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Le vere armi: il santo rosario e la medaglia miracolosa

Posté par atempodiblog le 18 novembre 2013

Le vere armi: il santo rosario e la medaglia miracolosa dans Citazioni, frasi e pensieri San-Massimiliano-Kolbe-e-la-Medaglia-miracolosa

“Una preghiera semplice e sublime insieme che l’Immacolata stessa, apparendo a Lourdes ha indicato, è il santo rosario. Esso divenga la spada di ogni persona che si affida all’Immacolata, così come la medaglietta (la Medaglia Miracolosa) è la pallottola che abbatte ogni male”.

San Massimiliano Maria Kolbe

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Una grande folla per dare l’ultimo saluto a padre Angelo M. Tentori

Posté par atempodiblog le 18 novembre 2013

Padre Angelo M. Tentori, il pianto dei fedeli affolla corso Vittorio Emanuele (Mi)

Una grande folla per dare l’ultimo saluto a padre Angelo M. Tentori dans Padre Angelo Maria Tentori 2ekho9lPadre Angelo Maria Tentori era da anni parroco della basilica di San Carlo al Corso, in corso Vittorio Emanuele. Una grande folla si è sistemata in coda per dare l’ultimo saluto al parroco di Milano.

Docente presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Vicenza, apparteneva all’Ordine dei Servi di Maria. Ordinato sacerdote nel 1959, ha svolto il suo ministero in Italia, Messico, Stati Uniti, Sud Africa e Australia. Teologo specializzato in mariologia, conduceva su Radio Maria programmi mariani.

 

Tratto da: Italia Post

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Solo Dio stesso può creare la Sua Chiesa

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2013

Solo Dio stesso può creare la Sua Chiesa dans Citazioni, frasi e pensieri card_ratzingher

La Chiesa non comincia con il fare nostro, ma con il fare e il parlare di Dio. Così gli apostoli non hanno detto, dopo alcune assemblee, adesso vogliamo creare una chiesa e con la forma di una costituente avrebbero elaborato una costituzione. No, hanno pregato, e in preghiera, hanno aspettato. Perché sapevano che solo Dio stesso può creare la Sua Chiesa.

Benedetto XVI

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Quando si dimentica che Cristo è la chiave di tutto…

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2013

Quando si dimentica che Cristo è la chiave di tutto... dans Citazioni, frasi e pensieri don_Giussani

“Quando si dimentica che Cristo è la chiave di tutto, il cristianesimo diventa zero (…). La mentalità mondana si inserisce in noi per la paura nostra di essere in minoranza, di non essere considerati al passo”.

Don Luigi Giussani

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In Piazza San Pietro distribuita la ‘Misericordina’, una medicina spirituale con efficacia garantita da Gesù

Posté par atempodiblog le 17 novembre 2013

In Piazza San Pietro distribuita la ‘Misericordina’, una medicina spirituale con efficacia garantita da Gesù
di Amedeo Lomonaco – Radio Vaticana

In Piazza San Pietro distribuita la ‘Misericordina’, una medicina spirituale con efficacia garantita da Gesù dans Sorriso miserikordyna_misericordiumIn Piazza San Pietro, in occasione dell’Angelus (17 novembre 2013), è stata dunque distribuita ai fedeli la medicina spirituale “Misericordina”. Confezionato come in una vera scatola di farmaci, il ‘medicinale’ è un simpatico composito con efficaci strumenti per la salute dell’anima: un rosario, un’immaginetta della Divina Misericordia, un ‘bugiardino’ con la posologia e le istruzioni d’uso.

La sorpresa e la gratitudine dei fedeli hanno accompagnato, in Piazza San Pietro, la distribuzione di scatole di “Misericordina”. Il ‘medicinale’ – come si legge nel ‘bugiardino’ – porta misericordia nell’anima, avvertita con una diffusa tranquillità del cuore. La sua efficacia è garantita dalle parole di Gesù. Viene ‘applicato’ quando si desidera la conversione dei peccatori, si sente il bisogno di aiuto, manca la forza per combattere le tentazioni, non si riesce a perdonare qualcuno, si desidera la misericordia per un uomo moribondo e si vuole adorare Dio per tutte le grazie ricevute. Può essere applicato, sia dai bambini sia dagli adulti, tutte le volte che se ne avverte il bisogno. La ‘somministrazione’ – si ricorda nelle istruzioni per l’uso – prevede la recita della Coroncina alla Divina Misericordia, promossa da Santa Faustina Kowalska. Non si riscontrano effetti imprevisti e controindicazioni. I Santi Sacramenti favoriscono l’efficacia del medicinale. Prima di usare il farmaco – si legge infine nel ‘bugiardino’ – si consiglia di rivolgersi ad un sacerdote per ulteriori informazioni e di conservare le avvertenze in caso di riutilizzo. Le scatole di “Misericordina” sono state prodotte in migliaia di esemplari e in quattro lingue: italiano, spagnolo, inglese e polacco. L’iniziativa, che ha già avuto dei precedenti in Polonia, è stata promossa da mons. Konrad Krajevski, elemosiniere pontificio.

divisore dans Medjugorje

freccetta.jpg Rosario in grani (medicinale)

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In un libro che è sottomano…

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

 In un libro che è sottomano... dans Citazioni, frasi e pensieri leggere

“Capita a volte di campar anni e anni senza che uno si accorga che tutta quanta la sua vita, per filo e per segno, è descritta in un libro che è sottomano. E quel che prima non sospettava nemmeno dei fatti suoi, appena incomincia a leggere quel libro gli viene a poco a poco in mente, e vede, sbroglia, capisce”.

Fëdor Dostoevskij – Povera Gente

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Padre Angelo Maria Tentori è nato in Cielo

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

ARRIVEDERCI PADRE ANGELO, IN CIELO!!

Padre Angelo Maria Tentori è nato in Cielo dans Amicizia padre_angelo_maria_tentori

Padre Angelo Maria Tentori religioso dei Servi di Maria di origini bergamasche e mariologo tra i più accreditati da trent’anni padre Tentori svolgeva per Radio Maria programmi qualificati come il Corso di Mariologia il venerdi alle 18.00 e la presentazione delle Apparizioni Mariane.

E’ TORNATO ALLA CASA DEL PADRE la notte scorsa alle h.2.00, dopo una lunga malattia.

I funerali di Padre Angelo:
- lunedì 18 novembre alle ore 11 presso la Chiesa di San Carlo al Corso a Milano, zona p.zza San Babila (raggiungibile solamente con la metropolitana, fermata San Babila)

Fonte: Radio Maria

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«Non si evangelizza andando a imporre un nuovo obbligo»

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

«Non si evangelizza andando a imporre un nuovo obbligo»
Nel videomessaggio di Francesco all’incontro di Guadalupe in Messico una sintesi del pontificato: «Presentare l’essenziale, l’amore di Dio. Serve tanta pazienza. Il vescovo guidi con tenerezza il suo gregge»
di Andrea Tornielli - Vatican Insider

«Non si evangelizza andando a imporre un nuovo obbligo» dans Andrea Tornielli guadalupeÈ un videomessaggio indirizzato all’America Latina, ma buon ben dirsi una sintesi efficace di otto mesi di pontificato e il preannuncio dei contenuti dell’esortazione post-sinodale sulla nuova evangelizzazione: rivolgendosi ai partecipanti al Pellegrinaggio-Incontro presso il santuario di Guadalupe a Città del Messico, indetto per l’Anno della fede dalla Pontificia commissione per l’America Latina e dai Cavalieri di Colombo, Papa Francesco ha spiegato che cosa significa annunciare il Vangelo oggi.

