La cultura dell’incontro contro la cultura dell’esclusione e del pregiudizio

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“Ma pensiamo a tanti che Gesù ha voluto incontrare, soprattutto persone segnate dalla malattia e dalla disabilità, per guarirle e restituirle alla piena dignità. E’ molto importante che proprio queste persone diventano testimoni di un nuovo atteggiamento, che possiamo chiamare cultura dell’incontro”.

Esempio tipico, ha detto, è la figura del cieco nato, che ci verrà ripresentata questa domenica, nel Vangelo. Quell’uomo, ha rammentato, “era cieco dalla nascita ed era emarginato in nome di una falsa concezione che lo riteneva colpito da una punizione divina”:

“Gesù rifiuta radicalmente questo modo di pensare – ma che è un modo veramente blasfemo! Gesù rifiuta questo – e compie per il cieco ‘l’opera di Dio’, dandogli la vista. Ma la cosa notevole è che quest’uomo, a partire da ciò che gli è accaduto, diventa testimone di Gesù e della sua opera, che è l’opera di Dio, della vita, dell’amore, della misericordia”.

“Ecco le due culture opposte. La cultura dell’incontro e la cultura dell’esclusione, la cultura del pregiudizio (…) La persona malata o disabile, proprio a partire dalla sua fragilità, dal suo limite, può diventare testimone dell’incontro: l’incontro con Gesù, che apre alla vita e alla fede, e l’incontro con gli altri, con la comunità. In effetti, solo chi riconosce la propria fragilità, il proprio limite può costruire”.

Papa Francesco
Tratto da: Radio Vaticana

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SINDROME DI DOWN/ Cristina: anch’io ce l’ho, e ringrazio i miei genitori e Dio
di Paolo Vites - Il sussidiario.net (21 marzo)

Il 21 marzo si celebra la Giornata mondiale della sindrome di Down. Per l’occasione CoorDown, il coordinamento nazionale associazioni delle persone con sindrome di Down, ha preparato molte iniziative, tra cui un bel video intitolato « DearFutureMom », cara mamma futura, in cui diversi ragazzi e ragazze di tutta Europa con sindrome di Down spiegano a una futura mamma che scopre di aspettare un figlio down che non c’è nulla di cui aver paura, anzi. Non se ne fa cenno, ma è un dato di fatto che grazie alle moderne tecnologie, il fatto di scoprire ancor prima di metterlo alla luce di aspettare u figlio down, porta spesso ad abortirlo. Ilsussidiario.net ha parlato questa giornata e di cosa significhi essere down con Cristina Acquistapace, suora laica che è nata con questa problematica. « Chi rinuncia a un figlio down » ci ha detto « perde una grande possibilità: quella di conoscere il bambino e quella di vedere cosa sa fare con questo bambino, che è diverso ma anche uguale a tutti nel suo bisogno di felicità e di bellezza ».

Nel presentare la Giornata mondiale si parla di avere come obiettivo « quello di diffondere una nuova cultura della diversità ». Non le sembra che invece di diversità si dovrebbe parlare di normalità?
E’ un dato di fatto che le persone down sono diverse e diversità non è una brutta parola. Non sono una che si fa problemi per una parola che non è una brutta parola, non ho paura delle parole. Diversità non significa discriminazione, sono due cose che non vanno a pari passo, sono due cose diverse. Discriminare non va bene non solo per le creature umane ma per tutte le creature viventi.

Forse in una giornata come questa non bisognerebbe in qualche modo ricordare alle mamme che abortiscono un figlio down che avere un figlio così non rovinare proprio nulla?
Personalmente non giudico nessuno, anche perché non tocca a me di giudicare. Se prego per una mamma che ha il coraggio di portarsi il bambino a casa prego sei volte di più per una mamma che non ha questo coraggio e che fa comunque una scelta infelice.

