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Le spoglie mortali di padre Tentori riposano nel cimitero di Calolziocorte

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2013

Le spoglie mortali di padre Tentori riposano nel cimitero di Calolziocorte

Le spoglie mortali di padre Tentori riposano nel cimitero di Calolziocorte dans Padre Angelo Maria Tentori 29qkwtl

Padre Angelo Maria Tentori è stato seppellito nel cimitero di Calolziocorte (Lecco), dove riposano anche i suoi genitori. Sempre a Calolziocorte, alle ore 15:00 di lunedì 18 novembre, presso la parrocchia di San Martino Vescovo, è stato celebrato il rito di commiato.

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Morto Marcello D’Orta, il maestro autore di “Io speriamo che me la cavo”

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2013

Morto Marcello D’Orta, il maestro autore di Io speriamo che me la cavo
L’ex maestro autore di Io speriamo che me la cavo avrebbe compiuto 61 anni a gennaio. Domani i funerali
di Luisa De Montis – Il Giornale

È morto a 60 anni Marcello D’Orta, ex maestro elementare diventato famoso per aver scritto il best seller Io speriamo che me la cavo, una raccolta di temi scritti dai bambini di Arzano, nel Napoletano, e pubblicato nel 1990.

Morto Marcello D'Orta, il maestro autore di “Io speriamo che me la cavo” dans Amicizia Marcello-D-Orta
D’Orta era da tempo malato di cancro ed era impegnato nella stesura di un libro su Gesù.

La notizia è stata data dal figlio, padre Giacomo, e dalla moglie Laura. I funerali si terranno domani alle 12 nella Basilica di San Francesco di Paola, in piazza Plebiscito a Napoli.

Nato il 25 gennaio del 1953a Napoli  in una casa di Vico Limoncello, nel Centro antico, in una famiglia di dieci persone, Marcello D’Orta ha insegnato per quindici anni nelle scuole elementari. Il libro che lo ha reso famoso ha venduto in Italia due milioni di copie. Nei è stato tratto il film con Paolo Villaggio per la regia di Lina Wertmuller. Fra le sue opere Dio ci ha creato gratis, Romeo e Giulietta si fidanzarono dal basso, Il maestro sgarrupato, Maradona è meglio ’e Pelè, Storia semiseria del mondo, Nessun porco è signorina, All’apparir del vero, il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi, “Aboliamo la scuola, ‘A voce d’e creature”, Era tutta un’altra cosa. I miei (e i vostri) Anni Sessanta.

Da 23 anni non era più maestro proprio grazie (o per colpa del successo i Io speriamo che me la cavo Eppure lo scrittore ha sempre detto di sentirsi un maestro a tutto tondo e ha continuato a occuparsi di scuola: Se lo si è fatto con passione, maestro si rimane per tutta la vita amava ripetere.  Collaboratore di di diversi quotidiani, tra cui il Giornale, le sue opere sono state tradotte in numerosi Paesi.  Un anno e mezzo fa l’ex maestro della scuola di Arzano confidò di avere il cancro e di lottare contro la malattia anche con la scrittura: Scrivo per non morire Un modo, insomma per e scacciare indietro il male.

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La coscienza non è un’opinione