Bergoglio ha ricordato che la Chiesa è «in stato permanente di missione» e che «tutta l’attività abituale delle Chiese particolari» deve avere un carattere missionario. «L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là – ha aggiunto Francesco – È vitale per la Chiesa non chiudersi, non sentirsi già soddisfatta e sicura con quel che ha raggiunto. Se succede questo, la Chiesa si ammala, si ammala di abbondanza immaginaria, di abbondanza superflua, in certo modo “fa indigestione” e si debilita. Bisogna uscire dalla propria comunità e avere l’audacia di arrivare alle periferie esistenziali che hanno bisogno di sentire la vicinanza di Dio».

Dio, spiega il Papa, «non abbandona nessuno e mostra sempre la sua tenerezza e la sua misericordia inesauribile, quindi, questo è ciò che bisogna portare a tutta la gente». Bisogna cercare di «arrivare a tutti, senza escludere nessuno e tenendo in gran considerazione le circostanze di ognuno». «Si deve arrivare a tutti – continua Francesco – e si condividerà la gioia di essersi incontrati con Cristo. Non si tratta di andare come chi impone un nuovo obbligo, come chi si limita al rimprovero o al lamento dinanzi a quel che si considera imperfetto o insufficiente».

Evangelizzare «esige molta pazienza, molta pazienza», l’evangelizzatore «cura il grano e non perde la pace per la presenza della zizzania. E sa anche presentare il messaggio cristiano in maniera serena e graduale, con il profumo del Vangelo, come faceva il Signore. Sa privilegiare, in primo luogo, l’essenziale e più necessario, cioè la bellezza dell’amore di Dio che ci parla in Cristo morto e risorto. Dall’altra parte, deve sforzarsi di essere creativo nei suoi metodi, non possiamo rimanere rinchiusi nel luogo comune del “si è fatto sempre così”».

Francesco torna a parlare del vescovo, che «conduce la pastorale nella Chiesa particolare» e lo fa «come il pastore che conosce per nome le sue pecore, le guida con vicinanza, con tenerezza, con pazienza, manifestando effettivamente la maternità della Chiesa e la misericordia di Dio». Il vero pastore non ha l’atteggiamento «del principe o del mero funzionario attento principalmente alla disciplina, alle regole, ai meccanismi organizzativi». Perché «questo porta sempre ad una pastorale distante dalla gente, incapace di favorire ed ottenere l’incontro con Cristo e l’incontro con i fratelli».

«Il popolo di Dio a lui affidato ha bisogno che il vescovo vegli per lui, prendendosi cura soprattutto di quello che lo mantiene unito e promuove la speranza nei cuori. Ha bisogno che il vescovo sappia discernere, senza spegnerlo, il soffio dello Spirito Santo che viene da dove vuole, per il bene della Chiesa e la sua missione nel mondo».

E questi atteggiamenti del vescovo, spiega ancora Francesco, «devono anche essere partecipati molto profondamente dagli altri agenti di pastorale, soprattutto dai presbiteri. La tentazione del clericalismo, che tanto danno fa alla Chiesa in America Latina, è un ostacolo per lo sviluppo della maturità e della responsabilità cristiana di buona parte del laicato».

Il clericalismo «implica un atteggiamento autoreferenziale, un atteggiamento di gruppo, che impoverisce la proiezione verso l’incontro del Signore e verso gli uomini che aspettano l’annuncio». Il Papa ha quindi accennato all’importanza di formare preti «capaci di prossimità, di incontro, che sappiano infiammare il cuore della gente, camminare con loro, entrare in dialogo con le sue speranze ed i suoi timori». Un lavoro che i vescovi «non possono delegare» ma «lo devono assumere come qualcosa di fondamentale per la vita della Chiesa, senza risparmiare sforzi, attenzioni e accompagnamento». La cultura di oggi «esige una formazione seria, bene organizzata» e Bergoglio si chiede se seminari molto piccoli, con «carenza di personale formativo», siano in grado di far fronte a questa esigenza.

Il Papa parla poi dei religiosi e delle religiose chiedendo loro «di essere fedeli al carisma ricevuto, che nel loro servizio alla Santa Madre Chiesa gerarchica», non lasciando «svanire quella grazia che lo Spirito Santo diede ai loro fondatori e che devono trasmettere in tutta la sua integrità».

Infine, l’invito alla missione è rivolto a ciascuno dei credenti battezzati: «Vi prego, come padre e fratello in Gesù Cristo, che vi facciate carico della fede che avete ricevuto nel Battesimo. E, come fecero la mamma e la nonna di Timoteo, trasmettiate la fede ai vostri figli e nipoti, e non solo a loro. Questo tesoro della fede non è dato per uso personale. È per donarlo, per trasmetterlo, e così crescerà. Fate conoscere il nome di Gesù. E se fate questo, non vi meravigliate che in pieno inverno fioriscano le rose di Castilla (un riferimento a quanto accadde all’indios Juan Diego di fronte alla Madonna di Guadalupe, ndr). Perché sapete, sia Gesù sia noi abbiamo la stessa Madre!».

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San Giuseppe Moscati il medico Santo di Napoli (1880 -1927)

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

Un medico povero – Beatificazione e Canonizzazione
di Antonio Tripodoro s.j. e Egidio Ridolfo s.j.
Tratto da: Giuseppe Moscati, il medico Santo di Napoli e il Gesù Nuovo

San Giuseppe Moscati il medico Santo di Napoli (1880 -1927) dans San Giuseppe Moscati San_Giuseppe_Moscati

San Giuseppe Moscati

CARTA D’IDENTITÁ (a cura di Don Bosco Land)
Nome Giuseppe
Cognome Moscati
Nazionalità Italiana
Residenza Napoli
Nato il 25/07/1880 (Benevento)
Morto il 12/04/1927 (Napoli)
Beatificato 16/11/1975 da Paolo VI
Santificato 25/10/1987 da Giovanni Paolo II
Stato Laico e celibe
Professione Medico
Gruppo di riferimento Gesuiti


V dans San Giuseppe Moscati
Un medico povero

Moscati era un medico povero. Sembra un controsenso parlare di povertà nella vita di un uomo che per le capacità, l’ingegno, la fama e la posizione sociale avrebbe potuto avere tutti i beni materiali che poteva desiderare. Eppure è così: Moscati era povero. Lo affermano tutti coloro che l’hanno conosciuto, citando particolari di questa povertà. Non solo non era attaccato al denaro, ma dava ai poveri ciò che aveva; vestiva modestamente ed era la sorella Nina a interessarsi del suo vestiario. Parco nel cibo, rifuggiva ogni ricercatezza; non aveva carrozze, cavalli, né automobili, come i suoi colleghi.

