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Il Segno di Croce

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Il Segno di Croce
di Giorgio M. G. Locatelli

Il Segno di Croce dans Fede, morale e teologia Maria-Immacolata

Il Segno di Croce è di un’ importanza fondamentale per noi cattolici ma tende ad essere ormai considerato per lo più come quel gesto meccanico, di proforma, di saluto formale da compiere entrando in chiesa o prima della preghiera. In realtà non è così: sotto a questa semplice gestualità si nasconde un tesoro dimenticato, una vera e propria professione di Fede.

Il segno è una cosa visibile che ne indica un’ altra, come ad esempio il fumo è il segno del fuoco e le parole sono i segni del pensiero.

Per manifestare la fede  i cattolici hanno sempre usato dei segni come ad esempio, la genuflessione davanti al SS. Sacramento, lo scoprirsi il capo, o l’ inchinarsi davanti alle immagini di Dio, del Crocifisso, dei Santi ma il segno speciale sin dai tempi apostolici distintivo ed unico dei cristiani, fu il Segno di Croce.

Oggi lo facciamo male e senza pensarci ma come deve essere fatto e quali pensieri caritatevoli lo devono accompagnare?

Il segno della Santa Croce si fa nel modo seguente: si mette la mano destra alla fronte dicendo; «in nome del Padre» — poi al petto dicendo; e del Figliuolo» — quindi alla spalla sinistra ed  alla destra dicendo: «e dello Spirito Santo». Così sia.

In questo modo confessiamo alcune verità di Fede particolari:

 1.  che vi sono Tre divine Persone; la ragione è chiara: i nomi Padre, Figliuolo e Spirito Santo sono appunto quelli delle Tre divine persone, ossia la SS. Trinità.

 2.  che Gesù Cristo ci ha redenti con la Sua morte in croce; sulla croce Gesù Cristo è morto per redimerci, vale a dire, per liberarci dai nostri peccati, e farci eternamente salvi. Per questo il Segno della Croce è il segno della nostra redenzione.

Quando facciamo il segno della Santa Croce è come se dicessimo « Io credo che Gesù Cristo mi ha redento con la Sua morte sulla croce ». Col segno della Santa Croce il cristiano fa dunque una breve confessione di tre grandi misteri:

1. della Trinità.

2. della Passione del Salvatore.

3. della Remissione dei peccati per la quale noi siamo trasportati dalla sinistra della maledizione alla destra della benedizione. (S. FRANC. SALES. Stend. della Croce, 1. 3. c. 1).

Oltre a ciò:

—  Segnandoci la fronte noi dichiariamo di credere come vero, col nostro intelletto, tutto ciò che Dio ha rivelato, ed insieme, di consacrare a Lui tutti i nostri pensieri.

—  Segnandoci il petto dichiariamo di amare Iddio con tutto il nostro cuore e di offrire a Lui tutti i nostri desideri, tutte le nostre brame.

 — Segnandoci le spalle ci dichiariamo pronti a prendere sopra di noi il giogo della Santa Legge di Dio e di osservarla fedelmente, dichiarando di voler eseguire tutte le nostre opere, sopportando tutte le nostre fatiche per amor Suo.

Non è stupendo e caro al cuore il nostro Segno di Croce, rivisto nella sua vera ottica di professione di Fede?

Facciamolo quindi spesso e volontieri; la mattina appena svegli, la sera prima di coricarsi, prima e dopo l’orazione, prima e dopo il pasto, prima e dopo lo studio e il lavoro e prima di qualunche cosa intendiamo fare, perchè ogni bene ci deriva dalla SS. Trinità e dalla morte di Gesù Cristo.

Facciamolo soprattutto nel momento della tentazione: è cosa certa che il demonio fugga alla semplice vista della Croce sinonimo della sua imperitura sconfitta.

Teniamo presente però che per avere questa certezza il Segno di Croce deve essere eseguito a modo, cioè con rispetto, devozione e Fede,  riflettendo con attenzione sulle parole e sui significati spiegati. Fatto in questo modo e non distrattamente, il Segno di Croce vi attirerà le divine benedizioni e sarà passaporto di salvezza!