In che senso infelice?
Perde una grande possibilità, quella di conoscere il bambino e quella di vedere cosa sa fare con questo bambino. Alcune mamme forse decidono di abortire il figlio down perché sono sole e non se la sentono di affrontare questa situazione.

Quanto è importante la famiglia in questo? Come è stato possibile per la sua famiglia fare ciò?
All’inizio è stato difficile anche per i miei genitori avere una bambina con questo tipo di problema, anche perché mio padre già lavorava in un centro che si occupava di ragazzi con problemi anche più gravi dei miei. Dopo lo shock iniziale hanno cominciato a lavorare insieme come coppia per fare di me una donna felice e credo che abbiano fatto un gran bel lavoro, perché il risultato è lì da vedere (ride, ndr). E poi perché hanno affrontato le difficoltà con coraggio. Ricordiamoci che comunque difficoltà e dolore fanno parte di qualsiasi famiglia.

Che cosa dà il coraggio per vivere situazioni come queste?
Il coraggio te lo fai venire comunque, prima o poi, perché non puoi passare tutta la vita a piangerti addosso perché il bambino non è come lo desideravi. L’importante è la fiducia che una persona ripone in Dio.

Concretamente in che modo si manifesta questa fiducia in Dio?
Ognuno di noi la manifesta in modo diverso perché ognuno è diverso dall’altro. Il mio coraggio lo manifesto in un modo, i miei in un altro, ma l’importante è avere un punto a cui guardare, un volto preciso a cui rivolgersi.

I down, come si vede anche nel video che presenta la giornata del 21 marzo, hanno una particolare capacità di esprimere affettività e gioia, è così?
La parte del mio cervello che controlla affettività ed emozioni è la parte illesa da qualsiasi handicap e quindi l’affettività, le amicizie, l’amore sono cose che fanno vivere la persona e la fanno anche soffrire. Però amore e sofferenza vanno a pari passo, ma è solo così che si diventa adulti. La gioia di essere amati e dare anche noi amore a nostra volta è la cosa più bella del mondo, forse la più antica fra tutte le vocazioni.

Questa giornata mondiale vuole anche sensibilizzare sullo scarso inserimento nelle scuole e nel lavoro di chi ha la sindrome di Down.
E’ più facile abbattere una barriera architettonica che una barriera mentale. Possiamo spaccarci la testa ma c’è ancora molto da fare e ci sarà sempre molto da fare per garantire ai ragazzi l’istruzione e soprattutto una decente occupazione.

Chi ha la sindrome di Down quanto fatica a inserirsi nel lavoro?
Il lavoro è un diritto per tutti, anche per i down. E’ anche l’unico modo che abbiamo per sentirci persone adulte e realizzate: sono a favore del fatto che anche chi ha problemi possa lavorare. Come ha detto Papa Francesco, chi non ha lavoro non ha una identità e una dignità. Per acquisire una maggiore identità personale e dignità il lavoro è importante per noi come per tutti.

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“Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“Io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore” dans Citazioni, frasi e pensieri 33jjoye

Il Signore rispose a Samuele: “Non guardare al suo aspetto né all’imponenza della sua statura. Io l’ho scartato, perché Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore”.

gsj dans Canti

E’ cosa estremamente difficile trovare un uomo veramente ragionevole, perché l’amor proprio abitualmente offusca la ragione, e insensibilmente ci conduce a mille generi di ingiustizie e cattiverie […] Ci sono dei figli veramente buoni e bravi, ma invisi ai loro papà e alle loro mamme solo a causa di difetti fisici e magari poi sono preferiti quelli viziosi, perché hanno delle belle qualità fisiche. In ogni campo diamo la preferenza ai ricchi sui poveri, anche se non sono di stirpe più nobile o più virtuosi; diamo la preferenza anche a quelli vestiti meglio.