Il dott. Domenico Galdi, che negli anni 1925-27 era studente di medicina e, nella clinica Lettieri frequentemente incontrava il prof. Moscati, ha scritto che molti direttori di cliniche (Cartellino, Boeri, D’Amato, Bossa, De Carli, Brutti) si recavano in quella clinica per curare i propri ammalati privati. Vi andava anche Moscati e, dice, «noi giovani allievi chiedevamo a Moscati perché egli non avesse un’auto come i suoi colleghi (infatti veniva sempre a piedi). A tale domande egli si infastidiva e diceva: Io sono povero; non ho la possibilità, per i miei impegni, di affrontare una simile spesa! Vi prego di credermi!.
Continua poi il dott. Galdi: «Ciò che riceveva era destinato ai poveri, che egli non solo curava gratuitamente, ma che assisteva affettuosamente, fornendo loro medicine e quant’altro fosse necessario per vivere».

Duecento lire per quattro consulti

Il Dott. Francesco Brancaccio narra che Moscati era stato chiamato d’urgenza a Portici per visitare un giovane, che aveva avuto un attacco d’appendicite e doveva operarsi. Il Professore si oppone energicamente all’intervento e ordina una borsa di ghiaccio da tenere in permanenza sull’addome del paziente. In quindici giorni torna quattro volte a visitarlo, finché il giovane non si ristabilisce completamente. Al termine, come onorario, gli viene data una busta.
«Il Maestro (racconta il dott. Brancaccio) nella via, assalito da un dubbio esclama:
chi sa quanto mi hanno dato!…, apre la busta: mille lire. Torna di corsa sui suoi passi e sale dalla famiglia, che si meraviglia al vederlo. Il prof. Moscati affronta il padre del giovanetto e con cipiglio burbero gli dice: O siete pazzi o m’avete preso per un ladro!. Tutti stupiscono, e credendo d’aver dato poco al Professore, il padre prende un altro biglietto da mille e lo porge al Maestro, che con energia lo rifiuta, e cavando dal portafogli ottocento lire, le lascia su di un tavolo, facendo la scala di corsa. Così un clinico sommo – conclude – per quattro consulti veniva ricompensato con la misera somma di lire duecento!»
Cinquanta lire per tre visite a tre persone

Racconta il Prof. Mario Mazzeo:
«Un giorno, un medico mio amico inviò alla sua consultazione tre infermi appartenenti alla medesima famiglia e provenienti da Montorsi in provincia di Benevento. Alla fine della terza visita colui che accompagnava gli infermi, non avendo potuto sapere dalla parola del Servo di Dio il compenso che doveva, posò sullo scrittoio di lui un biglietto da 100 ed un altro da 50. Il Servo di Dio che di abitudine non guardava nemmeno quello che ponevano sullo scrittoio, rimase meravigliato e fece un cenno come di orrore, senza molte parole prese il biglietto da 100 lire e l’offrì a chi gliela aveva dato dicendo:
«Cinquanta lire per tutti e tre sono anche troppe; andate in pace e salutatemi tanto il dottore».

V Medico dei poveri

Se si volessero raccogliere gli episodi che manifestano la predilezione del Prof.Moscati per la povera gente, non basterebbe un libro. Ne riportiamo solo alcuni.

Una volta – attesta il Dott.Brancaccio – mandai al professore una giovane donna ammalata di tubercolosi con un biglietto, con cui gli facevo notare le condizioni economiche della povera inferma.
Il professor Moscati la visita, prescrive la cura, non prende alcun compenso e congeda l’inferma; ma questa, con grande meraviglia, si accorge che nel foglio della diagnosi vi era un biglietto da 50 lire, messovi dal professore senza dir nulla”. Quando io lo ringraziai della sua pietà, riverendolo, mi rispose: Per carità, non lo dite a nessuno.

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Studio medico di S.Giuseppe Moscati, così come era stato ricostruito dopo l’apertura delle Sale dedicate al Santo.

Racconta il gesuita P.Antonio de Pergola che, insieme a Moscati, tornando da Vico Equense, si fermarono a Castellammare di Stabia e si diressero alla povera e miserabile dimora di un ferroviere infermo, presso il cui capezzale i colleghi del malato, nel treno medesimo, avevano pregato il Professore di andare.
Moscati cominciò la visita e intanto i ferrovieri raccoglievano denaro per pagare il Professore.

Moscati se ne accorse e allora si avvicinò e con elequente semplicità rivolse loro queste poche parole: «Poiché voi, sottraendo parte del vostro duro lavoro, siete venuti in aiuto del vostro amico infermo, io mi associo al vostro senso umanitario e contribuisco alla sottoscrizione con la mia quota, onde l’infermo possa avere, con la somma raccolta, i mezzi necessari per curare la malattia», e consegnò loro tre biglietti da lire 10.

Il Dott. G. Ponsiglione racconta Si presenta un giorno al suo studio un distinto signore dell’aristocrazia di Napoli con la preoccupazione sul volto e lo prega di visitare subito la madre inferma. Il Professore sta sulla negativa, tanto che il signore gli chiede spiegazione di questo noreciso. – Gliela dò subito- rispose il Prof.Moscati – Ella ha ricchezze e può benissimo pagare un naltro professore. Io sono diretto ad un povero prete a San Giovanni a Teduccio. – Quel signore rimase edificato E – soggiunse – se l’accompagnassi prima a San Giovanni, verrebbe poi a casa mia?Volentieri, Ella vuol concorrere ad un’opera buona. E così fu fatto.

Una Religiosa del Sacro Cuore ha riferito che Moscati, chiamato da un’inferma, le prescrisse una cura, ma tornandovi un’altra volta vide che la cura non era stata fatta. Egli, resosi conto che – nonostante l’ampiezza – la casa nascondeva invece povertà, trovò subito il modo di provvedere senza destare ammirazione; e diede in parole di rimprovero, dicendo che quando si chiama il medico, se ne devono adempiere le prescrizioni, indi si allontanò.
Quelli della famiglia restarono afflitti; ma di lì a poco, rimuovendo i cuscini dell’inferma, trovarono un biglietto di 500 lire. Il dottor Moscati, per sfuggire all’ammirazione della sua carità, aveva assunto la veste del rimprovero e dell’asprezza.

V La morte improvvisa

Ti spiace accompagnarmi?”. Sentì chiedersi lo studente dal giovane Primario a cui riconosceva tutta Napoli un prestigio già fuor dall’ordinario per aver legato saldamente alla Scienza la Fede più fervente.

Non è per esrcizio di diagnostica che desidero averti insieme a me. Le discussioni sopra i casi clinici le sai fare benissimo da te. Vorrei che da cristiano già temprato tu vedessi l’autentico malato.

Si avviarono in un dedalo di vicoli stretti e fangosi, non sensa disagio. Poi, dentro il corridoio di un tugurio, (il Prof. Moscati più a suo agio per la pratica certo dell’ambiente; un poco più a tentoni lo studente), si spinsero all’estremo pianerottolo contemplando uno squallido spettacolo: un uomo dall’aspetto cadaverico sopra una branda retta per miracolo fissò lo sguardo sopra il professore, quasi in attesa del suo salvatore. Il quale, prontamente inginocchiatosi presso il giaciglio come a un rituale, conchiuse un minuzioso esame clinico con la puntura di un medicinale, furtivamente alla famiglia ansiosa, lasciando anche un’offerta generosa.
Poche parole al bravo allievo espressero il senso di quel gesto (abituale al Maestro) e so quanto ne orientarono l’esimia attività professionale:
Ricordalo: tu hai visto nettamente l’immagine del Cristo Sofferente!”.
[Dall'Osservatore Romano della Domenica, 23/11/1975]

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Traslazione del corpo di Giuseppe Moscati nella chiesa del Gesù Nuovo: 16 novembre 1930.

