Gender in classe: mondo capovolto
Posté par atempodiblog le 14 février 2014
Gender in classe: mondo capovolto
di Lucia Bellaspiga – Avvenire
«Educare alla diversità a scuola»: tre volumetti prodotti dal Dipartimento per le Pari opportunità (dipende dalla presidenza del Consiglio dei ministri), dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) e dall’Istituto Beck. È diretto alle scuole primarie, alle secondarie di primo grado e a quelle di secondo grado. In teoria dunque tre guide intenzionate a sconfiggere bullismo e discriminazione, garantendo pari diritti a tutti gli studenti. In realtà – a leggerne i contenuti – una serie di assurdità volte a «instillare» (questo il termine usato) nei bambini fin dalla tenera età preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra un padre e una madre… Al loro posto un relativismo che non lascia scampo ad alcun valore. Il tutto mascherato da rispetto per le diversità (quando invece si cerca di omologare tutto, raccomandando persino di appiattire la preferenza nei maschi per il calcio o la Formula 1 rispetto alle femmine) e per diritto alla propria identità (quando viene negata anche quella di uomo e donna, trattati come pura astrazione).
Ma che uso fare dei tre volumi? Quale il loro effettivo destino? C’è il rischio che la dittatura del gender entri prepotentemente – così come auspicato nel testo – nelle aule dei nostri figli e ne influenzi pesantemente la crescita armonica? «Dal punto di vista puramente tecnico si tratta di materiali didattici che l’ufficio delle Pari opportunità mette a disposizione di insegnanti e studenti – spiega Roberto Pellegatta, preside dell’Istituto professionale statale “Meroni” di Lissone (Milano) –, dunque necessita assolutamente del parere concorde di docenti e genitori, come avviene per i libri di testo e per qualsiasi materiale didattico. Poiché va nelle mani dei ragazzini, esige obbligatoriamente il parere del consiglio di classe e la votazione del collegio». Non tocca al preside proporre tali testi, ma all’insegnante, nella piena libertà di insegnamento prevista dalle norme. «Io sono preside alle superiori – aggiunge – ma mi sono confrontato anche con i colleghi delle medie e delle elementari e a nessuno pare materiale appropriato per la scuola: potrebbe essere adottato solo laddove qualche singolo docente volesse agitare posizioni molto ideologiche e usarlo come strumento di battaglia». L’ufficio delle Pari opportunità, infatti, presenta i tre volumetti come ausilio contro il bullismo e la discriminazione, «ma nei contenuti è evidente la battaglia ideologica. Lascia il tempo che trova e io penso che non valga nemmeno la pena contrastare un’operazione tanto lontana dalla realtà. Ciò che preoccupa invece è che sia stato prodotto spendendo soldi dell’Unione Europea: era lì che bisognava contrastare il progetto».
Tutta colpa delle fiabe. «A un bambino è chiaro da subito che, se è maschio, dovrà innamorarsi di una principessa, se è femmina di un principe. Non gli sono permesse fiabe con identificazioni diverse». Così si legge nell’introduzione al volume Educare alla diversità rivolto ai bambini delle elementari. In effetti è vero: sono millenni che gli dei si innamorano delle dee, che i cavalieri combattono per le donzelle, che Cenerentola balla col principe e Biancaneve si risveglia al bacio di un uomo… Siamo tutti cresciuti con queste certezze, e tutto sommato non siamo venuti su male (o non per questo, comunque). Eppure a leggere l’introduzione alle linee guida per “insegnanti rispettosi delle differenze”, nonché le schede di lavoro da svolgere con i bambini, tanta omofobia causa confusione mentale tra i piccoli. «Questi sono gli anni in cui i bambini di solito cominciano a formarsi un’idea di se stessi e delle persone che li circondano», dunque occorre «incoraggiare la diversità»: spesso i genitori e la scuola sono legati agli «stereotipi» della famiglia formata da un padre uomo e una mamma donna e «come risultato molti bambini trascorrono gli anni della scuola elementare senza accenni positivi alle persone LGBT» (lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Ma c’è di peggio, avverte il testo: «Nella nostra società si dà per scontato che l’orientamento sessuale sia eterosessuale e la famiglia, la scuola, gli amici si aspettano, incoraggiano e facilitano un orientamento eterosessuale»… Errori magari compiuti in buona fede, ma proprio per questo ecco pronte le linee guida che rieducano prima gli insegnanti con una serie di esercizi, per poi crescere i bambini nella consapevolezza che i due generi maschio e femmina sono roba vecchia, così come il concetto di famiglia (al singolare), di madre e padre e via andare.
E I DUE RE VISSERO FELICI E CONTENTI
Ecco allora le linee guida per i maestri: attraverso la letteratura, il cinema o invitando ospiti gay o trans, dimostrare ai bambini che ci sono «uomini e donne, così come famiglie, diversi» da quello che viene liquidato non come «stereotipo da pubblicità» (a questo è ridotta la famiglia!). Al bando quindi tutta la letteratura per bambini, dalle fiabe a Pinocchio, ma anche Bambi o gli Aristogatti (materiale chiaramente omofobo)? E ancora: «Non usare analogie che facciano riferimento a una prospettiva eteronormativa», cioè che sottintenda anche involontariamente «che l’eterosessualità sia l’orientamento normale»: insomma, vietato insinuare ad esempio che il re torna a casa dalla regina: «Tale punto di vista può tradursi infatti nell’assunzione che un bambino da grande si innamorerà di una donna e la sposerà» (gravissimo periglio). Guai poi all’insegnante che si aspetti che gli studenti di sesso maschile siano ad esempio più interessati «alla Formula 1»: la parola d’ordine è appiattire le differenze, uniformare, negare l’evidenza, incoraggiare le femmine a tirare di pallone e i maschi a parlare intanto «di cucina o di shopping».
