Sant’Andrea delle Fratte: il santuario della Madonna del Miracolo
Posté par atempodiblog le 20 janvier 2014
Accanto all’altare della Basilica di Sant’Andrea delle Fratte c’è una placca, in francese, che recita così:
“Il 20 gennaio 1842, Alphonse Ratisbonne da Strasburgo venne qui da ebreo ostinato. Questa Vergine gli apparve così come tu la vedi. Cadde ebreo e si alzò cristiano. – Forestiero, portati a casa il prezioso ricordo della misericordia di Dio e del potere della Vergine”.
Sant’Andrea delle Fratte: il santuario della Madonna del Miracolo
di Cristina Mochi - Radici Cristiane
Un esterno austero, in semplici mattoni, contrasta con l’interno fulgido e brillante della chiesa dedicata a sant’Andrea, poi considerata santuario mariano dopo l’apparizione miracolosa della Vergine. Il candido campanile diventa monumentale ostensorio proteso verso il cielo: l’architettura si fa simbolo di Grazia, Borromini il suo umile servo.
L’episodio che ha inciso profondamente nella storia della chiesa e dell’intera cristianità è rappresentato dall’Apparizione della Vergine a S. Andrea delle Fratte, il 20 gennaio 1842, e la consecutiva conversione dell’ebreo Alfonso Ratisbonne.
Da quel momento le iniziative dedicate alla “Madonna del Miracolo”, come amava chiamarla il popolo romano, si moltiplicarono, portando all’istituzione del Rosario giornaliero e del Mese Mariano. Per la devozione e le molte conversioni, Papa Benedetto XV chiamò questo Santuario la “Lourdes Romana”.
Borromini elabora gli esterni
La chiesa di S. Andrea delle Fratte, sorta verso il Mille e denominata S. Andrea infra hortos, per il carattere rurale della zona, fu dedicata all’Apostolo protettore del Regno di Scozia e per questo fu affidata prima alla comunità scozzese, poi alla Confraternita del Sacramento, ed infine concessa, da Papa Sisto V, nel 1585, ai Minimi di San Francesco di Paola, all’indomani dello scisma della chiesa inglese.
Nel 1653 si decise il completamento secondo il progetto di Francesco Borromini, che intervenne prevalentemente sugli esterni: mascherò la cupola all’interno di un alto tamburo (mutilo purtroppo del lanternino), realizzò il campanile e la tribuna.
Priva di ogni superflua decorazione, realizzata preferendo al marmo la duttilità del mattone, l’architettura si traduce in una scultura dai caldi passaggi chiaro-scurali, plasmata com’è dalla luce. Superbo lo snello campanile, trasformato in fiaccola dell’Amor Divino, nel quale sono inserite le erme dei Cherubini, gli Angeli più vicini a Dio, a cui la tradizione cristiana ha affidato il difficile compito di tradurre l’immagine della Grazia Divina.
Una spiritualità sentita e profonda, quella del Borromini, che sa trasformarsi in “architettura parlante”. Anche gli interni di S. Andrea ci sanno svelare sorprese inaspettate.
Capolavori di Bernini all’interno
Di grande impatto scenografico sono i due Angeli di Gian Lorenzo Bernini, iniziati nel 1667 e posti ai lati dell’abside. L’Angelo con il cartiglio e quello con la corona di spine, dovevano far parte della serie di dieci Angeli con i simboli della Passione voluti da Papa Clemente IX per il Ponte Sant’Angelo.
Le due statue di S. Andrea delle Fratte, le uniche realizzate dal Bernini, ritenute troppo belle per essere sciupate dalle intemperie, rimasero nello studio del maestro e solo più tardi vennero destinate alla chiesa.
Giovan Battista Maini, invece, è l’autore della scultura rappresentante S. Anna morente, posta nel transetto a sinistra. L’opera ci appare come chiara ed efficace interpretazione del tipo berniniano della beata Ludovica Albertoni e della Trasverberazione di S. Teresa, motivi che sprigionano grande forza drammatica proposta con l’accentuazione espressiva del volto e dei gesti, secondo la descrizione dello stato estatico della stessa S. Teresa d’Avila, canonizzata nel 1622.
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