«Io sono un tuo fratello»

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

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I giovani funzionari ridevano di lui e lo motteggiavano per quanto poteva l’arguzia burocratica, raccontavano in sua presenza vane storie inventate sul suo conto; per esempio dicevano che la sua padrona di casa, una vecchia settantenne, lo picchiava; o domandavano quando loro due si sarebbero sposati; oppure gli spargevano sulla testa pezzi di carta, dicendo che era neve. A questo però Akakij Akakievič non rispondeva con una sola parola, come se non avesse nessuno davanti a sé; e non si lasciava distrarre dalle sue occupazioni: in mezzo a tutte queste molestie non faceva un solo sbaglio nel copiare. Solo se lo scherzo era troppo insopportabile, se gli davano un colpo sul braccio disturbandolo nel suo lavoro, esclamava: «Lasciatemi stare, perché mi offendete?». E c’era un che di strano nelle parole e nella voce con cui venivano dette. Vi si avvertiva qualcosa che induceva alla compassione, tanto che un giovanotto da poco entrato in servizio, e che aveva cominciato, secondo l’esempio degli altri, a burlarsi di lui, a un tratto si fermò colpito, e da quel momento fu come se tutto fosse cambiato ai suoi occhi e gli apparisse sotto un aspetto diverso. Una specie di forza soprannaturale lo respinse dai compagni con i quali aveva fatto conoscenza ritenendoli persone distinte ed educate. E poi per molto tempo, nei momenti più allegri, seguitò ad apparirgli il piccolo funzionario con le calvizie che diceva le parole toccanti: «Lasciatemi stare, perché mi offendete?» e in queste parole altre ne echeggiavano: «Io sono un tuo fratello». Il povero giovanotto si copriva allora la faccia con una mano e in seguito molte volte trasalì nella sua vita, vedendo quanta disumanità ci sia nell’uomo, quanta furiosa volgarità si nasconda nella personalità più raffinata e colta, e, Dio! persino in individui che il mondo reputa nobili e onesti.

Tratto da: Il cappotto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’

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