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La cultura dell’incontro contro la cultura dell’esclusione e del pregiudizio

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“Ma pensiamo a tanti che Gesù ha voluto incontrare, soprattutto persone segnate dalla malattia e dalla disabilità, per guarirle e restituirle alla piena dignità. E’ molto importante che proprio queste persone diventano testimoni di un nuovo atteggiamento, che possiamo chiamare cultura dell’incontro”.

Esempio tipico, ha detto, è la figura del cieco nato, che ci verrà ripresentata questa domenica, nel Vangelo. Quell’uomo, ha rammentato, “era cieco dalla nascita ed era emarginato in nome di una falsa concezione che lo riteneva colpito da una punizione divina”:

“Gesù rifiuta radicalmente questo modo di pensare – ma che è un modo veramente blasfemo! Gesù rifiuta questo – e compie per il cieco ‘l’opera di Dio’, dandogli la vista. Ma la cosa notevole è che quest’uomo, a partire da ciò che gli è accaduto, diventa testimone di Gesù e della sua opera, che è l’opera di Dio, della vita, dell’amore, della misericordia”.

“Ecco le due culture opposte. La cultura dell’incontro e la cultura dell’esclusione, la cultura del pregiudizio (…) La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire”.

Papa Francesco
Tratto da: Radio Vaticana

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SINDROME DI DOWN/ Cristina: anch’io ce l’ho, e ringrazio i miei genitori e Dio
di Paolo Vites - Il sussidiario.net (21 marzo)

Il 21 marzo si celebra la Giornata mondiale della sindrome di Down. Per l’occasione CoorDown, il coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down, ha preparato molte iniziative, tra cui un bel video intitolato « DearFutureMom », cara mamma futura, in cui diversi ragazzi e ragazze di tutta Europa con sindrome di Down spiegano a una futura mamma che scopre di aspettare un figlio down che non c’è nulla di cui aver paura, anzi. Non se ne fa cenno, ma è un dato di fatto che grazie alle moderne tecnologie, il fatto di scoprire ancor prima di metterlo alla luce di aspettare u figlio down, porta spesso ad abortirlo. Ilsussidiario.net ha parlato questa giornata e di cosa significhi essere down con Cristina Acquistapace, suora laica che è nata con questa problematica. « Chi rinuncia a un figlio down » ci ha detto « perde una grande possibilità: quella di conoscere il bambino e quella di vedere cosa sa fare con questo bambino, che è diverso ma anche uguale a tutti nel suo bisogno di felicità e di bellezza ».

Nel presentare la Giornata mondiale si parla di avere come obiettivo « quello di diffondere una nuova cultura della diversità ». Non le sembra che invece di diversità si dovrebbe parlare di normalità?
E’ un dato di fatto che le persone down sono diverse e diversità non è una brutta parola. Non sono una che si fa problemi per una parola che non è una brutta parola, non ho paura delle parole. Diversità non significa discriminazione, sono due cose che non vanno a pari passo, sono due cose diverse. Discriminare non va bene non solo per le creature umane ma per tutte le creature viventi.

Forse in una giornata come questa non bisognerebbe in qualche modo ricordare alle mamme che abortiscono un figlio down che avere un figlio così non rovinare proprio nulla?
Personalmente non giudico nessuno, anche perché non tocca a me di giudicare. Se prego per una mamma che ha il coraggio di portarsi il bambino a casa prego sei volte di più per una mamma che non ha questo coraggio e che fa comunque una scelta infelice.

In che senso infelice?
Perde una grande possibilità, quella di conoscere il bambino e quella di vedere cosa sa fare con questo bambino. Alcune mamme forse decidono di abortire il figlio down perché sono sole e non se la sentono di affrontare questa situazione.

Quanto è importante la famiglia in questo? Come è stato possibile per la sua famiglia fare ciò?
All’inizio è stato difficile anche per i miei genitori avere una bambina con questo tipo di problema, anche perché mio padre già lavorava in un centro che si occupava di ragazzi con problemi anche più gravi dei miei. Dopo lo shock iniziale hanno cominciato a lavorare insieme come coppia per fare di me una donna felice e credo che abbiano fatto un gran bel lavoro, perché il risultato è lì da vedere (ride, ndr). E poi perché hanno affrontato le difficoltà con coraggio. Ricordiamoci che comunque difficoltà e dolore fanno parte di qualsiasi famiglia.

