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Prendiamo in mano il Rosario

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

Prendiamo in mano il Rosario dans Fede, morale e teologia dwxcue

Il mese di Maggio appartiene in modo speciale alla Madonna, che ci invita a viverlo con Lei recitando il Santo Rosario. Nella apparizioni di Lourdes, Fatima e Medjugorje la Madonna ci ha invitato a prendere in mano la corona del Rosario, per vincere le grandi battaglie della vita e della storia.

Perché il Rosario è così importante? La risposta in fondo è semplice. Recitando il Rosario noi ci uniamo alla Madonna e preghiamo con Lei, per le sue intenzioni e per i nostri bisogni. La bellezza del Rosario consiste nel fatto che rendiamo presente Maria, la quale unisce la nostra preghiera alla sua, come a Lourdes, quando Bernadette recitava il Rosario e la Madonna sfilava i grani della corona.

“Cari figli, vorrei che la gente pregasse con me e che ogni giorno recitasse il Rosario”. “Oggi vi invito a recitare il Rosario con fede viva, così potrò aiutarvi. Il Rosario sia per voi un impegno da eseguire con gioia”. “Quando siete stanchi e malati e non sapete il senso della vostra vita, prendete il Rosario e pregate”. La Regina della pace è instancabile nell’invitarci al Rosario, col quale guardiamo a Gesù con gli occhi della Madre e ci rivolgiamo a Lui con la sua fede e il suo amore. La Madonna ci invita a recitare il Rosario tutti insieme in famiglia: “Chiedo alla famiglie della parrocchia di recitare il rosario in famiglia”. È in questo modo che la Santa Vergine aiuta le famiglie a superare le difficoltà che incontrano ogni giorno e a rimanere unite e salde nella fede. Il Rosario protegge le famiglie dalle insidie del demonio, dissolve le incomprensioni e assicura la pace. Grazie al Rosario quotidiano la Madonna prende dimora nelle famiglie e le protegge. Invitiamo i nostri ascoltatori a partecipare alla recita del Rosario in famiglia ogni sera alle 20:30.

di Padre Livio Fanzaga, direttore di Radio Maria
Tratto da: Il giornalino di RM

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«Io sono un tuo fratello»

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

«Io sono un tuo fratello» dans Citazioni, frasi e pensieri 2vj1ymo

I giovani funzionari ridevano di lui e lo motteggiavano per quanto poteva l’arguzia burocratica, raccontavano in sua presenza vane storie inventate sul suo conto; per esempio dicevano che la sua padrona di casa, una vecchia settantenne, lo picchiava; o domandavano quando loro due si sarebbero sposati; oppure gli spargevano sulla testa pezzi di carta, dicendo che era neve. A questo però Akakij Akakievič non rispondeva con una sola parola, come se non avesse nessuno davanti a sé; e non si lasciava distrarre dalle sue occupazioni: in mezzo a tutte queste molestie non faceva un solo sbaglio nel copiare. Solo se lo scherzo era troppo insopportabile, se gli davano un colpo sul braccio disturbandolo nel suo lavoro, esclamava: «Lasciatemi stare, perché mi offendete?». E c’era un che di strano nelle parole e nella voce con cui venivano dette. Vi si avvertiva qualcosa che induceva alla compassione, tanto che un giovanotto da poco entrato in servizio, e che aveva cominciato, secondo l’esempio degli altri, a burlarsi di lui, a un tratto si fermò colpito, e da quel momento fu come se tutto fosse cambiato ai suoi occhi e gli apparisse sotto un aspetto diverso. Una specie di forza soprannaturale lo respinse dai compagni con i quali aveva fatto conoscenza ritenendoli persone distinte ed educate. E poi per molto tempo, nei momenti più allegri, seguitò ad apparirgli il piccolo funzionario con le calvizie che diceva le parole toccanti: «Lasciatemi stare, perché mi offendete?» e in queste parole altre ne echeggiavano: «Io sono un tuo fratello». Il povero giovanotto si copriva allora la faccia con una mano e in seguito molte volte trasalì nella sua vita, vedendo quanta disumanità ci sia nell’uomo, quanta furiosa volgarità si nasconda nella personalità più raffinata e colta, e, Dio! persino in individui che il mondo reputa nobili e onesti.

