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Napoleone vinto anche da Dio

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2013

Napoleone vinto anche da Dio
del Card. Giacomo Biffi – Avvenire

Napoleone vinto anche da Dio dans Alessandro Manzoni NapoleoneMaterialista e saccheggiatore di chiese e di conventi, miscredente e fedifrago, anticlericale e sequestratore del papa: questa è l’opinione che molti hanno di Napoleone Bonaparte, opinione tanto diffusa quanto acriticamente accolta. Se andiamo alle fonti, e in particolare a queste conversazioni, scopriamo qualcosa di strabiliante. Napoleone grida con fierezza: «Sono cattolico romano, e credo ciò che crede la Chiesa».

Durante gli anni di isolamento a Sant’Elena Napoleone si intratteneva spesso con alcuni generali, suoi compagni di esilio, a conversare sulla fede. Si tratta di discorsi improvvisati che – come rivela uno dei suoi più fidati generali, il conte de Montholon – furono trascritti fedelmente e poi dati alle stampe da Antoine de Beauterne nel 1840. Dell’autenticità e della fedeltà della trascrizione possiamo essere certi, visto che, quando de Beauterne pubblica per la prima volta le conversazioni, sono ancora in vita molti testimoni e protagonisti di quegli anni di esilio. Napoleone ammette con candida onestà che quando era al trono ha avuto troppo rispetto umano e un’eccessiva prudenza per cui «non urlava la propria fede». Ma dice anche che «allora se qualcuno me lo avesse chiesto esplicitamente, gli avrei risposto: “Sì, sono cristiano”; e se avessi dovuto testimoniare la mia fede al prezzo della vita, avrei trovato il coraggio di farlo».

Soprattutto attraverso queste conversazioni impariamo che per Napoleone la fede e la religione erano l’adesione convinta, non a una teoria o a un’ideologia, ma a una persona viva, Gesù Cristo, che ha affidato l’efficacia perenne della sua missione di salvezza a «un segno strano», alla sua morte sulla croce. Perciò non ci stupiamo se Alessandro Manzoni nell’ode Cinque Maggio dà prova di conoscere la sua fisionomia spirituale quando scrive: «Bella Immortal! Benefica/ Fede ai trïonfi avvezza!/ Scrivi ancor questo, allegrati;/ che più superba altezza/ al disonor del Golgota/ giammai non si chinò». L’imperatore si sofferma a lungo con il generale Bertrand, dichiaratamente ateo e ostile alle manifestazioni di fede del suo superiore, regalandoci un’inaudita prova dell’esistenza di Dio, fondata sulla nozione di genio, una lunga conversazione sulla divinità di Gesù Cristo. Degni della nostra ammirazione sono anche le considerazioni sull’ultima Cena di Gesù e i confronti tra la dottrina cattolica e le dottrine protestanti.

Alcune affermazioni di Napoleone mi trovano singolarmente consonante. Ad esempio, quando dice: «Tra il cristianesimo e qualsivoglia altra religione c’è la distanza dell’infinito», cogliendo così la sostanziale alterità tra l’evento cristiano e le dottrine religiose. Oppure la convinzione che l’essenza del cristianesimo è l’amore mistico che Cristo ci comunica continuamente: «Il più grande miracolo di Cristo è stato fondare il regno della carità: solo lui si è spinto ad elevare il cuore umano fino alle vette dell’inimmaginabile, all’annullamento del tempo; lui solo creando questa immolazione, ha stabilito un legame tra il cielo e la terra. Tutti coloro che credono in lui, avvertono questo amore straordinario, superiore, soprannaturale; fenomeno inspiegabile e impossibile alla ragione».

Alla luce di queste pagine non possiamo non ammettere che Napoleone non solo è credente, ma ha meditato sul contenuto della sua fede maturandone una profonda e sapienziale intelligenza. Questa a sua volta si è tradotta in fatti molto concreti: ha domandato con insistenza al governo inglese di ottenere la celebrazione della Messa domenicale a Sant’Elena; ha espresso gratitudine verso sua madre e de Voisins, vescovo di Nantes, perché da loro è stato «aiutato a raggiungere la piena adesione al cattolicesimo»; ha concesso il suo perdono a tutte le persone che lo hanno tradito. Infine, le conversazioni riferiscono le convinzioni di Napoleone sul sacramento della confessione e i suoi rapporti con il papa Pio VII, rivelando che «quando il papa era in Francia (…) era esausto per le calunnie in base alle quali si pretendeva che io lo avessi maltrattato, calunnie che smentì pubblicamente». Queste conversazioni non solo hanno lasciato un segno indelebile nella memoria dei generali compagni di esilio, ma hanno anche concorso alla loro conversione.