Il 12 aprile 1927, martedì santo, il prof. Moscati, dopo aver partecipato, come ogni giorno, alla Messa e aver ricevuto la Comunione, trascorse la mattinata in Ospedale per poi tornare a casa. Consumò, come sempre, un frugale pasto e poi si dedicò alle consuete visite ai pazienti che andavano da lui.

Ma verso le ore 15 si sentì male, si adagiò sulla poltrona, e poco dopo incrociò le braccia sul petto e spirò serenamente. Aveva 46 anni e 8 mesi.

La notizia della sua morte si diffuse immediatamente, e il dolore di tutti fu unanime. Soprattutto i poveri lo piansero sinceramente, perché avevano perduto il loro benefattore.

Tra le prime testimonianze dopo la sua morte, significativa è quella del cardinale di Napoli, Alessio Ascalesi. Dopo pregato dinanzi al corpo di Moscati, rivolto ai familiari disse: Il Professore non apparteneva a voi, ma alla Chiesa. Non quelli di cui ha sanato i corpi, ma quelli che ha salvato nell’anima gli sono andati incontro quando è salito lassù.

Nel registro delle firme, posto nell’ingresso della casa, tra le altre fu trovata questa frase: Non hai voluto fiori e nemmeno lacrime: ma noi piangiamo, perché il mondo ha perduto un santo, Napoli un esemplare di tutte le virtù, i malati poveri hanno perduto tutto!”.

Il corpo fu sepolto nel Cimitero di Poggioreale, e precisamente nella Cappella cimiteriale dell’Arciconfraternita della SS.Trinità dei Pellegrini.

Ma tre anni più tardi, il 16 novembre 1930, in seguito all’istanza di varie personalità del clero e del laicato, l’Arcivescovo di Napoli concesse il trasferimento del corpo dal Cimitero alla Chiesa del Gesù Nuovo, tra due ali imponenti di folla.

Particolarmente felice di questo fu Nina Moscati, sorella del Professore, che dopo essergli stata sempre vicina in vita, aiutandolo nell’esercizio della sua carità, dopo la morte aveva donato alla chiesa del Gesù Nuovo il vestiario, il mobilio, e le suppellettili del fratello.

Nel 1977, due anni dopo la Beatificazione, ci fu la ricognizione canonica del corpo: le ossa furono ricomposte, e il corpo di Moscati fu collocato nell’urna di bronzo, opera del Prof. Amedeo Garufi.

Al Gesù Nuovo il corpo fu tumulato in una sala dietro l’altare di S. Francesco Saverio, e la lapide a destra sotto l’altare della Visitazione lo ricorda ancora.


NOTA: Il 10 febbraio 2001, vigilia della IX Giornata Mondiale del Malato e della festa della Madonna di Lourdes, per iniziativa del Primicerio dell’Arciconfraternita della SS.Trinità dei Pellegrini, Avv.Giuseppe Di Rienzo, una lapide commemorativa indica nel cimitero di Poggioreale la tomba nella quale, per circa tre anni dopo la morte, riposarono i resti mortali di S.Giuseppe Moscati, nella cappella cimiteriale dell’Arciconfraternita.

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Beatificazione di S.Giuseppe Moscati. Paolo VI con i gesuiti Molinari, Marranzini e Tripodoro [Foto Osservatore Romano]

Dopo la traslazione al Gesù Nuovo, il 16 novembre 1930, questa sepoltura era rimasta anonima e non era stata più utilizzata. Era nota solo a un piccolo gruppo di Dirigenti dell’Arciconfraternita.

La lapide commemorativa è stata benedetta dal Vescovo Ausiliare di Napoli, Mons.Vincenzo Pelvi, dopo una liturgia eucaristica da lui presieduta. Erano presenti – insieme con alcuni Medici e un gruppo di membri dell’Arciconfraternita dei Pellegrini – il Parroco della chiesa del Gesù nuovo, P.Pasquale Puca s.j., il Primicerio Avv.Giuseppe Di Rienzo e Mons.Enrico Cirilli, Assistente spirituale dell’Arciconfraternita. Era presente anche il Cappellano dell’Ospedale dei Pellegrini, P.Vincenzo Esposito OFM Cap.

V Beatificazione (Paolo VI)

La stima e la venerazione che avevano circondato il Prof. Moscati durante la vita, esplosero dopo la sua morte, e presto il dolore e il pianto di coloro che lo avevano conosciuto si tramutò in commozione, entusiasmo, preghiera. Si ricorreva a lui in ogni circostanza, e molti affermavano di ricevere grazie fisiche e spirituali per sua intercessione.

Il 16 luglio 1931 iniziarono i Processi informativi presso la Curia di Napoli, primo atto ufficiale nel cammino verso la canonizzazione. Il 10 maggio 1973 la Congregazione per le Cause dei Santi, a Roma, emanò il Decreto sulle virtù eroiche, per cui Giuseppe Moscati viene dichiarato Venerabile.

Nel frattempo venivano istruiti i processi per l’esame di due miracoli: due guarigioni improvvise attribuite a Moscati. Un maresciallo degli agenti di custodia, Costantino Nazzaro, nato ad Avellino il 22/05/1902 e vissuto in perfetta salute fino al 1933, quando cominciò ad avvertire i primi sintomi di una malattia che avrebbe potuto stroncargli la vita.

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Canonizzazione di S.Giuseppe Moscati: 25 ottobre 1987 [Foto Osservatore Romano]

Era affetto dal morbo di Addisone aveva avuto prognosi sicura di morte, poichè non si conoscevano casi di guarigione e le terapie servivano solo a prolungare la resistenza del malato. Infatti, nonostante le cure, il Nazzaro non migliorava ei medici non gli davano alcuna speranza. Conosciuto nella chiesa del Gesù Nuovo il Servo di Dio Giuseppe Moscati, lo pregò insieme alla sua famiglia e vi ritornò ogni quindici giorni. Una notte vide in sogno che Moscati lo operava, e svegliatosi si trovò perfettamente guarito.

Il secondo miracolo approvato dalla Congregazione per le Cause dei Santi è quello di Raffaele Perrotta, di Calvi Risorta (CE), guarito da meningite cerebrospinale meningococcica. Quando già i familiari avevano preparato per lui l’abito per la sepoltura, ecco che tra il 7 e l’8 febbraio 1941 si ebbe una instantanea e definitiva guarigione.

Il 16 novembre 1975, il Papa Paolo VI dichiarò Beato Giuseppe Moscati, durante una solenne celebrazione in Piazza San Pietro.
Quel giorno la pioggia si presentò varie volte durante la funzione, ma la folla che gremiva la piazza seguì con commozione il sacro rito fino alla conclusione, riparandosi sotto gli ombrelli.

V Canonizzazione (Giovanni Paolo II)

Nel 1977, due anni dopo la Beatificazione, ci fu la ricognizione canonica del corpo: le ossa furono ricomposte, e il corpo di Moscati fu collocato nell’urna di bronzo, opera del Prof. Amedeo Garufi, sotto l’altare della Visitazione.

La devozione per Moscati cresceva sempre più. In vista della canonizzazione, fu scelta ed esaminata la guarigione da leucemia, o mielosi acuta mieloblastica, del giovane Giuseppe Montefusco, avvenuta nel 1979.

