Una città… da favola: Bergamo, gioiello dell’Alta Italia
Posté par atempodiblog le 14 novembre 2013
Bergamo, gioiello dell’Alta Italia
Tra i tesori d’Italia, incanto irripetibile e forse non conosciuto bene come meriterebbe, è la città di Bergamo. Scopriamone la storia ultramillenaria, la radicata cultura e le meravigliose bellezze di cui è depositaria la Città Alta.
di Riccardo Bevilacqua ed Enzo De Canio – Radici Cristiane
Veduta notturna della città di Bergamo
Nel sito dell’attuale Bergamo Alta (originariamente sette colline, poi appianate fra loro) sorgeva già nel VI–VII a.C un centro abitato (oppidum) dei celti orobi, popolazione che rientrava nella cosiddetta cultura di Golasecca, che per molti secoli fece da tramite fra il mondo mediterraneo (etruschi e greci) e quello dei celti transalpini.
La presenza romana, che pure rispettò a lungo autonomie e costumi locali, risale agli inizi del II a.C: la celtica Bérghem divenne il municipio romano di Bergomum, una città ordinata secondo il classico schema dei cardini e dei decumani, con tanto di foro (probabilmente nell’area di Santa Maria Maggiore e della Cappella Colleoni), terme, arena, un capitolium e naturalmente mura.
I Bergomates si latinizzarono gradualmente, ottennero la cittadinanza romana ai tempi di Cesare, fornirono all’Urbe valorosi legionari e, qualche secolo dopo, cominciarono a ricevere la Buona Novella.
Urna contenente le spoglie del patrono di Bergamo, Sant’Alessandro
Bergomum diviene cristiana
San Narno fu il primo vescovo, ma maggior fama ebbe il martire Sant’Alessandro, futuro patrono, un soldato di origine egiziana che fu decapitato alla fine del III d.C. in Città Bassa, poi sepolto con il debito onore nella Basilica paleocristiana in Città Alta che da lui prese il nome.
Vennero poi i tempi delle invasioni barbariche, Bergamo fu capitale di un potente ducato longobardo e la presenza di questa gente germanica influì in maniera non secondaria sui costumi, le leggi, la lingua, la composizione etnica (una larga parte, ad esempio, dell’originaria nobiltà è di origine longobarda, a partire dai Suardi, articolatisi poi in varie casate tuttora esistenti).
Nel 774 Bergamo con la sua provincia divenne centro di una contea franca, ma verso la fine del IX-inizi del X secolo i vescovi, a partire da Adalberto, assunsero il controllo anche politico della città, coadiuvati nel governo dalle famiglie di nobili, feudatari e maggiorenti, quelle che poi, nel 1098, crearono un nuovo regime, il libero Comune, originariamente gestito da aristocratici sovente in dissidio fra loro, come i Suardi (Ghibellini), i Rivola e i Colleoni (Guelfi).
Il percorso della funicolare che collega la città Bassa a quella Alta
Nel cuore delle lotte fra Chiesa e Impero
Bergamo partecipò alle lotte dell’epoca del Barbarossa: nel famoso Monastero Cluniacense di San Giacomo di Pontida si sarebbe svolto il famoso Giuramento. Conobbe poi ulteriori scontri politico-sociali anche per l’emergere del cosiddetto Popolo (in realtà la borghesia più ricca). Col tempo i dissidi indussero i vari capi partito bergamaschi ad appoggiarsi a più potenti referenti milanesi, così la città, in larga misura su impulso dei ghibellini Suardi, entrò nel 1332 nella Signoria del ghibellino Azzone Visconti. Il dominio di questa famiglia durò fino al 1428 e fu decisamente poco tranquillo, sia per l’opposizione dei Guelfi, soprattutto delle Valli, sia per l’eccessiva oppressione fiscale ai danni della popolazione.
Mura Venete
Venezia signora di Bergamo
Il dominio veneto, che sapeva rispettare con intelligenza le autonomie locali, fu turbato agli inizi del ‘500 dall’invasione francese, ma abbastanza presto il Leone tornò a dominare in Città Alta e in tutta la Bergamasca, cioè nell’area di Terraferma geograficamente più lontana dalla Dominante.
