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In autunno

Posté par atempodiblog le 3 novembre 2013

In autunno dans Citazioni, frasi e pensieri autunno

In autunno tutto ci ricorda il crepuscolo. E tuttavia mi sembra la stagione più bella; volesse il cielo allora, quando io vivrò il mio crepuscolo, che ci fosse qualcuno che mi ami come io ho amato l’autunno”.

Søren Kierkegaard

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Il Papa: nessun peccato può cancellarci dal cuore di Dio, lasciamoci trasformare da Gesù

Posté par atempodiblog le 3 novembre 2013

“Non c’è peccato o crimine” che possa “cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli”.
E’ quanto affermato da Papa Francesco all’Angelus in Piazza San Pietro, gremita di fedeli come di consueto la domenica. Il Papa si è soffermato sull’incontro tra Gesù e il pubblicano Zaccheo narrato dal Vangelo per ribadire che Dio sempre aspetta di veder rinascere nel cuore dei peccatori “il desiderio del ritorno a casa”.

di Alessandro Gisotti – Radio Vaticana

Il Papa: nessun peccato può cancellarci dal cuore di Dio, lasciamoci trasformare da Gesù  dans Commenti al Vangelo j8fzUn incontro che cambia la vita per sempre. Papa Francesco si è soffermato all’Angelus sull’incontro tra il Signore e il pubblicano Zaccheo. Incontro che avviene a Gerico, mentre Gesù è in cammino verso Gerusalemme:

“Questa è l’ultima tappa di un viaggio che riassume in sé il senso di tutta la vita di Gesù, dedicata a cercare e salvare le pecore perdute della casa d’Israele. Ma quanto più il cammino si avvicina alla meta, tanto più attorno a Gesù si va stringendo un cerchio di ostilità”.

Eppure, ha proseguito, proprio a Gerico accade “uno degli eventi più gioiosi narrati da san Luca: la conversione di Zaccheo”. Quest’uomo, ha detto il Papa, “è una pecora perduta, è disprezzato e scomunicato, perché è un pubblicano”, “amico degli odiati occupanti romani, ladro e sfruttatore”. A Zaccheo viene dunque impedito di avvicinarsi a Gesù per la sua cattiva fama, ma lui non si dà per vinto e si arrampica su un albero per poterlo vedere passare. “Questo gesto esteriore, un po’ ridicolo – ha osservato – esprime però l’atto interiore dell’uomo che cerca di portarsi sopra la folla per avere un contatto con Gesù”. Zaccheo stesso, ha soggiunto, “non sa il senso profondo del suo gesto” e “nemmeno osa sperare che possa essere superata la distanza che lo separa dal Signore”. Si rassegna “a vederlo solo di passaggio”:

“Ma Gesù, quando arriva vicino a quell’albero, lo chiama per nome: ‘Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua’ (Lc 19,5). Quell’uomo piccolo di statura, respinto da tutti e distante da Gesù, è come perduto nell’anonimato; ma Gesù lo chiama, e quel nome, Zaccheo, nella lingua di quel tempo, ha un bel significato pieno di allusioni: ‘Zaccheo’ infatti vuol dire ‘Dio ricorda’. E’ bello: ‘Dio ricorda’”.

Gesù va, dunque, nella casa di Zaccheo, “suscitando le critiche di tutta la gente di Gerico” perché invece di visitare “le brave persone che ci sono in città, va a stare proprio” da un pubblicano. Ed il Papa ha chiosato: “anche in quel tempo si chiacchierava tanto”. A costoro, Gesù risponde che va da Zaccheo proprio “perché lui era perduto”. “Anch’egli è figlio di Abramo”, aggiunge, e da ora nella sua casa, nella sua vita, entra la gioia:

“Non c’è professione o condizione sociale, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli. ‘Dio ricorda’, sempre, non dimentica nessuno di quelli che ha creato; Egli è Padre, sempre in attesa vigile e amorevole di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa. E quando riconosce quel desiderio, anche semplicemente accennato, e tante volte quasi incosciente, subito gli è accanto, e con il suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione e del ritorno”.

