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Uno spicchio di cielo

Posté par atempodiblog le 27 janvier 2014

“Ma cosa credete, che non veda il filo spinato, non veda i forni crematori, non veda il dominio della morte? Sì, ma vedo anche uno spicchio di cielo, e in questo spicchio di cielo che ho nel cuore io vedo libertà e bellezza”.

Uno spicchio di cielo dans Citazioni, frasi e pensieri be8v1g

Non ci credete? Invece è così! Il filo spinato, il fumo denso che esce dai comignoli dei forni, le urla degli aguzzini, uomini e donne stremati per i lavori forzati, un odore di morte e un respiro di disperazione. Tutto questo è il lager nazista di Auschwitz. In quella folla di vittime c’è una giovane donna ebrea olandese dotata di una straordinaria intelligenza e di un cuore mistico. Nei fogli sgualciti di un taccuino annota il suo “diario” e il suo sguardo non si perde nel grumo oscuro del male che la avvolge, ma si leva lassù, in quello spicchio di cielo che riesce a intravedere nella baracca in cui è relegata. Ed è in quella contemplazione che «il dominio della morte» circostante scompare e appaiono i campi infiniti del firmamento e la danza delle stelle, e in quei segni brillano la libertà e la bellezza che invano gli oppressori cercano di cancellare sulla terra. Nel cuore fiorisce, allora, la speranza, la pace, la serenità. Noi che, invece, abbiamo tutto spesso non crediamo che questo sia possibile e siamo incupiti, insoddisfatti, agitati. Scriveva ancora questa donna: «La mia vita è un ininterrotto ascoltare “dentro me stessa e gli altri” Dio. In realtà è Dio che ascolta “dentro di me”. Di sera, quando, coricata sul letto, mi raccolgo in te, mio Dio, lacrime di gratitudine mi inondano il volto ed è questa la mia preghiera». Tra le vittime delle camere a gas di Auschwitz del 30 settembre 1943 “secondo un rapporto della Croce Rossa” c’era anche lei, Etty (Ester) Hillesum di 29 anni.

del Card. Gianfranco Ravasi – Avvenire

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Wojtyla, il diario salvato dal fuoco diventa un libro

Posté par atempodiblog le 27 janvier 2014

La rivelazione? Giovanni Paolo II ordinò a monsignor Dziwisz di distruggere quelle pagine. Ma il segretario gli  disobbedì
Wojtyla, il diario salvato dal fuoco diventa un libro
Quelle 600 pagine di appunti: «Siamo peccatori, così dobbiamo presentarci a Cristo»

di Maria Antonietta Calabrò – Il Corriere della Sera

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A leggerli questi appunti, annotati da un santo su un’agenda comune, con grafia minuta, non si può non dare ragione all’arcivescovo di Cracovia, suo segretario: «Darli alle fiamme sarebbe stato un crimine». E’ vero Giovanni Paolo II nel suo testamento aveva chiesto che dopo la sua morte quelle sue privatissime riflessioni spirituali fossero distrutte insieme alla corrispondenza privata. Ma quante volte si dimostra che l’obbedienza è non sempre è una virtù. E che una decisione presa in coscienza si rivela quella più giusta. Ebbene, il cardinale Stanislao Dziwisz ha fatto la sua scelta, ha deciso di conservarli. Oltre 600 pagine di annotazioni. Essi sono stati i documenti principali alla base del processo di canonizzazione, cui si sono aggiunti i due miracoli riconosciuti dalla Chiesa come autentici interventi di Dio ottenuti grazie all’ intercessione del Papa che sarà proclamato santo nel prossimo mese di aprile.

Questi documenti — finora assolutamente inediti — saranno pubblicati in Polonia dalla casa editrice Znak , mercoledì prossimo, 5 febbraio. E il Corriere è in grado di anticiparne alcuni dei più significativi.

Grazie al fatto che non sono stati distrutti e che diventeranno un libro, tutto il mondo potrà leggere gli appunti spirituali del primo Papa globale della storia, scritti durante un arco di quarant’anni (1962-2003). Essi ci permettono di avvicinarsi al mistero della sua anima, dal momento che, come annota colui che gli è succeduto come cardinale di Cracovia, sono «una chiave per capire la sua spiritualità e quindi la parte più intima di un uomo: il suo rapporto con Dio, con il prossimo e con se stesso».

E’ una raccolta insolita e commovente, grazie alla quale lo accompagniamo nei suoi momenti di maggiore vicinanza a Dio. Possiamo conoscere Wojtyła che ammette le sue debolezze, combatte contro di esse, ma si fida sempre più di Dio che delle proprie forze. Possiamo conoscere un uomo che sino alla fine lottò per vivere nella verità. Impressionante, ad esempio, la nota dell’ottobre 1978, appena successiva all’elezione al Pontificato. Giovanni Paolo II scrive della grave malattia in cui cadde il suo carissimo amico, il vescovo Andrzej Deskur, che il 13 ottobre « si sentì improvvisamente molto male e rimase parzialmente paralizzato. Nonostante una cura al Policlinico Gemelli ed un’altra in Svizzera, non guarì».

Ricorda il Pontefice appena eletto che il «14 X (ottobre, ndr) andai a trovare Andrzej all’ospedale. Lo feci durante il viaggio verso il conclave durante il quale si doveva scegliere il successore di Giovanni Paolo I (26.VIII – 28.IX.1978)». E poi aggiunge: «Non riesco a non legare il fatto che il 16.X fui scelto come successore, con l’evento di tre giorni prima. Il sacrificio del mio fratello Andrzej nel suo vescovado mi appare come una preparazione a questo fatto. Tutto, tramite la sua sofferenza, era incluso nel mistero della Croce e della Redenzione compiuta da Cristo». E rivela: «Andrzej Deskur, che lavorava dagli anni Cinquanta per la Commissione dei Mezzi di Comunicazione (negli ultimi tempi svolgeva il ruolo di Presidente) mi portò a conoscenza di tante questioni importantissime per la Santa Sede. L’ultima parola di quell’iniziazione diventò la sua croce». Infine conclude : «Debitor factum sum…» .

Come, poi, non stupirsi dell’assonanza tra un altro appunto, molto più indietro nel tempo, risalente al 1964, e quello che nei primi dieci mesi di Pontificato, abbiamo sentito ripetere da Papa Francesco. Anche Wojtyla fa «riferimento a San Pietro che non era perfetto e lo riconosceva “sono un peccatore”. = Siamo tutti dei peccatori, ma anche i vescovi nel loro insieme (i tempi dell’Arianesimo, della Rivoluzione Francese, d’Harbigny) // Rinunciare a “acceptatio personae propriae” (accettazione della propria persona) e presentarsi così davanti a Cristo».

Impressionante quando spiega quale deve essere l’atteggiamento che deve avere «un vescovo verso un peccatore: il cuore aperto… E alla fine credere nella vittoria della Grazia Divina sul peccato … Il nostro compito è: far venire la Grazia. Non capitolare di fronte a nessun peccato (delictum). Misericordia = summa christianitatis [la misericordia = essenza del cristianesimo]».

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