San Francesco di Sales

gsj dans Canti

Mi voglio bene!
Al mattino mi guardo allo specchio e dico: Questo sono io. Mi piaccio. Complimenti corpo mio! Sei straordinario! Alla sera penso: Dio è Intelligente: non guarda come appaio, ma come sono. Dio guarda il cuore! Che importa se ho il naso a patata? Mi faccio una risata! Che importa se sono cicciottella? Rido e la vita diventa bella! Che importa se sono allampanato? Mi dò un cuore proporzionato! Beato chi sa’ ridere di se stesso, non gli mancheranno mai gli argomenti.

Roberta Zappa 

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Quaresima: digiuno, confessione, elemosina

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

La Confessione non può essere ridotta a confessare i peccati e all’assoluzione, ma è quel lavorio all’interno del cuore per cui ogni confessione è efficace nella misura in cui c’è il dolore dei peccati, la consapevolezza di aver offeso Dio, il dispiacere di aver offeso Dio, il proposito di non commetterne più, a queste condizioni c’è il perdono dei peccati che è una grazia talmente grande per cui il Papa sabato prossimo ha promosso una giornata di ringraziamento per il dono del perdono dei peccati, per il dono del sacramento della Confessione. Un invito da parte del Papa a ringraziare e confessarci, un invito della Chiesa e della Madonna insieme, “andate a confessarvi”, prepariamo una bella confessione pasquale e noi sacerdoti organizziamo nelle chiese quegli incontri penitenziali.

di Padre Livio Fanzaga
Tratto da: Medjugorje Liguria

Quaresima: digiuno, confessione, elemosina dans Fede, morale e teologia e0sys9

Il tempo di quaresima è segnato da alcuni gesti forti, importanti. In particolare la tradizione cristiana ha sempre insistito sulla necessità di praticare in special modo, in questo tempo liturgico, il digiuno, la confessione e l’elemosina.

Dai microfoni di radio Maria padre Livio invita spesso gli ascoltatori al digiuno in senso lato: non solo rinuncia al cibo, magari per dare ciò che ci si è tolti, ad altri, ma anche “digiuno degli occhi”, “digiuno delle orecchie”, “digiuno della lingua”. Se in passato rinunciare al cibo poteva essere un gesto forte, per esercitare la proprio temperanza, l’autocontrollo, il dominio dello spirito sul corpo, oggi è più urgente disfarsi delle mille sollecitazioni sensoriali, visive, tattili che il mondo ci presenta per distrarci, per intrattenerci, per anestetizzare la nostra sana inquietudine di uomini.

Televisione, radio, internet… sono un pullulare di sollecitazioni che, sommate l’una all’altra, rischiano di seppellire i veri desideri della mente e del cuore. L’indifferentismo rispetto alla fede, alla vita, al prossimo, è agevolato da questa possibilità che abbiamo di entrare in contatto continuo con un mondo lontano, virtuale, finto, per staccare la spina rispetto alla realtà vicina, al prossimo, a Dio. Per questo giustamente padre Livio ci invita a “liberarci” dalle svariate distrazioni, per concentrare il nostro sguardo, il nostro ascolto, i nostri silenzi, da cui siamo spesso così spaventati, verso le cose che contano. Perché la voce di Dio non può parlare all’uomo indaffarato soverchiamente nel chiassoso nulla.

Oltre al digiuno, la confessione. Il cardinal Raymond Burke, nei suoi “Esercizi spirituali ai sacerdoti” (Fede & Cultura), insiste molto su questo sacramento dimenticato, cui anche il pontefice fa spesso riferimento. Confessarsi significa riconoscersi peccatori, non in senso generico, ma verso Qualcuno. Significa sentirsi bisognosi di perdono, di grazia, di misericordia: senza questa disposizione del cuore, superficialità di vita e superbia mettono radici nel cuore dell’uomo, trasformandolo in una creatura orgogliosa e tronfia del suo nulla.