Tratto da: Il cappotto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’

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La solitudine necessaria

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

La solitudine necessaria dans Andrej Tarkovskij La-solitudine-necessaria

“Vorrei semplicemente che [i giovani] imparassero ad amare di più la solitudine, a stare a tu per tu con se stessi. Mi sembra che il guaio della gioventù sia quello di tendere ad aggregarsi per portare avanti un azione rumorosa, addirittura aggressiva per non sentirsi soli, il che è piuttosto triste. L’individuo deve imparare fin dall’infanzia a vivere da solo e questo non significa essere soli. Significa non annoiarsi con se stessi, che è un segno di pericolo, quasi di malattia”.

Andrej Arsen’evič Tarkovskij

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Benvenuti in casa Immobile. La storia di Ciro, il ragazzo torrese che contende a Tevez e Higuain il titolo di cannoniere

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

Benvenuti in casa Immobile. La storia di Ciro, il ragazzo torrese che contende a Tevez e Higuain il titolo di cannoniere
Fonte: Il Mattino
Tratto da: IamNaples.it

Immobile

Torre Annunziata. La signora Michela Immobile varcò la porta dell’alloggio che il figlio condivideva con altri della sua età, a Torino, si voltò verso il suo ragazzino e gli disse: «Ma che ci fai qui?! Torna a casa da noi». Ciro la guardò quasi sbalordito. Diciotto anni compiuti da pochi mesi e il sogno di diventare un calciatore a portata di mano. «Mammà, ma tu hai capito dove sono arrivato? Io sto alla Juve e diventerò un grande cannoniere». Era fiero, Ciro, di quella tracolla su cui c’era scritto Juventus. L’aveva conquistata a furia di gol segnati nel Sorrento, dai mini allievi ai giovanissimi e ancor prima tra i campetti dell’Oplonti e quello dei salesiani nella Basilica della Madonna della Neve. Significava che ci stava riuscendo, e che forse un giorno avrebbe fatto sul serio il calciatore. Non gli ha mai pesato quella borsa. Anche se dentro c’erano tante cose: la tuta e i sogni, le scarpe con i tacchetti e le promesse, la maglietta e i calzettoni, le aspettative e le ambizioni, i calzoncini e le illusioni di un ragazzo venuto dal Sud. Da Torre Annunziata, per l’esattezza. All’ombra di quel Vesuvio che qualcuno troppo spesso invoca a sproposito.