A Bergamo in questi anni operarono artisti “foresti” quali Lorenzo Lotto, ma anche quelli locali furono sovente di notevole valore, ad esempio Palma il Vecchio o il Moroni. Tra i personaggi di altro genere dell’epoca ricordiamo Gabriele Tadino, detto il Martinengo, Cavaliere di Malta e grande architetto militare, capace di dare moltissimo filo da torcere ai turchi: fu ritratto da Tiziano.
Via via Bergamo, sostanzialmente soddisfatta della dominazione veneta, mostrò di saper dare in più occasioni un proprio contributo significativo alla lotta per la Fede: così non pochi bergamaschi si batterono egregiamente a Lepanto. A turbare la serenità della città furono solo le distruzioni inevitabilmente provocate dalla costruzione delle Mura Venete (1561), pur necessarie per proteggere la città da eventuali brutte tentazioni degli spagnoli insediati a Milano.
Nel ‘600, tutto sommato tranquillo, la città fu purtroppo pesantemente toccata dalla famosa peste manzoniana, mentre nel secolo successivo il dato più notevole fu l’espansione della Città Bassa, con attività commerciali e artigianali che a fine agosto, specie nel campo tessile (la seta) trovavano occasione di valorizzazione nella Fiera di Sant’Alessandro, in locali in muratura nell’attuale Piazza Dante.
Veduta del centro di Bergamo bassa, Piazza Vittorio Veneto
Nel vortice delle guerre napoleoniche
Purtroppo verso la fine del secolo la diffusione delle idee illuministiche attecchì in città fra non pochi nobili e borghesi, “convertiti” al credo massonico; furono costoro, nel 1797, a supportare il colpo di Stato con il quale le truppe napoleoniche abbatterono il dominio veneto, grazie anche ad una vergognosa provocazione (l’incendio del teatro cittadino), attribuita falsamente all’ultimo capitano della Serenissima.
Il popolo della città non mostrò eccessivo entusiasmo per le novità e le esibizioni dei giacobini locali, che tra l’altro si affrettarono a mettere le mani sui beni della Chiesa e delle istituzioni benefiche, spesso a loro personale pro.
Un esempio per tutti è la soppressione del Monastero di Pontida, la cui magnifica biblioteca venne venduta a peso (!) dai suddetti “intellettuali”, ad eccezione dei tomi più preziosi che qualcuno ritenne opportuno far propri… Le autonomie dei vari quartieri e dei centri vicini vennero eliminate in nome del centralismo democratico.
I Valligiani insorsero, parroci in testa, in nome di Maria e di San Marco, ma vennero purtroppo massacrati alle porte del capoluogo. Giunsero i tempi della Repubblica Cisalpina, con un breve intermezzo austro-russo, poi di quella cosiddetta Italiana, infine del napoleonico Regno d’Italia (dal 1805 al 1814), con tante tasse, i giovani mandati a morire di qua e di là per l’Europa nelle guerre del Buonaparte, con il cosiddetto brigantaggio che si diffondeva sempre più, trovando capi popolari quali Pacì Paciana, “il terrore della Val Brembana”.
Gaetano Donizetti, uno dei maggiori autori melodrammatici italiani
L’anima cattolica rimane salda
Con l’unificazione, a fronte del predominio politico liberale, come del resto in tutta Italia, andò crescendo il peso dell’opposizione dei cattolici che – non dimentichiamolo – non votavano alle elezioni politiche, ma lo facevano alle amministrative, condizionando così le varie giunte locali.
Nello sviluppo del movimento cattolico, che si estese a società di mutuo soccorso, mense popolari, sindacati, banche e quotidiani (L’Eco di Bergamo, tuttora dominante per diffusione), spiccano i nomi di Nicolò Rezzara e, soprattutto, del conte Stanislao Medolago Albani: grazie a loro, tra l’altro, fu possibile mitigare la povertà allora molto diffusa e contrastare la propaganda socialista.
Nella Prima Guerra Mondiale si distinsero gli alpini e in generale i combattenti orobici, primo tra tutti il grande aviatore, poi podestà, Antonio Locatelli, compagno di D’Annunzio nel volo su Vienna e triplice Medaglia d’Oro al Valor Militare.
