Pedofilia: per un italiano su tre è accettabile fare sesso con un adolescente (9 febbrario 2014)
Tratto da: Segni di vita, appunti di vita pastorale

Pedofilia: un regalo del 1968
Tratto da: Chiesa e pedofilia. Colpe vere e presunte. Nemici interni ed esterni alla Barca di Pietro. Di Francesco Angoli. Ed. Cantagalli
Per gentile concessione dell’autore, il libro è stato messo on-line da sito Tempi.it ed è scaricabile
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Partiamo da un dato di fatto: i casi di pedofilia nella Chiesa, seppur di gran lunga inferiori rispetto a quello che si vorrebbe far credere, risalgono per lo più agli anni Sessanta e Settanta, e si sono verificati soprattutto negli Stati Uniti. Questi avvenimenti terribili si iscrivono in un aumento generalizzato di abusi sessuali contro minori, che interessa la società tutta, famiglia, single, preti, laici, nessuna categoria esclusa. Basti pensare che ogni giorno nascono decine e decine di nuovi siti pedofili con violenze sessuali sui bambini dai 3 ai 12 anni e che ogni anno milioni di occidentali partono per Cuba, la Thailandia ed altri paesi in cui prospera il turismo sessuale.
Ecco, solo questa banale constatazione, oggettiva e non strumentale, dovrebbe portare ad una domanda che invece per lo più si preferisce evitare: perché?
La risposta mi sembra obbligata: tutto va ricondotto, oltre che ovviamente alla peccaminosità intrinseca nell’uomo, all’origine della mentalità attuale, cioè alla cosiddetta “rivoluzione sessuale”. Dobbiamo andare con la mente agli anni Sessanta, in quel periodo di incubazione che portò poi al 1968 e a tutto quello che ne seguì. L’America e l’Europa sono pervase da queste grida: “abolire i tabù”, “liberare il sesso”, distruggere le vecchie tradizioni, concezioni, istituzioni. La critica investe i rapporti sociali, economici, scolastici, ma soprattutto la famiglia. È lei la grande imputata, a cui, in nome di Marx, Engels, Marcuse, Reich, Cooper, si contrappone l’assoluta possibilità per ogni individuo di fare le esperienze sessuali più varie, frequenti e “alternative” possibili.
La “monogamia cristiana”, spiegano i teorici delle comuni, molte femministe e i rappresentanti dei nascenti movimenti gay, non è per nulla più naturale e più giusta della poligamia, della poliandria, dell’amore di gruppo, del rapporto istantaneo e diversificato.
Il matrimonio diviene così per molti simbolo di oppressione e la generazione dei figli una schiavitù, un limite, una maledizione: nasce così la cultura della contraccezione, del divorzio e dell’aborto. I bambini saranno, a breve, le vittime designate delle nuove “libertà”: abortiti, separati a forza dai genitori, sballottati da una casa all’altra; un giorno saranno addirittura progettati a tavolino, da una donna single, da due uomini, o da due donne, grazie alle banche degli ovuli, del seme, agli uteri in affitto e domani, chissà, a quelli artificiali. Se si sfoglia Le voci degli Hippies (Laterza, 1969), florilegio di scritti degli anni ’60 in Usa, si possono leggere articoli così intitolati: “In difesa dell’oscenità”; “Sei professori in cerca di… osceno”; “Applauso per l’orgia”.
Dovunque inni alla “liberazione sessuale”, alla pornografia, all’omofilia, ai “rapporti sessuali aperti in modi non tradizionali”, persino all’incesto.
Insomma, è in questi anni di profonda secolarizzazione, di odio verso ciò che resta della tradizione cristiana, che si collocano i primi aperti sostenitori delle più varie perversioni, dall’adulterio come atto legittimo alla zoofilia, dalla necrofilia alla pedofilia. Qui dobbiamo cercare i precursori di Asia Argento che si bacia appassionatamente con un cane, in uno dei suoi film; oppure di quella marea di film pornografici in cui non mancano scene di personaggi che fanno sesso con i morti. Qui dobbiamo cercare l’origine dell’educazione sessuale nelle scuole, intesa spesso come spiegazione, a ragazzini poco più che adolescenti, di cosa sia tecnicamente l’atto sessuale; oppure intesa come possibilità per i piccoli di incontrare a scuola transessuali o “esperti” chiamati a raccontare – come è recentemente avvenuto in una scuola italiana – «cosa avviene quando la coppia è atipica ed entrano in gioco gli animali» (Corriere della sera, 22 gennaio 2010). Qui dobbiamo cercare, ad esempio, il perché dei libretti distribuiti nelle scuole spagnole, in cui si invitano i giovani, a partire dagli 11 anni, a masturbarsi e ad avere relazioni omosessuali e lesbiche, in nome dell’idea per cui «la normalità è scambiare amore e relazioni sessuali con qualunque persona, dell’altro sesso o del proprio», a qualunque età (Libero, 4 novembre 2005).