Ma è ai sacerdoti che il cardinal Burke si rivolge, definendoli, prima ancora che “guide morali”, “araldi e strumenti della misericordia di Dio”, e dicendo loro che “soltanto quando i fedeli avranno raggiunto una più profonda conoscenza della Divina Misericordia, ascolteranno la chiamata alla conversione e alla donazione della loro vita a Dio, cosicché Egli potrà perdonare i loro peccati e rafforzarli nel proposito d’emendamento. E’ soltanto nella luce della bontà divina che riusciamo a capire che cos’è il peccato!”.

E qui il cardinale consiglia ai sacerdoti di confessare spesso, di ritirarsi volentieri in questo piccolo ospedale dell’anima in cui si operano guarigioni e riconciliazione che è il confessionale, e di confessarsi spesso. Essendoci, a mio parere, un grave rischio: se il sacerdote sale solo sul pulpito, e non sta mai in confessionale, ad ascoltare le colpe altrui, a denunciare le proprie, le sue omelie saranno improntate o ad un freddo e duro moralismo, o allo sciocco utopismo del tempo e delle mode. Perché è nel confessionale che il sacerdote diventa conoscitore dell’animo umano, della sua fragilità, della sua debolezza, ed anche dei suoi slanci vitali, delle sue aspirazioni. Ed è questo il campo di battaglia in cui si impara a tenere al centro la Verità, accompagnata però dalla Misericordia, senza trasformare la Verità in ideologia né la Misericordia in buonismo.

L’ultimo elemento classico della quaresima cristiana è l’elemosina, che, secondo i Padri della Chiesa, “copre la moltitudine dei peccati”. Il dovere dell’elemosina si ricollega fortemente alla carnalità di Cristo, ed è per questo che viene spesso frainteso: quando diventa, per chi fa del cristianesimo una filosofia morale, solo esigenza di giustizia sociale; oppure quando il riferimento ai poveri, ai bisognosi, al dovere cristiano di soccorrere e di sovvenire, appare alle orecchie degli spiritualisti come qualcosa di troppo umano, di poco elevato, di confondibile con dottrine materialiste moderne.

Date dunque ai poveri: lo prego, lo esorto, lo comando, lo ingiungo”, scriveva sant’Agostino, mentre il Crisostomo insegnava che la ricchezza non è male, ma “il peccato sta nell’usare male di essa, non ripartendola tra i poveri”. Dio, proseguiva, “non ha fatto nulla di malvagio. Tutto è buono, o addirittura molto buono. Anche le ricchezze lo sono, a condizione che non dominino chi le possiede, e che servano a porre rimedio alla povertà”. Povertà nostra e altrui che rimarrà sempre con noi, sino alla fine dei tempi, in varie forme e modi, come segno del nostro limite e come appello al nostro cuore.

Francesco Agnoli - Il Foglio
Tratto da: Una casa sulla Roccia

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A san Giuseppe

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

“San Giuseppe è il Padre putativo e Custode di Gesù, è il primo e il più santo degli artigiani, è l’amico del Sacro Cuore. Dopo Maria il più amato e Colui che più ama”.

San Leonardo Murialdo

A san Giuseppe dans Don Giustino Maria Russolillo San-Giuseppe

A san Giuseppe
del Beato Giustino M. Russolillo

O san Giuseppe mio, gradisci che il tuo schiavo di amore si unisca a tutta la santa Chiesa, ai tuoi devoti e religiosi, e soprattutto ai sacratissimi cuori di Gesù e di Maria, nell’onorarti.

Tu il rappresentante del Padre e dello Spirito
Santo, tu il vergine sposo di Maria, il vergine padre di Gesù, tu il viceré del regno di Dio e il ministro
primo dei divini tesori!

Te solo, e per sempre, la SS. Trinità ha messo a capo di tutta la santa Famiglia, la sola che sussisterà in eterno, destinata ad accogliere, come suoi membri, tutti gli eletti a te pertanto affidati!

Tu, in persona di Gesù bambino, di Gesù adolescente, di Gesù giovane e di Gesù nostro capo, hai avuto, nella tua casa, cresciuto con il tuo sudore, e portato sulle tue braccia tutti gli eletti!