Che cosa dà il coraggio per vivere situazioni come queste?
Il coraggio te lo fai venire comunque, prima o poi, perché non puoi passare tutta la vita a piangerti addosso perché il bambino non è come lo desideravi. L’importante è la fiducia che una persona ripone in Dio.

Concretamente in che modo si manifesta questa fiducia in Dio?
Ognuno di noi la manifesta in modo diverso perché ognuno è diverso dall’altro. Il mio coraggio lo manifesto in un modo, i miei in un altro, ma l’importante è avere un punto a cui guardare, un volto preciso a cui rivolgersi.

I down, come si vede anche nel video che presenta la giornata del 21 marzo, hanno una particolare capacità di esprimere affettività e gioia, è così?
La parte del mio cervello che controlla affettività ed emozioni è la parte illesa da qualsiasi handicap e quindi l’affettività, le amicizie, l’amore sono cose che fanno vivere la persona e la fanno anche soffrire. Però amore e sofferenza vanno a pari passo, ma è solo così che si diventa adulti. La gioia di essere amati e dare anche noi amore a nostra volta è la cosa più bella del mondo, forse la più antica fra tutte le vocazioni.

Questa giornata mondiale vuole anche sensibilizzare sullo scarso inserimento nelle scuole e nel lavoro di chi ha la sindrome di Down.
E’ più facile abbattere una barriera architettonica che una barriera mentale. Possiamo spaccarci la testa ma c’è ancora molto da fare e ci sarà sempre molto da fare per garantire ai ragazzi l’istruzione e soprattutto una decente occupazione.

Chi ha la sindrome di Down quanto fatica a inserirsi nel lavoro?
Il lavoro è un diritto per tutti, anche per i down. E’ anche l’unico modo che abbiamo per sentirci persone adulte e realizzate: sono a favore del fatto che anche chi ha problemi possa lavorare. Come ha detto Papa Francesco, chi non ha lavoro non ha una identità e una dignità. Per acquisire una maggiore identità personale e dignità il lavoro è importante per noi come per tutti.

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“Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“Io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore” dans Citazioni, frasi e pensieri Roberta-Zappa

Il Signore rispose a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”.

Divisore dans Riflessioni

E’ cosa estremamente difficile trovare un uomo veramente ragionevole, perché l’amor proprio abitualmente offusca la ragione, e insensibilmente ci conduce a mille generi di ingiustizie e cattiverie […] Ci sono dei figli veramente buoni e bravi, ma invisi ai loro papà e alle loro mamme solo a causa di difetti fisici e magari poi sono preferiti quelli viziosi, perché hanno delle belle qualità fisiche. In ogni campo diamo la preferenza ai ricchi sui poveri, anche se non sono di stirpe più nobile o più virtuosi; diamo la preferenza anche a quelli vestiti meglio.

San Francesco di Sales

Divisore dans Roberta Zappa

Mi voglio bene!
Al mattino mi guardo allo specchio e dico: Questo sono io. Mi piaccio. Complimenti corpo mio! Sei straordinario! Alla sera penso: Dio è Intelligente: non guarda come appaio, ma come sono. Dio guarda il cuore! Che importa se ho il naso a patata? Mi faccio una risata! Che importa se sono cicciottella? Rido e la vita diventa bella! Che importa se sono allampanato? Mi dò un cuore proporzionato! Beato chi sa’ ridere di se stesso, non gli mancheranno mai gli argomenti.

Roberta Zappa 

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Quaresima: digiuno, confessione, elemosina

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

La Confessione non può essere ridotta a confessare i peccati e all’assoluzione, ma è quel lavorio all’interno del cuore per cui ogni confessione è efficace nella misura in cui c’è il dolore dei peccati, la consapevolezza di aver offeso Dio, il dispiacere di aver offeso Dio, il proposito di non commetterne più, a queste condizioni c’è il perdono dei peccati che è una grazia talmente grande per cui il Papa sabato prossimo ha promosso una giornata di ringraziamento per il dono del perdono dei peccati, per il dono del sacramento della Confessione. Un invito da parte del Papa a ringraziare e confessarci, un invito della Chiesa e della Madonna insieme, “andate a confessarvi”, prepariamo una bella confessione pasquale e noi sacerdoti organizziamo nelle chiese quegli incontri penitenziali.

di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Medjugorje Liguria

Quaresima: digiuno, confessione, elemosina dans Fede, morale e teologia e0sys9

Il tempo di quaresima è segnato da alcuni gesti forti, importanti. In particolare la tradizione cristiana ha sempre insistito sulla necessità di praticare in special modo, in questo tempo liturgico, il digiuno, la confessione e l’elemosina.