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2013

La coscienza non è un’opinione

La coscienza non è un'opinione dans Antonio Socci wck60n

di Antonio Socci – Libero, 19 novembre 2013

Eugenio Scalfari non deve aver digerito la cancellazione dal sito del Vaticano della sua « intervista » al Papa. E nella sua interminabile omelia domenicale ha ribadito che « Francesco ha teorizzato in varie occasioni la libertà di coscienza dei cristiani come di tutti gli altri uomini e la loro libera scelta tra quello che ciascuno di loro ritiene sia il Bene e quello che ritiene sia il Male. E portando avanti il Vaticano II (Francesco) ha deciso di dialogare con la cultura moderna ». La sommarietà di queste frasi mostra che Scalfari non ha le idee chiare. Ma con l’espressione « in varie occasioni » cerca di dire che anche nella lettera scritta dal Papa il 4 settembre, in risposta a un suo articolo del 7 agosto, Francesco diceva sulla coscienza la stessa cosa che lui gli ha attribuito nell’intervista del 1° ottobre (quella cancellata dal sito vaticano). Invece si sbaglia. La domanda posta da Scalfari nel suo articolo agostano era infatti la seguente: « se una persona non ha fede né la cerca, ma commette quello che per la Chiesa è un peccato, sarà perdonato dal Dio cristiano? ». La risposta è « no », ma Scalfari ha creduto invece di sentire « sì ». Perché un tale malinteso? Per due ragioni. La prima. Scalfari equivoca sull’atteggiamento del Papa che invece di freddarlo con un secco « no », lo prende per mano e fraternamente gli mostra la verità e la via del perdono. Infatti Francesco gli risponde dicendo che « la cosa fondamentale » è « che la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito ». Già questo è eloquente. Poi il Papa aggiunge che « per chi non crede in Dio la questione sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha fede, c’è quando si va contro la coscienza » che bisogna « ascoltare e obbedire ». Qui scopriamo la seconda ragione dell’equivoco. Scalfari non ha compreso la complessa e delicata dottrina cattolica sulla coscienza e la confonde con « l’opinione », ovvero ciò che uno decide che sia Bene o Male. Ma quando il Papa parla di « coscienza » intende tutt’altra cosa, ovvero « la legge scritta da Dio nell’intimo » dell’uomo, « una legge che non è lui a darsi, ma alla quale deve obbedire » (sto citando il Concilio Vaticano II che Scalfari evoca, ma senza conoscerlo). In sostanza papa Francesco con quella risposta rimandava al n. 1864 del Catechismo della Chiesa Cattolica, laddove parla del « peccato contro lo Spirito Santo », cioè l’unico che non può essere perdonato. Il Catechismo recita infatti: « La misericordia di Dio non conosce limiti, ma chi deliberatamente rifiuta di accoglierla attraverso il pentimento, respinge il perdono dei propri peccati e la salvezza offerta dallo Spirito Santo. Un tale indurimento può portare alla impenitenza finale e alla rovina eterna ». Scalfari dunque equivoca. Ma a me stupisce pure che egli possa coltivare quell’idea la quale, di per sé, spazza via anche ogni tipo di etica laica. Se infatti il Bene e il Male non sono oggettivi, ma sono definiti da ciascuno a proprio arbitrio, non si vede in base a cosa si possano condannare certe infamie o grandi criminali come Hitler e Stalin, perché costoro potrebbero sempre giustificarsi sostenendo di aver seguito la propria idea di Bene. L’equivoco di Scalfari ha tratto molti in inganno. Qualcuno, nel mondo cattolico, ha storto il naso perché il Papa ha dialogato con un potente intellettuale che ha sempre manifestato la sua avversità alla Chiesa.

Ma Francesco aveva colto due spiragli importanti nell’articolo di Scalfari. Il primo laddove scrive: « sono un non credente che è da molti anni interessato e affascinato dalla predicazione di Gesù di Nazaret ». Il secondo spiraglio sta proprio nella domanda – sopra citata – sulla possibilità di avere il perdono di Dio per « una persona che non ha fede né la cerca » e che « commette quello che per la Chiesa è un peccato ». In riferimento al primo tema Francesco ha testimoniato accoratamente il suo personale incontro con Cristo che non è solo uomo, ma si proclama e si dimostra tangibilmente Dio, dunque il Salvatore. Sulla seconda domanda il Papa ha colto un’ansia sulla sorte eterna che vive anche chi si proclama ateo. Scalfari sembra sincero in entrambi i casi. Rischia però di cadere in un autoinganno, quello di cercare risposte compiacenti con le sue opinioni. Sembra che cerchi una qualche rassicurazione, dal Vicario di Cristo, perché – in fin dei conti – se c’è poi qualcosa la prospettiva dell’inferno, cioè di un tormento senza fine e senza scampo, non è proprio simpatica. Nemmeno per chi si dice ateo. All’intellettuale ateo papa Francesco ha teso fraternamente la mano e con umiltà lo ha esortato a lasciarsi abbracciare dalla Misericordia di Dio. Perché, come ha detto Gesù a santa Faustina Kowalska (evocata dal Papa all’Angelus di domenica): « Chi non vuole passare attraverso la porta della misericordia, deve passare attraverso la porta della Mia giustizia ». E con la giustizia di Dio non si scherza. Certo, Scalfari è un navigatore di lungo corso, un uomo che si è dimostrato abilissimo a destreggiarsi in tutte le epoche. Solo che con il Padreterno la scaltrezza umana non funziona. Il Concilio Vaticano II – si badi bene, proprio il Concilio che Scalfari evoca – afferma che per salvarsi occorre entrare nella Chiesa: « questa Chiesa peregrinante è necessaria alla salvezza. Solo il Cristo, infatti, presente in mezzo a noi nel suo corpo che è la Chiesa, è il mediatore e la via della salvezza; ora egli stesso, inculcando espressamente la necessità della fede e del battesimo (cfr. Gv 3,5), ha nello stesso tempo confermato la necessità della Chiesa, nella quale gli uomini entrano per il battesimo come per una porta ». A questo punto il Concilio proclama: « Perciò non possono salvarsi quegli uomini, i quali, pur non ignorando che la Chiesa cattolica è stata fondata da Dio per mezzo di Gesù Cristo come necessaria, non vorranno entrare in essa o in essa perseverare » (Lumen Gentium n. 14). Naturalmente ciò non riguarda chi non ha potuto conoscere il Vangelo: « Infatti, quelli che senza colpa ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa ma che tuttavia cercano sinceramente Dio e coll’aiuto della grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di lui, conosciuta attraverso il dettame della coscienza, possono conseguire la salvezza eterna. Né la divina Provvidenza nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, ma si sforzano (…) di condurre una vita retta » (Lumen Gentium, n. 16). Per chi invece ha conosciuto l’annuncio cristiano e lo rifiuta o lo tradisce il Concilio cita un passo di san Paolo che giudica e condanna i costumi del suo tempo, così simili a quelli di oggi: « l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia (…) poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato (…); essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e così non hanno capito più nulla. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili ».