Guardiamo Zaccheo oggi sull’albero, ha esortato Papa Francesco: “è ridicolo”, ma il suo “è un gesto di salvezza”:

“Ed io dico a te: se tu hai un peso sulla tua coscienza, se tu hai vergogna di tante cose che hai commesso, fermati un po’, non spaventarti, pensa che Uno ti aspetta, perché mai ha smesso di ricordarti, di pensarti. E questo è il tuo Padre, è Dio, è Gesù che ti aspetta. Arrampicati, come aveva fatto Zaccheo; sali sull’albero della voglia di essere perdonato. Io ti assicuro che non sarai deluso. Gesù è misericordioso e mai si stanca di perdonare. Ricordartelo bene, eh! Così è Gesù”.

Anche oggi, ha detto ancora il Papa, lasciamoci come Zaccheo “chiamare per nome da Gesù”. Anche noi, ha riaffermato, “ascoltiamo la sua voce che ci dice: ‘Oggi devo fermarmi a casa tua’”, “nella tua vita” e “nel tuo cuore”.

“E accogliamolo con gioia: Lui può cambiarci, può trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne, può liberarci dall’egoismo e fare della nostra vita un dono d’amore. Gesù può farlo. Lasciati guardare da Gesù”.

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Ivan Dragicevic di Medjugorje: “La Madonna mi ha portato per due volte in Paradiso”

Posté par atempodiblog le 3 novembre 2013

“La Madonna mi ha portato per due volte in Paradiso”
Uno dei sei veggenti di Medjugorje rivela al direttore di Radio Maria: “È uno spazio senza confini, ci sono gli angeli e la gente cammina e canta”
di Padre Livio Fanzaga – Il Giornale (06/2013) – I segreti di Medjugorje. La Regina della Pace

Ivan Dragicevic di Medjugorje: “La Madonna mi ha portato per due volte in Paradiso” dans Medjugorje 4lztCiao Ivan, ci puoi descrivere com’è un’apparizione della Madonna?
«Vicka, Marija ed io abbiamo l’incontro con la Madonna ogni giorno. Ci prepariamo recitando il rosario alle 18 con tutta la gente nella cappella. Come si avvicina il momento, le 7 meno 20, io avverto di più la presenza della Madonna nel mio cuore.
Il primo segno del suo arrivo è una luce, una luce del Paradiso, un pezzo di Paradiso viene a noi. Appena arriva la Madonna non vedo più niente attorno a me: vedo solo lei! In quel momento non sento né spazio né tempo. In ogni apparizione la Madonna prega con le mani distese sui sacerdoti presenti; benedice tutti noi con la sua benedizione materna. Negli ultimi tempi la Madonna prega per la santità nelle famiglie. Prega nella sua lingua aramaica. Poi, segue una conversazione privata fra noi due. È difficile descrivere com’è un incontro con la Madonna. Ad ogni incontro mi rivolge un pensiero così bello che posso vivere di questa parola per un giorno».

Come ti senti dopo l’apparizione?
«È difficile trasmettere agli altri questa gioia. C’è un desiderio, una speranza, durante l’apparizione, e io dico nel cuore: “Madre, rimani ancora un po’, perché è così bello stare con te!”. Il suo sorriso, guardare i suoi occhi pieni d’amore… La pace e la gioia che sento durante l’apparizione mi accompagnano tutta la giornata. E quando la notte non posso dormire, penso: che cosa mi dirà la Madonna il prossimo giorno? Esamino la mia coscienza e penso se le mie azioni erano nella volontà del Signore, e se la Madonna sarà contenta? Il suo incoraggiamento mi dà una carica speciale».