Ammettimi nella tua famiglia a titolo di schiavo
di amore e come cosa tutta tua; rendimi utilissimo al regno di Gesù e di Maria, carissimo ai loro cuori, intimissimo della loro vita.

Per riuscirvi devo e voglio vivere secondo le intenzioni e le disposizioni del tuo spirito, tutto umiltà e docilità di ubbidienza, tutto fedeltà e generosità di amore, sotto l’amorevole protezione di Dio.

Ebbene, san Giuseppe mio, come mi riconosco obbligato a te, con Gesù e Maria, di tutte le grazie avute sinora, così da te, con Gesù e Maria, mi aspetto tutte le altre che mi faranno degno della divina unione.

Ottienimi, con il tuo patrocinio, di glorificare Dio nel servizio della santa Chiesa in generale e della mia famiglia di anime in particolare, con l’umiltà della tua mente, con la carità del tuo cuore.

Specialmente, poi, ti chiedo e mi aspetto da te, per me e per tutti i miei fratelli, la grazia della perseveranza finale, con una santa morte, di contrizione e carità perfetta e l’immediato ingresso in Paradiso.

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Ancora vivo

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

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“Tutta la scienza, anche quella divina, è un sublime romanzo poliziesco. Solo non ha l’obiettivo di indagare sul perché un uomo sia morto, ma bensì sul segreto più oscuro del perché sia ancora vivo”.

G. K. Chesterton

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Evitare le cattive letture

Posté par atempodiblog le 31 mars 2014

«Dimmi quello che leggi e ti dirò chi sei» è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi.

François Mauriac

Evitare le cattive letture dans Citazioni, frasi e pensieri f0uo46

“Non leggere mai libri o giornali della bontà dei quali non sei più che sicuro. […] Non devi neppure lasciarti attirare a leggere questi libri o giornali con la scusa che contengono bellezze letterarie o artistiche. Berresti tu infatti un liquore avvelenato soltanto perché ti viene offerto in una tazza d’oro? No certamente! Ebbene, tanto maggiormente dovrai perciò respingere l’inganno di Satana che vuole avvelenare ed uccidere la vita dell’anima tua”.

San Giovanni Bosco

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Dolcezza e umiltà

Posté par atempodiblog le 29 mars 2014

Dolcezza e umiltà dans Citazioni, frasi e pensieri Beato-Giustino-M-della-Santissima-Trinit-Russolillo

“Nessuna volta, nessuna volta, nessuna volta mi sono trovato contento di essermi sdegnato, risentito e aver trattato duramente, aspramente il mio povero  prossimo. Mai, mai, mai mi sono trovato scontento di averlo trattato con giusta dolcezza”.

“In ogni conversazione e disputa, affermare la propria opinione e sostenere la verità senza superflua passione e durezza”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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Non giudichiamo con cuore accecato dalle passioni

Posté par atempodiblog le 29 mars 2014

Non giudichiamo con cuore accecato dalle passioni dans Citazioni, frasi e pensieri San-Francesco-di-Sales

“Se qualcuno dei nostri dipendenti ha un modo di fare sgarbato, o ci riesce antipatico, può fare qualunque cosa, la prenderemo sempre per traverso; non cessiamo di umiliarlo e siamo pronti al rimprovero; al contrario, se qualcuno ci va a genio, può fare quello che vuole, lo scuseremo sempre”.

San Francesco di Sales

Divisore dans San Francesco di Sales

Davide agli occhi di Giònata sembrava innocente e tanto caro da essere amato da tutti; agli occhi di Saul, invece, lo stesso Davide pareva così malvagio, da giudicarlo degno di morte. Come mai un giudizio così diverso sulla stessa persona? Perché Giònata aveva un cuore ben fatto e questo lo faceva giudicare rettamente del suo amico; Saul invece aveva un cuore, maligno e lacerato dall’invidia che lo portava a fare sinistri giudizi. Gesù conduceva una vita irreprensibile, eppure scribi e farisei lo facevano passare per un peccatore. Sapete perché? Essi erano dominati da interessi e da amor proprio, e temevano che i suoi insegnamenti facessero loro perdere la stima del popolo. Così capita anche a noi, sorelle mie, giudicando il nostro prossimo con cuore accecato dalle passioni: tutto ciò che vediamo in esso ci pare vizioso e malvagio.