E la pedofilia? Non è già chiaro che si tratta di un altro personaggio dell’affresco? Se si guarda bene ci sta perfettamente. È lì, sotto la voce “liberazione sessuale”; vicino agli slogan sessantottini “Il sesso è tuo, liberalo”, “Vietato vietare”, “Lotta dura contro natura”, “Inventate nuove perversioni”, “Né maestro né Dio, Dio sono io”; è accanto ai proclami contro la “sessuofobia cristiana” e ai discorsi contro il diritto naturale e a favore del relativismo; è insieme alla desacralizzazione di ogni relazione affettiva, all’aumento dei rapporti precoci tra minori e degli aborti delle minorenni. Insieme alla cultura del sesso liberato, cioè fine a se stesso, della sessualità ridotta materialisticamente a genitalità, e dell’altro visto anzitutto come oggetto di piacere. È lì insieme al disprezzo dei bambini, così facilmente eliminati, così spesso trascurati in nome del “benessere” dei grandi!
Sono sempre questi gli anni in cui nascono, accanto agli asili “antiautoritari”, quelli in cui vengono insegnati ai bambini “giochi erotici” per “liberarli dai tabù”; in cui un leader studentesco, oggi europarlamentare, come Daniel Cohn-Bendit, descrive i suoi toccamenti con i bambini di un asilo “alternativo” e scrive, su Liberation, insieme ad altri notissimi intellettuali francesi di sinistra, da Jean Paul Sartre a Jack Lang, da Simone de Beauvoir a Michel Foucault, da Andrè Glucksman a Bernard Kouchner, un manifesto in difesa della pedofilia (si veda Il Giornale, 16 gennaio 2005 e M. Picozzi, M. Maggi, Pedofilia. Non chiamatelo amore, Guerini e Associati, 2003).
Sono gli anni in cui diviene di moda La rivoluzione sessuale di Wilhelm Reich, edito in Italia da Feltrinelli nel 1963, che predica la distruzione del modello familiare naturale, ritenuto oppressivo anzitutto per la libertà sessuale del bambino, per la sua “genitalità spontanea e priva di complessi di colpa”, negata brutalmente dalla concezione cristiana e “borghese” della famiglia. È il periodo in cui nasce in Italia, col sostegno dei radicali, il F.u.o.r.i. di Mario Mieli, recentemente esaltato dal quotidiano Liberazione, aperto cantore, contro la “Norma eterossessuale” e l’antropologia cristiana, dell’omosessualità, ma anche della coprofilia, della necrofilia e, appunto, della pedofilia. Sono gli anni, ancora, in cui l’ideologa femminista Shulamith Firestone, nel suo La dialettica dei sessi (1970), propone di separare sessualità da riproduzione, e difende una sessualità “liberata”, senza confini, arrivando coerentemente ad auspicare, come avevano già fatto anche alcuni illuministi, la liceità dell’incesto, cioè della pedofilia. L’incesto, infatti, sarebbe un “tabù” che serve “solo a preservare la famiglia”.
Scrive ancora la Firestone, sempre in nome della “liberazione sessuale di donne e bambini”: «Dobbiamo includere anche l’oppressione dei bambini in ogni programma della rivoluzione femminista […] il nostro passo deve essere l’eliminazione della stessa condizione di femminilità ed infanzia», e si deve arrivare a far sì che “tutti i rapporti intimi”, anche quelli tra genitori e figli, adulti e piccini, includano “anche la fisicità” in senso lato. Sono gli anni, per finire, in cui molti attivisti del nascente movimento gay, come racconta Paul Berman nel suo Sessantotto (Einaudi, 2006) sperimentano sin da piccoli, a scuola, o nei parchi, il “sesso tra giovanissimi e adulti”, nel clima appunto di sessualità sfrenata e “liberata” di quegli anni.
Anni dopo questa cultura continuerà a influire sulla cultura anche italiana. Un solo esempio.
Negli anni Novanta uscirà in Italia Diario di un pedofilo, scritto da William Andraghetti, arrestato nell’88 per aver adescato minorenni nelle piscine di Bologna.
Il testo viene pubblicato dall’editrice Stampa Alternativa diretta da tale Marcello Baraghini, con un preciso fine: «Vogliamo prendere di petto gli ultimi tabù, come la pedofilia e l’incesto» (Corriere della sera, 28 aprile 1996). Nella scia, dunque, della rivoluzione sessuale degli anni Sessanta che ha sdoganato, insieme alla cultura psichedelica, anche quella del divorzio, dell’aborto e la pedofilia.