Dai microfoni di radio Maria padre Livio invita spesso gli ascoltatori al digiuno in senso lato: non solo rinuncia al cibo, magari per dare ciò che ci si è tolti, ad altri, ma anche “digiuno degli occhi”, “digiuno delle orecchie”, “digiuno della lingua”. Se in passato rinunciare al cibo poteva essere un gesto forte, per esercitare la proprio temperanza, l’autocontrollo, il dominio dello spirito sul corpo, oggi è più urgente disfarsi delle mille sollecitazioni sensoriali, visive, tattili che il mondo ci presenta per distrarci, per intrattenerci, per anestetizzare la nostra sana inquietudine di uomini.

Televisione, radio, internet… sono un pullulare di sollecitazioni che, sommate l’una all’altra, rischiano di seppellire i veri desideri della mente e del cuore. L’indifferentismo rispetto alla fede, alla vita, al prossimo, è agevolato da questa possibilità che abbiamo di entrare in contatto continuo con un mondo lontano, virtuale, finto, per staccare la spina rispetto alla realtà vicina, al prossimo, a Dio. Per questo giustamente padre Livio ci invita a “liberarci” dalle svariate distrazioni, per concentrare il nostro sguardo, il nostro ascolto, i nostri silenzi, da cui siamo spesso così spaventati, verso le cose che contano. Perché la voce di Dio non può parlare all’uomo indaffarato soverchiamente nel chiassoso nulla.

Oltre al digiuno, la confessione. Il cardinal Raymond Burke, nei suoi “Esercizi spirituali ai sacerdoti” (Fede & Cultura), insiste molto su questo sacramento dimenticato, cui anche il pontefice fa spesso riferimento. Confessarsi significa riconoscersi peccatori, non in senso generico, ma verso Qualcuno. Significa sentirsi bisognosi di perdono, di grazia, di misericordia: senza questa disposizione del cuore, superficialità di vita e superbia mettono radici nel cuore dell’uomo, trasformandolo in una creatura orgogliosa e tronfia del suo nulla.

Ma è ai sacerdoti che il cardinal Burke si rivolge, definendoli, prima ancora che “guide morali”, “araldi e strumenti della misericordia di Dio”, e dicendo loro che “soltanto quando i fedeli avranno raggiunto una più profonda conoscenza della Divina Misericordia, ascolteranno la chiamata alla conversione e alla donazione della loro vita a Dio, cosicché Egli potrà perdonare i loro peccati e rafforzarli nel proposito d’emendamento. E’ soltanto nella luce della bontà divina che riusciamo a capire che cos’è il peccato!”.

E qui il cardinale consiglia ai sacerdoti di confessare spesso, di ritirarsi volentieri in questo piccolo ospedale dell’anima in cui si operano guarigioni e riconciliazione che è il confessionale, e di confessarsi spesso. Essendoci, a mio parere, un grave rischio: se il sacerdote sale solo sul pulpito, e non sta mai in confessionale, ad ascoltare le colpe altrui, a denunciare le proprie, le sue omelie saranno improntate o ad un freddo e duro moralismo, o allo sciocco utopismo del tempo e delle mode. Perché è nel confessionale che il sacerdote diventa conoscitore dell’animo umano, della sua fragilità, della sua debolezza, ed anche dei suoi slanci vitali, delle sue aspirazioni. Ed è questo il campo di battaglia in cui si impara a tenere al centro la Verità, accompagnata però dalla Misericordia, senza trasformare la Verità in ideologia né la Misericordia in buonismo.

L’ultimo elemento classico della quaresima cristiana è l’elemosina, che, secondo i Padri della Chiesa, “copre la moltitudine dei peccati”. Il dovere dell’elemosina si ricollega fortemente alla carnalità di Cristo, ed è per questo che viene spesso frainteso: quando diventa, per chi fa del cristianesimo una filosofia morale, solo esigenza di giustizia sociale; oppure quando il riferimento ai poveri, ai bisognosi, al dovere cristiano di soccorrere e di sovvenire, appare alle orecchie degli spiritualisti come qualcosa di troppo umano, di poco elevato, di confondibile con dottrine materialiste moderne.