In epoca fascista la città fu profondamente rinnovata in senso architettonico, specie nel centro piacentiniano di Città Bassa; gerarchi di spicco a livello nazionale furono i bergamaschi conte Giacomo Suardo e il sindacalista Nino Capoferri.
Dopo il ’43 la guerra civile segnò dolorosamente la vita dei bergamaschi, già colpiti da tragedie come il micidiale bombardamento di Dalmine, sede di un’importante industria siderurgica a pochi chilometri dal capoluogo, né mancarono, all’indomani del 25 aprile, eccidi come quello di Rovetta (in alta Val Seriana).
Nonostante le violenze contrarie, la Bergamasca, il 2 giugno del’46, si dichiarò a maggioranza per la monarchia, poi iniziò un più che quarantennale dominio politico democristiano. Fra le eredità della tradizionale e sincera fede cattolica nella Bergamasca ricordiamo anche il risultato, nei pur tristi anni ’70, delle votazioni per il referendum volto ad abolire l’omicidio di massa dell’aborto. La provincia di Bergamo si espresse, contrariamente a troppe parti d’Italia, per il sì all’abrogazione.
Tornati gli austriaci nel 1814, Bergamo rimase tranquilla fino al 1848, ebbe un capo liberale di rilievo in Gabriele Camozzi; dodici anni dopo fu l’industriale tessile Francesco Nullo a spiccare fra i garibaldini bergamaschi. Proprio nel ’48 muore il bergamasco Gaetano Donizetti, uno dei maggiori rappresentanti del melodramma italiano. Tra i suoi capolavori rammentiamo Elisir d’amore, Lucia di Lammermoor e La Figlia del Reggimento. Molto interessante è il museo a lui dedicato all’interno del Conservatorio di Musica, in via Arena, in Città Alta. Proprio le genti delle Valli furono le prime ad accogliere volentieri, già nel 1426, due anni prima della città, il nuovo dominio veneziano, e bergamasco era, non dimentichiamolo, il grande condottiero Bartolomeo Colleoni, capitano generale delle milizie della Serenissima, innovatore in campo militare, raffinato mecenate nel suo stupendo castello di Malpaga; è sepolto alle spalle di Piazza Vecchia nella celebre Cappella Colleoni, opera dell’Amadeo e tuttora proprietà dei suoi discendenti.
Una città… da favola
Del fascino della città di Bergamo, del suo prestigioso patrimonio artistico, uomini famosi hanno detto e scritto. L’architetto Frank Lloyd Wright l’ha definita «… meravigliosa… sorprendente sino a stordire…», Stendhal addirittura «Il più bel luogo della terra e il più affascinante mai visto». Torquato Tasso, che era nato a Salerno ma la considerava sua patria, ne parla con grande nostalgia nelle sue lettere e le ha dedicato un sonetto che l’Ateneo bergamasco ha fatto incidere su una tavola di marmo. Per coglierne l’atmosfera, la vera anima bisogna, come sempre, andarci.
di Annamaria Scavo – Radici Cristiane
Città Alta, gruppo monumentale
Cresciuta ai piedi delle prealpi Orobie, allo sbocco di verdi vallate alpine, davanti ad un’ampia pianura, Bergamo, per l’importanza strategica della sua posizione, ha iniziato ben presto la sua storia. Dal V secolo a.C. in poi i popoli più vari l’hanno percorsa ed abitata (liguri, etruschi, galli, romani, franchi, longobardi, prima di passare ai Visconti e alla Serenissima Repubblica di Venezia le cui tracce sono ovunque evidenti), e una vivace vita storica ha lasciato visibili tracce nel patrimonio culturale ed artistico.
Portale meridionale della Basilica di Santa Maria Maggiore
Bergamo di sopra
Quando emerge dalla fitta nebbia padana, con il suo inconfondibile profilo animato da cupole, campanili e torri (si dice che un tempo fossero circa trecento), sembra illustrare una vecchia favola. Sarà forse anche per le robuste mura rinforzate da bastioni che la cingono, poderosa opera di architettura militare con cui i veneziani a partire dal 1561 hanno fortificato preesistenti mura romane. Non mancano un castello, quello di San Vigilio con quattro torrioni e una rocca con il mastio.