Stabiliamo dunque, come frutto di questa istruzione di non alzar mai più tribunali contro i nostri simili, né giudicare mai più alcuno dei nostri fratelli, perché non avendo noi autorità di farlo, mancandoci la sufficiente cognizione di poterlo fare rettamente ed essendo d’ordinario prevenuti dalle passioni, i nostri giudizi non possono essere che temerari e conseguentemente peccaminosi. Cerchiamo di giudicare noi stessi e non gli altri, perché noi saremo giudicati da Dio non sopra le azioni altrui, ma sopra le nostre. S. Paolo ci avvisa che se giudicheremo e condanneremo noi stessi, non sentiremo più un giorno i rigori del giudizio di Dio.

Sant’Agostino Roscelli

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Mentre giudichi gli altri, condanni te stesso

Posté par atempodiblog le 29 mars 2014

“Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose. Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità contro quelli che commettono tali cose”.

La donna adultera e l’ipocrisia dei suoi accusatori dans Commenti ai Vangeli festivi thepassion

«Quello che mi feriva era la mancanza di carità e di sincerità negli accusatori. Non che mentissero nell’accusa. La donna era realmente colpevole. Ma erano insinceri facendosi scandalo di cosa da loro commessa le mille volte e che unicamente una maggior astuzia e una maggior fortuna avevano permesso rimanesse occulta. La donna, al suo primo peccato, era stata meno astuta e meno fortunata. Ma nessuno dei suoi accusatori ed accusatrici – perché anche le donne, se non alzavano la loro parola, la accusavano in fondo al cuore – erano scevri di colpa. Adultero è chi trascende all’atto e chi appetisce all’atto e lo desidera con tutte le sue forze. La lussuria è tanto in chi pecca che in chi desidera peccare.

[…] A Me non erano ignoti i cuori di quei farisei e di quegli scribi, non quelli di coloro che si erano uniti ad essi nell’inveire contro la colpevole. Peccatori contro Dio e contro il prossimo, erano in loro colpe contro il culto, colpe contro i genitori, colpe contro il prossimo, colpe, soprattutto numerose, contro le mogli loro. Se per un miracolo avessi ordinato al loro sangue di scrivere sulla loro fronte il loro peccato, fra le molte accuse avrebbe imperato quella di “adulteri” di fatto o di desiderio. Io ho detto: “È quello che viene dal cuore che contamina l’uomo”. E, tolto il mio cuore, non vi era alcuno fra i giudici che avesse il cuore incontaminato. Senza sincerità e senza carità.
Neppure l’esser simili a lei nella fame concupiscente li induceva a carità. Io ero che avevo carità per l’avvilita. Io, l’Unico che ne avrei dovuto aver schifo. Ma ricordatevi però questo: che quanto più uno è buono e più è pietoso verso i colpevoli. Non indulge alla colpa per se stessa. Questo no. Ma compatisce i deboli che alla colpa non hanno saputo resistere. L’uomo! Oh! più che canna fragile e vilucchio sottile è facile ad esser piegato dalla tentazione e portato ad avvinghiarsi là dove spera trovare un conforto. Perché molte volte la colpa avviene, specie nel sesso più debole, per questa ricerca di conforto. […]