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Giovani fiamminghi intervistano il Papa: “Tutti siamo fratelli, credenti e non credenti”

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Ha  fatto il giro del mondo l’intervista rilasciata da Papa Francesco ad alcuni  ragazzi belgi il 31 marzo scorso presso lo studio del Palazzo Apostolico in Vaticano e trasmessa giovedì sera dalla Tv pubblica fiamminga del Belgio VRT. L’iniziativa è nata da un progetto di comunicazione della Pastorale giovanile  delle Fiandre: i ragazzi, accompagnati da mons. Lucas Van Looy, vescovo di Gent,  porgono le loro domande in inglese e il Papa risponde in italiano.
di Sergio Centofanti – Radio Vaticana

Giovani fiamminghi intervistano il Papa: “Tutti siamo fratelli, credenti e non credenti”  dans Fede, morale e teologia qpngpg

E’ stato un incontro allegro e familiare, in un clima di grande semplicità: tra i giovani c’è anche una ragazza non credente che dice di essere ispirata dalle parole di Papa Francesco. Chiedono innanzitutto perché abbia accettato questa intervista. Il Papa risponde che per lui è un servizio prezioso parlare all’inquietudine dei giovani. Poi, una domanda a bruciapelo: “Lei è felice? E perché?”:

“Assolutamente! Assolutamente [ride] sono felice! … E anche è una felicità tranquilla, perché a questa età non è la stessa felicità di un giovane, c’è una differenza. Ma una certa pace interiore, una pace grande, felicità, che viene con l’età, anche. E anche con una strada che sempre ha avuto problemi. Anche adesso ci sono i problemi, ma questa felicità non va via con i problemi, no: vede i problemi, li soffre e poi va avanti, fa qualcosa per risolverli e va avanti. Ma nel profondo del cuore c’è questa pace e questa felicità. E’ una grazia di Dio, per me, davvero. E’ una grazia. Non è merito proprio”.

I ragazzi chiedono il motivo del suo grande amore per i poveri: “Perché è il cuore del Vangelo”, risponde il Papa:

“Per me, il cuore del Vangelo è dei poveri. Ho sentito, due mesi fa, che una persona ha detto, per questo: ‘Ma, questo Papa è comunista!’. E no! Questa è una bandiera del Vangelo, non del comunismo: del Vangelo! Ma la povertà senza ideologia, la povertà … E per questo io credo che i poveri sono al centro dell’annuncio di Gesù. Basta leggerlo. Il problema è che poi questo atteggiamento verso i poveri alcune volte, nella storia, è stato ideologizzato”.

La ragazza non credente chiede al Papa quale messaggio abbia per tutti i giovani:

“Tutti siamo fratelli. Credenti, non credenti, o di questa confessione religiosa o dell’altra, ebrei, musulmani … tutti siamo fratelli! L’uomo è al centro della storia, e questo per me è molto importante: l’uomo è al centro. In questo momento della storia, l’uomo è stato buttato via dal centro, è scivolato verso la periferia, e al centro – almeno in questo momento – è il potere, il denaro e noi dobbiamo lavorare per le persone, per l’uomo e la donna, che sono l’immagine di Dio”.

Oggi, ha proseguito il Papa, “siamo entrati in una cultura dello scarto”: “sono cacciati via i bambini – non vogliamo bambini, meno, famiglie piccole: non si vogliono i bambini –, sono cacciati via gli anziani: tanti anziani muoiono per una eutanasia nascosta, perché non si ha cura di loro e muoiono. E adesso sono cacciati via i giovani”. E ha ricordato che in Italia la disoccupazione giovanile dai 25 anni in giù è quasi del 50 per cento. Ma ricordando i suoi
incontri con alcuni giovani politici argentini, ha affermato di avere fiducia in loro e nella loro voglia di concretezza:

“E sono contento perché loro, siano di sinistra, siano di destra, parlano una nuova musica, con una nuova musica, un nuovo stile di politica. E quello a me dà speranza. E io credo che la gioventù, in questo momento, deve prendere la luce e andare avanti. Che siano
coraggiosi! Questo a me dà speranza”.

Ad una domanda sulla ricerca di Dio, il Papa risponde:

“Quando l’uomo trova se stesso, cerca Dio. Forse, non riesce a trovarlo, ma va su una strada di onestà, cercando la verità, per una strada di bontà e una strada di bellezza … è su una buona strada e troverà Dio sicuro! Tardi, prima, ma lo troverà. Ma il cammino è lungo e alcune persone non lo trovano, nella vita. Non lo trovano coscientemente. Ma sono tanto veri e onesti con se stessi, tanto buoni e tanto amanti della bellezza, che alla fine hanno una personalità molto matura, capace di un incontro con Dio, che è sempre una grazia. Perché l’incontro con Dio è una grazia”.

