Anno nuovo, lotta nuova
Posté par atempodiblog le 31 décembre 2013
Anno nuovo, lotta nuova
Questo fu il motto che si propose nel cominciare l’anno 1972. Andrés Vázquez de Prada commenta nella biografia del fondatore dell’Opus Dei come san Josemaría mettesse a fuoco il nuovo anno raccomandando il detto popolare.
San Josemaría insegnava che l’importante per la santità è saper rettificare continuamente. “Per esperienza personale, sapete- e me lo avete sentito ripetere spesso, per prevenire scoraggiamenti- che la vita interiore consiste nel cominciare e ricominciare ogni giorno; e avvertite nel vostro cuore, come io nel mio, che abbiamo bisogno di lottare con costanza.” Riportiamo un testo, tratto da una biografia, che racconta come si propose questa massima all’inizio del 1972.
Il Padre cominciò a parlare lentamente. Cercava di fare una sintesi dell’ anno che si concludeva. Quel giorno aveva trascritto su una scheda alcune riflessioni e si era segnato una frase che riassumeva i suoi pensieri. Trasse di tasca l’agenda e lesse: «questo è il nostro destino sulla terra: lottare, per amore, fino all’ultimo istante. Deo gratias!».
(…)
Terminava il 1971 ed egli considerava le sofferenze che aveva patito negli ultimi anni e la loro origine. Senza lasciarsi vincere dallo scoraggiamento, decise di cominciare una vita nuova, rinnovando al Signore l’offerta di un generoso sacrificio, riaffermando il proposito di servirlo, non perché cominciava un nuovo anno, ma perché tutti i giorni sono ugualmente buoni per darsi a Dio. Disse ai suoi figli che per tutta la vita aveva ricominciato, riaggiustando la sua vita interiore, facendo atti di contrizione, gettandosi pentito nelle braccia di Dio, come il figlio prodigo di ritorno alla casa paterna. «La vita umana è, in un certo senso, un continuo ritorno verso la casa di nostro Padre, Dio. Un ritorno attraverso la contrizione».
Quel 31 dicembre fece, quindi, una confessione generale e si preparò a cominciare una nuova vita al servizio della Chiesa. Trasformò il detto “anno nuovo, vita nuova” nel suo programma per il 1972: «Anno nuovo, lotta nuova». Un anno era un tempo troppo breve per cambiare il mondo, ma il Padre non era pessimista e non si fermava solo a considerare la fugacità del tempo. La buona volontà di migliorare nella vita interiore, con l’aiuto della grazia, avrebbe reso soprannaturalmente fecondi quei dodici mesi:
«Il tempo è un tesoro che se ne va, che sfugge, che scorre tra le mani come l’acqua sulle rocce. Ieri è passato e l’oggi sta passando. Domani sarà presto un nuovo ieri. La durata di una vita è molto breve. E tuttavia quante cose si possono fare in così breve spazio per amore di Dio!».
La Chiesa aveva bisogno di figli fedeli, che riparassero per i figli sleali. Si dedicò quindi a instillare nelle anime, a cominciare dai suoi figli, l’amore per la Chiesa e l’impegno di riparare per le molte offese che le si arrecavano. Per questa strada molti si sarebbero avvicinati alla santità, o almeno avrebbero lottato per eliminare qualche difetto e per migliorare, perché, spiegava il Padre, «la santità consiste nell’avere difetti e nel lottare contro di essi, anche se moriremo con i nostri difetti».
Chiese la collaborazione delle sue figlie e dei suoi figli. Continuò a esortare tutta l’Opera a un deciso impegno di vita interiore e concluse il 1972 con un lungo viaggio di catechesi in Spagna e in Portogallo, incontrando un’enorme quantità di persone.
La mattina del 1° gennaio 1972, il Padre cominciò subito col rileggere l’appunto della sera precedente ai suoi figli del Collegio Romano: «Questo è il nostro destino sulla terra: lottare, per amore, fino all’ultimo istante. Deo gratias!». Li esortò a ricominciare ancora una volta la lotta interiore, ricordando loro le parole della Sacra Scrittura: “La vita dell’uomo sulla terra è una milizia”. Il sacramento della Confermazione rende i cristiani milites Christi. «Non vergognatevi di essere soldati di Cristo, persone che devono combattere!».
«Voi, figli miei, lotterete sempre, e anch’io cercherò di farlo, fino all’ultimo istante della mia vita. Se non lottiamo, vuol dire che non stiamo andando bene. Sulla terra non possiamo mai avere la tranquillità dei poltroni, che si lasciano andare perché sanno che l’avvenire è sicuro. L’avvenire di noi tutti è incerto, nel senso che possiamo tradire nostro Signore, la nostra vocazione e la fede».
Dovevano combattere per non farsi asservire dal peccato e per ottenere la pace, che è conseguenza della guerra che il cristiano deve sostenere «contro tutto ciò che, nella sua vita, non viene da Dio: la superbia, la sensualità, l’egoismo, la superficialità, la meschinità di cuore».
Nei giorni successivi, mentre si avvicinava il 9 gennaio, giorno del suo compleanno, il Padre diceva scherzando che stava per «compiere sette anni». Alludeva alla perenne gioventù spirituale del cristiano e al cammino di infanzia spirituale che egli da tempo aveva intrapreso. Con la chiarezza di coscienza che dà l’intimità con Dio, diceva: «Josemaría: tanti anni, altrettanti ragli». I membri del Consiglio Generale gli regalarono un piccolo altorilievo di marmo bianco. Rappresentava il Buon Pastore, con la pecora perduta o ferita sulle spalle, il cane, la bisaccia e il bastone; don Alvaro aveva fatto aggiungere una dedica in latino: “9 gennaio 1972: a nostro Padre, nel settimo decennio della sua nascita, con tanto affetto”.
Il Fondatore dell’Opus Dei, III: I cammini divini della terra, Andrés Vázquez de Prada. Ed. Leonardo International, Milano, 2004.
Tratto da: San Josemaría Escrivá
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