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Pompei: una città dedicata a Maria

Posté par atempodiblog le 27 avril 2014

Pompei: una città dedicata a Maria
“… ad una città sepolta …succede una città piena di vita, che attinge la sua oigine dalla Civiltà nuova portata dal Cristianesimo: la Nuova Pompei!” (Bartolo Longo)
di Roberta Mochi – Radici Cristiane

Pompei: una città dedicata a Maria dans Apparizioni mariane e santuari santuario-Pompei

Sulla distesa delle case della nuova Pompei, quasi a proteggerne gli abitanti, si erge la cupola del maestoso campanile del santuario della madonna del Rosario. Il mistico luogo è sorto per volontà del beato Bartolo Longo, che era rimasto colpito dall’ignoranza religiosa in cui vivevano gli indigenti contadini della campagna campana.
Fu così che, su consiglio del Vescovo di Nola e finanziata dalla campagna di sottoscrizione chiamata “un soldo al mese”, l’8 maggio 1876 iniziò la costruzione del tempio che terminò nel 1887 e, quattro anni più tardi venne consacrato.
La Basilica venne disegnata da Antonio Cua, anche se l’attuale struttura si deve all’ampliamento del 1933 della chiesa originaria. Entrando nel Santuario, si passa sotto la monumentale cantoria, che è stata realizzata da Giovanni Rispoli e che, oltre allo splendore degli intagli, possiede uno dei migliori organi del nostro Paese.
L’interno è a croce latina, completamente decorato di marmi, oro, mosaici e quadri ottocenteschi, che esaltano ed arricchiscono ogni centimetro delle pareti. Sull’altare maggiore è posta, in una cornice di bronzo dorato, la veneratissima tela seicentesca della Madonna di Pompei, della scuola di Luca Giordano.
Il quadro è adornato di gemme, e vi si possono riconoscere tre grandi zone. In alto, la figura solenne di Maria in trono che invita la Chiesa (in Basso) ad avvicinarsi al mistero della Trinità. Lo spazio laterale, invece, si apre al mondo. L’unione di questi campi è rappresentata dal Rosario, consegnato dal Figlio e dalla Madre a San Domenico e a Santa Caterina da Siena, come via di meditazione e assimilazione del Mistero.
Ai lati dell’altare maggiore ci sono le due porte d’accesso alla cripta. Quest’ultima è davvero immensa ed è abbellita da numerosi dipinti, oltre che da due statue di marmo che simboleggiano l’orazione mentale e quella vocale; inoltre il Crocifisso e la statua dell’Addolorata sono quelle appartenute al Beato Longo.
Nella basilica, infine sono esposti numerosi ex voto, che illustrano i ripetuti episodi di prodigi e grazie attribuiti alla Madonna di Pompei. Guardandoli con attenzione è possibile notare come siano la testimonianza dell’infinita potenza dell’amore di Maria: guarigioni di ogni tipo e salvezze da naufragi ed incidenti, quasi a preludio della vera Salvezza a cui conduce la preghiera.
Grazie agli sforzi di Bartolo Longo, quello che è stato definito il Vangelo dei poveri, il Rosario, ha finalmente una casa. Una piccola città splendente di marmi e colma della devozione delle centinaia di fedeli che cominciarono da subito ad accorrere per pregare di fronte alla dolce icona della Madonna del Rosario.

L’icona della Vergine del Rosario
Per comprendere appieno la portata del fenomeno che circondò la tela sarà bene raccontarne la genesi, tanto travagliata da sembrare fiabesca eppure reale, come attestano le numerose documentazioni.
Il 13 novembre del 1875 l’avvocato Longo si recò a Napoli con l’intenzione di acquistare una immagine della Madonna del Rosario da esporre al culto dei fedeli. Per singolare coincidenza incontrò il suo confessore, Alberto Radente, che molti anni prima aveva acquistato un quadro con lo stesso soggetto, da un rigattiere (pagando 3 lire e 40!) al solo scopo di sottrarlo al bieco commercio a cui altrimenti sarebbe stato destinato e l’aveva lasciato in custodia ad una pia suora del Convento del Rosariello di Porta Medina di Napoli.
Suor Maria Concetta De Litalia la offrì volentieri a Bartolo Longo che, inizialmente, ne ebbe un’impressione tutt’altro che lusinghiera; il commento del Beato in proposito è chiarissimo: “Provai una stratta al cuore al primo vederlo … Chi mai dipinse questo quadro? Misericordia!… Deformità e spiacevolezza del viso … manto screpolato e roso dal tempo e bucherellato dalla tignola … screpolature … distacchi e caduti qua e là brani di colore … bruttezza degli altri personaggi”.