Ho allontanato i due prima di chiamare la donna per non aumentare la sua mortificazione con la presenza di due testimoni. Imparate, o uomini senza pietà. Per quanto uno sia colpevole, va sempre trattato con rispetto e carità. Non gioire del suo annichilimento, non accanircisi contro neppure con sguardi curiosi. Pietà, pietà per chi cade! Alla colpevole indico la via da seguirsi per redimersi. Tornare alla sua casa, umilmente chiedere perdono e ottenerlo con una vita retta. Non cedere più alla carne. Non abusare della bontà divina e della bontà umana per non scontare più duramente di ora la duplice o molteplice colpa.
Dio perdona, e perdona perché è la Bontà. Ma l’uomo, per quanto Io abbia detto: “Perdona al fratello tuo settanta volte sette”, non sa perdonare due volte.

Tratto da: L’Evangelo come mi è stato rivelato. Opera di Maria Valtorta.

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La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

“Tutti abbiamo bisogno di migliorare, di cambiare in meglio. La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti”.
Papa Francesco

La Quaresima ci aiuta a lottare contro i nostri difetti dans Citazioni, frasi e pensieri 28wm8th

“Che io comprenda tutto quello che nell’anima mia resta ancora di male da mortificare nelle mie quaresime, da immolare nelle mie settimane di passione, per dispormi alle settimane maggiori!

Settimane maggiori per maggiori grazie di unione con Gesù Cristo nel suo divino sacrificio e nel suo divino sacramento, nel mistero della morte e della vita, sepoltura e risurrezione dell’uomo in Cristo.

Che siano così profondi i miei cambiamenti in meglio e così alti i miei progressi nel bene, da essere vere resurrezioni… Oh, come vorrei svolgere, con magnificenza, questo programma nel mio anno liturgico…”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo – Ascensione

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Quaresima, tempo di prova

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

“Si custodisce e si preserva l’originalità della Penitenza cristiana solo in comunione viva con Cristo”.
Nota pastorale della CEI n.230

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“Tempo di tentazione! Chi entra nel deserto con Gesù, non si meravigli che ci trovi la tentazione, poiché anche Gesù ce la volle trovare, e a posta ci volle andare. Ogni tempo della vita presente è tempo di tentazione, perché tempo di prova. Forse la Quaresima lo è maggiormente. Dunque, vigilate et orate. Preghiamo affinché fatti degni di somigliare a Gesù nell’esser tentati, gli rassomigliassimo anche nel combattere a modo e nel vincere trionfalmente.

Così sia”.

Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo

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La storia del Dio che muore è accaduta realmente

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

La storia del Dio che muore è accaduta realmente dans Cardinale Christoph Schönborn aeobhx

Il Cardinale Schönborn ricorda la conversione del grande scrittore britannico Clive Staples Lewis, che aveva letto un’opera in dodici volumi su questi miti*, ed era giunto alla conclusione che anche questo Gesù, che prese in mano il pane e disse: “Questo è il mio corpo”, fosse soltanto “un’altra divinità del grano, un re del grano che offre la sua vita per la vita del mondo”. Un giorno, tuttavia udì in una conversazione “un ateo convinto […] osservare che le prove della storicità dei Vangeli sarebbero sorprendentemente persuasive”. Allora pensò: “Strana faccenda. Tutta la storia del Dio che muore – pare che, una volta, sia accaduta realmente”. Si è accaduta realmente. Gesù non è un mito, è un uomo fatto di carne e di sangue, una presenza tutta reale nella storia. Possiamo visitare i luoghi e seguire le vie che Egli ha percorso. Possiamo, per il tramite dei testimoni, udire le sue parole. Egli è morto ed è risorto. Il mistero della passione del pane l’ha per così dire aspettato, si è proteso verso di Lui, e i miti hanno aspettato Lui, in cui il desiderio è diventato realtà. Lo stesso vale per il vino. Anch’esso reca una passione; è stato pigiato, e così l’uva si è trasformata in vino. I Padri hanno interpretato ulteriormente questo linguaggio nascosto dei doni eucaristici. Vorrei aggiungere qui un solo esempio. Nella cosiddetta Didaché (un’opera che con buona probabilità risale intorno all’anno 100) si prega sul pane destinato all’Eucaristia: “Come questo pane spezzato era disperso sui monti e, raccolto, è divenuto uno, così la tua Chiesa sia raccolta dalle estremità della terra nel tuo regno” (IX,4)

*della morte e della resurrezione della divinità, di cui il pane era diventato il punto di partenza.