Un giovane gli chiede cosa gli abbiano insegnato i suoi errori. Papa Francesco afferma che gli sbagli sono “grandi maestri di vita”:

“Grandi maestri: ti insegnano tanto. Anche ti umiliano, perché uno può sentirsi un superuomo, una superdonna … e tu sbagli e questo ti umilia e ti mette al tuo posto. Io non direi che io da tutti i miei sbagli ho imparato: no, credo che da alcuni non ho imparato perché sono testardo [ride] e non è facile imparare. Ma da tanti sbagli ho imparato e questo mi ha fatto bene, mi ha fatto bene. E anche riconoscere gli sbagli. Ho sbagliato qui, ho sbagliato là, sbaglio là … E anche essere attento per non tornare allo stesso sbaglio”.

Una ragazza gli chiede: “Ha un esempio concreto di come ha imparato da uno sbaglio?”:

“Per esempio, nella conduzione della vita della Chiesa: io sono stato nominato superiore molto giovane e ho fatto tanti sbagli con l’autoritarismo, per esempio. Io ero troppo autoritario: a 36 anni … E poi, ho imparato che si deve dialogare, si deve sentire cosa pensano gli altri … Ma non è stato imparato una volta per sempre! E’ lunga la strada”.

Arriva poi un’altra domanda a bruciapelo: “Di che cosa ha paura lei?”:

“Eh, di me stesso! [ride] Paura … ma guarda, nel Vangelo, Gesù ripete tanto: ‘Non abbiate paura! Non abbiate paura!’… Ma, tante volte, lo dice, no? E perché? Perché lui sa che la paura è una cosa direi ‘normale’. Noi abbiamo paura della vita, abbiamo paura davanti alle sfide, abbiamo paura davanti a Dio. Tutti abbiamo paura, tutti. Tu non devi preoccuparti di avere paura. Ma devi sentire quello, ma non avere paura e poi pensare: ‘Perché ho paura?’. E davanti a Dio e davanti a te stessa cercare di chiarire la situazione o chiedere aiuto a un altro. Ma la paura non è una buona consigliera, perché ti consiglia male”.

Quindi spiega che “c’è la paura cattiva e la paura buona. La paura buona è come la prudenza”: aiuta a non farci cadere. E c’è la paura cattiva: quella che ti annulla e non ti lascia fare qualcosa. E bisogna rifiutarla.

Infine, l’ultima domanda dei giovani al Papa è particolare: “Lei ha una domanda per noi?”:

“Non è originale, la domanda che io  voglio farvi. La prendo dal Vangelo. Dove è il tuo tesoro? Questa è la domanda. Dove riposa il tuo cuore? Su quale tesoro riposa il tuo cuore? Perché dove è il tuo tesoro sarà la tua vita … Questa è la domanda che io farò, ma dovrete risponderla a voi stessi, da soli [ride] a casa vostra …”.

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San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale

Posté par atempodiblog le 5 avril 2014

Santuario di San Giovanni Nepomuceno

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale dans Articoli di Giornali e News Santuario

A poco meno di un centinaio di chilometri da Praga si trova la cittadina Žďár nad Sázavou. Sopra una bella collina ricca di boschi si trova la Chiesa di San Giovanni Nepomuceno, una delle più originali chiese cristiane. In riconoscimento del suo valore unico, l’intero complesso della Chiesa del pellegrinaggio di San Giovanni Nepomuceno a Zelena Hora è stato posto sulla prestigiosa lista UNESCO del Patrimonio Mondiale nel 1994. La pianta della chiesa ha una forma insolita: è una stella a cinque punte. La realizzazione di questo capolavoro architettonico fu opera di Giovanni Biagio Santini-Aichl.

Altra peculiarità dell’edificio è data dalla sua forma gotica, e dalle finestre come pure dagli archi ogivali. Tutti questi elementi vennero utilizzati al fine di creare la tipica atmosfera delle antiche cattedrali gotiche. Giovanni Biagio Santini-Aichl fu l’unico ad impiegare questo originale elemento nelle sue opere.

All’inizio del Diciottesimo Secolo uno stile architettonico senza pari nel resto d’Europa si è sviluppato in Boemia. Conosciuto come barocco gotico in quanto ha coinvolto la trasposizione di elementi gotici in forma barocca. Questo è lo stile nel quale il Santuario di San Giovanni Nepomuceno a Zelena Hora è stato costruito tra gli anni 1719-1722. È un’opera d’arte unica e indiscutibilmente rappresenta l’edificio più originale progettato dal geniale architetto boemo di origine italiana Jan Blazej Santini-Aichl. Si tratta di un edificio che sfuggiva alle regole architettoniche convenzionali e alle panacee del tempo, e colpisce ancora oggi con le sue complesse forme di interconnessione spaziale, il dinamismo dei volumi e la sua ascensione verso l’alto, che sembra sfidare il peso della struttura.