La Madonna da più di trent’anni vi rivolge dei messaggi. Quali sono i principali?
«La pace, la conversione, il ritorno a Dio, la preghiera con il cuore, la penitenza con il digiuno, il messaggio dell’amore, il messaggio del perdono, l’eucarestia, la lettura della sacra scrittura, il messaggio della speranza. La Madonna si vuole adattare a noi e allora li semplifica per aiutarci a praticarli e viverli meglio. Quando ci spiega un messaggio ci mette molto impegno perché possiamo capirlo. I messaggi sono rivolti al mondo intero. La Madonna non ha mai detto “carissimi italiani… cari americani…”. Ogni volta dice “Cari figli miei”, perché siamo tutti importanti per lei. Alla fine dice: “Grazie cari figli, perché avete risposto alla mia chiamata”. La Madonna ci ringrazia».

La Madonna dice che dobbiamo accogliere i suoi messaggi «col cuore»?
«Insieme con il messaggio per la pace, quello più ripetuto in questi anni è il messaggio della preghiera col cuore. Tutti gli altri messaggi si basano su questi due. Senza preghiera non c’è la pace, non possiamo riconoscere il peccato, non possiamo perdonare, non possiamo amare. Pregare col cuore, non in maniera meccanica, non per seguire una tradizione, non guardando l’orologio… La Madonna desidera che dedichiamo il tempo a Dio. Pregare con tutto il nostro essere perché sia un incontro vivo con Gesù, un dialogo, un riposo. Così possiamo essere pieni di gioia e di pace, senza pesi nel cuore».

Quanto vi chiede di pregare?
«La Madonna desidera che preghiamo ogni giorno tre ore. La gente quando sente questa richiesta si spaventa. Però quando parla di tre ore di preghiera non intende solo la recita del rosario, ma anche la lettura della sacra scrittura, la messa, l’adorazione del Santissimo e la condivisione familiare della Parola di Dio. Aggiungo le opere di carità e l’aiuto al prossimo. Ricordo che anni fa è venuta una pellegrina italiana dubbiosa a proposito delle tre ore di preghiera. Abbiamo conversato un po’. L’anno seguente è tornata: “La Madonna chiede sempre tre ore di preghiera?”. Le ho risposto: “Sei in ritardo. Adesso desidera che preghiamo 24 ore”».

Cioè, la Madonna chiede la conversione del cuore.
«Esatto. Aprire il cuore è un programma per la nostra vita, come la nostra conversione. Io non mi sono convertito di colpo: la mia conversione è un percorso per la vita. La Madonna si rivolge a me e alla mia famiglia e ci aiuta perché desidera che la mia famiglia sia un modello per gli altri».

La Madonna parla di un suo «piano» che si deve realizzare: sono già passati 31 anni, qual è questo piano?
«La Madonna ha un progetto preciso per il mondo e per la Chiesa. Dice: “Io sono con voi e insieme con voi voglio realizzare questo piano. Decidetevi per il bene, lottate contro il peccato, contro il male”. Non so fino in fondo che cos’è questo piano. Ciò non significa che io non debba pregare per la sua realizzazione. Non dobbiamo sempre sapere tutto! Dobbiamo fidarci delle richieste della Madonna».

In nessuno dei santuari che conosco vengono tanti sacerdoti come a Medjugorje…
«È segno che qui c’è la sorgente. Quei sacerdoti che vengono una volta, torneranno. Nessun sacerdote che viene a Medjugorje lo fa perché obbligato, ma perché ha sentito una chiamata».

In questo periodo, specialmente nei messaggi a Mirjana, la Madonna raccomanda di pregare per i pastori…
«Anche nei messaggi che dà a me sento questa preoccupazione per i pastori. Ma nello stesso tempo, con la preghiera per i sacerdoti, vuole portare speranza nella Chiesa. Ama i suoi “figli amatissimi” che sono i preti».

