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La morte gloriosa di Bernadette

Posté par atempodiblog le 16 avril 2014

“Devo morire a me stessa, sopportare in pace il dolore. Che io lavori, soffra e ami senza altri testimoni che il Suo adorabile Cuore. Io non vivrò un istante che non lo passi amando. Chi ama fa tutto senza pena”.

Santa Bernadette Soubirous

La morte gloriosa di Bernadette dans Fede, morale e teologia 34i1m4y

Noi abbiamo orrore della sofferenza, sia della nostra che di quella dei nostri cari. La nostra preoccupazione è che si muoia senza soffrire. Non ci turba se una persona muore come gli animali che non comprendono, senza consapevolezza, senza luce e senza speranza.  Noi siamo solo preoccupati che non soffra. Stoltezza degli uomini, che non comprendono la lezione della Croce di Cristo! La Madonna ha voluto richiamarci, attraverso la morte atroce di Bernadette, all’inestimabile valore spirituale che hanno davanti a Dio l’agonia e la morte di una persona crocifissa.

[…] La morte, come la vita, è governata da Dio. Anche intorno al letto di Bernadette si sono alternati i medici e le infermiere, per dare quel sollievo che la medicina può e deve dare. Non dimentichiamo però che Dio conosce il peso che ogni anima può portare e quanto ad ognuna di loro può chiedere. Lasciamo che la sua misericordia macini i chicchi di grano della nostra vita, per trasformarli in farina immacolata. Non neghiamo all’amore esigente di Dio neppure una goccia del nostro dolore, del quale egli ha bisogno per lavare i peccati del mondo.

In quegli istanti il nemico è sempre presente. […] Non possiamo lasciare gli agonizzanti soli, nel supremo combattimento con lo spirito del male. Dobbiamo difenderli con la nostra fede, con la nostra preghiera e con la nostra speranza. Il maligno insinua a Bernadette di non aver corrisposto abbastanza alle grazie straordinarie che ha ricevuto. Attraverso lo scoraggiamento, vuole trascinarla nei gorghi soffocanti del dubbio, dell’angoscia e  della disperazione. Chi potrà mai misurare la crudele astuzia del maledetto e la sua sottigliezza nell’ingannare le anime?

Come contrastarlo? Come respingerlo e ritrovare l’occhio limpido che contempla gli orizzonti infiniti della divina misericordia? “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per me, povera peccatrice”. Questa invocazione intensa, ripetuta più volte pochi istanti prima di morire, costituisce uno dei momenti più alti del cammino spirituale di Bernadette. Lei, uno dei tesori di grazia più preziosi della Chiesa, sa e professa di essere solo una povera peccatrice, che non può confidar nei suoi meriti, ma solo nella bontà infinita di Dio. Così sarà anche per ognuno di noi. Nel momento della morte non potremo presentare carte di credito, ma piuttosto dovremo alzare bandiera bianca e invocare aiuto. L’ha fatto colei che ha visto l’Immacolata, non lo faremo noi? E’ quest’atto di estrema fiducia che permetterà alla santa Vergine di portarci con sé in cielo.

Tratto da: Sui passi di Bernadette — Padre Livio Fanzaga

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Il Mistero della Croce

Posté par atempodiblog le 16 avril 2014

Il Mistero della Croce
di Padre Livio Fanzaga – La nuova Bussola Quotidiana

Il Mistero della Croce dans Fede, morale e teologia TRJA2820

All’inizio  della Settimana Santa ciò che si presenta davanti a noi in un’ottica cristiana è il mistero della Pasqua, che è il mistero della nostra redenzione e della nostra salvezza. Questo è l’annuncio fondamentale del cristianesimo: siamo stati salvati. Salvati dalla condizione esistenziale di persone che nascono nel peccato, sotto l’impero delle tenebre e quindi nascono lontani da Dio e con la condanna a morte. Perché non c’è dubbio che  se la morte da un certo punto di vista è un fatto naturale, dal punto di vista teologico, dal punto di vista della fede è lo stipendio del peccato, come dice san Paolo. Per invidia del diavolo è entrata la morte nel mondo, dice il libro della Sapienza.

Questa condizione esistenziale nella quale tutti gli uomini nascono, è anche la condizione dalla quale nascono tutte le religioni, perché – come diceva René Girard – tutte le religioni sono nate per dare una risposta al problema della morte, del male e della morte. Per male si intende il male morale, il peccato, la cattiveria e tutto ciò che da esso deriva, a livello personale e sociale. Le religioni sono il tentativo dell’uomo di salvarsi da questa situazione. Ma tutti i tentativi umani, che si esprimono nelle varie religioni, nelle varie filosofie, perfino in varie ideologie, non approdano a nulla. Questo è il punto di partenza su cui possiamo convergere tutti: l’uomo nasce non solo malato, ma condannato: da solo non riesce a salvarsi né dal peccato né dalla morte, né dalla disperazione né dall’angoscia.