Quest’uomo era considerato ormai spacciato. La madre, Rosaria Rumieri, avvilita per la diagnosi infausta, vide una notte in sogno la foto di un medico in camice bianco. Raccontò il sogno al suo Parroco, che le parlò del Beato medico Giuseppe Moscati. La signora venne al Gesù Nuovo, e subito riconobbe il volto della foto vista in sogno.

Da allora iniziò a pregare Moscati, coinvolgendo anche parenti e amici. Il figlio Giuseppe dopo poco tempo guarì perfettamente. Non ha più fatto alcuna cura e ha ripreso il suo pesante lavoro di fabbro. Poi si è felicemente sposato, e vive ora felicemente con moglie e figli.

Dopo lunghi esami, finalmente nel concistoro del 28 aprile 1987 il Papa Giovanni Paolo II fissò la data della canonizzazione al 25 ottobre dello stesso anno.

Dall’ 1 al 30 ottobre era in corso a Roma la VII assemblea generale del Sinodo dei Vescovi, che trattava della Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, a 20 anni dal Concilio Vaticano II.

Non poteva aversi una coincidenza migliore: Giuseppe Moscati era un laico, che aveva svolto la sua missione nella Chiesa e nel mondo. La sua canonizzazione era auspicata da studiosi, medici e studenti universitari, che ricordavano la sua figura di scienziato e di uomo di fede, impegnato a lenire le sofferenze e a condurre gli ammalati a Cristo.

Alle 10 del 25 ottobre 1987, in Piazza San Pietro, il Papa Giovanni Paolo II, dinanzi a circa 100.000 persone, dichiarava Santo Giuseppe Moscati, a 60 anni dalla morte.

Alla Messa di Canonizzazione era presente il miracolato Giuseppe Montefusco, di 29 anni, con la madre, che offrì al Papa un volto di Cristo in ferro battuto, da lui stesso realizzato nella sua officina di Somma Vesuviana (Napoli).

La festa liturgica di San Giuseppe Moscati fu fissata, in seguito, al 16 novembre di ogni anno.

Il miracolato Giuseppe Montefusco

Giuseppe Montefusco, nato a Somma Vesuviana (NA) il 15-2-1958, agli inizi del 1978 cominciò ad accusare pallore, stancabilità, vertigini, inappetenza. Poiché i globuli rossi e le piastrine erano fortemente diminuiti, il 13-4-1978 fu ricoverato all’Ospedale Cardarelli. Qui tutti i sanitari furono concordi nella diagnosi: leucemia acuta mieloblastica: che, prima dei chemioterapici e dei citostatici, portava in breve termine alla morte. Dalla letteratura medica risulta che solo una piccola parte dei pazienti, affetti da leucemie acute non linfatiche, sopravvive oltre i cinque anni, sempre che vengano eseguiti cicli di chemioterapia superintensiva.

Però dal giugno 1979 il Montefusco smise ogni cura e riprese il pesante lavoro di fabbro. Racconta la mamma, Rosaria Rumieri, che una notte in sogno vide la foto di un medico in camice bianco, al quale tutti portavano offerte. Lo fece anche lei, offrendo 2.000 lire. Raccontando il sogno, il parroco le disse che si trattava di Moscati, il cui corpo era nel Gesù Nuovo La signora vi andò e riconobbe la foto vista in sogno. Volle acquistare un quadro e le chiesero un’offerta di 2.000 lire. Da allora parenti ed amici pregavano Moscati e ritornavano spesso al Gesù Nuovo. Giuseppe intanto cominciò a star meglio e dopo un mese guarì.

Esame del miracolo

Esame del miracolo Avvenuta la guarigione di Giuseppe Montefusco nel 1979, fu istruito un processo presso il Tribunale Ecclesiastico Campano di Napoli; gli atti furono inviati alla Congregazione per le Cause dei Santi; il Consiglio Medico, il 3 dicembre 1986, confermò la diagnosi letale di “leucemia acuta non linfoide”, e confermò «la modalità della guarigione relativamente rapida, completa e duratura… non spiegabile secondo le conoscenze mediche».
Il 27 marzo 1987 il Congresso dei Teologi riconobbe la validità delle prove giuridiche e teologiche. I Cardinali della Congregazione per le Cause dei Santi espressero parere favorevole, e il Papa Giovanni Paolo II decise la Canonizzazione, fissandone la data al 25 ottobre 1987.

V Festa Liturgica: 16 novembre

L’urna di bronzo realizzata da Amedeo Garufi

La morte, per i cristiani, è la nascita al Cielo e per questo le feste dei santi si celebrano nel giorno della loro dipartita dal mondo. Anche la festa di S. Giuseppe Moscati doveva tenersi il 12 aprile di ogni anno, ma, per motivi pastorali, si è ottenuto dalla Congregazione per il Culto Divino di celebrarla il 16 novembre. In questo giorno, infatti, nel 1930, i resti mortali del Santo furono trasferiti nella chiesa del Gesù Nuovo e riposti sul lato destro dell’altare di San Francesco Saverio, dove ancora si conserva la lapide.

Nel 1977 furono collocati sotto l’altare della Visitazione, nell’urna scolpita dal Prof. Amedeo Garufi. I motivi pastorali sono dettati dalla coincidenza delle prime due settimane di aprile con la settimana santa o con il periodo della risurrezione del Signore. L’Urna di bronzo, che racchiude il corpo di S. Giuseppe Moscati, è composta da un trittico che raffigura tre aspetti significativi della vita del Santo.

Il pannello di sinistra ci mostra il Professore in cattedra con gli alunni attorno; quello centrale raffigura il Santo che, illuminato da Cristo, conforta una mamma col bambino; sulla destra si vede il Medico accanto al letto di un ammalato. Il 7 ottobre del 1990 è stata inaugurata la Statua di bronzo collocata alla sinistra di chi guarda l’urna, opera dello scultore Prof. Luigi Sopelsa, di Venezia. Prima di giungere a Napoli, la statua è stata benedetta da Papa Giovanni Paolo II a Benevento, dove 110 anni prima era nato Giuseppe Moscati.

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Medjugorje e la lettera del nunzio Viganò

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

La Santa Sede avverte i vescovi Usa dopo aver appreso che il veggente Ivan Dragičević avrebbe guidato incontri nelle chiese previsti previsti nell’orario in cui solitamente egli afferma di avere le apparizioni
di Guido Villa - Vatican Insider
Tratto da: Una casa sulla Roccia

Medjugorje e la lettera del nunzio Viganò dans Medjugorje medjugorje
La chiesa di San Giacomo a Medjugorje

Sulla lettera che il nunzio apostolico Carlo Maria Viganò, ha scritto il 21 ottobre scorso alla Conferenza episcopale degli Stati Uniti con riferimento a un ciclo di incontri previsti in quel Paese dal veggente di Medjugorje Ivan Dragičević, si è scritto e parlato molto in questi ultimi giorni. Il più delle volte, purtroppo, ciò è avvenuto manifestando pressapochismo e scarsa conoscenza delle norme e delle linee di condotta che guidano la Chiesa in tali circostanze, tanto da trasformare una lettera quasi di routine in un presunto segno di opposizione della Santa Sede sulle apparizioni di Medjugorje.