Ma chi è Baraghini? Nel 1963 lo troviamo insieme a Marco Pannella tra i fondatori della Lid (Lega italiana per il divorzio); militante radicale, nel 1968 fonda Stampa Alternativa; nel 1971 firma l’appello contro Calabresi su l’Espresso. La sua pubblicazione più nota è Contro la famiglia. Manuale di autodifesa e di lotta per minorenni, che vendette, in quegli anni di “liberazione sessuale”, oltre 60.000 copie. Poi, oltre a libri a favore della droga libera, cara ai radicali, come Manuale per la coltivazione della marijuana, che vendette mezzo milione di copie, Baraghini pubblicherà anche un manuale verde, in cui si esprime questa speranza: che un giorno non lontano, l’uccisione di un animale sia considerata al pari di quella di un uomo.
Così insomma, in questa cultura nichilista di fondo, è nato il boom della pedofilia, della pedopornografia, di cui oggi continuiamo a vederne gli effetti, insieme ai nuovi “diritti civili”, alle nuove “libertà”, alla lotta a tutto campo alla purezza e alla famiglia naturale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, come disegno immodificabile di Dio. Insieme a quella negazione della fede e della morale cristiana di cui Benedetto XVI non cessa di ripetere ogni giorno le ragioni. Si dovrebbe riflettere, al riguardo, sul fatto che nell’epoca della crisi della famiglia, la pedofilia è divenuta un’emergenza, come dimostrano tutti gli studi sull’argomento, proprio nella famiglia stessa, giacché la gran parte delle violenze sui minori avvengono per mano di genitori, parenti e non di rado dei nuovi “genitori” acquisiti in seguito ad un divorzio.
E la pedofilia praticata da uomini di Chiesa? Anzitutto è bene ricordare che cattolici e protestanti furono senza dubbio quasi gli unici avversari della “rivoluzione sessuale”.
Proprio perché la libertà del cristiano è, almeno in teoria, e quindi più facilmente anche in pratica, tutt’altra cosa: si realizza nella fedeltà ad una relazione, non nella intercambiabilità e nella frequenza di esperienze fisiche individuali; si concretizza nella sessualità ordinata e finalizzata, non nella genitalità solo istintiva ed animale. Basta leggere qualche scritto di quegli anni: sovente i “liberatori” si scagliano con virulenza proprio contro la Chiesa, contro i “puritani”, contro il pensiero cristiano in generale, reo di opprimere la libera sessualità, di imporre regole e divieti.
È però vero che la “liberazione sessuale” entra nel Tempio insieme alle altre novità.
Sempre negli stessi testi citati sopra, possiamo trovare l’elogio di quei cristiani, di quei pastori protestanti, di quei preti cattolici, che hanno finalmente capito i “nuovi tempi”, che non rimangono stoltamente ancorati alla morale tradizionale, disobbedendo, se cattolici, a Roma! Il Los Angeles free press del 23 giugno 1967, per esempio, pubblica un articolo intitolato “Un sacerdote underground dice: La Chiesa è morta”. In esso il prete in questione spiega che la Chiesa «ha danneggiato la gente dal punto di vista sessuale, razziale e politico».
Un articolo dell’Open city di Los Angeles del 24 agosto 1967, invece, narra di un “prete hippy”, uno dei tanti protestanti presbiteriani che ha deciso di sposare le nuove idee rivoluzionarie.
Nel mondo cattolico il tanto decantato aggiornamento e la tanto pubblicizzata “apertura al mondo” diventano per molti ecclesiastici e per molti credenti “adulti” un dovere irrinunciabile. Non tutti hanno capito che secolarizzazione fa rima con tristezza, e “liberazione sessuale” con disgregazione della famiglia, pornografia, pedofilia, esplosione del numero dei divorzi, instabilità dei bambini.
Inevitabilmente, poi, l’“aggiornamento” nella Fede diventa anche aggiornamento nella morale.
Ecco così che migliaia e migliaia di sacerdoti abbandonano la veste talare, si spretano, attaccano il celibato, chiedono una revisione della morale della Chiesa, leggono ed elogiano i testi di Reich, per poi finire con lo schierarsi apertamente e violentemente a favore della legalizzazione del divorzio e dell’aborto. Questi religiosi trovano grande accoglienza sulle pagine dei quotidiani progressisti, gli stessi che oggi molto ipocritamente fanno la guerra, ad ogni piè sospinto, a Benedetto XVI.
Un libretto di un famoso benedettino, ArcipelagoChiesa. A quarant’anni dal Concilio, di padre Stanley Jaki (Fede&Cultura), può aiutarci a comprendere meglio queste vicende, specie per quanto riguarda l’America.