A questo si aggiunse presto un altro problema: l’icona doveva arrivare a Pompei per quella stessa sera. Viste le grandi dimensioni (1,20 x 1,00), il trasporto venne affidato ad Angelo Tortora, un carrettiere che, nella sua ingenua carità, avvolse l’immagine in un lenzuolo e la adagiò sul suo carro di letame. Era il 13 novembre 1875.
Ancora oggi si festeggia la data come nascita della Nuova Pompei. E’ una giornata di preghiera, in cui i fedeli vengono ammessi alla venerazione diretta del quadro e pregano la Vergine. La straordinarietà dell’evento consiste soprattutto nel vedere una moltitudine di folla che fin dalle prime luci del mattino si ordina in una lunga fila, senza preoccuparsi di null’altro che dell’amore che ha da portare in dono e, a dispetto di ogni avversità, forma una lunga catena, a imitazione di quella donataci dalla dolcezza di Maria, il Rosario.
Nel corso del tempo la tela ebbe numerosi interventi di restauro, che miravano a ripristinare l’antica lucentezza del colore e a mitigare quella rozzezza di forme che tanto aveva colpito il beato Longo; tuttavia, non furono certo gli interventi umani a donare all’immagine l’efficacia che la contraddistingue bensì, come ci viene raccontato dallo stesso Longo, quando il quadro “venne tolto dalla vecchia e crollante parrocchia del SS. Salvatore e fu posto in una cappella nuova (…) da quel giorno cominciò nella fisionomia della celeste Regina a ravvisarsi una bellezza, una maestà e una confidenziale dolcezza, che non vi si ravvisavano innanzi (…) E’ raggio di bellezza, di dolcezza e di maestà insieme che piove da quel ciglio neanche fa pregare in ginocchio e battere il cuore a quanti con fede si accostano in questo Santuario a quella vecchia tela. Io sono convinto che con un visibile portento la Vergine abbia abbellito la sua figura”.

Il campanile
Quando il Santuario fu ampliato nel 1933, venne costruito un campanile alto ben 80 metri, che svetta nella sua imponenza. I cinque piani che lo compongono, sono abbelliti oltre che da marmi e colonne, dalla presenza di quattro angeli trombettieri e da una grandiosa raffigurazione del Sacro Cuore di Gesù. Inoltre, otto campane diffondono per la campagna circostante il loro suono. Per costruirle vennero fusi ben 100 quintali di cannoni da guerra.
L’opera è coronata da una cupola in bronzo, che è sovrastata da una croce gemmata in rame e bronzo di 6 metri, benedetta da PIO XI prima del trasporto a Pompei.
Il campanile, subì degli interventi di consolidamento, per i danni subiti durante il terremoto, nella seconda metà degli anni Ottanta, e da oggi è possibile ancora salire fin su la sua cima per ammirare lo splendido panorama campano, la Valle, gli Scavi e il Golfo di Napoli.

Il museo
In via Colle San Bartolomeo si trova il villino che fu la dimora di Bartolo Longo. L’abitazione è oggi adibita a Museo. Al pian terreno è possibile visitare la camera da letto e lo studio del Beato ed osservare diversi oggetti che facevano parte del suo quotidiano.
Al piano superiore, invece, è ospitato il Museo Vesuviano dove, grazie a un’accurata rassegna di stampe antiche e moderne, ci si può documentare sull’attività del vulcano, infatti sono riprodotte le eruzioni che vanno dal 1631 al 1944, il tutto corredato dall’esposizione di numerosi campioni di minerali e prodotti vulcanici.

La Cappella del Beato Bartolo Longo
La cappella dedicata al beato Bartolo Longo è adiacente al Santuario; è stata realizzata durante i lavori per il Grande Giubileo del 2000. Di forma quadrata, ampia 360 mq, ha il soffitto in cemento armato sagomato. Sotto l’altare è posta l’urna con le spoglie del Beato. Egli è raffigurato in un simulacro di resina, all’interno del quale sono posti i suoi resti mortali. La testa e le mani, in argento, sono state realizzate dall’argentiere Franco Scarmigliati di Roma. Il simulacro è rivestito con un abito nero e il mantello dei Cavalieri dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, al quale apparteneva Bartolo Longo.

