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Breve novena a San Pio da Pietrelcina

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2013

Breve preghiera a San Pio da Pietrelcina utilizzabile come novena in preparazione della festa del Santo (23 settembre)

Breve novena a San Pio da Pietrelcina dans Padre Pio Padre-Pio-da-Pietrelcina

O San Pio da Pietrelcina, che tanto hai amato e imitato Gesù, donami di amarlo con tutto il cuore. Fa’ che come te ami la preghiera, donami una tenera devozione alla Madonna, ottienimi la grazia  che desidero, se è conforme alla Santa Volontà di Dio  e per il bene della mia anima. Amen.

Pater, Ave, Gloria

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La misericordia è la vera forza

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2013

La misericordia è la vera forza  dans Citazioni, frasi e pensieri 8yt7

La gioia di Dio è perdonare, la gioia di Dio è perdonare! E’ la gioia di un pastore che ritrova la sua pecorella; la gioia di una donna che ritrova la sua moneta; è la gioia di un padre che riaccoglie a casa il figlio che si era perduto, era come morto ed è tornato in vita, è tornato a casa. Qui c’è tutto il Vangelo! Qui! Qui c’è tutto il Vangelo, c’è tutto il Cristianesimo! Ma guardate che non è sentimento, non è “buonismo”! Al contrario, la misericordia è la vera forza che può salvare l’uomo e il mondo dal “cancro” che è il peccato, il male morale, il male spirituale. Solo l’amore riempie i vuoti, le voragini negative che il male apre nel cuore e nella storia. Solo l’amore può fare questo, e questa è la gioia di Dio!

Papa Francesco

Una città... da favola: Bergamo, gioiello dell'Alta Italia dans Viaggi & Vacanze sb0nxu

2e2mot5 dans Diego Manetti Angelus, 15 settembre 2013

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Maria Addolorata, Corredentrice del genere umano

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2013

Maria Addolorata, Corredentrice del genere umano dans Citazioni, frasi e pensieri o5bl

Dagli scritti del Servo di Dio don Dolindo Ruotolo:

Sul Calvario c’era Maria Santissima, 

solenne nel suo dolore, unica adoratrice.

Aveva le mani conserte, 
lo sguardo alla croce,
il Cuore trapassato e pregava.

Certamente pregava per i peccatori, perdonandoli.

Essa, Corredentrice del genere umano, 
aveva raccolto nel suo Cuore 
la grande ricchezza della redenzione, 
e la serbava intatta, 
per dispensarla, poi, agli uomini.

Pregava.

Avrebbe voluto morire in quel momento medesimo 
ma, sapendo che non era volontà di Dio,
rimaneva in terra come lampada accesa 
innanzi al trono della grazia e della misericordia”.

Tratto da: Giuseppe di Nazareth

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J.R.R. Tolkien e le sue lingue