In realtà, dopo quasi trentatrè anni di apparizioni, questa lettera non è la prima – e probabilmente non sarà neppure l’ultima – del suo tipo, anzi, nel tono e nei contenuti, è assai più blanda e misurata di certe missive inviate in passato dai due vescovi, Žanić e Perić, succedutisi alla guida delle diocesi di Mostar, in Bosnia-Erzegovina, cui appartiene la parrocchia di Medjugorje, dall’inizio delle apparizioni nel 1981.

Non è quindi difficile ricostruire il motivo che ha portato all’invio di questa lettera. Il veggente Ivan Dragičević – il quale tra l’altro non è bosniaco, come riportato da alcuni commentatori, ma croato – è stato invitato a una serie di incontri di preghiera, alcuni dei quali erano previsti nell’orario in cui solitamente egli afferma di avere le apparizioni e di vedere la Madonna, da tenersi anche in locali parrocchiali e in chiese. Ciò è stato notato da qualcuno che ha provveduto ad avvertire il vescovo locale, e da questi, attraverso i canali ufficiali consueti, la notizia è giunta alla Santa Sede, la quale, attraverso il nunzio negli Stati Uniti, ha avvertito i vescovi locali che chierici e i fedeli «non possono partecipare ad incontri, conferenze, o celebrazioni pubbliche in cui la credibilità di queste “apparizioni” venga data per certa».

Il “dare per certo” la veridicità delle apparizioni è rappresentato dal fatto che gli incontri vengano tenuti in chiese o edifici di proprietà della Chiesa, poiché significherebbe dare un avallo ufficiale agli avvenimenti stessi, cosa che, per quanto riguarda Medjugorje, al momento non è possibile.

Aiuta a comprendere meglio questa situazione un episodio avvenuto a Civitavecchia dopo l’inizio delle lacrimazioni della statuetta di gesso, proveniente da Medjugorje, nel giardino della famiglia Gregori nel 1995. A Fabio Gregori che desiderava che la statuina fosse portata in chiesa, il parroco, don Pablo Martin, oppose un netto rifiuto, poiché ciò avrebbe dato l’impressione che la Chiesa avallasse la soprannaturalità degli avvenimenti, cosa ancora tutta da accertare. Per lo stesso motivo l’allora vescovo di Civitavecchia, monsignor Girolamo Grillo, ordinò subito al parroco di non tenere la statuina neppure in casa sua e di disfarsene subito.

Il contenuto della lettera, quindi, non rappresenta un’anticipazione del giudizio negativo della Santa Sede su Medjugorje, bensì la riproposizione della linea di condotta che la Chiesa ha sempre tenuto su questo tipo di fatti.

La stessa dichiarazione di Zara del 1991 dell’allora Conferenza Episcopale Jugoslava, non rappresenta una bocciatura definitiva degli avvenimenti di Medjugorje. In questa dichiarazione si affermava che «sulla base delle ricerche che sono state condotte, non è possibile affermare che ci siano state apparizioni o rivelazioni». Ma non furono vietati i pellegrinaggi in sé, bensì solamente quelli ufficiali, né fu vietato a sacerdoti di andarci o di partecipare come assistenti spirituali in pellegrinaggi organizzati a titolo privato, fermo restando che, come dice la dichiarazione, essi promuovessero «una sana devozione verso la Beata Vergine Maria, in armonia con l’insegnamento della Chiesa».

Che la Dichiarazione di Zara, citata nella lettera del nunzio non rappresenti una bocciatura definitiva delle apparizioni di Medjugorje, lo attesta la nuova commissione incaricata da Benedetto XVI di studiare il fenomeno, guidata dal cardinale Ruini. E viene confermato anche dalla vita di tutti i giorni. L’emittente della parrocchia di Medjugorje Radio Mir Medjugorje è partner ufficiale dell’emittente radiofonica della Conferenza episcopale croata Hrvatski katolički Radio; il settimanale ufficioso dell’arcidiocesi di Zagabria Glas Koncila, venduto in tutte le chiese della Croazia e della Bosnia-Erzegovina, pubblica di tanto in tanto notizie di pellegrinaggi a Medjugorje, e in occasione del trentesimo anniversario delle apparizioni, vi ha dedicato le sue due pagine centrali. Ciò è segno che pur non approvando (ancora) le apparizioni, la Chiesa croata segue con interesse questi avvenimenti che la maggioranza dei fedeli cattolici croati ritiene essere stati decisivi per l’acquisto della libertà dal comunismo e per la salvezza della Croazia nel corso della Guerra per la Patria a difesa dell’aggressione serba, che fu profetizzata dalla Regina della Pace che ebbe il suo primo colloquio con i veggenti il 25 giugno 1981, dieci anni prima che, la stessa data, iniziasse la guerra nella ex-Jugoslavia.

In realtà quest’ansia di avere quanto prima una decisione definitiva sugli avvenimenti di Medjugorje è presente solamente nei tifosi (nel senso deleterio del termine) e negli avversari delle apparizioni. La Chiesa procede sempre con estrema prudenza nel valutare questi fatti, tant’è che non sono state ancora approvate le apparizioni del 1948 della Vergine della Rivelazione a Bruno Cornacchiola presso le Tre Fontane a Roma, viste con favore dalle più alte autorità ecclesiastiche, ivi incluso Papa Pio XII; dopo un lungo periodo di ostilità dei vescovi locali, e nell’attesa di un’approvazione definitiva, a Fontanelle, nei pressi di Montichiari (Brescia) e a Schio (Vicenza) è stato autorizzato, così come avviene ormai da anni alle Tre Fontane, l’esercizio del culto e l’accompagnamento pastorale ufficiale dei numerosissimi pellegrini che vi si recano.

Considerati questi precedenti, non è escluso che anche per Medjugorje non vi sarà a breve alcun riconoscimento né alcun disconoscimento ufficiale delle apparizioni, e che la Santa Sede avocherà a sé attraverso un delegato apostolico la gestione e il controllo della pastorale ai pellegrini che vi si recano. Ciò rappresenterebbe in verità una netta smentita dei desiderata del vescovo di Mostar, il quale vorrebbe che le apparizioni venissero bollate come non soprannaturali, e una limitazione dei suoi poteri, se non sulla parrocchia di Medjugorje, almeno sulla gestione della cura pastorale dei pellegrini.

Un criterio per esprimere un giudizio sulla soprannaturalità degli avvenimenti di Medjugorje è rappresentato certamente dai frutti spirituali. Pur non mancando, come sempre quando ci sono di mezzo esseri umani, situazioni negative – ad esempio l’eccessiva commercializzazione del luogo (che del resto non manca neppure a Lourdes e a Fatima) e la dolorosissima defezione di fra Tomislav Vlašić – i frutti sono da considerarsi estremamente positivi.

In questi decenni a Medjugorje, sono avvenute conversioni di sacerdoti che vivevano il proprio ministero attaccati al denaro, famiglie sull’orlo della rottura si sono riconciliate, giovani che vivevano nel peccato se ne sono distaccati, giovani scapestrati hanno riconosciuto la vocazione religiosa e sacerdotale, atei incalliti e bestemmiatori professionisti si sono trasformati in persone che non cessano di pregare.