Tratto da Gesù di Nazaret di Benedetto XVI

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“La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di misericordia!”

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

“La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di misericordia!” dans Fede, morale e teologia Ges-misericordioso

“Tante volte capita che una persona viene e dice: ‘Ma, non mi confesso da tanti anni, ma, ho avuto questo problema, ho lasciato la confessione perché ho trovato un sacerdote e mi ha detto questo’, e si vede l’imprudenza, la mancanza di amore pastorale in quello che racconta la persona. E si allontanano, per una cattiva esperienza nella confessione. Se è questo atteggiamento di padre, che viene dalla bontà di Dio, non succederà mai, questa cosa”.

“La Confessione non è un tribunale di condanna, ma esperienza di perdono e di misericordia!”.

Papa Francesco

Divisore dans San Francesco di Sales

Domanda: Molti cristiani provano un certo malessere davanti al Sacramento della Riconciliazione; quest’iniziativa è un modo di far avvicinare a questo Sacramento con gioia e non con angoscia?

Mons. Rino Fisichella – E’ vero: spesso si hanno esperienze negative che purtroppo allontanano dalla Confessione. Penso che dovremmo essere capaci di dare al meglio il segno dell’incontro, il segno dell’amore e il segno della misericordia, unito anche al segno della gioia. Il Signore accoglie quanti ritornano a lui con il cuore sincero. Noi desideriamo che, come scrive Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium”, il sacramento della Riconciliazione possa essere vissuto come un momento in cui si sperimenta la grazia del perdono, la vicinanza di Dio, che comprende, che guarda nel più profondo del cuore e soprattutto – per usare le sue parole – non dare l’esperienza che il confessionale sia una sala di tortura: non è questo, non può essere questo. Deve essere solo ed esclusivamente il momento in cui, pur mettendoci come peccatori davanti a Dio e pronti al suo giudizio, sperimentiamo però la grandezza della sua misericordia.

Tratto da: Radio Vaticana

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Dio non si stanca di perdonare

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

Dio non si stanca di perdonare dans Citazioni, frasi e pensieri Confessione

“Questo è il nostro Padre, il Dio che ci aspetta. Sempre. ‘Ma, padre, io ho tanti peccati, non so se Lui sarà contento’. ‘Ma prova! Se tu vuoi conoscere la tenerezza di questo Padre, va da Lui e prova, poi mi racconti’. Il Dio che ci aspetta. Dio che aspetta e anche Dio che perdona. E’ il Dio della misericordia: non si stanca di perdonare. Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere il perdono, ma Lui non si stanca. Settanta volte sette: sempre; avanti con il perdono. E dal punto di vista di un’azienda, il bilancio è negativo. Lui sempre perde: perde nel bilancio delle cose, ma vince nell’amore”.

“La vita di ogni persona, di ogni uomo, ogni donna, che ha il coraggio di avvicinarsi al Signore, troverà la gioia della festa di Dio. Così, che questa parola ci aiuti a pensare al nostro Padre, Padre che ci aspetta sempre, che ci perdona sempre e che fa festa quando noi torniamo”.

Papa Francesco

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“Non è arte di pennelli…”

Posté par atempodiblog le 28 mars 2014

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“Quivi non è arte di pennelli, onde sia stato fatto il volto della Vergine, ma cosa divina veramente”.

Michelangelo Buonarroti sull’affresco di Francesco Bocchi, la SS. Annunziata, Firenze 1592.

Tratto da: La SS. Annunziata di Firenze. Santuario dell’Ordine dei Servi di Maria

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