Cuore di mamma
In una mattinata col sole e un vento che soffia freddo neppure fosse novembre, la signora Michela sorride e non rimpiange quella frase. «Anche adesso lo vorrei più vicino a me, il mio “seccatiello”». Cuore di mamma. È un gigante da 1,85 cm per 78 chili eppure per la mamma è ancora gracilino come era da piccolo. «Non mangiava mai, quasi se ne scordava. Forse adesso è un po’ più grosso. Una delle cose che gli dico su Whatsapp: “hai mangiato?”. Quando viene qui, l’eccezione per la mia parmigiana di melanzana la fa sempre. Per farmi contenta». Michela racconta Ciro, il ragazzino torrese che contende a Higuain e Tevez la corona dei marcatori della serie A. Ma nei suoi racconti c’è tutta la famiglia Immobile. Al suo fianco, nel bar di proprietà dell’ex stella locale, Tonino Barbera, covo di amici e fans del bomber del Torino, c’è Antonio, il padre di Ciro. Ex bomber pure lui. Di Eccellenza. Ma erano altri tempi: «Lavoravo all’Avis di Castellammare, aggiustavo i treni per le Ferrovie e non sono mai riuscito ad allenarmi come avrei voluto. Sapevo, però, che sarebbe stato bello arrivare in alto». Già, bello, ma duro. Uno su dodicimila ce la fa, dicono le statistiche. Uno di questi è Ciro. «Non è vero, lui deve mantenere i piedi per terra. È il capocannoniere? Va ai Mondiali? Gli ho detto: ”non cambia nulla, devi continuare a lavorare tutti i giorni”. Come quando era al Sorrento e al Torre Annunziata ’88». È proprio vero. Per capire perché uno diventa un campione, bisogna andare a fondo nella sue radici. Antonio ha 53 anni ma sembra il fratello leggermente più grande di Ciro: «Non sono capace di dargli consigli. Lo guardo e penso: è proprio bravo». Il percorso di Immobile è fatto di nostalgia, sradicamento e anche di solitudine. E così che si cresce, lontano dalla gonna di mamma. «Ne ha fatti di provini: il primo al Milan, nel 2000. Aveva 10 anni: Pierino Prati mi disse che era bravo, che l’avrebbero preso se avesse avuto la residenza lì. Non se ne fece nulla», sospira ancora Antonio. Poi arrivarono l’Empoli e la Salernitana ma per gli Immobile la soluzione migliore era mandarlo al Sorrento.

A Sorrento
«L’Inter esitò: Beppe Baresi lo vide ma fu sincero perché loro puntavano su Destro e Balotelli». E allora andò in Costiera. «Il presidente Castellano gli fece l’abbonamento per la Circumvesuviana e ogni giorno, finiva la scuola, si faceva un panino e andava ad allenarsi lì. Non credo abbia mai saltato un allenamento», dice papà Ciro. «Gli allenamenti mai, ma la scuola sì», sbotta (adesso) divertita mamma Michela. «Scuole media alla Manzoni e poi alle superiori alla Marconi. Volevo prendesse il diploma di perito tecnico. Lo minacciavo: se non porti bei voti, niente pallone. Poi da Torino trovò il coraggio di mandarmi un sms: “So di deluderti, ma proprio non riesco a studiare ed allenarmi. Lascio la scuola”. Ci rimasi malissimo». L’altro fratello, Luigi, si è invece laureato in Ingegneria. «110 e lode, nello studio è lui il mio capocannoniere». Il «ciuffo biondo che fa impazzire il mondo» come lo ribattezzarono i tifosi del Pescara (dove ha lasciato in dote 38 gol e una promozione) si è fermato qualche metro prima. Michela e Antonio raccontano Ciro alternando le voci e senza mai accavallarsi. «A cinque anni e mezzo lo portiamo ai Primi Calci del Torre Annunziata ’88, al Circolo Oplonti. Era l’unico modo per evitare che mi sfasciasse casa: metteva Luigi in porta e lui calciava. Quanti danni. E poi era sempre davanti alla tv a vedere i cartoni animati: un giorno mise la cassetta di Robin Hood per 8 ore di seguito. Era come sotto ipnosi». Nella sua vita non ha mai incontrato uno Sceriffo di Nottingham («ha solo tanti amici»), ma una Marianna sì: Jessica che lo ha reso papà di Michela. «Lo stesso nome mio. Perché a queste cose ci teniamo…» dice con orgoglio la signora. Si sposeranno il 23 maggio a Chieti. Non hanno ancora prenotato il viaggio di nozze, perché a giugno Ciro sogna di fare un altro viaggio: «Ma anche se non andrà in Brasile deve essere fiero di tutto quello che ha fatto», spiegano i genitori.