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2013

J.R.R. Tolkien e le sue lingue dans John Ronald Reuel Tolkien b1p
 
J.R.R. Tolkien e le sue lingue
Tolkien era un filologo che conosceva i meccanismi di funzionamento di molte lingue antiche e moderne. Non stupisce quindi che fosse in grado di idearne di nuove. Non inventò, però, le sue lingue per rendere più realistici i suoi romanzi, al contrario erano le sue creazioni linguistiche a dare continui nuovi spunti per le storie. «Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro», scrive Tolkien (Lettere, n. 205) «è un tentativo di creare un mondo in cui una forma di linguaggio accettabile dal mio personale senso estetico possa sembrare reale. Ma è vero». Creare lingue era quello che Tolkien considerava il suo “vizio segreto”, come scrive in un saggio (in Il medioevo e il fantastico, Bompiani, Milano 2004). Per rendere tutto più realistico, lo scrittore creò inizialmente delle “radici comuni” da cui fece poi derivare tutti i vari vocaboli di ogni lingua parlata in Arda.
Nella History of the Middle-earth (The Lost Road, p. 342), Christopher Tolkien descrive la strategia di suo padre come creatore di linguaggi in una frase formidabile: «Egli, dopotutto, non “inventò” nuovi termini e nomi arbitrariamente: in principio, li concepì entro la struttura storica, procedendo dalle “basi” o radici primitive, aggiungendo suffissi o prefissi o formando combinazioni, decidendo (o, come avrebbe detto, “trovando”) quando il vocabolo entrò nel linguaggio, seguendolo attraverso le modifiche regolari nelle forme cui sarebbe stato sottoposto, e osservando le possibilità di influenze formali o semantiche da altri vocaboli nel corso della sua storia». Queste ed altre regole per variazioni sonore furono così disegnate in modo che i linguaggi risultanti ebbero il genere di musicalità che Tolkien cercava: uno prossimo alla fonologia “finnica” (Quenya), mentre l’altro venne a suonare molto simile al gallese (Sindarin).
«Avrei preferito scrivere in elfico Il Signore degli Anelli!», ammette Tolkien (Lettere, n. 165). «Se avessi tenuto in considerazione i miei gusti piuttosto che lo stomaco del mio eventuale pubblico, ci sarebbe stato molto più elfico nel libro», aggiunge in un’altra lettera (n. 163), «vi ho lasciato quel poco elfico che poteva essere digerito dai lettori. (Scopro ora che molti ne avrebbero gradito di più» (n.165). Lo scrittore in un’altra occasione spiega che «tranne che per alcuni frammenti nella Lingua Nera di Mordor [l’iscrizione sull’Anello, una frase pronunciata dagli orchi di Barad-dur (II, p. 545) e la parola “Nazgul”], un po’ di nomi e un grido di battaglia nella lingua dei Nani, questi sono quasi interamente elfici (Sindarin e Quenya)» (n. 144). Infatti, a differenza delle lingue elfiche, di queste lingue (fatta eccezione per l’Adûnaico) si conoscono solo poche parole ritrovate nei manoscritti di Tolkien, quindi non si può sapere quanto Tolkien ne avesse ulteriormente ampliato la grammatica ed il lessico. Così, ammette lo scrittore inglese, «anche i pezzetti che ci sono richiederebbero, per avere un senso, due fonologie e due grammatiche e un numero molto maggiore di vocaboli» (n. 163). Ecco perciò l’utilità e la validità dello studio che si propone la linguistica tolkieniana.
 
Perché studiare le lingue di Arda
Una delle obiezioni ricorrenti che vengono mosse a chi si occupa di linguistica tolkieniana è proprio la domanda base: perché studiare queste lingue? Cosa c’è di tanto meritevole di impegno, in quelle che, a ben guardare, non appaiono che note di lavoro complementari alla stesura di un lungo racconto, che l’autore ha delineato principalmente per renderlo coerente e verosimile laddove vi si introducono personaggi di razze diverse dall’umana? «Per quanto mi riguarda, lo studio linguistico non era affatto nelle mie corde né nelle mie attitudini», racconta all’ArsT Gianluca Comastri. «Ma imbattersi nel sito Ardalambion mi ha aperto gli occhi su quanto le lingue siano il vero, effettivo fondamento di tutto il legendarium tolkieniano, quanto intimo sia il legame tra lingua, mito e storia del popolo che parla quella lingua – concetto espresso mirabilmente nella prefazione di Claudio Testi a Schegge di Luce, a cui rimando e che ormai sono uso citare pressoché in ogni mio intervento. Così mi parve chiaro che il primo passo per avvicinarsi alla piena comprensione dell’opera del Professore era, inevitabilmente, un passo da muovere verso gli idiomi dei popoli della Terra di Mezzo».
Nel saggio Il vizio non troppo segreto di Tolkien, reperibile su Ardalambion, Helge Fauskanger elenca diverse possibili ragioni per un tale interesse: «Proprio il fatto che nessuna grammatica elfica scritta da Tolkien sia mai stata pubblicata lo rende una affascinante sfida a break the code. O può essere puro romanticismo, una speciale forma di immersione letteraria: con lo studio dei linguaggi Eldarin, si tenta di farsi simili – proprio al loro livello mentale – agli immortali Elfi, saggi e giusti, i Primogeniti di Eru Ilúvatar, tutori dell’umanità ai suoi albori. O, meno romanticamente, si vogliono studiare le costruzioni di un talentuoso linguista e il processo creativo di un genio occupato nel suo amato lavoro. E a molti semplicemente piacciono i linguaggi elfici come a uno può piacere la musica, come elaborati e (secondo il gusto di molti) gloriosamente fortunati esperimenti di quella che Tolkien definì “eufonia”, vale a dire la ricerca di parole e vocalizzi che oltre che semplici da pronunziare siano anche gradevoli all’udito». L’essenza intima della Terra di Mezzo, come a dire del mondo come lo concepiva Tolkien, è in qualche modo catturata e contenuta in quei linguaggi. Viene spontaneo dunque il paragone con i Silmaril, i gioielli primordiali di cui si narra la leggenda nel Silmarillion, che si diceva racchiudessero nel loro purissimo corpo cristallino la Vera Luce del Reame Benedetto e che quindi scatenavano istintivamente la brama di possederli in chiunque vi posasse lo sguardo.
 