L’Apostolo aggiunge: « Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore ». Infine conclude: « poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno… pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa » (Rm, 1, 18-32). C’è di che tremare e meditare. Per tutti.

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Non accettate ordini dal secolo

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2013

Non accettate ordini dal secolo
Identità e tradizione non sono parole vuote. Il progressismo adolescenziale svende il cuore della fede al secolo e allo spirito del mondo. No al pensiero unico. Mai così chiaro il Papa Francesco S. I.
Tratto da: Il Foglio

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C’è un’insidia che percorre il mondo. E’ quella della “globalizzazione dell’uniformità egemonica” caratterizzata dal “pensiero unico”, attraverso la quale, in nome di un progressismo che poi si rivela adolescenziale, non si esita a rinnegare le proprie tradizioni e la propria identità. Quello che ci deve consolare è che però davanti a noi c’è sempre il Signore fedele alla sua promessa, che ci aspetta, ci ama e ci protegge. Nelle sue mani andremo sicuri su ogni cammino. E’ questa la riflessione proposta da Papa Francesco lunedì mattina, 18 novembre, durante la messa a Santa Marta. Con lui ha concelebrato l’arcivescovo Pietro Parolin, segretario di stato, che oggi ha iniziato il suo servizio in Vaticano.

Il Pontefice ha avviato la sua riflessione commentando la lettura tratta dal primo libro dei Maccabei (1,10-15; 41-43; 54-57; 62-64) “una delle pagine più tristi nella bibbia” ha commentato, dove si parla di “una buona parte del popolo di Dio che preferisce allontanarsi dal Signore davanti a una proposta di mondanità”. Si tratta, ha notato il Papa, di un tipico atteggiamento di quella “mondanità spirituale che Gesù non voleva per noi. Tanto che aveva pregato il Padre affinché ci salvasse dallo spirito del mondo”.
Questa mondanità nasce da una radice perversa, “da uomini scellerati capaci di una persuasione intelligente: “Andiamo e facciamo alleanza con i popoli che ci stanno intorno. Non possiamo essere isolati” né fermi alle vecchie nostre tradizioni. “Facciamo alleanze perché da quando ci siamo allontanati da loro ci sono capitati molti mali”. Questo modo di ragionare, ha ricordato il Papa, fu considerato buono tanto che alcuni “presero l’iniziativa e andarono dal re, a trattare con il re, a negoziare”. Costoro, ha aggiunto, “erano entusiasti, credevano che con questo la nazione, il popolo d’Israele sarebbe diventato un grande popolo”. Certo, ha notato il Pontefice, non si posero il problema se fosse più o meno giusto assumere questo atteggiamento progressista, inteso come un andare avanti a ogni costo. Anzi essi dicevano: “Non ci chiudiamo. Siamo progressisti”. E’ un po’ come accade oggi, ha notato il vescovo di Roma, con l’affermarsi di quello che ha definito “lo spirito del progressismo adolescente” secondo il quale, davanti a qualsiasi scelta, si pensa che sia giusto andare comunque avanti piuttosto che restare fedeli alle proprie tradizioni. “Questa gente – ha proseguito il Papa tornando al racconto biblico – ha trattato con il re, ha negoziato. Ma non ha negoziato abitudini… ha negoziato la fedeltà al Dio sempre fedele. E questo si chiama apostasia. I profeti, in riferimento alla fedeltà, la chiamano adulterio, un popolo adultero. Gesù lo dice: “generazione adultera e malvagia” che negozia una cosa essenziale al proprio essere, la fedeltà al Signore. Forse non negoziano alcuni valori, ai quali non rinunciano; ma si tratta di valori, ha notato il Pontefice, che alla fine sono talmente svuotati di senso da restare soltanto “valori nominali, non reali”.

