Un cuore totalmente rinnovato dal pentimento e dal perdono

Posté par atempodiblog le 23 décembre 2013

Atto di carità
“Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa; perché sei bene infinito e nostra eterna felicità;
e per amore tuo amo il prossimo come me stesso e perdono le offese ricevute.
Signore, che io ti ami sempre più”.

Un cuore totalmente rinnovato dal pentimento e dal perdono dans Cardinale Angelo Comastri Angelo-ComastriAndando a fare il prete nel carcere mi sentii nuovamente libero, nuovamente realizzato come prete e, soprattutto, come strumento della misericordia e del perdono di Dio.

[…] Mi dissero che nel settore dove prestavo il mio servizio di sacerdote c’era un detenuto piuttosto pericoloso, aveva sgozzato con le forbici da cucina la sua amante dopo aver avuto con lei diversi figli.

In occasione del Santo Natale dell’anno 1969, chiesi al direttore del carcere di poter entrare nelle singole celle per portare l’augurio di buon Natale ai detenuti, insieme a un pacchetto di sigarette e un pacco di biscotti. Ottenni il permesso.

Quando giunsi alla cella dove c’era il detenuto pericoloso, provai un po’ di paura ed esitai prima di entrare, pur essendo accompagnato da una guardia carceraria. Varcai la soglia e dissi: “Buon Natale a tutti! Vi lascio un piccolo segno di amicizia nel ricordo dei Magi che portarono i loro doni a Gesù nella grotta di Betlemme”.

Non feci in tempo a finire il mio saluto, che un denso sputo mi raggiunse dritto sul volto e mi lasciò quasi paralizzato. Non veniva dal detenuto pericoloso, ma da un giovane, lo seppi dopo, che con un calcio aveva ucciso la sua donna e il bambino che portava in grembo. Feci un passo indietro, pulii il volto con il fazzoletto e poi, un po’ impacciato, balbettai: “Sono venuto nel nome di Gesù e nel Suo nome rinnovo l’augurio di ogni bene. Arrivederci e buon Natale”. In quel momento vidi il detenuto pericoloso alzarsi dal tavolaccio sul quale era coricato e venirmi incontro con passo deciso. Esclamai dentro di me: “Mio Dio! Che ho detto di male?” e mi preparai a ricevere qualche altro insulto, se non peggio. L’uomo invece si fermò davanti a me e mi fissò con uno sguardo non cattivo e poi mi disse: “Perché non hai reagito? In questo mondo se non ti difendi vieni schiacciato, reagisci e non fare il coniglio”.

Io risposi: “Credo nel perdono, credo che la bontà è più forte della cattiveria, questo è l’insegnamento di Gesù e io voglio viverlo fino in fondo”. Il detenuto pericoloso esclamò: “Gesù! Gesù! Ma chi è Gesù?” E aggiunse: “Ma perché non mi chiami a colloquio quando ritorni qui?”. Risposi: “Lo faccio volentieri. Ci vediamo mercoledì prossimo”.

Il mercoledì successivo lo feci chiamare e mi ritrovai davanti a lui, che era quasi un gigante, per riprendere il colloquio aperto in un contesto drammatico. Gli tesi la mano per stringere la sua, ma egli rifiutò, diceva: “Con questa mano ho ucciso, è sporca di sangue e non posso stringere la tua mano che tocca il Corpo del Signore”. Questo gesto mi impressionò e mi commosse profondamente.

A quel primo colloquio ne seguirono altri, nei quali mi raccontò la sua triste storia e mi spiegò come era arrivato al feroce delitto, concluse: “la strada del male è in discesa. Bisogna fermarsi subito, altrimenti accade l’irreparabile, come è accaduto a me”.

Dopo vari incontri, ebbi l’ardire di dirgli: “perché non ti confessi? Gesù è felice di perdonarti”. La sua reazione fu: “Mai! Gesù non può perdonarmi. Io sono peggio di Giuda”.

[...] Dopo vari mercoledì, finalmente decise di inginocchiarsi per fare la Santa Confessione, mi raccontò tutta la storia del delitto e, a un certo punto, i suoi singhiozzi erano così intensi che le sue spalle sussultavano violentemente. A me sembrava in quel momento di rivivere la scena di Gesù che dalla Croce perdona il ladrone pentito. Mi sentivo indegno di quell’ora di luce e di misericordia. Dissi tra me: “Valeva la pena di diventare prete solo per vivere questo momento”. Salutando il detenuto pericoloso gli dissi: “Domenica prossima vieni alla Santa Messa nella rotonda, farai la tua prima nuova Comunione”, “non lo so se verrò. E’ troppo quello che ho ricevuto, perché io…” e mi mostrò ancora una volta le mani, nelle quali vedeva impresso il terribile delitto.

La domenica successiva venne alla Santa Messa e, al momento della Comunione, si avvicinò all’Altare. Quando mi trovai davanti a lui e alzai la mano dicendo: “Corpo di Cristo”, il detenuto pericoloso mi prese improvvisamente la mano e la riempì di lacrime dicendo: “Padre, non posso, non sono degno!”. E io: “Gesù ti ha perdonato. La tua anima è stata lavata dal Sangue di Cristo”. Restammo per alcuni minuti in quell’atteggiamento, tra lo stupore di tutti e poi finalmente Gesù entrò in quel cuore totalmente rinnovato dal pentimento e dal perdono.

Dopo la Santa Mesa lo chiamai, e gli dissi ancora parole di fiducia e di speranza. Egli replicò: “Ora  la vita che mi resta devo spenderla per dire grazie a Gesù per il perdono che mi ha regalato”.

del Cardinale Angelo Comastri – Dio scrive dritto. L’avventura umana e spirituale di un cardinale

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