Jaki mette anzitutto in luce la perdita di Fede propria di quegli anni, e la detronizzazione del Santissimo dal centro degli altari: essa gli appare il simbolo più evidente della perdita del senso del soprannaturale.
In secondo luogo, Jaki nota la perdita fortissima, nel mondo cattolico, del senso del peccato, «il quale soltanto chiede a gran voce una redenzione». «Ha poco senso – scrive – parlare dello stato decaduto dell’uomo quando la sua caduta originaria è minimizzata in luoghi consacrati»: se il peccato non esiste più, né per il mondo, né per molti uomini di Chiesa, è chiaro che il compierlo diventa più semplice, più banale, più automatico.
È chiaro che, mentre nella società si inizia a sottovalutare, ad esempio, la sacralità del matrimonio, e l’adulterio diventa sempre più normale, se non addirittura un “diritto”, analogamente molti religiosi perdono il senso della loro missione, e quindi anche il significato della loro verginità. Il grave è che non esiste quasi più nessuno che li richiami e che li punisca. Soprattutto perché in tutta la Cristianità, negli Usa e in Germania in particolare, la ribellione al magistero diventa fortissima e investe molti vescovi. Tra costoro Jaki, in questo libretto del marzo 2008, cita l’arcivescovo di Milwaukee, Robert Weakland: un beniamino della stampa progressista di allora, per le sue posizioni, come ha ricordato anche Roberto De Mattei, a favore della “rivoluzione sessuale”. Tale vescovo oggi è ancora più lodato, visto che le sue dichiarazioni sono servite ad attaccare violentemente Benedetto XVI, nonostante la verità sia che egli fu dimissionato nel 2002 “dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari detratti dalle casse dell’arcidiocesi”.
La ribellione di molti ecclesiastici alla morale cattolica, racconta Jaki, raggiunge il culmine con la pubblicazione dell’enciclica Humanae vitae, rispetto cui la risposta è lo scisma strisciante di tantissimi preti e laici credenti, in tutto l’Occidente. Nel 1976 si arriva addirittura al punto che “5 arcivescovi americani e 15 vescovi erano pronti ad annunciare la formazione di una Chiesa cattolica americana”, separata da Roma. “Da parte di molti cattolici – affermava l’allora cardinal Ratzinger nel 1985, parlando con Vittorio Messori –, c’è stato in questi anni uno spalancarsi senza filtri e freni al mondo, cioè alla mentalità moderna dominante, mettendo nello stesso tempo in discussione le basi stesse del depositum fidei che per molti non erano più chiare”.
La crisi della fede, è giusto dirlo, ha toccato tutti: laici e credenti, e tra costoro cattolici e protestanti. La Chiesa non è restata immune, se è vero che già Paolo VI parlava di “fumo di Satana penetrato nel Tempio”.
Tuttavia, nel caso specifico della pedofilia, rimanendo solo ai credenti, è interessante il fatto che il fenomeno abbia coinvolto maggiormente i pastori protestanti, liberi di sposarsi, rispetto ai preti cattolici, votati al celibato (Indagine sulla pedofilia nella Chiesa, Fede&Cultura, 2010). Mentre infatti molte chiese protestanti hanno ceduto enormemente nei principi, e quindi, di conseguenza, anche nella pratica, al contrario, nella Chiesa cattolica, nonostante gli errori, propri dell’uomo e dei tempi, è sempre rimasta viva una voce controcorrente a contrastare la crisi della Fede e la rivoluzione sessuale: quella del magistero romano. Non è proprio per questa fermezza, perché la Chiesa cattolica ha ceduto meno di altre, che tantissimi anglicani rientrano oggi, sotto Benedetto XVI, nella Chiesa romana, in polemica con le loro gerarchie, troppo aperte verso la “rivoluzione sessuale”?
Quanto al fatto che la stampa progressista, da sempre in prima fila nella “liberazione sessuale”, oggi identifichi tendenziosamente nella Chiesa cattolica il luogo per eccellenza della pedofilia, fingendo di dimenticare i “bei tempi” in cui la Chiesa veniva accusata di imporre troppi tabù, si tratta, come è facile capire, di una vendetta postuma, di chi si improvvisa moralizzatore, strumentalmente, dopo aver contribuito alla demolizione sistematica dell’umano e dell’affettività vera. Il fatto è così chiaro che per un lapsus rivelatore, su Repubblica, il cardinale J. Bernardin, uno dei tantissimi prelati cattolici accusati ingiustamente di pedofilia, e poi scagionato, è stato recentemente confuso con l’eroe del momento, perché anti-romano e anti-papista, cioè il vescovo liberale Robert Weakland, lui sì, come si è visto, veramente colpevole di atti contro la morale, cristiana e naturale.