Ma di tutto questo poi si pagano le conseguenze. Riferendosi al racconto biblico il Pontefice ha ricordato che presero “le abitudine dei pagani” e accettarono l’ordine del re che “prescrisse che nel suo regno tutti formassero un solo popolo e che ciascuno abbandonasse le proprie usanze”. E certamente non si trattava, ha detto il Papa, della “bella globalizzazione” che si esprime “nell’unità di tutte nazioni” che però conservano le proprie usanze. Quella di cui si parla nel racconto è invece la “globalizzazionedell’uniformità egemonica”. Il “pensiero unico frutto della mondanità”.
Dopo aver ricordato le conseguenze per quella parte del popolo d’Israele che aveva accettato questo “pensiero unico” e si era lasciato andare a gesti sacrileghi, Papa Francesco ha sottolineato che simili atteggiamenti si riscontrano ancora “perché lo spirito della mondanità anche oggi ci porta a questa voglia di essere progressisti, al pensiero unico”. Anzi: come capitava allora, quando chi era trovato in possesso del libro dell’alleanza veniva condannato a morte, succede così anche oggi in diverse parti del mondo “come abbiamo letto sui giornali in questi mesi”.

Negoziare la propria fedeltà a Dio è come negoziare la propria identità. E a questo proposito il Pontefice ha ricordato il libro “Il padrone del mondo” di Robert Hugh Benson, figlio dell’arcivescovo di Canterbury Edward White Benson, nel quale l’autore parla dello spirito del mondo e “quasi come fosse una profezia, immagina cosa accadrà. Quest’uomo, si chiamava Benson, si convertì poi al cattolicesimo e ha fatto tanto bene. Ha visto proprio quello spirito della mondanità che ci porta all’apostasia”. Farà bene anche a noi, ha suggerito il Pontefice, pensare a quanto raccontato dal libro dei Maccabei, a quanto è accaduto, passo dopo passo, se decidiamo di seguire quel “progressismo adolescenziale” e fare quello che fanno tutti. E ci farà bene anche pensare a quanto è accaduto dopo, alla storia successiva alle “condanne a morte, ai sacrifici umani” che ne sono seguiti. E chiedendo “voi pensate che oggi non si fanno sacrifici umani?”, il Papa ha risposto: “Se ne fanno tanti, tanti. E ci sono delle leggi che li proteggono”.

Quello che ci deve consolare, ha concluso il Pontefice, è che “davanti al cammino segnato dallo spirito del mondo, dal principe di questo mondo”, un cammino di infedeltà, “sempre rimane il Signore che non può rinnegare se stesso, il fedele. Lui sempre ci aspetta; lui ci ama tanto” ed è pronto a perdonarci, anche se facciamo qualche piccolo passo su questo cammino, e a prenderci per mano così come ha fatto con il suo popolo diletto per portarlo fuori dal deserto.

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Novena a Nostra Signora di Kibeho

Posté par atempodiblog le 19 novembre 2013

Preghiera a Nostra Signora di Kibeho utilizzabile sia come novena sia come triduo. Può essere recitata in preparazione dell’anniversario della prima apparizione, il 28 novembre, dal 19 al 27 novembre, o in qualsiasi momento per le proprie necessità:

Novena a Nostra Signora di Kibeho dans Apparizioni mariane e santuari Madonna-di-Kibeho

Beata Vergine Maria, Madre del Verbo, Madre di tutti quelli che credono in Lui e L’accolgono nella loro vita, eccoci davanti a Te per contemplarTi.
Noi crediamo che Tu sei fra noi, come una madre tra i suoi bambini, anche se i nostri occhi della carne non ti vedono.
Te, sul cammino che ci porta a Gesù il Salvatore, noi benediciamo per tutti i benefici di cui ci riempi senza sosta, specialmente, poiché, nella Tua umiltà, Ti sei degnata di apparire miracolosamente a Kibeho, nel momento in cui la nostra terra ne aveva tanto bisogno.
Donaci sempre la luce e la forza necessari per accogliere con rapidità il Tuo appello a convertirci, a pentirci e a vivere secondo il Vangelo di Tuo Figlio.
Insegnaci a pregare senza ipocrisia e ad amarci gli uni gli altri come Lui ci ha amato, perché, come Tu hai chiesto, noi fossimo dei bei fiori che diffondono ovunque e su tutti il loro buon profumo.
O Santa Maria, Nostra Signora dei dolori, insegnaci a comprendere il valore della croce nella nostra vita, perché quello che manca alle sofferenza di Cristo, noi lo riceviamo nella nostra propria carne a favore del  Suo Corpo mistico che è la Chiesa. E quando finirà il nostro pellegrinaggio su questa terra, possiamo vivere eternamente con Te nel Regno dei Cieli. Amen.

Imprimatur del Vescovo di Gikongoro, Augustin Misago

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