La Madonna ha fatto vedere ai veggenti l’aldilà per ricordarci che sulla terra siamo pellegrini. Ci racconti questa esperienza?
«Nel 1984 e anche nel 1988 la Madonna mi ha fatto vedere il Paradiso. Me lo ha detto il giorno prima. Quel giorno, ricordo, la Madonna è venuta, mi ha preso per mano e in un attimo sono giunto in Paradiso: uno spazio senza frontiere nella valle di Medjugorje, senza confini, dove si sentono canti, ci sono angeli e la gente cammina e canta; tutti vestono abiti lunghi. La gente appariva della stessa età… È difficile trovare le parole. La Madonna ci guida verso il Paradiso e quando viene ogni giorno ci porta un pezzetto di Paradiso».

È giusto dire, come ha detto anche Vicka, che dopo 31 anni «siamo ancora agli inizi delle apparizioni»?
«Tante volte i sacerdoti mi chiedono: perché le apparizioni durano così a lungo? Oppure: abbiamo la Bibbia, la Chiesa, i sacramenti… La Madonna ci chiede: “Tutte queste cose le vivete? Le praticate?”. Questa è la domanda a cui dobbiamo dare risposta. Veramente viviamo ciò che conosciamo? La Madonna è con noi per questo. Sappiamo che dobbiamo pregare in famiglia e non lo facciamo, sappiamo che dobbiamo perdonare e non perdoniamo, conosciamo il comandamento dell’amore e non amiamo, sappiamo che dobbiamo fare opere di carità e non le facciamo. La Madonna è così a lungo fra noi perché siamo testardi. Non viviamo quello che conosciamo».

È giusto dire che il «tempo dei segreti» sarà un tempo di grande prova per la Chiesa e per il mondo?
«Sì. Riguardo ai segreti non possiamo dire nulla. Posso solo dire che viene un tempo molto importante, in particolare per la Chiesa. Dobbiamo tutti pregare per questa intenzione».

Sarà un tempo di prova per la fede?
«Lo è già un po’ adesso».

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Chesterton: La storia in giallo

Posté par atempodiblog le 3 novembre 2013

Chesterton: La storia in giallo
Un esempio di didattica alle superiori, quando la fantasia viene in soccorso alla storia.

Con Chesterton alle radici della modernità attraverso la metafora
di Roberto Filippetti
Tratto da: Cultura Cattolica

Novembre ’95. IV superiore. “Professore, ci hanno dettato il nuovo orario provvisorio: abbiamo lei alla VI ora del sabato”. Tanto in Italiano con Machiavelli, quanto in Storia col Protestantesimo e la Riforma cattolica stiamo approfondendo le radici della modernità. Mi viene un’idea: leggere insieme in classe un racconto di G. K. Chesterton: Il martello di Dio (dal volume L’innocenza di Padre Brown, BUR, 1989).