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Scoprire le chiese chiuse di Napoli

Posté par atempodiblog le 15 septembre 2013

Scoprire le chiese chiuse di Napoli
di Napoli da Vivere

Scoprire le chiese chiuse di Napoli dans Apparizioni mariane e santuari wcc3

Vi abbiamo già parlato a gennaio 2013 di una importante iniziativa della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale di Napoli. “Conversazioni con i curatori” prevede dodici incredibili itinerari durante i quali saranno visitati veri e propri capolavori cittadini chiusi al pubblico.

I visitatori verranno accompagnati nella visita dai curatori del Polo Museale Napoletano che sapranno illustrare l’enorme patrimonio storico-artistico della città di Napoli. Chiese medievali, chiese restaurate ma chiuse al pubblico per mancanza di personale, belle arciconfraternite, tutti siti ricchi di capolavori e riaperti per l’occasione.

Molti incontri si sono già svolti ma visto il successo dell’iniziativa (e del nostro articolo pubblicato a gennaio 2013 e risultato tra i più letti dai nostri lettori) vi riproponiamo tutte le date ancora disponibili (aggiornate con alcuni cambi nel frattempo effettuati) per conoscere i capolavori chiusi di Napoli

  • 28 settembre 2013 Ore 11,00 -Dipartimento di Pediatria della Seconda Università degli Studi di Napoli, dell’edificio in via Luigi De Crecchio,4 (Caponapoli). Restauro del soffitto decorato di primo novecento. Curatore Anna Pisani
  • 26 ottobre 2013 Ore 11,00 Cappella del Monte di Pietà; Chiesa e palazzo di Monte Manso di Scala.-ingresso Cappella del Monte di Pietà – Via San Biagio dei Librai, 114 Curatore Anna Chiara Alabiso
  • 30 novembre 2013 Ore 11,00 ingresso della Chiesa di San Diego all’Ospedaletto (detta anche San Giuseppe Maggiore) Via Medina 3 – Complesso di San Diego all’Ospedaletto (oggi Caserma Iovino); Pietà dei Turchini; Fontana Medina. Curatore Anna Chiara Alabiso
  • 28 dicembre 2013 Ore 11,00 largo San Giovanni Maggiore – Cappella Pappacoda; Chiesa di Santa Maria dell’ Aiuto; Chiesa di San Giovanni Maggiore; Chiesa dei Santi Demetrio e Bonifacio; palazzo Penne; Chiesa dei Santi Cosma e Damiano ai Banchi Nuovi. Curatore Anna Chiara Alabiso “conversazioni con i curatori”

Informazioni presso Soprintendenza speciale per il polo museale di Napoli 081.74.99.111

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