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La festa della Divina Misericordia

Posté par atempodiblog le 27 avril 2014

La festa della Divina Misericordia
Essa è stata istituita da san Giovanni Paolo II e il tema della misericordia è costantemente presente nel Magistero di papa Francesco. Ma in che cosa consiste esattamente la Divina misericordia?
di Marco Invernizzi – Comunità Ambrosiana

Domenica della Divina Misericordia dans Beato Michele Sopocko Ges-Misericordioso

La gioia della conversione
Dio manifesta la sua onnipotenza paterna attraverso la sua infinita misericordia, afferma il Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. n. 270) e quest’ultima è resa manifesta da molti atteggiamenti di Cristo, in modo particolare per la sua predilezione verso i peccatori, per la conversione dei quali esplode una grande gioia nei cieli (cfr. Lc 15,10). Del resto, quale gioia è più grande di quella che un cristiano prova quando una persona torna a Cristo, chiedendo perdono dei suoi peccati? La misericordia divina quindi accompagna tutta la storia dell’Antico e del Nuovo Testamento come caratteristica fondamentale del Dio della Scrittura, che ama le persone, le cerca e le attende, come un Padre buono. Tuttavia è nell’epoca moderna che la divina misericordia si diffonde attorno alla figura di santa Faustina Kowalska (1905-1938), la suora polacca alla quale il Signore si rivolse direttamente negli Anni Trenta perché diventasse la « segretaria » della Divina misericordia e diffondesse in tutto il mondo questa devozione, rivolta soprattutto alla salvezza degli uomini assistendoli in particolare negli ultimi momenti della loro vita, quando si scatena l’ultima lotta fra il demonio e Dio per la conquista dell’anima che sta per morire.

Gli Anni Trenta e il Patto fra nazionalsocialismo e comunismo
Gli Anni Trenta del secolo scorso, soprattutto in Polonia, erano gli anni in cui si manifestava in modo particolarmente violento l’odio seminato dalle ideologie nel secolo ideologico per eccellenza. Alla fine di quegli anni, con il Patto Molotov-Ribbentrop, nazismo e comunismo si spartivano la Polonia aggredendola coi rispettivi eserciti da est e da occidente. Di fronte al male che si manifestava in quel modo e che sarebbe presto sfociato nel passaggio dall’alleanza alla guerra (come spesso accade fra le ideologie), Dio poneva un limite al male diffondendo la strategia della misericordia, attraverso una giovane suora.

Santa Faustina
Giovanni Paolo II conobbe già nella sua Cracovia la devozione alla Divina misericordia e ad essa dedicò la sua seconda enciclica, Dives in misericordia (1980). Il Santo Padre non volle ancora menzionare santa Faustina probabilmente perché era ancora troppo recente la diffidenza dell’ex Sant’Uffizio verso questa devozione, sembra per via di alcuni errori di traduzione che avevano favorito dei fraintendimenti della dottrina.

L’apostolato della Divina misericordia
Se riflettiamo sulla situazione del mondo moderno comprendiamo l’opportunità di questa devozione nel nostro tempo. Il mondo moderno infatti, almeno in Occidente, è nato da una generale e progressiva apostasia che ha avuto i suoi eccessi di violenza nell’epoca delle ideologie, fra il 1789 e il 1989. Dopo questo tempo, noi oggi viviamo l’epoca della dittatura del relativismo, come l’ha definita Benedetto XVI, dominata da un profondo nichilismo che conduce gli uomini a non credere a nulla, neppure agli errori, e a predisporsi a una radicale forma di disperazione. Sazi e disperati, come li definì il card. Giacomo Biffi, gli uomini possono tuttavia convertirsi, anche perché più o meno consciamente cercano una via d’uscita a una situazione esistenziale non certamente entusiasmante. La devozione alla Divina misericordia secondo la dottrina contenuta nell’enciclica di Giovanni Paolo II e nel processo di canonizzazione di santa Faustina è la strada che la Provvidenza di Dio sembra aver preparato per gli uomini della nostra epoca, perché siano aiutati a vedere nel Signore Colui che li ama e li aspetta, il Dio buono e misericordioso che non cerca il peccatore per condannarlo ma per salvarlo.

Per due secoli, dopo la Rivoluzione del 1789, il mondo delle potenze dominanti ha cercato di eliminare la presenza cristiana. Ma ha fallito, pur lasciando un mondo devastato e senza speranza. Oggi, si cerca di eliminare anche la stessa presenza umana, alterandone i connotati. È l’ideologia di genere. In fondo al cuore, tuttavia, gli uomini sanno che un Dio ricco di misericordia li aspetta. I cattolici siano sempre più impegnati in questo apostolato della Divina misericordia che la Provvidenza ha suscitato nella Chiesa.

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