Divisore dans San Francesco di Sales

Freccia dans Viaggi & Vacanze Alcune considerazioni di Napoleone nei suoi giorni d’esilio a Sant’Elena

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Savona, niente tv e dieci figli. “Ma siamo più felici di altri”

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2013

Savona, niente tv e dieci figli. “Ma siamo più felici di altri”
Lui bancario, lei casalinga: a casa Bruzzone arriva Davide, l’ultimo nato
di Alessandra Pieracci – La Stampa

Savona, niente tv e dieci figli. “Ma siamo più felici di altri” dans Articoli di Giornali e News zknu«Abbiamo due cani e due gatti perché mamma si sentiva sola». Ride Immacolata, e con lei tutta la famiglia. Una famiglia che si stringe nella camera del reparto di ginecologia e fa sembrare impresa da poco il parto della vicina di letto, una giovane sudamericana al terzo figlio. Perché mamma Cristina, 48 anni, genovese di Sestri Ponente felicemente trasferita da qualche anno nella tranquillità di Sassello, neanche 2 mila abitanti in provincia di Savona, ieri mattina alle 4 ha dato alla luce Davide, il decimo figlio. Quattro chili di paciosa serenità, venuto alla luce in acqua, come prima di lui Sofia, che ha sei anni e ha cominciato la prima elementare.  

Intorno alla culla ci sono tutti: il papà Andrea Bruzzone, 53 anni, direttore dell’agenzia Carige di Varazze, e gli altri figli nati tra il 1995, nove mesi dopo il matrimonio, e appunto il 2007.  

E se la giovane vicina di letto dice che dopo tre bambini basta, Cristina e Andrea non pongono limiti. «Non abbiamo mai programmato nulla, fin da quando ci siamo sposati. Avremmo accettato quello che il buon Dio ci avrebbe dato». «Ne manca uno per fare una squadra di calcio da 11 – dice Guglielmo, 18 anni, ultimo anno del liceo classico e l’intenzione di iscriversi alla facoltà di Medicina per diventare non ginecologo ma forse pediatra -. Ma se giochiamo a 5 possiamo già contare su parecchie riserve».  

Ludovico, classe 1996, è al penultimo anno anche lui del liceo classico di Savona; Immacolata ha 16 anni ed è in terza al liceo delle scienze umane; Maddalena, 15 anni, nello stesso istituto frequenta però la seconda liceo linguistico ed è appassionata di cucina, tanto da aiutare il papà, la mattina, a preparare la teglia di focaccia per la colazione e la merenda a scuola; Sebastiano, quattordicenne, è in terza media. Poi ci sono Angelica, in seconda media, Emanuele in quinta elementare, Stella in terza e Sofia, che per venire a trovare la mamma in ospedale (per lei è la prima volta, gli altri sono abituati) si è messa la maglietta gialla con scritto «Grazie madre con tutto il cuore» e il volto della Madonna. 

«Siamo molto devoti alla madre di Gesù», dice il papà, che sotto la polo lilla porta al collo il rosario. «Siamo andati cinque o sei volte tutti insieme a Medjugorje ed eravamo al santuario della Madonna della Guardia in occasione della visita di Papa Benedetto XVI». 

Gelosie tra fratelli? «Non hanno fatto in tempo, perché ognuno è diventato subito il fratello maggiore di qualcun altro», spiega la mamma. 

La famiglia Bruzzone vive in una casetta indipendente, con giardino e orto coltivato dal papà. «L’estate scorsa non abbiamo fatto altro che mangiare pomodori» protestano i figli. «L’orto ci fa comunque risparmiare un po’», spiega la mamma, che non ha aiuti né per i lavori domestici né per i bambini. «Ognuno pensa alla sua camera e io chiudo gli occhi per non vedere». Comunque non si perde d’animo: «Sono stata contenta di trasferirmi a Sassello, dove passavo le vacanze da bambina e ci siamo sposati, perché finalmente abbiamo una casa grande e i ragazzi possono portare i loro amici». 