Dentro, un mondo antico, fatto di monumenti importanti ma anche di una particolare atmosfera, di viuzze acciottolate, piazzette, fontane, scalinate, vicoli, angoli suggestivi che riportano indietro nel tempo di secoli, dove ci si potrebbe attendere da un momento all’altro di veder passeggiare i personaggi delle opere buffe di Donizetti, il noto compositore lirico dell’Ottocento che in Bergamo ha avuto i suoi natali.
Quattro importanti porte danno accesso alla parte alta. Tutte costruite fra la seconda metà del 1500 e il 1627, ospitavano i corpi di guardia permanenti e l’esattoria. Solo in occasione della catastrofica pestilenza del 1630 (quella di cui racconta il Manzoni) le porte urbane per ben due volte rimasero aperte e incustodite, pare per tre mesi circa, non essendoci sopravvissuti.
La più cara ai bergamaschi, quella considerata principale, è la porta di Sant’Agostino. Progettata nel 1575 da Paolo Berlendis assieme alla fontana monumentale interna, introduce subito ad un “gioiello” della città, il Monastero con la chiesa di Sant’Agostino.
L’importante complesso conventuale gotico-rinascimentale dai chiostri armoniosi, pare sia stato imprevedibilmente salvato dalla pesante distruzione di opere che accompagnava la fabbrica delle mura venete, grazie ad una borsa piena di zecchini d’oro allungata alla persona giusta nel momento giusto.
La chiesa, ha una bella facciata tardo-gotica in pietra arenaria, con due quadrifore a sesto acuto, un portale a tutto sesto e il tradizionale rosone gotico sovrastato dalla statua del Santo protetta da una nicchia.
La copertura interna dell’unica navata è ritmata da grandi archi ogivali molto suggestivi dall’intradosso dipinto che lasciano a nudo le falde del tetto.
Altri complessi conventuali, tutti antichi, tutti da conoscere costellano la vecchia città, come quello soppresso delle carmelitane. Resta infatti, accanto alla Chiesa del Carmine, un mirabile chiostro quattrocentesco a due ordini sovrapposti che merita andare a cercare in via Colleoni.
Nel 1355 Bernabò Visconti aveva voluto un complesso fortificato, “La Cittadella”. La individuano due caratteristiche torri, quella elegante della Campanella e la torre di Adalberto, senza quasi aperture, tristemente nota come “torre della fame” perché qui Venezia rinchiudeva gli evasori fiscali.
L’insieme si presta attualmente ad ospitare spettacoli e feste popolari e accoglie due importanti musei di Bergamo, quello di Scienze naturali “Enrico Caffi” e il Museo Archeologico.
Piazza Vecchia, Fontana Contarini
Piazza Vecchia
L’edificio in muratura arenaria ha un caratteristico finestrone centrale di gusto veneziano, cui è stato aggiunto successivamente il balcone, sormontato dal leone di S. Marco. Al primo piano sette capriate in legno per sostenere la copertura. L’orologio solare visibile nel pavimento del portico è del 1798.
Posata sul pavimento regolare in mattoni rossi e lastre di pietra, la elegante fontana detta “del Contarini”, il podestà veneto che la donò alla città.
Di fronte al Palazzo della Ragione, la Biblioteca civica Angelo Mai, una delle più ricche biblioteche italiane (oltre seicentomila volumi e preziosi incunaboli), un tempo sede municipale. Poco rimane dell’originale Palazzo del Podestà, oggi occupato dell’Ateneo.
Non può mancare la Torre civica (il Campanone) centro vitale e istituzionale, luogo rappresentativo di Città Alta e quindi di Bergamo, che da quasi un millennio proietta la sua ombra sui momenti importanti della vita cittadina, protagonista in tempo di festa, quando le tre campane chiamavano la cittadinanza ad onorare il santo patrono, nei momenti di pericolo, per i ripetuti incendi che hanno coinvolto il Campanone stesso e gli edifici adiacenti, e sempre, ogni giorno ancora oggi, quando battono gli oltre cento rintocchi delle 22.00 che un tempo ricordavano la chiusura delle porte d’ingresso alla città.
Attorno al Campanone nei secoli sono state costruite le sedi del potere politico (Palazzo del Podestà, Palazzo della Ragione e Palazzo dell’Istituto Tecnico) e del potere spirituale (complesso della Curia vescovile), ma anche botteghe, carceri, istituti culturali (Palazzo dell’Ateneo) e luoghi di culto e di memoria che ospitano tesori artistici di rilievo come il Duomo, Santa Maria Maggiore e la Cappella Colleoni.