Il cristianesimo si distingue da tutte le altre religioni perché l’iniziativa di salvare l’uomo viene da Dio, viene dall’alto. Come dice Benedetto XVI nel suo libro “Gesù di Nazaret” Dio si è assunto la natura umana ma eccetto il peccato. Assunta nella sua totalità, nel corpo e nell’anima, Gesù è vero corpo e vera anima, però senza il peccato.

Lui è quell’agnello immacolato che ha assunto su di sé tutti i peccati del mondo e li ha espiati: così è venuta la nostra salvezza. Cioè noi siamo stati liberati dal peccato, dalla morte, dalla lontananza da Dio, abbiamo riacquistato la divina amicizia e la vita eterna, prima che nel dono dell’immortalità nella pienezza della gioia. Abbiamo ottenuto questo come dono che Dio ci ha dato in quanto Gesù Cristo ha espiato il peccato che è la causa di tutti i mali, compresa la morte fisica. Anche gli apostoli ebbero grande difficoltà a capire perché Gesù aveva dovuto patire. Quando Gesù parlava della sua Passione, della sua morte, sullo sfondo della sua resurrezione, gli apostoli inorridivano, non volevano capire la necessità della sofferenza e della morte in Croce per la redenzione, tanto è vero che quando Gesù venne poi effettivamente catturato, fu veramente in mano ai pagani, vacillarono nella fede. E sotto la Croce non c’erano. C’erano Maria e san Giovanni, gli altri erano pecore sbandate, come se avessero perso il loro pastore, perché non avevano capito il significato della Croce.

Poi Gesù Cristo stesso, il Risorto, e poi il dono dello Spirito santo gli hanno fatto capire: San Pietro nella sua predicazione nel primo giorno di Pentecoste disse parlando di Gesù Cristo morto in croce:  “Patì per i nostri peccati”. Cioè la Croce è il momento scelto per distruggere i peccati.
Come è avvenuta questa distruzione dei peccati? Perché proprio in croce Cristo ha distrutto i peccati di tutto il mondo, di tutti i tempi? Per cui spirando al termine della sua passione, dice “Tutto è compiuto” e invoca il perdono del padre, dicendo “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno. Perché questo perdono che Gesù ci ha ottenuto? Coma ha fatto a ottenerlo? Lo ha ottenuto perché Gesù ha espiato i peccati del mondo nel suo cuore.

Pensiamo a cos’è il peccato: è orgoglio, disobbedienza, superbia, disamore, opposizione a Dio, odio per Dio e per il prossimo, c’è tutta la gamma delle passioni e del male, del peccato. Gesù Cristo nella sua Passione, nel suo cuore ha espresso una tale obbedienza, una tale sottomissione al padre, un tale amore, una tale generosità, una tale pazienza, un tale coraggio, una tale dedizione, una tale pietà, una tale compassione, una tale misericordia, che questo amore che ardeva nel suo cuore ha bruciato tutto il disamore e disobbedienza che c’è in tutti i peccati di tutti gli uomini. Questo cuore di Cristo crocefisso è la fonte di grazia da cui nasce il perdono, da cui nasce la remissione dei peccati, che poi si concretizza per quanto riguarda noi cristiani nei sacramenti del battesimo e della penitenza dove i peccati vengono rimessi perché un altro al nostro posto per nostro amore ha espiato.

Chi andasse in un tribunale e confessare un delitto: sarebbe condannato anche fino a trent’anni di reclusione per aver commesso il delitto e deve espiare quella pena. Se uno va in un confessionale, confessa un delitto, si pente sinceramente e di tutto cuore chiede perdono a Dio, gli viene data l’assoluzione; sì, farà una penitenza ma avrà l’assoluzione. Perché l’assoluzione? Perché Gesù Cristo ha espiato per te, al tuo posto, per tuo amore. Quindi dobbiamo sempre guardare la Croce con questo sguardo di fede, e cioè come l’agnello che si è addossato tutti i peccati del mondo con la sua mitezza, umiltà, obbedienza: li ha distrutti, bruciati. Per cui la Croce è la fonte inesauribile di ogni grazia innanzitutto per il perdono dei peccati, la grazia per la vita eterna, la grazia della figliolanza, quella grazia che poi si effonde in tutti i sacramenti. E questo è l’aspetto teologico della Croce che ovviamente va vista sempre alla luce della Resurrezione, perché il mistero pasquale è il passaggio dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia, quindi la croce va sempre vista nella gloria della Resurrezione, che è anche la nostra meta finale.

