Giuseppe Moscati, la carità trasforma il mondo

Posté par atempodiblog le 6 novembre 2013

La carità trasforma il mondo
Giuseppe Moscati preferì il lavoro nell’ospedale alle glorie accademiche. Fu un medico, un laico, un cristiano che si adoperò per tutta la sua vita in un “amore” senza limiti per i poveri ammalati, membra sofferenti di Cristo.

di Maria Di Lorenzo – Madre di Dio

Giuseppe Moscati, la carità trasforma il mondo dans San Giuseppe Moscati Blessed-Moscati

«Da ragazzo guardavo con interesse all’Ospedale degli incurabili, che mio padre mi additava da lontano dalla terrazza di casa, ispirandomi sentimenti di pietà per il dolore senza nome, lenito in quelle mura. Un salutare smarrimento mi prendeva e cominciavo a pensare alla caducità di tutte le cose, e le illusioni passavano, come cadevano i fiori degli aranceti che mi circondavano. Allora compreso tutto negli iniziati studi letterari, non sospettavo e non sognavo che, un giorno, in quell’edificio bianco, alle cui vetrate si distinguevano appena, come bianchi fantasmi, gli infermi ospitati, io avrei ricoperto il supremo grado clinico».
Ai tempi di Giuseppe Moscati, l’Ospedale degli incurabili era uno dei più famosi d’Europa. Era costituito da vari edifici, circondati da giardini, chiostri e fontane. Lì vi tenevano corsi universitari e vi insegnavano uomini famosi, della statura di Gaetano Rummo e Antonio Cardarelli. Oltre ad essere casa di cura era anche un centro di fede, pietà e misericordia. Un luogo fortemente legato alla vicenda e alla memoria di Giuseppe Moscati, il medico santo. Che aveva rinunciato alla cattedra universitaria per stare vicino agli ammalati, vero samaritano del Cristo sofferente. 

Ricco di virtù
Giuseppe Moscati nacque a Benevento il 25 luglio 1880; l’8 dicembre 1888, solennità dell’Immacolata, ricevette la Prima Comunione, e dopo aver conseguito alcuni anni dopo la maturità classica con ottimi voti, si iscrisse alla Facoltà di medicina: il 4 agosto 1903 conseguì la laurea con una tesi sull’urogenesi epatica, con il massimo dei voti e la lode, mentre la tesi veniva dichiarata degna di pubblicazione.
A 31 anni il dott. Moscati vinse il concorso di coadiutore ordinario negli Ospedali riuniti di Napoli, e da allora l’ospedale e i poveri che visitava gratuitamente a domicilio furono tutta la sua vita.
Libero da ogni ambizione terrena, dedicò tutto se stesso, il cuore e la mente, ai suoi infermi ed anche all’educazione dei giovani medici. Gruppi di giovani studenti e di giovani dottori infatti lo seguivano di letto in letto nelle sue visite agli ammalati, per poter apprendere il segreto della sua arte.
Ma questo “segreto” in realtà era assai semplice. Esso, prima ancora che nella scienza medica che pur possedeva perfettamente, era racchiuso nella sua vita di carità e nel profondo spirito di preghiera che animava la sua giornata terrena.
Scrivendo un giorno ad un collega, Moscati gli dice: «Pensate che i vostri infermi hanno soprattutto un’anima, a cui dovete sapervi avvicinare, e che dovete avvicinare a Dio; pensate che vi incombe l’obbligo di amore allo studio perché solo così potete adempiere al grande mandato di soccorrere le infelicità».
Molti di quelli che l’avevano conosciuto lo ricordavano in preghiera, inginocchiato dinanzi al Santissimo Sacramento nella chiesa del Gesù nuovo o di santa Chiara, particolarmente al mattino, prima di recarsi in ospedale. «Quanta dolcezza provo nel comunicarmi ai piedi della Madonna, mi sembra di diventare più piccolo e le dico le cose come sono». 