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MEDJUGORJE/ Tornielli: per Francesco è meglio amare Dio che vivere per i messaggi…

Posté par atempodiblog le 16 novembre 2013

“Il Papa non intendeva criticare chi crede nei messaggi di Medjugorje, nei cui confronti non c’è ancora un giudizio ufficiale da parte della Chiesa, anche se è innegabile che le apparizioni producano ogni anno degli enormi frutti spirituali positivi. La polemica di Bergoglio riguardava piuttosto quanti, anziché affidarsi nelle mani di Dio, si illudono di poter scrutare il futuro utilizzando i messaggi della Madonna”. Lo spiega Andrea Tornelli, editorialista e vaticanista de La Stampa, dopo che Papa Francesco nel corso dell’omelia di Santa Marta ha affermato che “la Madonna è Madre e ama tutti noi. Ma non è un capufficio della Posta, per inviare messaggi tutti i giorni”.
di Pietro Vernizzi – Il Sussidiario.net
Tratto da: Ascolta tua Madre

MEDJUGORJE/ Tornielli: per Francesco è meglio amare Dio che vivere per i messaggi… dans Andrea Tornielli medjugorje_gospa

Tornielli, per quale motivo ritiene che il Papa non intendesse criticare Medjugorje?
Bergoglio ha già detto queste cose prima di diventare Papa. Nel mirino c’è il senso della curiosità per il futuro, e quindi tutto ciò che riguarda segreti o messaggi. Non è giusto attribuire questa omelia a un solo caso di apparizioni vere o presunte come è Medjugorje. Ciò a cui si riferiva il Papa è al fatto che spesso persone anche devote si fanno così prendere dal seguire i messaggi legati a questi fenomeni, che finiscono per avere un atteggiamento di eccessiva curiosità nei confronti del futuro.

In che senso la natura di questa curiosità non è veramente cristiana?
Perché queste persone sono così impegnate nel decifrare e confrontare questi messaggi, che finiscono per dimenticare la verità del messaggio evangelico. Possiamo preoccuparci di scrutare il futuro, ma non sappiamo neanche se ci saremo ancora domani mattina, eppure il giudizio finale su ciascuno di noi viene nel momento della morte. L’atteggiamento del cristiano è quello di chi sa che la sua vita dipende da Dio, e dunque non ha uno sguardo sul futuro che è così denso di curiosità, né si lascia così prendere da determinati messaggi sul futuro dell’umanità in quanto gli basta il Vangelo.

Prima di diventare Papa, Bergoglio si è mai espresso esplicitamente su Medjugorje?
Non lo ha mai fatto in termini specifici né sistematici. Quando era arcivescovo di Buenos Aires fu organizzata un’iniziativa collegata a Medjugorje e Bergoglio lasciò fare come è nel suo stile. Papa Francesco del resto ha una spiccata devozione mariana e lo si vede in tutto ciò che fa, nelle visite continue che compie alla Salus Populi Romani di Santa Maria Maggiore, come ha accolto e pregato davanti alla Statua della Madonna di Fatima lo scorso 13 ottobre, nella tenerezza con cui ha cullato la statuina di Santa Signora de Aparecida.

Bergoglio è un Papa profondamente mariano e che mostra di non avere alcun problema nei confronti delle manifestazioni di devozione popolare alla Madonna. Ricordo che dopo la sua elezione al Soglio Pontificio ha chiesto ai vescovi del Portogallo che pregassero per consacrare il suo pontificato alla Madonna di Fatima. Quello di Papa Francesco non è quindi certo l’atteggiamento di chi guarda con sufficienza e sospetto a tutti questi fenomeni. Il bersaglio non è Medjugorje ma un certo tipo di atteggiamento, proprio di chi pensa di dipendere da un messaggio mensile anziché da Dio.

Qual è la posizione ufficiale della Chiesa nei confronti di Medjugorje?
Il primo giudizio è la Dichiarazione di Zara da parte dei vescovi della Jugoslavia nel 1991, da cui risulta che “non constat de supernaturalitate”, cioè che non è stata riscontrata la soprannaturalità del fenomeno. E’ un giudizio che non ha chiuso la vicenda, nonostante l’opposizione fermissima e contraria alle apparizioni da parte dei due vescovi che si sono succeduti alla guida della Diocesi di Mostar.

In che senso dice che è un giudizio che non ha chiuso la vicenda?
Qualche anno fa Benedetto XVI ha affidato al Cardinal Camillo Ruini una nuova inchiesta che si sta a sua volta avviando verso la conclusione. Non mi aspetto però una decisione definitiva della Chiesa finché le apparizioni continuano a essere in corso e i messaggi continuano a essere divulgati.

Che cosa la colpisce di più quando si parla di Medjugorje?
Il dato di fatto impressionante è quanta gente vada ogni anno a Medjugorje. E’ innegabile che le apparizioni producano tanti frutti spirituali positivi, e questo è uno dei criteri attraverso i quali la Chiesa giudica solitamente questi fenomeni.

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Feconde come rugiada….

Posté par atempodiblog le 15 novembre 2013

Feconde come rugiada.... dans Ernest Hello lacrime

Se la rugiada è feconda, anche le lacrime lo devono essere. Tra le ricchezze della creazione, nessuna è sta­ta tanto prostituita quanto le lacrime. Santa Rosa da Lima diceva che esse appartengono a Dio e che chi le dà a un altro le sottrae al Signore. Ora, le lacrime so­no diventate abominevoli; esse, che per natura sono segrete, sono diventate una parata, una posa, un’ostentazione; esse, che sono i singhiozzi della verità quando la verità non può più parlare, sono diventate menzo­gne; esse, che sono forza, sono diventate dissolventi; esse, che sono sorgenti di vita, nascoste più su del pensiero, sono diventate sorgenti di morte nascoste più sotto del deliquio.
Nelle lacrime prostituite c’è qualcosa che somiglia ai sacrifici umani.
Il Cristianesimo ha restituito le lacrime e il san­gue al Creatore dei cieli e delle acque. Le ha poste presso le sorgenti della vita. Gesù Cristo piange pres­so la tomba di Lazzaro. Le lacrime di Maddalena so­no diventate uno dei grandi ricordi dell’umanità. I pit­tori farebbero bene a non trattarle alla leggera e a non confonderle con le lacrime contrarie, per non com­mettere un delitto. Le lacrime sono salite cosi in alto che il loro posto è il tribunale della penitenza, quando accanto ad esse il sangue di Gesù Cristo cade sulla testa del peccatore insieme all’assoluzione. Dio fa quel che vuole delle cose che tocca. Talvolta ne fa un uso meraviglioso. Se tocca le lacrime, le muta in forza per i deboli e in terrore per i forti.
Il linguaggio cristiano con una energica parola designa il dolore del peccato. Questa parola è contrizione, che significa spezzamento del cuore. Se l’abitudine non gettasse su tutte le cose il grigio velo dell’indifferenza, gli uomini sarebbero particolarmente colpiti da que­sta magnifica parola. Ed ecco quel che volevo dire: la contrizione è piena di gioia. La contrizione è più de­liziosa di qualsiasi cosa più desiderata. Non parlo del­le delizie vaghe di certi sentimenti che somigliano ai sogni, delizie infeconde e snervanti. Le delizie di cui parlo sono realtà fortificanti, attive, feconde. Sono gioie che fanno agire.
Per valutare un atto compiuto nella verità è bene guardare lo stesso atto compiuto nell’errore. A fianco del pentimento, che è un nome meno bello di contrizione, ci sono i rimorsi. Il pentimento è buono, il rimor­so è cattivo. E così il pentimento dona la gioia, men­tre il rimorso dona la tristezza; perché Dio è nel pen­timento ma non già nel rimorso.
Il pentimento calma il colpevole; il rimorso l’esa­spera. Il pentimento lo apre alla speranza, il rimorso lo chiude. Il pentimento è pieno di lacrime, il rimorso pieno di terrori. Il rimorso fa vedere i fantasmi, il pen­timento fa vedere delle verità.
Però preferisco il nome contrizione a quello di pentimento. Trovo nella contrizione assai più gioia e luce. A questo proposito voglio richiamare la vostra attenzione sul linguaggio del Cristianesimo, linguaggio così meravigliosamente profondo che aprirebbe vie in­finite alla nostra intelligenza e alla nostra anima se l’abitudine non s’intromettesse a farci misconoscere i doni di Dio, a farci passare sotto le stelle e le paro­le del cielo, senza alzare la testa. Orbene, il Cristianesimo nel suo linguaggio ci dice: — Fate un atto di contrizione.
Un atto di contrizione! Che cosa meravigliosa, se non fossimo vittime dell’abitudine.
Agli occhi di chi ignora la sua anima, la contrizio­ne appare forse qualcosa di puramente passivo, come la tristezza umana; una minorazione, una dispersione di forze; e invece, è vero il contrario. Essa è, oh mera­viglia, un atto.
Una certa saggezza scadente potrebbe dire al col­pevole: — Non v’abbandonate al dolore; siate uomo; mostrate un coraggio virile.
Il Cristianesimo invece gli dice: — Fate un atto di contrizione!