Alla Juve
Un balzo all’indietro. Autunno 1996. Si comincia con il provino al Torre Annunziata ’88 del presidente Vincenzo Carotenuto. I primi istruttori sono Angelo Izzo e Gennaro Roscigno che dopo una settimana lo inseriscono nella squadra di quelli più grandi. Un classico. Lui, classe ’90, sempre a far gol nelle formazioni ’88 o ’89. Torino è nel suo destino: prima la Juve ora i granata che lo hanno preso in comproprietà. Nel mezzo, un giro d’Italia: prima a Siena poi a Pescara e Genova. Sempre in prestito. La Torino delle chiavi a stella nelle mani di metalmeccanici sapienti, ma anche la Torino delle pizzerie napoletane veraci come «Gennaro Esposito», è lì nel suo destino. «Ciro Ferrara si fece consigliare da Filardi, l’ex difensore del Napoli che era osservatore in Campania dei bianconeri. C’era anche la Sampdoria che spingeva per averlo ma la Juve fece prima di tutti». Per il papà, un giorno radioso. Per la mamma invece… «Scoppiai in lacrime, più lontano di così non poteva andare». Il Sorrento incassò circa 70mila euro. Giuseppe Borrello e Guglielmo Ricciardi sono i suoi due scopritori proprio al Sorrento. «Quando lo vidi giocare la prima volta, nel 1999, non era una prima punta. Ma aveva una caratteristica: tirava da ogni parte del campo e segnava. Sempre. La Juve giocò d’anticipo, anche se faticai un po’ a convincere Filardi», ricorda Borrello.

In serie A
Debutto in serie A a 18 anni (contro il Bologna) prendendo il posto di Del Piero. «Un segno del destino: aveva quattro anni quando si fece una foto con Alex che era a Napoli con la nazionale militare – dice papà Antonio – Ma non c’era solo Del Piero nel suo cuore: anche Trezeguet e Quagliarella». Tutti juventini. «Fabio a ogni gol gli manda un sms… è un gioco tra i due. Ma lui nel cuore ha anche il Napoli e il Savoia. Anzi, prima il Savoia. Credo che a fine carriera verrà qui a giocare». Alla sua cittadina resta assai legato, tant’è che qualche mese fa regalò magliette e palloni ai ragazzi del campetto alle spalle della Basilica della Madonna della Neve. «Un predestinato. Aveva 8 anni e scommise 5 mila lire con due miei amici Lello Autieri e Franco Lancella che avrebbe colpito tre volte la traverse su cinque tiri. Vinse Ciro», racconta ancora il papà. Antonio ha 10 fratelli: Michele, Raffaele e Pasquale giocavano come lui a calcio. Un altro, Franco è stato presidente del Savoia, alla fine degli anni ’70. Gli Immobile sono conosciuti con un soprannome a Torre Annunziata: i Donnapereta. Tutta colpa di quel vezzo che aveva nonno Luigi di prendersi gioco di tutti con una «pernacchia ascellare». Michela e Antonio non nascondono i rimproveri: «Non ci piace quella camminata a guappo… non lo fa apposta, ma deve smetterla di dondolarsi quando cammina». D’accordo. Non si può avere tutto nella vita.

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Ciro Immobile, dagli esordi nel Sorrento, la vesuviana, i gol, i sacrifici e un sogno: il Mondiale

Posté par atempodiblog le 30 avril 2014

Dagli esordi nel Sorrento, la vesuviana, i gol, i sacrifici e un sogno: il Mondiale

Ciro Immobile, dagli esordi nel Sorrento, la vesuviana, i gol, i sacrifici e un sogno: il Mondiale dans Sport 1zfrac1

La Campania è una regione che non regala nulla. Anzi, spesso ti toglie, e devi essere bravo a non cadere nei tranelli della vita. La vita ti da, la vita ti toglie, ma a Ciro Immobile sembra aver proprio fatto un grandissimo e preziosissimo regalo: l’abilità nel gioco del calcio. Quel 20 febbraio del 1990, a Torre Annunziata è nato un predestinato,  senza se e senza ma. Quei giocatori che hanno la Serie A nel DNA già da ragazzini. “Ma come diavolo fai a segnare gol del genere?” dicevano i suoi allenatori nelle giovanili del Sorrento. “So ancora prima di calciare dove finirà la palla” rispondeva. Beh, complimenti. Ma Immobile non è solo bravo nel calcio: è il figlio che qualsiasi mamma vorrebbe avere. Educato, responsabile, umile e legato ai valori tradizionali della famiglia, che al sud Italia è ancora un vincolo sacro e intoccabile.