La fondazione della chiesa è legata ai preparativi per la beatificazione e canonizzazione di Giovanni Nepomuceno dopo l’apertura della sua tomba nella cattedrale di San Vito a Praga e la constatazione della sua lingua che miracolosamente era intatta.

Tratto da: Informagiovani

Divisore dans San Francesco di Sales

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale
Tratto da: Il Sussidiario.net

San Giovanni Nepomuceno, martire del confessionale dans Articoli di Giornali e News San-Nepomuceno

Il 20 marzo di ogni anno la Chiesa Cattolica celebra San Giovanni Nepomuceno, sacerdote e martire della Boemia. Giovanni è nato a Nepomuk, in Boemia, nel 1330 ed è morto a Praga, sempre in Boemia, nel 1383. Intraprese gli studi ecclesiastici a Praga, diventò sacerdote per opera dell’arcivescovo e si dedicò alla predicazione. Re Venceslao lo prese a corte come predicatore e dopo poco l’arcivescovo elesse Giovanni canonico della cattedrale e l’imperatore gli promise il ruolo di vescovo a Leitometitz. Il canonico, un po’ timoroso per gli onori e le responsabilità, persuase il re a revocare la sua proposta. Nel frattempo la moglie del re, Giovanna di Baviera, avendolo conosciuto, gli diede il ruolo di suo confessore. Ma il re Venceslao, che era corrotto, aveva il sospetto che sua moglie Giovanna lo tradisse e la assillava per sapere cose che invece erano solo sue fantasie. Allora si rivolse a Giovanni allo scopo di conoscere il contenuto delle confessioni di sua moglie, ma Giovanni si rifiutò con fermezza nonostante le minacce del re. In seguito a supplizi e torture, senza alcun risultato, il re lo condannò a morte gettandolo nel fiume Moldava. Infatti nel 1383 Giovanni fu gettato dal ponte cittadino tra sesto e settimo pilastro.

Il significato del nome Giovanni deriva dall’ebraico e significa dono del Signore. Il suo emblema è una palma, le cinque stelle e l’abito talare. Giovanni di Nepomuk è da sempre protettore dei fiumi e delle acque. Ma la sua storia ha i contorni sfocati tanto che all’inizio dello scorso secolo si dubitò della sua esistenza e molte statue furono abbattute oppure rimosse. Nella tradizione antica, di cui dubitavano i protestanti, si parlava dell’eroismo di “Magister Jan”, un originario della città di Nepomuk nella Boemia, che, per non rivelare il segreto di una confessione venne gettato, come detto, nella Moldava, dove morì per annegamento. Il re artefice della condanna era vizioso e corrotto ed era stato ribattezzato come “re fannullone”. La povera regina, che trovava conforto nella fede ai ripetuti tradimenti del marito, trascorreva ore in preghiera e confessandosi da padre Giovanni, un ottimo predicatore e curatore di coscienze. Ma la mente malata del re, accecato dalla gelosia, gli aveva fatto immaginare che la moglie avesse una relazione con il prete stesso e anche con un amante che il prete copriva. Quando il re pensa di esserne certo lo svergogna durante un pranzo davanti ad ospiti. Giovanni gli intima di fare il suo dovere di sovrano ma soprattutto di cristiano. Allora il Re Venceslao giura di vendicarsi e un giorno, con le minacce, ordina a Giovanni di dirgli cosa sua moglie gli dicesse in confessione, sperando di sapere qualcosa sui presunti amanti. Ma Giovanni, con una volontà ferma ed eroica, convinto assolutamente dell’inviolabilità del sacramento della confessione e rifiuta nettamente. Il re Venceslao si vendica e lo fa gettare nel fiume di notte il 20 marzo del 1393.

Ancora oggi è indicato il luogo esatto da cui venne gettato e le persone passando si tolgono il cappello, venerando il prete Giovanni come martire e invocandolo contro i danni che vengono dall’acqua. Il mattino dopo nel fiume galleggiava il suo cadavere che era circondato dalla luce. La città si indignò per il misfatto del loro re e Giovanni fu portato in processione, alla chiesa vicina di S. Croce, mentre tutti i fedeli piangendo, accorrevano a baciare i piedi e a chiedere intercessioni. Poi, durante la Controriforma, i Gesuiti, in polemica con i protestanti che rifiutano il sacramento della confessione rendono Giovanni da Nepomuk il “martire del confessionale”.

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