Chesterton: La storia in giallo dans Anticristo uqitSiamo in un villaggetto, Bohun Beacon, appollaiato su una ripida altura, sormontata da un’imponente chiesa gotica. Ai suoi piedi la bottega del fabbro e l’osteria, ove – dopo l’ennesima notte di bagordi – sta seduto Norman Bohun. Lì lo sorprende suo fratello Wilfred Bohun, pio e austero prete anglicano. I Bohun sono rampolli dell’antica famiglia medievale che ha dato lustro (“Beacon”) al villaggio, “ma è un grave errore credere che simili casate mantengano alta la tradizione cavalleresca. A parte i poveri, sono ben pochi quelli che conservano le tradizioni; gli aristocratici non seguono le tradizioni, ma la moda” (vecchio Chesterton, hai colpito ancora!). Norman, il libertino, confessa di star andando a fare visita alla moglie del fabbro – donna formosa, bellissima, e cattolica – dato che l’erculeo marito di lei – protestante presbiteriano – è fuori paese. Il reverendo Wilfred mette in guardia il fratello sia dai fulmini di Dio che dalla forza dell’uomo, ma Norman replica di essere uscito di casa “parzialmente corazzato”: ha in testa uno strano cappello verde che cela un elmetto d’acciaio. Wilfred, disgustato, s’avvia verso la chiesa, dalla quale sta uscendo Joe, l’idiota del villaggio; prima di entrare nell’edificio sacro, fa in tempo a vedere il fratello dissoluto che si prende gioco del povero ragazzo, gettandogli monetine nella bocca aperta, in un crudele tiro al bersaglio. Il reverendo, che ama andare a pregare nei luoghi alti e solitari, sale su uno stallo posto sotto una splendida vetrata gotica. Lì mezz’ora dopo lo trova Gibbs, l’ateo ciabattino del paese, e gli porta la tragica notizia: Norman è stato ammazzato. Giace a terra con il cranio ridotto a “un’orrenda massa molle spiaccicata”. Gli stanno attorno l’ispettore di polizia, il medico, il pastore presbiteriano, mentre un pretino cattolico – padre Brown – parla con la bellissima moglie del fabbro. Al ciabattino Gibbs tutto sembra chiaro: solo un gigante come il fabbro può aver assestato un tal colpo. Il medico conferma: schegge di cranio si sono conficcate addirittura nel terreno. L’ispettore rinviene l’arma del delitto: un piccolo, leggero martello che sta, insanguinato e sporco di capelli, vicino al muro della chiesa. La cosa – nota padre Brown – è di per sé misteriosa: perché un uomo così grosso ha usato un martello tanto piccolo?

Intanto il fabbro, calmo e tranquillo, sta tornando in paese con due amici. Visto il cadavere, con “occhi d’acciaio” fissa “quel cane d’un peccatore” e commenta: “È andato all’inferno”. È subito invitato dal ciabattino ateo a tacere: sono gli altri che devono dimostrarne la colpevolezza. Gibbs è pieno “d’ammirazione per il sistema giudiziario inglese; giacché non c’è uomo più attaccato alla legge di un laicista convinto” (quant’è vero, vecchio Chesterton!). Il fabbro ha un alibi di ferro: ha molti testimoni, puritani come lui, che gli sono rimasti accanto “nella sala del comitato della nostra missione per il risveglio della fede, che tiene seduta tutta notte: pensiamo alla salvezza delle anime noi!”. Chi è allora l’assassino? A parere del medico non può essere che la moglie del fabbro, e cerca di dimostrarlo entrando nei meandri della coscienza di una donna che tradisce il marito, ma che forse odia l’arrogante e perfido amante. Padre Brown ribatte che l’ipotesi non è ragionevole, perché non considera tutti i fattori: il colpo ha frantumato un elmetto di ferro come se fosse vetro, impossibile per le esili braccia di quella donna. “Lei è come molti altri medici, – osservò -. La sua scienza psicologica è davvero suggestiva; ma la sua scienza fisica è del tutto inconcepibile” (cosa non di poco conto per un fisiatra!) Tocca ora al reverendo Bohun avanzare la propria ipotesi: solo un idiota si sarebbe servito di un martello così piccolo, avendone a disposizione tanti più grandi; l’assassino è Joe il matto che, come ogni pazzo, “nel suo parossismo può avere la forza di dieci uomini”. Padre Wilfred ha un sorriso “scomposto ma stranamente felice”: da prete, non vuole che il reo finisca sul patibolo e Joe, essendo idiota, verrà risparmiato. Il medico è convinto. Anche padre Brown trova l’ipotesi “intrinsecamente inattaccabile”, eppure afferma “sulla base di quanto sa positivamente, che non è la vera”. Il medico è stizzito. “Questi preti papalini sono diabolicamente astuti”. Anche il fabbro (ormai scagionato: lui era lontano e il suo martello “non aveva 44 ali per volare lungo mezzo miglio”) ha un idea: è la mano stessa di Dio che ha fulminato il malvagio per difendere l’onore della donna. A padre Brown, che con Wilfred si sta avviando a visitare l’antica chiesa gotica (già cattolica ed ora anglicana), il dottore chiede di svelare il mistero di quell’omicidio, ma il nostro pretino replica: “Esiste un’eccellente ragione perché un uomo che esercita il mio ministero tenga le cose per sé quando non ne è sicuro: e la ragione è ch’è sempre suo dovere tenerle per sé quando è sicuro”.