Sette camere da letto, i figli più grandi da soli e gli altri in due per stanza, una grande sala da pranzo-salotto con due tavoli uniti ad angolo per ritrovarsi tutti la sera. «A mezzogiorno i più piccoli restano a scuola, grazie al tempo pieno». 

C’è un enorme divano per stare insieme, ma niente tv. «Quando si è rotta quella vecchia, abbiamo pensato di risparmiare quella cifra per altro», dice la mamma. «Tanto litigavamo sui programmi da vedere», aggiunge il primogenito. Però da un paio d’anni è entrato il computer per motivi di studio: «Ma i più piccoli spesso ce lo rubano per guardare i cartoni animati». E se nascono baruffe ci sono punizioni? La mamma assicura di no: «Cerchiamo sempre di farli ragionare, perché le punizioni portano sempre a reazioni di ribellione». 

La spesa tocca al papà, ogni quindici giorni al discount con la lista fatta dalla moglie. «Compriamo la carne all’agriturismo e poi la teniamo nel congelatore», racconta mamma Cristina. Ogni giorno si consumano tre litri di latte per colazione, un chilo di carne per la cena, due chili di pane. Per non parlare di pasta, olio, zucchero. 

«Ci aiuta la Provvidenza. Sacrifici? No, qualche rinuncia. I ragazzi sanno che non possono avere regali costosi». «Certamente non ci sogniamo di chiedere l’iPhone 5», interviene Maddalena.  

Una vecchia auto da nove posti «che ora non basterà più», prende atto il padre un po’ preoccupato, niente scooter per i ragazzi, «tanto qui a Sassello si va in bicicletta. Per i più piccoli c’è lo scuolabus, gli altri prendono la corriera fino a Savona». 

«Confesso, io quando vado a lavorare in banca tutto sommato mi riposo», scherza il papà orgogliosissimo dei suoi bellissimi figli. Nel fine settimana gli tocca anche cucinare. E ora deve tornare a casa senza Cristina per qualche giorno. «Sono stanco solo al pensiero».  

«Questa è la dimostrazione che si può anche avere una famiglia numerosa con qualche sacrificio», commenta il primario del reparto, professor Salvatore Garzarelli. «Purtroppo ormai nascono più figli a Stoccolma che a Napoli, siamo nell’inverno demografico: -10% di nascite qui a Savona, -25% a Milano, -20% a Torino. C’era un piano nazionale per la famiglia, varato nel giugno del 2012, che si sarebbe potuto rivelare uno strumento vincente per incrementare la natalità. Purtroppo la legge di stabilità lo ha ammazzato».

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Le nostre lacrime e la Beata Chiara Luce Badano

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2013

Le nostre lacrime e la Beata Chiara Luce Badano dans Beata Chiara Luce Badano w6ik

«Perché sono immerso nel dolore? Perché proprio a me queste sofferenze? Fino a quando riuscirò a sopportare queste pene?». Sono gli interrogativi che l’uomo nell’angoscia e nello sconforto rivolge a se stesso, agli altri, al mondo intero. Se crede nell’esistenza di Dio, la domanda non è meno impellente, pur avendo imparato a chiamarlo Padre e a pensarlo ricco di misericordia.

L’Antico Testamento è ricco di personaggi che interpellano l’Altissimo sulle loro disgrazie e sulla presunta ingiustizia subìta e immeritata; Giobbe, in questa schiera, rappresenta il simbolo più popolare e più vicino a molte persone che vivono nel disagio fisico e spirituale.

Quanti ‘Perché’? scaturiscono dalla sua bocca, nel travaglio quotidiano! Quanti ‘Fino a quando’? emergono dalle tenebre della sua anima angosciata! E poi le richieste di aiuto, di cessazione del dolore, di eliminazione della stessa vita: lamenti presenti in diversi salmi, implorazioni che lacerano l’anima. Ma alla fine, nella supplica salmica come nella vicenda drammatica di Giobbe, il dolore viene affidato a Dio, che risponde, talvolta donando gioia e liberazione, a volte offrendo la visione rasserenante del suo “progetto” sulle sofferenze umane.