di Ernest Hello - L’uomo, San Paolo, Alba (Cuneo) 1958, pp. 99-101
Tratto da: Filia Ecclesiae

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Nostra Signora di Beauraing

Posté par atempodiblog le 15 novembre 2013

Nostra Signora di Beauraing dans Apparizioni mariane e santuari Beauraing

In questo luogo dove durante le trentatré apparizioni della Madonna dal 29 novembre 1932 al 3 gennaio 1933 si sono raccolte decine di migliaia di persone (due milioni in un anno) non c’è quasi anima viva. [...] Qui la Madre di Dio ha voluto inserirsi nelle trame quotidiane di una cittadina, apparendo nel giardino di una scuola frequentata da centinaia di ragazzi e avendo intorno a sé un pubblico numeroso, con tanto di giornalisti, di medici e di curiosi, oltre naturalmente a un numero impressionante di fedeli devoti. [...] A Beauraing la Madonna ha lasciato poche parole, ma ognuna di esse vale più di qualsiasi trattato di mariologia. “Io sono la Madre di Dio e la Regina del Cielo”; “Pregate sempre”; “Io convertirò i peccatori”. L’ultima sera, quella del 3 gennaio, all’improvviso il giardino fu illuminato da una palla di fuoco che, dissolvendosi, mostrò la Vergine la quale disse: “Amate mio Figlio? Amate me? Allora sacrificatevi per me. Addio”. Dicendo questo aprì le braccia e mostrò il  suo Cuore Immacolato. “In fondo il cristianesimo è semplice – mi dico – nonostante la sua apparente complessità. Siamo infinitamente amati e dobbiamo corrispondere a questo amore. Non è forse questa la perfetta letizia?”.

Tratto da: Pellegrino a quattro ruote — Padre Livio Fanzaga

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Kibeho, Lourdes d’Africa

Posté par atempodiblog le 15 novembre 2013

Rwanda
Kibeho, Lourdes d’Africa

di Anna Pozzi – Credere

Kibeho, Lourdes d'Africa dans Apparizioni mariane e santuari Madonna-di-Kibeho

Nel Ruanda insanguinato
Nel Continente nero è l’unico luogo di apparizioni mariane ufficialmente riconosciuto. Il santuario di Nostra Signora di Kibeho, sorge proprio sul luogo dove la Madonna si manifestò ripetutamente fra il 1981 e il 1989, chiedendo «la conversione dei cuori». Di lì a poco si sarebbe scatenato il terribile genocidio della primavera 1994.

Testimone dell’apparizione
Alphonsine, la veggente

Si chiamava Alphonsine Mumureke la studentessa protagonista della prima apparizione della Madonna a Kibeho. Quella collina è stata teatro di uno dei tanti atroci episodi di violenza che hanno caratterizzato i cento giorni più funesti della storia del Paese: il genocidio del 1994 che vide Hutu e Tutsi combattersi ferocemente. Tra Kibeho e Kaduha, nel Ruanda meridionale, vennero uccise migliaia di persone. Per la morte di un gruppo di ragazzi, così come per quella di tre preti, venne accusato l’allora vescovo di Gikongoro, monsignor Augustin Misago, il quale nel 1999 venne rinchiuso in carcere. Le accuse vennero poi tutte confutate.

Il Ruanda: la tragedia del 1994
Durante il genocidio la Chiesa locale pagò a caro prezzo la propria testimonianza. Si contano, infatti, 248 vittime tra il personale ecclesiastico, tra cui tre vescovi,  103 sacerdoti, 47 religiosi laici, 65 religiose e 30 laiche di vita consacrata. Purtroppo anche membri della Chiesa non furono estranei alle violenze:  alcuni sono stati condannati per complicità nel genocidio. Per saperne di più su Kibeho può essere utile il libro di Angelo Maria Tentori, Le apparizioni della Madonna in Africa. Nostra Signora di Kibeho, Paoline, 2009, euro 12.

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Suor Caterina Labouré e l’apparizione di Rue du Bac

Posté par atempodiblog le 15 novembre 2013

Suor Caterina Labouré e l’apparizione di Rue du Bac dans Apparizioni mariane e santuari Santa-Caterina-e-MariaLa veggente suor Caterina Labouré riuscì a sottrarsi a tutti, perfino alla commissione d’inchiesta diocesana istituita dall’Arcivescovo di Parigi. Di solito gli altri veggenti scompaiono dopo il termine delle apparizioni, a Rue du Bac, questa è la via dove si trovava la Cappella del Convento, Caterina è sempre scomparsa a tal punto che nessuno sa, o pochissimi, che lei ha visto la Madonna, neppure le suore e per molti anni neppure la sua superiora. Vive nell’incognito più assoluto. Solo dopo la sua morte se ne verrà a conoscenza e neppure il Vescovo poté incontrarla e parlare con lei benché le avesse promesso di riceverla velata.

L’approvazione ecclesiastica in altri casi è giunta abbastanza presto mentre per Rue du Bac la stiamo aspettando ancora anche se non ce n’è più bisogno. […] Questa apparizione non possiede questo riconoscimento (apparizione mariana ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa, quindi con garanzia di autenticità) o meglio riconoscimento ufficiale esplicito, dichiarato, ma soltanto un’approvazione implicita; proprio perché mai fu possibile un processo di verifica perché mai fu possibile da parte della suora. Riconoscimento pratico non solo da parte del Vescovo diocesano ma anche da parte di alcuni Cardinali e da qualche Papa anche se in forma privata, dato che, come si sa, i Papi non usano mai il loro carisma di infallibilità per confermare una rivelazione privata.


Tratto da: Il Suo ritratto sul cuore, di p. Angelo Maria Tentori

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