Oggi, la Torre, che all’epoca della costruzione era 37,7 metri, a seguito di successivi sopralzi, tocca i 52,76 metri di altezza. La base ha muri spessi quattro metri e un tempo era luogo di tortura e di carcere duro. Ora funge da osservatorio della Città Alta e dell’abitato in piano ed è destinata a divenire sede del Museo storico cittadino.
Veduta del Battistero, del Duomo, della Cappella Colleoni, di Santa Maria Maggiore
Piazza del Duomo e la Cappella Colleoni
Anche il Duomo, con la sua facciata ottocentesca, è addossato al palazzo della Ragione. Sorge sull’antica cattedrale di San Vincenzo ed è ora dedicato a Sant’Alessandro, patrono della città. Contiene notevoli dipinti fa cui uno di Giovan Battista Tiepolo.
La piazza è però visivamente dominata da uno degli edifici più emblematici di Bergamo, la Cappella Colleoni, capolavoro in assoluto del primo Rinascimento lombardo anche se, per molti dettagli, la facciata ricorda il gusto gotico fiorentino. A volerla, un grande condottiero che desiderava sepoltura nel luogo più prestigioso della città (tanto da far sacrificare la sagrestia della basilica accanto) ed il suo giovane ma già noto architetto e scultore che si era messo in luce nella fabbrica del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia.
Monumento funebre di Bartolomeo Colleoni, all’interno della Cappella
Architettura medioevale e veneziana ispirano quest’opera, con una cupola genialmente leggera che poggia su tamburo ottagonale rivestito da balaustra e sormontata da una lanterna. Il corpo della Cappella sopravanza il protiro della basilica accanto quel tanto che basta a porla in una gerarchia spaziale vincente. Preziosamente decorata anche all’interno, ospita il corpo del condottiero e della diletta figlia Medea.
Alla destra della Cappella un gioiellino, il Battistero, che dopo essere migrato da Santa Maria Maggiore ad un cortile del Duomo, si è conquistato il suo onorevole posto sulla piazza.
Piazza del Duomo, di Piazza Vecchia è in un certo senso la continuazione. Lì, quasi a voler significare quanto storia e arte si compenetrino, i palazzi, sembrano contendersi lo spazio.
La basilica di Santa Maria Maggiore, opera assai importante, costruita su una precedente chiesa per sciogliere un voto alla Vergine Maria, conserva all’esterno l’originaria struttura romana a croce greca, mentre l’interno è stato modificato nel XVI e XVII secolo.
Contiene un importante presbiterio, preziosi affreschi trecenteschi nel transetto, un grande crocifisso in legno del 1300 e la tomba di Gaetano Donizetti. Due protiri di particolare bellezza e la grande abside sono tutto ciò che compare all’esterno, poiché la basilica curiosamente non ha facciata essendo corpo unico con la Cappella Colleoni. La città Alta continua in un labirinto di stradine, absidi, torri, guglie. L’atmosfera irreale di un ambiente rimasto fermo nel tempo, si apre ogni tanto in una visione deliziosa.
È quanto capita uscendo nella meravigliosa Piazza Vecchia, cui fa da quinta il Palazzo della Ragione, simbolo della libertà comunale medievale.
Eretto nella seconda metà del XII secolo, il palazzo aveva un orientamento opposto all’attuale, finché nel 1453, dopo un incendio, non fu deciso di invertirlo, aprendo i fornici e le trifore, costruendo una scala coperta che conduce al primo piano e sistemando il piano terra con quattro colonne tuscaniche e una loggia a volte che mette in comunicazione la Piazza Vecchia con quella del Duomo, un’opera completata dopo il 1520 dall’architetto Pietro Isabello.Bergamo si presenta divisa in due parti ben distinte, la Città Alta e la Città Bassa, collegate da strade e scalinate e da una pittoresca funicolare che dal 1886 supera un dislivello di circa ottanta metri in poco più di duecento di lunghezza.
La Città Alta, è la parte più antica, da sempre la sede delle istituzioni e del potere.
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