Il maestro è invitato a combattere l’omofobia in modo interdisciplinare, anche nei problemini di aritmetica: «Rosa e i suoi due papà comprano due lattine, se ogni lattina costa 2 euro quanto hanno speso?». Difficile credere che tutto questo non sia uno scherzo. Incredibili poi le domande-tipo: «Un pregiudizio diffuso nei paesi di natura fortemente religiosa è che il sesso vada fatto solo per avere bambini»… Poiché invece la cosa che conta è il rispetto del partner coinvolto nell’atto sessuale (lo ricordiamo, siamo elle elementari!) «potremmo ribaltare la domanda chiedendoci: i rapporti sessuali eterosessuali sono naturali?». Gradatamente il mondo è capovolto. Non è chiaro che fine potrebbero fare a questo punto l’Odissea, con Penelope instancabilmente donna, moglie e madre, o I Promessi Sposi, biecamente tradizionali (con l’aggravante della fede, visto che il testo colpisce spesso la religiosità come causa di atteggiamenti chiusi e retrogradi). «Visione di film e documentari a tematica omosessuale» completano il quadro, mentre «cartoncini, pastelli, matite colorate» non servono più agli antichi lavoretti di un tempo (ricordate?) ma per cartelloni del tipo «che cosa fa una famiglia quando ci sono due mamme o due papà?».
Per obiettività occorre dire che i passaggi contro il bullismo sono assolutamente condivisibili, ma non si capisce perché solo in tema di omosessualità: e i bimbi presi di mira perché credenti? Derisi perché vanno a Messa e fanno pure il chierichetto? O quelli disabili? Il ministero della Pari opportunità non pensa a delle Linee guida per loro? O non siamo tutti uguali e con pari diritti?
ETERO CIOÈ NON NORMALE
Passando alle scuole medie e alle superiori, «coloro che durante questo periodo di sviluppo si accorgono di essere gay, lesbiche o bisessuali» si trovano a sostenere sfide «peculiari del loro orientamento», dunque i loro insegnanti devono attrezzarsi perché non basta «essere gay-friendly», è necessario «essere gay-informed». E su questo modulare l’insegnamento scolastico. La metodica è sempre quella prevista per le elementari: non proporre mai situazioni in cui si presume che un uomo ami una donna, due genitori siano maschio e femmina, il libro o il film presentino come «normale» un rapporto etero anziché come «solo uno dei possibili orientamenti sessuali». E se di nuovo sono ovvie e condivisibili tutte le raccomandazioni contro violenza e bullismo (e ci mancherebbe pure), il resto è un groviglio di attività e concetti del tutto slegati dalla vita reale e da quella scolastica.
Gli autori dimenticano che qualsiasi problematica di un alunno – etero o omosessuale che sia – da che mondo è mondo richiede tutta l’esperienza e la capacità introspettiva del docente, mentre qui sembra che esista esclusivamente la sensibilità del ragazzo omosessuale: gli altri possono tranquillamente crescere e maturare imparando che i due sessi sono un’astrazione, così come la famiglia e tutto ciò che ne consegue (i figli, il matrimonio), che tutto è relativo.
Le attività con i ragazzini delle medie (11-14 anni) vanno da “Famiglie in tv” (oggi c’è solo l’imbarazzo della scelta, comunque «l’insegnante consiglia Giudice Amy; Modern family; Tutto in famiglia… »); a “Il gioco delle associazioni di parole” («Cosa vi viene in mente quando dico le parole gay, lesbica, bisessuale, trans?», chiede il prof); al “Gioco dei fatti e delle opinioni”: «Uno studente può dire che due uomini che fanno l’amore sono disgustosi – queste le istruzioni –. A quel punto l’insegnante fa notare che questa è un’opinione, un giudizio personale, derivata dal fatto che siamo poco abituati a questo dal cinema e dalla televisione»: «È un fenomeno che per noi non è stato reso normale», nulla più. Va da sé che «milioni di bambini crescono con genitori omosessuali» e sono beatissimi, (se ne desume che nozze gay e adozione di figli sarebbero sacrosanti): «L’impossibilità di sposarsi può avere un impatto sul benessere dei genitori e conseguentemente dei figli», altrimenti felicissimi di avere due papà o due mamme.
Per le superiori il tutto si ripete pressoché identico, e questa sì è un’astrazione, che non tiene conto di quanto un 12enne sia diverso da un 18enne: stessi giochi, stesse attività, persino stessi film proposti. Ad esempio “Kràmpack” (regia di Cesc Gay, e non è un gioco di parole): «Nico e Dani sono due ragazzi 16enni che si apprestano a trascorrere le vacanze insieme. È l’estate della perdita della verginità. I due in passato avevano condiviso giochi di masturbazione reciproca…». Se questa è scuola.
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