Devotissimo di Maria
L’Eucaristia era il centro della sua vita e a questa si univa una profonda devozione alla Madre di Dio. È stato ritrovato a tal proposito un commento di Giuseppe Moscati ai versetti dell’Ave Maria, che ci fa comprendere meglio la sua spiritualità mariana. Lo scritto non è datato e porta il titolo: Come recito l’Ave Maria.
In esso il futuro Santo scrive: «Per evitare distrazioni, e per recitare con maggiore fervore l’Ave Maria, sono solito riportarmi col pensiero ad una immagine, o meglio al significato di una immagine della beatissima Vergine, mentre pronuncio i vari versetti della preghiera contenuti nel Vangelo di Luca. E prego in questo modo: Ave, Maria, gratia plena… Il mio pensiero corre alla Madonna delle Grazie, così come è rappresentata nella chiesa di santa Chiara. Dominus tecum… Mi si presenta alla mente la Santa Vergine sotto il titolo del rosario di Pompei. Benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui, Jesus… Ho uno slancio di tenerezza per la Madonna sotto il titolo del buon consiglio, che mi sorride così come è effigiata nella chiesa delle Sacramentine. Innanzi a questa immagine di lei ed in questa chiesa io feci abiura degli affetti impuri terreni. Benedicta tu in mulieribus… E se sto davanti al Tabernacolo mi rivolgo al Santissimo Sacramento: Benedictus fructus ventris tui, Jesus.
Sancta Maria, Mater Dei… Volo con l’affetto alla Madonna sotto il privilegio della Porziuncola di Francesco di Assisi. Ella implorò a Gesù Cristo il perdono dei peccatori; e Gesù le rispose di non poterle nulla negare, perché sua Madre! Ora pro nobis peccatoribus… Ho lo sguardo alla Madonna quando apparve a Lourdes, dicendo che bisognava pregare per i peccatori… Nunc et in hora mortis nostrae… Penso alla Madonna venerata sotto il nome del Carmine, protettrice della mia famiglia; confido nella Vergine che sotto il titolo del Carmine arricchisce di doni spirituali i moribondi e libera le anime dei morti nel Signore!».

Scienziato e santo
Il 12 aprile 1927, Martedì santo, il prof. Moscati, dopo aver partecipato, come ogni giorno, alla Messa e aver ricevuto la Comunione, trascorse la mattinata in ospedale per poi tornare a casa. Consumò, come sempre, un frugale pasto e poi si dedicò alle consuete visite ai pazienti nel suo studio. Ma verso le tre del pomeriggio si sentì male, si adagiò sulla poltrona, e incrociate le braccia sul petto spirò serenamente. Non aveva ancora compiuto 47 anni.
La notizia della sua morte si sparse velocemente, e il dolore di tutti fu grande. Soprattutto i poveri lo piansero a dirotto, perché con lui avevano perso anche il loro più grande benefattore.
La devozione per il “Medico santo” cominciò a crescere di giorno in giorno finché, tre anni dopo la sua morte, il 16 novembre 1930, in seguito all’istanza di varie personalità del clero e del laicato, l’Arcivescovo di Napoli concesse il trasferimento del suo corpo dal cimitero di Poggioreale alla chiesa del Gesù nuovo, tra due ali imponenti di folla. 

16 luglio 1931
La commozione e il rimpianto della gente si trasformarono presto in preghiera e in richieste di grazie fisiche e spirituali, che molti asserirono di aver ricevuto per la sua intercessione, finché il 16 luglio 1931 iniziarono i processi informativi presso la Curia di Napoli, primo atto ufficiale nel cammino verso la sua canonizzazione.
Dichiarato Venerabile nel 1973, fu beatificato da Paolo VI il 16 novembre 1975 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 25 ottobre 1987, mentre era in corso a Roma la VII Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, che trattava della “Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, a 20 anni dal Concilio vaticano II”. Non poteva esserci una coincidenza migliore: Giuseppe Moscati era un laico che aveva svolto la sua missione nella Chiesa e nel mondo.

La sua festa liturgica venne fissata, in seguito, al 16 novembre di ogni anno
La canonizzazione del medico Giuseppe Moscati era stata fortemente auspicata da studiosi, medici e studenti universitari, che avevano davanti agli occhi come guida e modello la sua splendida figura di scienziato e di uomo di fede, impegnato a lenire le sofferenze degli uomini e a condurre gli ammalati a conoscere l’amore di Cristo.

Agostino Gemelli
Come aveva già intuito appena due anni dopo la sua morte, nel 1930, padre Agostino Gemelli che in un articolo apparso su Vita e Pensiero tracciava un ritratto di Moscati definendolo «una fusione perfetta e cosciente del cristiano, dello scienziato e dell’uomo». Un fenomeno, sottolineava Gemelli, abbastanza raro tra i cultori delle scienze mediche, ma Moscati «nel riconoscimento che Dio è autore dell’ordine materiale e di quello soprannaturale aveva trovato il mezzo per giungere alle armonie di scienza e fede». Come lui stesso, il “Medico santo”, aveva compreso e quindi affermato in uno scritto davvero illuminante del 1922: «Non la scienza, ma la carità ha trasformato il mondo…».

Divisore dans San Francesco di Sales

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