GLI ESORDI: GOL, FATICA E SACRIFICI – Lo studio, ma soprattutto il calcio. Il pallone, presenza fissa della sua vita. Come ha detto il fratello Luigi al tg Piemonte: “Arrivava a casa da scuola, prendeva il borsone, e si faceva 40 minuti di treno all’andata e 40 al ritorno per andare a Sorrento a fare gli allenamenti. Arrivava a casa alle 8 di sera e andava subito a dormire.” I successi bisogna meritarseli, bisogna versare litri di sudore per diventare qualcuno. La strada deve essere stata tutta in salita, ma l’attaccante del Torino è stato bravo a non sbandare, a continuare sulla sua strada, con un obiettivo in testa: la Serie A. Già nelle giovanili del Sorrento si vedeva che aveva talento ma ancora prima, nella squadra di Torre Annunziata, strappava applausi a raffica ad Angelo Izzo, il tecnico di allora: “Ciro – ha detto al tg Piemonte – mi sbalordiva con dei gol incredibili che inventava dal nulla.”  Il fratello: “Qua al sud ha imparato a stare in area di rigore!”. Gol e sacrifici: il Messina lo scarta, l’Inter lo vuole ma lo prendo la Juventus. I 30 gol negli Allievi del Sorrento lo portano a Torino. E con i bianconeri, vince per due anni consecutivi il Torneo di Viareggio (2009 e 2010). Il 14 marzo 2009 debutta in Serie A, diventa l’orgoglio di Torre Annunziata, una città di mare che si riscatta con il figlio prodigo: nei minuti di recupero di Juventus-Bologna subentra ad Alessandro Del Piero. Mica uno qualunque.

IL RAPPORTO CON LA MAMMA E IL PAPA’– Quasi viscerale. “Prima che entri in campo gli mando un messaggio per fargli l’in bocca al lupo” ha detto la mamma. “E se non gioca bene – continua – glielo dico!”. Il papà, invece, si inorgoglisce parlando del figlio: “Qualcosa Ciro l’ha preso da me: anche io da ragazzo segnavo tanti gol”. I suoi occhi si inumidiscono e la voce trema: “Io lavoravo, pensavo alla casa e alla famiglia. Ciro, invece, aveva solo il calcio in testa. Mi dispiace non essergli stato più vicino negli anni più difficile, ma ormai è un uomo.” E il Mondiale? La mamma scherza: “Se Ciro va al Mondiale, ci andiamo pure noi in Brasile!”. Buona fortuna, Ciro. Te la meriti.

Fonte: ToroNews

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Torre Annunziata spinge Immobile ai Mondiali

È il capocannoniere della Serie A con 21 reti (nessuna su rigore), e la sua Torre Annunziata lo spinge direttamente in Brasile con gli Azzurri. «Ciro Immobile ai Mondiali in Brasile»  è la pagina Facebook creata dai suoi concittadini per spingere il ct della Nazionale Cesare Prandelli a scegliere il bomber oplontino del Torino.

Torrese di nascita, lo scorso 17 aprile aveva festeggiato con un tweet il ritorno nel calcio professionistico del Savoia, squadra di Torre Annunziata che ha appena stravinto il campionato di serie D.

Adesso, Torre Annunziata ricambia il piacere e lo spinge ai Mondiali in programma in Brasile. Attualmente è il miglior marcatore italiano della stagione e avrebbe tutti i numeri per guidare l’attacco della Nazionale. Naturalmente, la scelta definitiva spetta al ct Prandelli, ma per la sua città natale non ci sono dubbi: è lui il migliore attaccante italiano in circolazione.

Tratto da: Il Mattino

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