Il piccolo sacerdote offre però due indizi: il fabbro sbaglia a dire che il colpo è piombato giù per miracolo (“a parte il miracolo che l’uomo di per sé rappresenta, col suo cuore strano, malvagio, e tuttavia semieroico”); la fiaba di un martello che vola “è la cosa più vicina alla verità”. Quindi i due religiosi entrano in chiesa. Wilfred porta Brown su in alto, sotto la vetrata; ma il prete cattolico sale più in alto ancora, fin sulla piattaforma esterna e chiede a Wilfred di raggiungerlo. Da lassù il recinto del fabbro appare minuscolo e il cadavere di Norman sembra “una mosca schiacciata”. “Penso che è pericoloso fermarsi in questi luoghi alti, sia pure per pregare – disse padre Brown -. Le altezze furono fatte perché si guardi a esse, non perché da esse si guardi in giù. La religione puritana del fabbro fa di lui “un buon uomo”, ma non un cristiano: duro, impetuoso, inesorabile”: è la religione di chi, dalle cime, guarda “all’ingiù, sul mondo, invece che in alto, verso il cielo. L’umiltà è madre di giganti. Si vedono cose grandi dalla valle; e solo cose piccole dalle cime”. Ma anche ad un altro uomo è accaduto di salire in alto a guardare il mondo da lassù: egli aveva cominciato “col pregare assieme agli altri, davanti all’altare, ma poi fu preso dalla passione dei luoghi alti e solitari, per andarvi a dire le preghiere: angoli o nicchie sui campanili e sulle guglie. E una volta, su uno di questi luoghi che danno le vertigini… immaginò di esser Dio… e commise un gran delitto”. Da lassù gli uomini gli apparivano “come insetti”, e specialmente uno, con quel cappello verde, gli sembrò “un insetto velenoso”; aveva poi a disposizione quella terribile energia della natura che è la forza di gravità, per la quale un piccolo martello, raccolto da terra in un impeto “d’ira non giusta”, diventa un’arma micidiale. Il reverendo Wilfred, smascherato, sta per gettarsi nel vuoto, ma padre Brown lo blocca: “Non da questa porta, – disse con dolcezza: – questa conduce all’inferno”. Quindi aggiunge che non lo denuncerà, poiché Wilfred “non è ancora andato all’estremo del male”: non ha infatti cercato di far ricadere la colpa sul fabbro o sulla donna, ma ha tentato di accollare il delitto all’idiota Joe “perché sapeva che non poteva essere condannato. Questo è uno di quei barlumi ch’è mia missione trovare negli assassini” (e di lì a poco, liberamente, da uomo, Wilfred scenderà per la porta giusta e andrà a costituirsi).Quest’ultima battuta di padre Brown descrive il genio della posizione cattolica: una capacità “ecumenica” di valorizzare il buono, pur di mezzo al marciume.

[...]

Suona la campanella. La sesta ora del sabato è… miracolosamente volata. Abbiamo imparato qualcosa in più sul laicismo legalista, sul puritanesimo calvinista, sullo psicologismo scientista, sul farisaico superomismo. Ma soprattutto abbiamo ricevuto da Chesterton una lezione di metodo che è – manzonianamente – “il sugo di tutta la storia”: padre Brown risolve il caso perché è aperto a tutta la realtà, tiene conto di tutti i fattori; e ci suggerisce quell’amore al Destino grazie al quale vediamo i “barlumi” ch’è nostra missione trovare.

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