Milano e dintorni, dietro al S. Chiodo

Posté par atempodiblog le 12 avril 2014

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Narra A. Buratti nel suo L’azione pastorale dei Borromeo a Milano e la nuova sistemazione urbanistica della città (Milano 1982) che S. Carlo Borromeo, nella sua promozione della pietà cattolica ad ogni livello, avesse trasformato la capitale del Ducato in un’enorme “città rituale”. “Chiese, parrocchie, monasteri, sedi di congregazioni, croci stazionali facevano della città un grande percorso rituale, quasi una grande chiesa in cui tutta la popolazione avrebbe dovuto rivolgersi a Dio” (p. 53). Lungo questo percorso codificato il santo arcivescovo guidò le sue famose processioni penitenziali, che videro come protagonista il S. Chiodo della croce di Cristo. La reliquia che tutti onoreremo solennemente l’8 maggio 2014 ha tracciato, quindi, una sua precisa geografia all’interno della città, che può essere interessante andare a scoprire.

La prima meta è senza dubbio il Duomo, dove il S. Chiodo è conservato in una grande croce bronzea. Il prezioso reliquiario è decorato con simboli della Passione di Cristo e cotte militari, perché sulla croce il Signore ha portato a termine il suo gloriosus certamen contro il male e la morte. Uno dei celebri quadroni di S. Carlo (XVII sec.), esposti in occasione della festa del compatrono di Milano (4 novembre), illustra proprio la processione con il S. Chiodo: l’arcivescovo, scalzo e con il capo coperto da un saio, conduce la reliquia accompagnato da tutta la popolazione, in ogni ordine e grado. E’ uno dei ritratti più intensi di S. Carlo, in cui egli sembra specchiarsi con commozione nel Chiodo. Il Cerano riesce a rendere con gigantesca forza espressiva il volto rigato dalle lacrime del Borromeo: egli soffre con il suo popolo e si aggrappa all’Albero della Vita. 

Una tappa obbligatoria è certamente, nel centro storico, anche la basilica di S. Ambrogio, legata al S. Chiodo per il fatto che all’epoca del Sacro Romano Impero vi venivano incoronati re d’Italia gli imperatori germanici, utilizzando però l’altro esemplare dei chiodi della croce, quello infisso nella Corona Ferrea di Monza.

Tornando verso il Duomo da via Lanzone e scendendo verso Porta Ticinese, si cammini fino alla basilica di S. Lorenzo, famosa per le sue colonne di spoglio romane. I bivacchi della movida utilizzano spesso come punto di appoggio la statua bronzea dell’imperatore Costantino, che regge una piccola croce tra le mani. Costantino nel 313 diede proprio a partire da Milano ai cristiani di tutto l’impero romano la possibilità di poter esporre quel distintivo pubblicamente, senza pericolo. S. Elena, madre dell’imperatore, portò  i S. Chiodi in Occidente.

Il devoto del S. Chiodo e di S. Carlo non mancherà di fermarsi anche davanti alla chiesetta di S. Carlo al Lazzaretto. Era, infatti, l’antica cappella, aperta sui lati, presso la quale veniva celebrata quotidianamente la Messa a conforto dei tanti degenti del nosocomio. E’ la reliquia più consistente della pestilenza che consentì il ritorno in auge del S. Chiodo nella devozione popolare dopo secoli di oblio.

Sia durante che dopo la peste del 1576 S. Carlo promosse l’edificazione di croci stazionali ai crocicchi delle strade della città e del contado. Le modifiche urbanistiche dell’Illuminismo e dell’Ottocento, nonostante qualche ripristino storicista, hanno indelebilmente devastato il tessuto della Milano borromaica, facendo scomparire la quasi totalità delle croci all’interno della città. Rimane, emblematicamente, la dicitura “Crocetta” per uno slargo servito dalla MM3 e oggi contrassegnato da una statua di S. Calimero vescovo, a cui è dedicata una vicina chiesetta.

Molto più fortunati, da questo punto di vista, gli ambrosiani che vivono nel contado, dove le croci di S. Carlo, a guardia spesso dei locai lazzaretti, sono ancora numerosissime. Ne ricordiamo solo una, quella che domina ancora oggi l’alzaia del naviglio Martesana all’ingresso della cittadina di Gorgonzola. Superbo esempio di come dovevano essere le crocette milanesi, è un’alta colonna in pietra di ordine “dorico” del 1576, che reca sulla sommità una piccola croce bronzea. Una croce “fiorita”, che manifesta, cioè, i frutti della Grazia promananti dalla Passione di Cristo.

La raffigurazione della Madonna con il Figlio morto sulle ginocchia è assai comune nella pietà lombarda. Il catafalco processionale (XIX  sec.) collocato nel santuario dell’Addolorata di Cernusco sul Naviglio è molto caratteristico. Gli angeli recanti gli strumenti della Passione si dispongono a raggiera attorno al Redentore esanime, ma il putto che reca le tenaglie con uno dei chiodi è proteso verso i fedeli. Indica un’evidente predilezione per quello strumento di tortura, divenuto l’emblema della salvezza di Milano.

di Michele Brambilla – Comunità Ambrosiana

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