Date dunque ai poveri: lo prego, lo esorto, lo comando, lo ingiungo”, scriveva sant’Agostino, mentre il Crisostomo insegnava che la ricchezza non è male, ma “il peccato sta nell’usare male di essa, non ripartendola tra i poveri”. Dio, proseguiva, “non ha fatto nulla di malvagio. Tutto è buono, o addirittura molto buono. Anche le ricchezze lo sono, a condizione che non dominino chi le possiede, e che servano a porre rimedio alla povertà”. Povertà nostra e altrui che rimarrà sempre con noi, sino alla fine dei tempi, in varie forme e modi, come segno del nostro limite e come appello al nostro cuore.

Francesco Agnoli - Il Foglio
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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A san Giuseppe

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“San Giuseppe è il Padre putativo e Custode di Gesù, è il primo e il più santo degli artigiani, è l’amico del Sacro Cuore. Dopo Maria il più amato e Colui che più ama”.

San Leonardo Murialdo

A san Giuseppe dans Don Giustino Maria Russolillo San-Giuseppe

A san Giuseppe
del Beato Giustino M. Russolillo

O san Giuseppe mio, gradisci che il tuo schiavo di amore si unisca a tutta la santa Chiesa, ai tuoi devoti e religiosi, e soprattutto ai sacratissimi cuori di Gesù e di Maria, nell’onorarti.

Tu il rappresentante del Padre e dello Spirito
Santo, tu il vergine sposo di Maria, il vergine padre di Gesù, tu il viceré del regno di Dio e il ministro
primo dei divini tesori!

Te solo, e per sempre, la SS. Trinità ha messo a capo di tutta la santa Famiglia, la sola che sussisterà in eterno, destinata ad accogliere, come suoi membri, tutti gli eletti a te pertanto affidati!

Tu, in persona di Gesù bambino, di Gesù adolescente, di Gesù giovane e di Gesù nostro capo, hai avuto, nella tua casa, cresciuto con il tuo sudore, e portato sulle tue braccia tutti gli eletti!

Ammettimi nella tua famiglia a titolo di schiavo
di amore e come cosa tutta tua; rendimi utilissimo al regno di Gesù e di Maria, carissimo ai loro cuori, intimissimo della loro vita.

Per riuscirvi devo e voglio vivere secondo le intenzioni e le disposizioni del tuo spirito, tutto umiltà e docilità di ubbidienza, tutto fedeltà e generosità di amore, sotto l’amorevole protezione di Dio.

Ebbene, san Giuseppe mio, come mi riconosco obbligato a te, con Gesù e Maria, di tutte le grazie avute sinora, così da te, con Gesù e Maria, mi aspetto tutte le altre che mi faranno degno della divina unione.

Ottienimi, con il tuo patrocinio, di glorificare Dio nel servizio della santa Chiesa in generale e della mia famiglia di anime in particolare, con l’umiltà della tua mente, con la carità del tuo cuore.

Specialmente, poi, ti chiedo e mi aspetto da te, per me e per tutti i miei fratelli, la grazia della perseveranza finale, con una santa morte, di contrizione e carità perfetta e l’immediato ingresso in Paradiso.

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Ancora vivo

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

Ancora vivo dans Citazioni, frasi e pensieri zvdb9f

“Tutta la scienza, anche quella divina, è un sublime romanzo poliziesco. Solo non ha l’obiettivo di indagare sul perché un uomo sia morto, ma bensì sul segreto più oscuro del perché sia ancora vivo”.

G. K. Chesterton

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Evitare le cattive letture

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

«Dimmi quello che leggi e ti dirò chi sei» è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi.

François Mauriac

Evitare le cattive letture dans Citazioni, frasi e pensieri f0uo46

“Non leggere mai libri o giornali della bontà dei quali non sei più che sicuro. […] Non devi neppure lasciarti attirare a leggere questi libri o giornali con la scusa che contengono bellezze letterarie o artistiche. Berresti tu infatti un liquore avvelenato soltanto perché ti viene offerto in una tazza d’oro? No certamente! Ebbene, tanto maggiormente dovrai perciò respingere l’inganno di Satana che vuole avvelenare ed uccidere la vita dell’anima tua”.

San Giovanni Bosco

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