Questo è lo sguardo di fede per quanto riguarda il nostro modo di guardare la Croce, per cui dobbiamo chiedere al Signore anche la grazia dello Spirito Santo per avere questo sguardo di fede e accostarci anche al sacramento della confessione pasquale e della comunione vivendo in noi il mistero pasquale, il mistero di morte e di vita che ha vissuto Gesù Cristo.

C’è anche uno sguardo umano, molto denso di significato per quanto riguarda il Crocefisso, uno sguardo non dico laico ma di umana compassione: lo sguardo della ragione, del cuore anche se non illuminati dalla fede. Per cui possiamo dire che la croce è un grandissimo simbolo di civiltà, anzi è un simbolo di civiltà senza il quale l’uomo non avrebbe futuro.

Per quale motivo? Perché sulla Croce c’è l’uomo innocente, sofferente, quindi che sperimenta la condizione umana di sofferenza. L’uomo nasce crocifisso, vive crocifisso e muore. E questo uomo sofferente che soffre perché colpito dalla cattiveria, dalla malvagità dei suoi simili ma che tuttavia invece di opporre al male il male, alla violenza la violenza, invece dell’occhio per occhio dente per dente, ha spezzato la spirale della violenza, ha spezzato la logica della violenza che non solo distrugge le vite personali, i rapporti familiari, i rapporti sociali, ma che rischiano di portare il mondo alla distruzione. E invece di vendicarsi perdona.

Questo del perdono è storicamente il cuore del cristianesimo. Noi credenti lo vediamo come il perdono di Dio per i peccati degli uomini a cui vengono rimessi, per amore misericordioso; ma anche l’occhio non illuminato dalla fede vede il grandissimo valore personale e sociale e anche storico, di un passaggio fondamentale della storia: non si risponde al male con il male, non si risponde alla spada con la spada, bisogna saper perdonare i nemici. Non è solo un dettato di fede, un comandamento di fede, è un imperativo morale senza il quale il mondo non avrebbe più futuro. Perché oggi o è così – si risponde al male con il bene -,  o si risponde con l’amore oppure il mondo rischia l’autodistruzione. Vorrei sottolineare questo aspetto dell’altissimo valore che la Croce ha  sotto il profilo della storia della civiltà, come sottolinea Renè Girard: sotto un profilo puramente laico la Croce ha un valore altissimo perché Gesù Cristo è divenuto quel capro espiatorio di cui tutti gli uomini hanno bisogno nella loro vita, la storia umana ha sempre capri espiatori da distruggere. Cristo è capro espiatorio che ha preso il posto di tutti i capri espiatori. per cui gli uomini d’ora in poi dovranno imparare a perdonarsi.

La croce quindi come svolta della civiltà umana per ottenere una civiltà pacifica, fraterna, e sotto un altro ruolo la Croce come riconciliazione degli uomini con Dio, il riscatto della vita umana sottoposta al male e alla morte, la prospettiva della vita eterna e della resurrezione.

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L’umiltà: la radice della discrezione e della dolcezza

Posté par atempodiblog le 16 avril 2014

L’umiltà: la radice della discrezione e della dolcezza dans Citazioni, frasi e pensieri Beato-Giustino-Maria-della-Santissima-Trinit-Russolillo-Pianura

“Concedimi, o Signore mio Gesù Cristo, tutto quello che a te è più gradito e che più ti ha glorificato di corrispondenza al tuo amore, in quello che ha praticato e insegnato il tuo gran servo Francesco di Sales e tutta la sua scuola: la perfezione cristiana nella carità di Dio sino alla divina unione, nella carità del prossimo sino all’immolazione, resa accessibile e attraente per tutti, in ogni stato e condizione, con la discrezione e la dolcezza, attingendo dal tuo Vangelo, dal tuo Cuore, dal tuo spirito questa sapienza, senza alterazioni e senza esagerazioni, con perfezione della fede, della fiducia, della fedeltà al tuo amore”.

Beato Giustino Maria Russolillo – Devozionale

Divisore dans San Francesco di Sales

“L’umiltà ci fa crescere in perfezione davanti a Dio e la dolcezza davanti al prossimo”.

Tratto da: Filotea di San Francesco di Sales

Divisore dans San Francesco di Sales

“La discrezione è una virtù senza la quale, stando a quanto diceva Sant’Antonio, nessuna virtù è virtù, neppure la devozione, supposto che vi possa essere una vera devozione senza una vera discrezione”.

“La dolcezza e l’umiltà sono le basi della santità”.

“Vivete in spirito di dolcezza e di umiltà davanti a Dio e in mezzo al prossimo”.

“Vi raccomando in modo speciale lo spirito di dolcezza che è quello che rapisce i cuori e attira le anime”.

Dalle lettere di amicizia spirituale di San Francesco di Sales

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