E allora si apre uno spiraglio di luce: credere significa riconoscere che dolore e Dio sono coerenti e che è lecito “cantare” nel deserto della prova. «Io a te, Signore, grido aiuto, al mattino giunge sino a te la mia preghiera»: questa l’ultima invocazione nel Salmo 88, che rivela non solo la disperazione, ma la certezza che le lacrime non si asciugano nell’aridità del deserto. «Il mio vagabondare tu lo registri, o Signore; le mie lacrime nell’otre tuo raccogli», afferma, con straordinaria poesia spirituale, il Salmo 56: questa fiducia rende possibile anche il canto nelle tenebre del dolore.

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«Soffrivo molto, ma l’anima cantava», ha scritto nel suo diario la beata Chiara Luce Badano, la giovane focolarina morta diciannovenne, dopo anni di grandi sofferenze. I giorni della sua esistenza terrena sono sempre stati ricchi di carità donata a piene mani, di profonda sensibilità e di continue attenzioni verso gli altri, anche quando il dolore fisico era insopportabile. «Ho rifiutato la morfina – diceva con semplicità – perché mi toglie lucidità e io posso offrire a Gesù soltanto la mia sofferenza».

Alla Madonna, che forse le è apparsa nelle vesti di una malata nell’ospedale dove era ricoverata, Chiara dice: «Tu sai quanto desideri guarire, ma se non rientra nei piani di Dio, aiutami a non mollare mai… Più di ogni altra cosa voglio stare al gioco di Dio».

È impressionante sentire parlare della volontà del Signore, che può apparire misteriosa e tremenda per la vita di questa ragazza, come di un gioco tra lei e il suo Sposo: «Gesù mi aspetta; quando viene a prendermi sono pronta».

Così “cantava” Chiara Luce, nei suoi giorni terreni, portando la sua lampada, perché tante persone, in particolare i giovani, sappiano affidarsi in ogni momento, soprattutto nelle difficoltà, al Dio buono e misericordioso in cui lei ha creduto.

«Vedi – confidava alla mamma – io non posso più correre, però vorrei passare ai giovani la fiaccola, come alle Olimpiadi».

di Madì Drello – Madre di Dio

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Pizza alla Merry e Pipino

Posté par atempodiblog le 29 octobre 2013

Pizza alla Merry e Pipino
Tratta da: A tavola con gli Hobbit. Ricette e menu della Terra di Mezzo di Cinzia Gregorutti e Luisa Vassallo, prefazione di Paolo Gulisano. Ed. Ancora

Pizza alla Merry e Pipino dans Cucina e dintorni 5df

Per 4 persone

Per la pasta:
300g di farina di grano duro
olio, sale, pepe

1 cucchiaino di zucchero
20g di lievito di birra

Per la copertura:
funghi misti freschi
4 patate medie
100 gdi pancetta (o speck)
formaggio (tipo mozzarella)
1 spicchio d’aglio
1/2 mestolo di brodo di verdura
1 pizzico di maggiorana
50 gdi noci tritate grossolanamente
olio, sale, pepe

Procedete con l’impasto e la lievitazione come nella ricetta classica. Preparate intanto gli ingredienti per la copertura. In un tegame scaldate l’olio, insaporitevi lo spicchio d’aglio e toglietelo quando è dorato. Aggiungete i funghi puliti, lavati e tagliati a fettine sottili. Aggiungete il brodo, coprite e cuocete a fuoco moderato, fino a quando i funghi saranno diventati morbidi. Regolate con sale e pepe.
Lavate le patate. Mettetele in un tegame con la buccia in abbondante acqua e lessatele a fuoco medio. Quando vedrete che potete bucarle facilmente con una forchetta, levatele dall’acqua, sbucciatele e schiacciatele fino ad ottenere una soffice purea.
Quando la pasta della pizza è circa a metà cottura, toglietela dal forno. Cospargetevi sopra la purea di patate, aggiungete la mozzarella, i funghi, la maggiorana, la pancetta e le noci. Condite il tutto con un pizzico di sale e di pepe. Rimettete in forno fino a cottura ultimata.
Prima di servire aggiungete un filo di olio crudo.

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